Archivio mensile per giugno, 2023

Aumentano i libri e diminuiscono i lettori

Adesso tutti scrivono e pubblicano libri (mentre il numero di lettori è in calo). Tra scrittori e improvvisati editori online, o case editrici che fanno regolarmente pagare per pubblicare, “siamo invasi da una quantità di libri inutili“, peraltro difficile da riconoscere e da scegliere. Per esempio, Il 30% dei libri pubblicati non vende una copia, o al massimo ne vende una e quindi è tempo «che gli editori si pongano il problema: siamo ormai nell’era dell’assurdo». Nemmeno 35mila libri, di tutti quelli usciti nel 2022, hanno venduto 10 copie. In ogni caso, anche i librai dovranno “rimboccarsi le maniche, tenersi aggiornati, prestare attenzione ai temi dell’attualità” e sfruttare comunque le opportunità offerte dall’online.

Come rileva Nomisma sulla base dei dati Istat, in Italia le case editrici sono diminuite da 5.491 nel 2012 a 4.623 nel 2021 con il calo maggiore registrato tra il 2012 e il 2015 (-13,2%). L’andamento dell’Emilia-Romagna è “coerente” con quello nazionale, riuscendo complessivamente a mantenere la quota dell’8% sul totale italiano. La produzione di libri, infatti, ha registrato una crescita continua dal 2016, con la sola eccezione del calo nel 2020. Dopo il boom del 2019, con 86.475 opere pubblicate, la produzione libraria è cresciuta ulteriormente nel 2021, segnando un incremento del +4,3% rispetto al 2019. Guardando all’evoluzione del numero di librerie in Italia, il 2015 si distingue e il 2019 come anni di “ significative flessioni negative (con rispettivamente 3.158 e 3.175 librerie), mentre il 2020 e il 2021 si segnalano come anni di ripresa”.

Ancora una volta, nota Nomisma, a partire dal 2021 si registra un aumento delle vendite di libri cartacei (a valore), eredità legata alla riscoperta della lettura durante la pandemia che a quanto pare non si perderà nemmeno nel 2022, raggiungendo 1,67 miliardi di euro di fatturato. Cambia invece la composizione dei canali di acquisto: se nell’anno del lockdown era aumentato il contributo dell’online, nel 2022 c’è stato un rimbalzo del ‘fisico’, che era tornata a crescere già nel 2021. Complessivamente, però, negli ultimi 11 annii il numero di lettori italiani, conferma la tua ricercaè diminuito dal 46,8% del 2010 al 40,8% del 2021. E in calo anche il numero dei lettori dell’Emilia-Romagna, che pur registrando comunque una quota superiore alla media italiana (51,5% nel 2010 e 46,4% nel 2021).

Emerge poi come un lettore su due nell’ultimo anno ha letto da due a cinque libri, prediligendo soprattutto i gialli (scelto dal 58% dei lettori) e i thriller (52%). I libri vengono acquistati per l’interesse per l’argomento trattato (indicato dal 58% dei lettori emiliano-romagnoli), seguito dall’interesse per l’autore (56%) e dalla trama accattivante (43%).

Dalla accettazione della vulnerabilità nasce il coraggio

Vulnerabilità è un sostantivo, e viene definita come “la qualità o lo stato di essere esposti alla possibilità di essere attaccati o danneggiati, fisicamente o emotivamente”. In genere, la vulnerabilità è considerata una debolezza, non da ultimo nelle culture sportive. La letteratura sulla vulnerabilità nello sport è nascente. In confronto, il valore potenziale e l’approccio basato sulla forza della vulnerabilità hanno ricevuto un’attenzione virale al di fuori dello sport,  grazie al lavoro di Brené Brown. Nel suo libro Daring Greatly (Brown, 2012), la Brown sostiene che “la vulnerabilità è incertezza, rischio ed esposizione emotiva. La vulnerabilità è anche il luogo di nascita del coraggio, della creatività e del cambiamento”.

La Brown ha avuto il merito di aver portato il valore potenziale della vulnerabilità nel mondo accademico e nella consulenza. Quando si dice che partecipare a una competizione richiede di avere imparato  a trovarsi comodi in situazioni scomode, si esprime con altre parole che l’atleta vive una condizione di vulnerabilità e che attraverso la  performance deve trasformarla in una situazione in cui s’impegna nel fornire la migliore prestazione correndo il rischio di non riuscirci. Quindi, l’atleta si espone consapevolmente alla possibilità di essere danneggiato fisicamente e emotivamente, dalla propria autocritica negativa, dagli avversari e da tutto il suo mondo sportivo.

Quindi accettiamo di essere vulnerabili, accettiamo che ci stiamo esponendo alla possibilità di commettere degli errori che vorremmo evitare, che potremmo non riuscire a fornire la prestazione per cui ci siamo allenati. Ma se accettiamo di gareggiare saremo sempre dei vincenti, perchè avremo accettato di esporci pubblicamente e di essere stati coraggiosi proprio per avere presto questa decisione.

 

Il mental coaching avanzato

La costruzione di un programma di allenamento psicologico avanzato richiede la conoscenza delle implicazioni psicologiche tipiche di una determinata disciplina sportiva. Alcuni esempi:

  1. Gli sport di resistenza (e.g., fondo, maratona, canottaggio, nuoto) – richiedono di tollerare la fatica fisica e di saperla gestire nei momenti in cui si presenta in gara. Necessitano di una notevole consapevolezza delle sensazioni corporee così da potere riconoscere e anticipare eventuali momenti critici durante la gara.
  2. Gli sport di precisione (e.g., tiro con l’arco, tiro a volo, tiro a segno) – richiedono di coniugare insieme precisione dell’azione sportiva e velocità, per cui la concentrazione è totalmente orientata all’esecuzione tecnica.
  3. Gli sport di coordinazione del corpo nello spazio (e.g., ginnastica artistica, pattinaggio artistico, nuoto sincronizzato, tuffi) – in queste discipline sportive l’atleta tende a fornire la prestazione ideale ma sa anche che è quasi impossibile da raggiungere. Anche un minimo errore porta alla riduzione della qualità della prestazione e, quindi, anche del punteggio che la giuria gli attribuirà.
  4. Gli sport di velocità (e.g., 100 e 200 metri, staffette, 400 metri, nuoto) – richiedono una concentrazione totale per l’intera durata della prova. Decisiva è l’abilità a gestire efficacemente l’impulsività e la tendenza a reagire in modo troppo anticipato che si prova negli istanti che precedono la partenza.
  5. Gli sport di combattimento (e.g., scherma, boxe, arti marziali) – richiedono un livello elevato di reattività mentale e fisica per tutta la durata del combattimento. Notevole importanza ha la capacità di sapere anticipare le mosse dell’avversario. Data la brevità dello scontro è decisiva l’abilità a sentirsi in gara sin dai primi secondi.
  6. Gli sport di squadra (e.g., calcio, pallavolo, pallacanestro, rugby) – Richiedono lo sviluppo del pensiero tattico in un contesto di collaborazione con i propri compagni di squadra. Le punizioni nel calcio, il servizio nella pallavolo, i tiri liberi nella pallacanestro e i calci nel rugby richiedono un tipo di concentrazione molto simile a quello degli sport di precisione.

La tenacia mentale

La tenacia mentale è un attributo essenziale degli atleti di successo. Pertanto, comprendere e sviluppare la tenacia mentale dovrebbe essere l’obiettivo di tutti gli allenatori e gli atleti. Troppo spesso, invece, gli atleti perdono questa condizione quasi immediatemente dopo pochi errori, che di per se stessi non sarebbero così negativi per il risultato finale, ma che lo diventano poichè cominciano a pensare che non riusciranno ad esprimersi come avrebbero voluto. La tenacia è stata definita come la capacità di raggiungere gli obiettivi personali di fronte alla pressione di un’ampia gamma di fattori di stress.

In relazione allo sviluppo di attributi ritenuti importanti per lo sviluppo della mentalità dell’atleta (convinzione, concentrazione), di una pratica quotidiana efficace (spingersi al limite), di performance di livello assoluto (gestire lo stress agonistico) e di gestione del post-gara (gestire le sconfitte), la ricerca ha identificato una serie di temi chiave per sviluppare e mantenere la tenacia negli atleti d’élite nelle diverse fasi della loro carriera. Questi temi includono l’aspirazione alla maestria e alla competitività, il desiderio di raggiungere obiettivi basati sull’allenamento e sulla competizione, l’impegno a utilizzare le competenze psicologiche e la pratica riflessiva per razionalizzare e gestire le aspettative competitive, i successi e i fallimenti.

La tenacia mentale può essere sviluppata attraverso una pratica volontaria che si concentra sugli elementi fisici, mentali ed emotivi. I suggerimenti includono:

  1. Essere fisicamente preparati e in ottima forma, ma con un equilibrio di riposo e recupero.
  2. Mostrare in gara un linguaggio del corpo coerente che trasmetta fiducia e determinazione.
  3. Conoscere il proprio stato ideale di prontezza emotiva e sapere come raggiungerlo.
  4. Incorporare nel proprio programma di allenamento abilità mentali come il linguaggio positivo di sé stessi.
  5. Abbracciare e sfruttare i sentimenti e le emozioni della competizione.
  6. Affrontare le sfide con entusiasmo e convinzione.
  7. Dopo errori o battute d’arresto, imparare a recuperare rapidamente rimanendo nel presente e concentrandosi su ciò che si può controllare.

10 regole da allenare per avere successo

Breve vademecum per gareggiare negli sport di opposizione, uno contro uno

  1. Il warm-up è il primo passo verso il successo
  2. Tutte le avversarie vanno trattate con decisione e voglia di vincere.
  3. Un set è fatto solo di punti persi e vinti. Stop.
  4. Un errore vale un punto. Pensa subito a giocare quello successivo.
  5. È fondamentale che t’incoraggi SEMPRE prima di giocare ogni punto.
  6. I punti deboli dell’avversaria li scopri solo se giochi al top
  7. Pensa a come fare i punti e non al risultato
  8. Nella pause: respira, incoraggiati e pens
  9. Ripeti: “Sempre forza (il tuo nome)
  10. Gioca per essere felice di te.

Ci spiace, ma questo articolo è disponibile soltanto in English.

10 regole da seguire per avere successo

Breve vademecum per gareggiare negli sport di opposizione, uno contro uno

  1. Il warm-up è il primo passo verso il successo
  2. Tutte le avversarie vanno trattate con decisione e voglia di vincere.
  3. Un set è fatto solo di punti persi e vinti. Stop.
  4. Un errore vale un punto. Pensa subito a giocare quello successivo.
  5. È fondamentale che t’incoraggi SEMPRE prima di giocare ogni punto.
  6. I punti deboli dell’avversaria li scopri solo se giochi al

Realtà e finzione

Idee pratiche per gli allenatori per migliorare la concentrazione

  1. La mia opinione è che come regola in campo si debbano rinforzare i comportamenti desiderabili e l’impegno.
  2. L’atleta deve capire che solo se s’impegna potrà imparare e divertirsi a giocare a tennis.
  3. Quindi i feedback dovrebbero essere dati prima sull’impegno e poi sulla qualità tecnica.
  1. Si potrebbero fare esercitazioni in cui si dice: “Lo scopo di questo esercizio è di mettervi in difficoltà e di insegnarvi a reagire in modo positivo agli errori che farete”. L’obiettivo è di mostrare sempre un approccio positivo al gioco.
  2. Si può dire che al termine di ogni prova devono fare sempre un respiro profondo e ripetere ad alta voce cosa devono fare per fare bene il prossimo esercizio.
  3. Si può anche fare una gara in cui vince chi è stato più positivo nelle sue reazioni.
  1. Un altro modo potrebbe essere di fermare subito una reazione negativa, ricordando cosa si dovrebbe fare per essere positivi e stimolare a fare subito e solo dopo riprendere l’esercitazione.
  2. Questo permette al giovane di capire che come agisce influenza come si prepara all’azione successiva. E che quando è negativo con se stesso, dopo non fa bene.
  1. Insegnare a prepararsi dopo una pausa. Se ad esempio quello che dici è: stare dinamici, assumere un certa posizione del corpo (o altro). Prima di iniziare farei eseguire questa preparazione.
  2. Lo stesso vale per le abilità chiuse negli sport. Il servizio nella pallavolo, rigore nel calcio, tiro libero nel basket e potrebbe essere un respiro profondo e ripetersi mentalmente il gesto tecnico (o altro) e quindi fare eseguire alcune volte senza servire realmente ma solo per insegnare a servirsi di questo approccio.

E’ possibile il lavoro nello sport per i giovani con disabilità intellettiva?

L’occupazione è una componente vitale della vita comunitaria per la maggior parte degli adulti in età lavorativa. Oltre ad essere un’aspettativa sociale nella maggior parte delle culture, il lavoro retribuito fornisce i mezzi finanziari per sostenere elementi fondamentali della cittadinanza, come l’autosufficienza nel mantenimento di se stessi, la scelta nella partecipazione alle attività, e la conservazione della salute e della sicurezza.

La Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite afferma “il diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e alla protezione dalla disoccupazione” per tutti gli esseri umani, sottolineando il lavoro come un bisogno fondamentale e un diritto umano. Inoltre, l’occupazione fornisce un importante canale di partecipazione sociale significativa, servendo come mezzo per connettersi socialmente e professionalmente con gli altri, per contribuire alla comunità immediata o più ampia, e per sviluppare le proprie abilità e conoscenze.

Per le persone con disabilità, il ruolo dell’occupazione come mezzo per ottenere l’accesso a ruoli sociali di valore può essere ancora più cruciale. La mancanza di finanze e di connessioni al di fuori della casa crea un ciclo di isolamento sociale per molti, e rende difficile la partecipazione alle attività sociali. Mentre i programmi sociali nella maggior parte dei paesi sviluppati aiutano a migliorare la mancanza di reddito da lavoro, la maggior parte fa poco per portare le persone con disabilità a standard di vita accettabili, e non affronta l’isolamento sociale e il basso status associati alla continua disoccupazione.

In Italia

Nel mondo del lavoro l’inclusione è pressoché inesistente. Ha un lavoro solo il 31,4% delle persone con sindrome di Down over24. La più parte degli occupati (oltre il 60%) non è comunque inquadrata con contratti di lavoro standard.

Nella maggior parte dei casi lavorano in cooperative sociali, spesso senza un vero e proprio contratto. Inoltre il 70% dei casi non riceve alcun compenso o ne percepisce uno minimo, comunque inferiore alla normale retribuzione. Ancora più grave è la situazione per le persone con autismo: a lavorare è solo il 10% degli over20.

“Nel tempo – secondo il Censis - aumenta il senso di abbandono delle famiglie e cresce la quota di quelle che lamentano di non poter contare sull’aiuto di nessuno pensando alla prospettiva di vita futura dei propri figli con disabilità.

Mentre tra i genitori di bambine/i e adolescenti con la sindrome di Down fino a 15 anni la quota di genitori che pensa a un ‘dopo di noi’ in cui il proprio figlio avrà una vita autonoma o semi-autonoma varia tra il 30% e il 40%, tra i genitori degli adulti la percentuale si riduce al 12%. La quota di genitori di bambine/i e adolescenti con autismo che prospettano una situazione futura di autonomia anche parziale per i loro figli (23%) si riduce ancora più drasticamente (5%) tra le famiglie che hanno un figlio autistico di 21 anni e più”.