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Barcellona-Juventus: vince chi sarà più unita come squadra

Barcellona e Juventus sono giunte a questa finale di Champions grazie alla forza di squadra, alla loro abilità a ragionare in termini di NOI. La forza del gruppo è un tema chiave per ogni allenatore, che deve essere in grado di stimolare questa continua partecipazione attiva e creativa dei suoi giocatori. Lo sappiamo bene noi italiani sino dai tempi di Bearzot che si servì del silenzio stampa per unire la squadra in campo. Lo sanno bene gli americani che hanno coniato l’espressione: “La squadra campione batte una squadra di campioni”, a indicare che anche la squadra ideale composta da soli campioni deve comunque integrare le competenze di ognuno per potere esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. A questo riguardo Pat Riley, ex allenatore dei Los Angeles Lakers, ha raccontato che da giovane Magic Johnson faceva molti canestri ma la sua squadra era sempre depressa e frustrata, perché i suoi compagni di squadra si sentivano inutili. Decise che quella situazione era per lui insopportabile e da quel momento il suo comportamento in campo cambiò, mettendo le sue capacità al servizio della squadra. L’umore della squadra mutò completamente, i compagni furono molto più motivati, incrementarono le loro abilità e continuarono ugualmente a vincere.

Domani la Juventus può perdere se gioca con l’atteggiamento della vittima mentre il Barcellona può cadere a causa di un atteggiamento presuntuoso e certo del risultato. Questo non deve accadere se vogliamo vedere una partita degna della finale di Champions. Come sempre alla fine una delle due due squadre vincerà e sarà comunque quella che avrà lottato senza sosta e con intelligenza tattica, mettendo i propri giocatori migliori nella condizione di esprimersi in modo vincente.

Oggi si ricorda la strage dell’Heisel

Oggi si ricorda la strage dell’Heisel avvenuta prima della finale della Coppa dei Campioni di 30 anni fa tra Juventus e Liverpool. Morirono 39 persone e 600 furono i feriti. La tragedia dell’Heysel è stata uno dei momenti peggiori dell calcio, dove la violenza ha cancellato i valori dello sport e una partita si è trasformata in un incubo.

 

 

 

Il caso Juventus: vincere aiuta a vincere

Vincere aiuta a vincere. Probabilmente se la Lazio non avesse segnato il gol nei primi minuti la Juventus sarebbe stata molto più in difficoltà per la pressione che ogni giocatore della Lazio stava esercitando su di loro. La Juventus ad inizio partita non è sembrata così combattiva come invece si è dimostrata essere la Lazio, forse perché in campionato aveva vinto ambedue le volte con facilità o perché pensava che non sarebbe stata impegnata in modo così intenso. Il gol subito l’ha risvegliata da questo errore di presunzione e non a caso ha rapidamente rimesso il risultato in parità. Ha dovuto avere paura di perdere per vincere. E questa sensazione la provi solo quando ti trovi sull’orlo del baratro. Non poteva commettere un altro errore e se sei una grande squadra sono questi i momenti in cui devi dimostrarlo. Gli altri devono capire che non basta metterti paura per vincere, bisogna fare qualcosa di più, bisogna attendersi la tua reazione e fare muro. La Lazio non è stata capace di sostenere il vantaggio acquisito e alla prima occasione l’ha sprecato.  Aveva messo paura ma ora le due squadre erano tornate alla pari e la partita poteva ricominciare. Solo che la Juventus, a questo punto, sapeva il rischio che aveva  corso e avrebbe fatto di tutto per non ricaderci.

Ambedue gli allenatori hanno detto che le partite sono fatte di episodi, è vero ma proprio per questa ragione bisogna saperli costruire, altrimenti cosa serve allenarsi o perché non affidarsi a un mago anziché a un allenatore.  A mio avviso la Lazio ha preparato meglio la partita poiché veniva da due sconfitte consecutive ed era sfavorita. Ha affrontato un grande sforzo mentale per giocare in modo da mettere immediatamente in difficoltà gli avversari e per tutto il primo tempo è riuscita abbastanza bene in questo intento. La Juventus ha subito all’inizio ma poi si è rapidamente adattata al gioco della Lazio, che a quel punto è stata pericolosa quasi solo nell’azione del doppio palo. Per tutta la partita la Juventus ha aspettato l’occasione del colpo decisivo, ha lottato per mantenere il risultato in parità e quando ha avuto l’occasione ha provato a mettere a segno la rete decisiva. Nel calcio non si sa quando viene questo momento ma sei ha fiducia prima o poi succede, come infatti è accaduto. Ci vuole pazienza e fiducia e quando hai queste due qualità giochi sapendo che è solo questione di tempo. Per questo vincere aiuta a vincere.

La nuova mentalità vincente della Juventus

Prima il furore, poi la tecnica. Mi sembra questa l’evoluzione che in questi anni ha avuto la mentalità della Juventus. Campioni indiscussi come Buffon, Del Piero e Pirlo, fra gli altri, avevano già vinto molto e dimostrato di avere questo approccio al calcio, ma una squadra vincente è molto di più delle sue singole individualità e bisognava  che tutti dimostrassero di avere e portare sul campo questa mentalità. Il lavoro di Conte ha avuto il merito di portare il furore nel gioco, quell’intensità fisica e mentale prima che tecnica, che la squadra doveva dimostrare per novanta minuti in ogni partita. Allegri ha completato questa squadra, che aveva vinto tre campionati consecutivi, cambiando modulo di gioco e portando l’attenzione sul  lavoro tecnico e su quanto sia necessario migliorare continuamente sotto questo aspetto. Oggi si parla di quanto sia stato inatteso il raggiungimento della finale di Champions League, ma nello sport i miracoli non esistono. La squadra ha, invece, dimostrato di avere oltrepassato i limiti psicologici che le impedivano di giocare in modo da raggiungere questo obiettivo. Merito dell’allenamento ma anche dal partire da una condizione vincente, almeno in Italia, e su questa fiducia è stato possibile costruire, ostacolo dopo ostacolo, questa volontà di andare oltre i limiti passati. Ora tutto è possibile perché la storia c’insegna che Davide ha battuto Golia. La Juventus va a Berlino con un atteggiamento gioioso perché sono mesi che coltiva un sogno che giorno dopo giorno, con fatica e dedizione, è diventato realtà e questo è un vantaggio psicologico significativo per affrontare al meglio quest’ultima partita. Il Barcellona, super-favorito può incorrere in una partenza falsa come fece Bolt alla finale dei 100m ai mondiali del 2011 con la conseguente  squalifica. Un esempio di superficialità mentale dettata dal sentirsi predestinato a vincere.  Alla Juventus servirà l’entusiasmo accumulato in queste settimane unito alla calma, che le permetteranno di esaltare il proprio gioco, quello insegnato da Allegri. Certamente la Juventus nel suo percorso in Champions League è stata anche fortunata e questo ha messo in evidenza un’altra sua caratteristica, tipica delle squadre vincenti: sapere trarre vantaggio dalle condizioni favorevoli.  Infatti, ha vinto quando doveva vincere e non è facile ottenere questo risultato, perché spesso le squadre non-fiduciose perdono proprio queste partite non ragionando, perdendo la calma quando il gol non viene subito o se la squadra avversaria si mostra più difficile da superare. In questi casi, chi dovrebbe vincere diventa insicuro mentre l’avversario acquista sicurezza  e può ribaltare a proprio favore il risultato, tra l’incredulità dei favoriti. Impegno, dedizione totale e tecnica sono le parole chiave di questo successo.

#RealMadridJuventus serve tranquillità e pazienza

Tranquillità e pazienza due parole che riflettono un modo di essere che torna a essere importante prima della semifinale di Champions League Real Madrid – Juventus. Ancelotti dice: “Dobbiamo rimanere tranquilli e concentrati su ogni dettaglio. E’ solo la tranquillità che ti porta a dare il massimo”. Quindi prima la mente e poi la tecnica.

Il nemico è l’impulsività, l’azione senza la mente, la fretta di fare subito goal. Sentire troppo la partita è l’errore da evitare e i primi 20 minuti riveleranno chi fra le due squadre avrà appreso meglio la lezione sulla calma.

Questo atteggiamento tranquillo e paziente costituisce un esempio di maturità in cui l’orgoglio per quanto fatto sinora, la fiducia nelle proprie capacità e la voglia di vincere si fondono così bene insieme che sembrano scomparire nella calma che prepara il momento in cui si dovrà invece affondare per cercare il goal. Chi avrà più calma, saprà aspettare il momento in cui mettere veramente in difficoltà l’avversario.

Il momento è l’altro concetto chiave di questa partita bisognerà costruirlo e giocarlo con efficacia.

 

Le parole del calcio: umiltà, convinzione e motivazione

“Non ci siamo calati nei panni della partita. Pari utile almeno a riportarci coi piedi per terra” (Allegri, allenatore Juventus).

“Prima facevamo paura, eravamo più convinti” (Florenzi, calciatore Roma)

“La fiducia di Mancini è fondamentale per i miei compagni e per me. Lui mi dà motivazione ed entusiasmo ogni giorno” (Guarin, calciatore Inter).

Umiltà, convinzione e motivazione sono i concetti chiave espressi in queste frasi. Al di là della tecnica e del talento se in una squadra mancano queste qualità mentali tutto il resto vale meno che niente.

Juve-Toro: la rilevanza di un errore banale che cambia il risultato

Toro-Juve, alla fine la differenza la fanno due dettagli avvenuti nell’ultimo minuto di gara: Benassi del Toro perde un contrasto con Bonucci e Pirlo fa goal. Oggi Gianni Mura su Repubblica ha scritto: “Bastava buttarla fuori, la palla. Invece è Pirlo che la butta dentro”. La storia si fa in modo semplice e crudele. Un errore banale, determina una situazione irripetibile, siamo a pochi secondi dalla fine, che il campione sfrutta al meglio. Questo è ilcalcio, lo stesso episodio era accaduto pochi giorni prima alla Roma nella partita persa contro il CSKA. Il problema non è avere perso una palla, ma averla persa a pochi secondi dal termine quando invece bisogna tenerla a ogni costo o mandarla fuori, proprio per impedire  la ripartenza degli avversari, in particolare della Juventus che è una squadra che lotta su ogni pallone sino all’ultimo istante e che ha giocatori in grado di cambiare in un istante il risultato. Non ricordarsi di questo da parte del giovane Benassi, e complessivamente di tutta la squadra è un errore mentale abbastanza grave proprio per l’effetto che può determinare. Ogni partita è fatta di momenti come questi, i calciatori devono imparare a riconoscerli e a comportarsi in modo da non danneggiare la propria squadra oppure a servirsene per cambiare il risultato.

Juventus: dal baratro alla vittoria

La Juventus era aspettata alla prova di essere ciò che diceva di essere e non una squadra paurosa in Europa. La Juventus è dovuta arrivare sul bordo dell’abisso per conoscere il suo valore. La Juventus in questa partita è stata combattiva con continuità. Ora deve imparare a ragionare meglio come squadra. Dopo essere andata in vantaggio, era prevedibile che i greci avrebbero attaccato per ottenere il pareggio e, purtroppo, è esattamente ciò che è accaduto dopo appena due minuti. Ragionare con calma avrebbe permesso di prevedere questa reazione degli avversari e predisporsi a contrastarla. Anzi sino al secondo goal dell’Olympiacos la Juventus ha giocato ed è andata avanti ma in modo confuso. Poi è successo l’incredibile, la Juventus ha cambiato il suo destino perché alla combattività ha unito l’intensità e la convinzione che era possibile vincere. E questo ha fatto la differenza rispetto al primo tempo. Le prossime volte servirà trovare questa condizione mentale prima di essere a un passo dal baratro, perchè non sempre le altre squadre lo permetteranno. Un bel passo in avanti ma la mentalità europea ancora non c’è.

Juventus e Roma troppo paurose in Europa

Ieri ho scritto che molti allenatori della Serie A non riescono a sollecitare la competitività della propria squadra e che questo fatto determina ovviamente dei problemi. Quanto scrive Massimo Mauro su Repubblica.it va esattamente nella stessa direzione parlando delle difficoltà di Juventus  e Roma.

“La squadra di Allegri è carica dopo la bella vittoria di Empoli, ma troppe volte ci ha abituato alla squadra forte e arrogante in campionato per poi presentarsi umile e paurosa in Europa … Preoccupa ancora di più la Roma. Dalla notte col Bayern sembra essere svanita la bella squadra vista nella scorsa stagione e in questa prima parte di campionato. Sembra svanito il gruppo: chi gioca non ha più gamba e intensità, chi entra è svogliato e non sembra avere la voglia di cambiare le cose. Traspare malumore dietro i titolari. I nuovi che dovevano rafforzare il gruppo (Iturbe e Cole su tutti) non hanno fatto fare il salto di qualità, mentre Destro e Ljiaic non hanno più la pazienza di aspettare”.

Due squadre che all’estero non sono state capaci, fino a prova contraria,  di essere competitive. In altre parole non lottano, non provano a recuperare i palloni persi con determinazione e non entrano in campo decise. Questo atteggiamento della squadra viene prima del gioco e si basa su un’idea di base semplice: prima fai e poi farai meglio, ma se non fai non migliorerai mai. E’ meglio fare e sbagliare piuttosto che non fare. Questo vuol dire essere competitivi. Le nostre squadre invece sono sinora sembrate paralizzate dal dovere fare la cosa giusta senza commettere errori. In questo caso si diventa lenti e insicuri e un avversario più convinto porta a casa il risultato. Sono convinto che allenatori più consapevoli delle proprie incapacità, potrebbero riflettere su questi temi e trovare delle soluzioni adatte per le loro squadre.

Dove nasce la speranza di Rudi Garcia

Mancano poche giornate alla conclusione del campionato di calcio e Rudi Garcia, allenatore della Roma, continua a sperare che qualcosa di positivo per la squadra possa ancora accadere anche se la Juventus ha un vantaggio di 8 punti.  Da dove nasce questa speranza nella mente di Garcia?

“Snyder, Irving & Anderson (1991, as cited in Snyder, 2000, p.8) define hope as “a positive motivational state that is based on an interactively derived sense of successful (a) agency (goal-directed energy) and (b) pathways (planning to meet goals)” .

Hope theory can be subdivided into four categories: goals, pathway thoughts, agency thoughts and barriers. Goals that are valuable and uncertain are described by Snyder (1994, as cited in Snyder, 2000, p.9) as the anchors of hope theory as they provide direction and an endpoint for hopeful thinking. Pathway thoughts refer to the routes we take to achieve our desired goals and the individual’s perceived ability to produce these routes (Snyder, 2000).  Agency thoughts refer to the motivation we have to undertake the routes towards our goals. Barriers block the attainment of our goals and in the event of a barrier we can either give up or we can use our pathway thoughts to create new routes.” (From http://www.positivepsychology.org.uk/pp-theory/hope/100-what-is-hope-and-how-can-we-measure-it.html)

Questa definizione si adatta bene alla Roma, poiché la squadra ha costruito la sua fiducia tramite i risultati e la coesione di squadra, mettendo la sua energia in questa direzione e mostrando durante tutta la stagione la strada che ha preso per raggiungere la posizione attuale.