Continuo il ragionamento del blog di ieri sull’importanza della relazione fra i calciatori, sottolineando che questa è alla base della coesione. Infatti, l’interpretazione degli eventi da parte dei membri del gruppo, in special modo la valutazione di quelli negativi, è influenzata dal grado di coesione. Se il gruppo mostra uno scarso livello di coesione i singoli giocatori tendono ad attribuire agli altri componenti del team la responsabilità di quanto è accaduto. D’altro canto se invece la squadra è unita i calciatori tendono a essere più oggettivi nelle loro valutazioni e ammettono con più facilità la loro parte di responsabilità.
Da quanto illustrato emerge chiaramente che la prestazione di squadra è più efficace se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione è anche presente nella definizione stessa di coesione, intesa come processo dinamico che riflette la tendenza di un gruppo a stare insieme e a rimanere unito nel perseguire i suoi obiettivi. Uno dei problemi più frequenti che si presentano è che, talvolta, gli obiettivi che si è data la squadra non corrispondono a quelli scelti dal club. Nello sport accade, ad esempio, che gli obiettivi dei giocatori possono divergere da quelli della loro società e gli allenatori si trovano nella condizione di dovere trovare modalità di comunicazione efficaci per conciliare queste esigenze diverse.
E’ infatti necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi della società sportiva al fine di fornire prestazioni ottimali come squadra. Per approcciare questo problema si può fare riferimento al sistema utilizzato 70 anni fa da Kurt Lewin durante la seconda guerra mondiale e riportato da Forsith [1983] in uno studio sulle dinamiche di cambiamento dei gruppi. A causa della mancanza di carne di vitello, il National Research Council chiese a Lewin di sviluppare una strategia per modificare le abitudini alimentari della popolazione. Veniva concesso un breve periodo di tempo per convincere le casalinghe a servire piatti rapidamente pronti, ma meno desiderabili per le famiglie. Lewin ideò una strategia basata su due approcci diversi.
Nel primo, gruppi di casalinghe partecipavano a conferenze in cui venivano loro illustrati i benefici nutrizionali della nuova dieta all’interno di un discorso che comprendeva appelli al patriottismo. In questa situazione non era prevista alcuna forma d’interazione fra le partecipanti. Nel secondo approccio furono invece introdotti momenti di discussione sugli stessi temi affrontati dalla conferenza. Le partecipanti erano stimolate a trovare un accordo su almeno una questione.
Successivamente Lewin verificò che solo il 3% delle casalinghe che avevano partecipato alla prima situazione avevano cambiato abitudini alimentari, di contro questo valore saliva al 32% fra coloro che avevano partecipato alla situazione interattiva. Lewin verificò la validità di questo approccio interattivo di gruppo anche in relazione ad altre situazioni problematiche, giungendo alla conclusione che è più facile cambiare gli individui quando sono uniti in gruppo, piuttosto che agire singolarmente su di essi.
Da questi risultati si può quindi concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi scelti, un approccio centrato sulla valorizzazione del gruppo sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che portano a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.