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Mazzarri e la coesione del Napoli

Partiamo da un’idea base e cioè che le prestazioni di una squadra sono più efficaci se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione  è parte fondamentale del concetto di coesione, che è il processo dinamico che riflette la tendenza di una squadra a stare insieme e a rimanere unita nel perseguire i suoi obiettivi. Carenza di coesione, a mio avviso, è  stato il problema che ha manifestato il Napoli durante la gestione di Rudi Garcia.

Questo perchè uno dei dei problemi più frequenti che si presentano nelle squadre quando gli obiettivi dell’allenatore non corrispondono a quelli della squadra. Garcia inoltre non  è riuscito a trovare modalità di comunicazione efficaci per fare accettare le sue proposte. Dovrebbe essere evidente quanto sia necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi dell’allenatore  altrimenti succede quello che è successo: la squadra perde fiducia e l’allenatore viene esonerato

Mazzarri si è trovato ad affrontare una situazione in cui i calciatori non erano soddisfatti del ruolo svolto in squadra, avevano perso fiducia nella forza del gruppo e i risultati negativi confermavano, peggiorandoli, questi stati d’animo negativi.

L’approccio di Garcia non prevedeva un confronto su questi temi, che è necessario per gestire una squadra in modo vincente. Se mi venisse chiesto, suggerirei a Mazzarri d’introdurre momenti di discussione sugli stessi temi. Si può concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi proposti, un sistema centrato sulla valorizzazione della squadra sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che porta a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.

Coesione e condivisione obiettivi

Continuo il ragionamento del blog di ieri sull’importanza della relazione fra i calciatori, sottolineando che questa è alla base della coesione. Infatti, l’interpretazione degli eventi da parte dei membri del gruppo, in special modo la valutazione di quelli negativi, è influenzata dal grado di coesione. Se il gruppo mostra uno scarso livello di coesione i singoli giocatori tendono ad attribuire agli altri componenti del team la responsabilità di quanto è accaduto. D’altro canto se invece la squadra è unita i calciatori tendono a essere più oggettivi nelle loro valutazioni e ammettono con più facilità la loro parte di responsabilità.

Da quanto illustrato emerge chiaramente che la prestazione di squadra è più efficace se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione è anche presente nella definizione stessa di coesione, intesa come processo dinamico che riflette la tendenza di un gruppo a stare insieme e a rimanere unito nel perseguire i suoi obiettivi. Uno dei problemi più frequenti che si presentano è che, talvolta, gli obiettivi che si è data la squadra non corrispondono a quelli scelti dal club. Nello sport accade, ad esempio, che gli obiettivi dei giocatori possono divergere da quelli della loro società e gli allenatori si trovano nella condizione di dovere trovare modalità di comunicazione efficaci per conciliare queste esigenze diverse.

E’ infatti necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi della società sportiva al fine di fornire prestazioni ottimali come squadra. Per approcciare questo problema si può fare riferimento al sistema utilizzato 70 anni fa da  Kurt Lewin durante la seconda guerra mondiale e riportato da Forsith [1983] in uno studio sulle dinamiche di cambiamento dei gruppi. A causa della mancanza di carne di vitello, il National Research Council chiese a Lewin di sviluppare una strategia per modificare le abitudini alimentari della popolazione. Veniva concesso un breve periodo di tempo per convincere le casalinghe a servire piatti rapidamente pronti, ma meno desiderabili per le famiglie. Lewin ideò una strategia basata su due approcci diversi.

Nel primo, gruppi di casalinghe partecipavano a conferenze in cui venivano loro illustrati i benefici nutrizionali della nuova dieta all’interno di un discorso che comprendeva appelli al patriottismo. In questa situazione non era prevista alcuna forma d’interazione fra le partecipanti. Nel secondo approccio furono invece introdotti momenti di discussione sugli stessi temi affrontati dalla conferenza. Le partecipanti erano stimolate a trovare un accordo su almeno una questione.

Successivamente Lewin verificò che solo il 3% delle casalinghe che avevano partecipato alla prima situazione avevano cambiato abitudini alimentari, di contro questo valore saliva al 32% fra coloro che avevano partecipato alla situazione interattiva. Lewin verificò la validità di questo approccio interattivo di gruppo anche in relazione ad altre situazioni problematiche, giungendo alla conclusione che è più facile cambiare gli individui quando sono uniti in gruppo, piuttosto che agire singolarmente su di essi.

Da questi risultati si può quindi concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi scelti, un approccio centrato sulla valorizzazione del gruppo sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che portano a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.

Le squadre devono dare più valore al lavoro di squadra

I risultati altalenanti del campionato di queste prime due giornate di ripresa dopo il mondiale, l’Inter batte il Napoli ma poi si blocca contro il Monza, così come l’eliminazione del Milan dalla Coppa Italia mettono in evidenza come sia difficile dare continuità alle prestazioni e come questo sia più un problema che riguarda il collettivo e non tanto il singolo calciatore. E’ più facile criticare il singolo calciatore o un singolo reparto della squadra mentre è più difficile analizzare i risultati in termini di gioco di squadra. Anche fra i team non sportivi, ad esempio i team sanitari, è stato rilevato che quelli che lavorano per migliorare la collaborazione su obiettivi specifici di squadra hanno una probabilità 2,8 volte maggiore di raggiungere alte prestazioni rispetto ai team che non lo fanno.

Ciò accade poiché le squadre sono unità di lavoro identificabili, composte da più persone con diverse caratteristiche uniche che interagiscono continuamente tra di loro.

Le caratteristiche di un team includono:

  • interazioni sociali dinamiche con interdipendenze significative,
  • obiettivi condivisi e apprezzati,
  • una durata di tempo discreta,
  • competenze distribuite
  • ruoli e responsabilità chiaramente assegnati.

Quindi l’interdipendenza dei compiti fra i player se praticata in modo costruttivo favorisce la relazione tra lavoro di squadra e prestazioni, dimostrando l’importanza del lavoro di squadra.

In tal senso, trova conferma il detto che scegliendo gli 11 calciatori migliori per ogni ruolo, non è detto che si formi la squadra migliore.

La differenza mentalità fra Napoli e Juve

Conoscere  la mentalità di un collettivo permette di prevedere come una squadra reagirà di fronte a situazioni emotivamente intense. In questo campionato di calcio il Napoli e la Juventus rappresentano i due estremi di un continuum in cui successo e coesione di squadra sono opposte a insuccesso e mancanza di coesione.  Chi volesse comprendere le ragioni di queste differenze fra le squadre dovrebbe analizzare i fattori seguenti:

  • La qualità organizzativa della Società di calcio – Il sistema organizzativo consiste nell’insieme delle strategie  e strutture organizzative, nel sistema decisionale, nel sistema di programmazione e controllo, nello stile di leadership, cultura, clima e valori. Migliore è l’efficienza e l’efficacia della qualità organizzativa, migliore sarà la capacità della squadra e dell’allenatore di giocare con una mentalità vincente.
  • La qualità dell’immagine della Società di calcio – Si riferisce alla soddisfazione dei bisogni di appartenenza e d’identificazione della squadra e dei suoi stakeholder. Questa dimensione riguarda in prevalenza, l’autorevolezza della leadership societaria, la sua credibilità, la personalità e la competenza professionale delle sue figure chiave, i risultati e il prestigio conquistati nel tempo.
  • Gli obiettivi della squadra -  Si riferisce agli obiettivi della stagione in corso (vincere il campionato, classificarsi tra le prime quattro, restare in Serie A) sono obiettivi di risultato. Vi sono poi  anche  obiettivi di  prestazione (raggiungere un determinato standard prestativo individuale e collettivo) e obiettivi di processo (centrati sul miglioramento di singole abilità tecnico-tattiche, psicologiche e fisiche). Riguarda, inoltre, lo sviluppo di una mentalità di squadra che sia in grado di darsi in campo nuovi obiettivi in relazione alle diverse fasi di gioco di una partita. Comporta il sapere servirsi a proprio favore dei momenti positivi di un match, così come richiede la presenza di un piano pre-ordinato per affrontare le fasi di gioco negative o di maggior tensione agonistica.
  • La qualità tecnico-tattica della squadra – Si riferisce al bagaglio di competenze calcistiche e alla loro integrazione nel gioco di squadra, che determina molto di più della semplice somma delle qualità dei singoli calciatori.     Maggiore è la competenza tecnico-tattica della squadra associata  a un grado ottimale di preparazione fisica, maggiore è la probabilità che la squadra sappia affrontare le diverse fasi anche emotive della partita.
  • L’efficacia collettiva – Si esprime attraverso prestazioni che sono superiori a quelle che ognuno potrebbe fornire singolarmente.  La qualità tecnico-tattica è parte dell’efficacia collettiva; la coesione e la convinzione si riferiscono ai suoi aspetti relazionali e cognitivo-sociali. Quindi la domanda che bisogna porsi è la seguente: “In che modo i calciatori devono interagire in campo allo scopo di mostrarsi uniti e fiduciosi delle proprie competenze di squadra?” Napoleone era solito dire di vincere le sue battaglie anche con i sogni dei suoi soldati, questa frase è una metafora efficace di cosa si debba intendere per efficacia collettiva.
  • L’orientamento motivazionale dei calciatori – I calciatori e la squadra nel suo complesso devono manifestare una mentalità orientata alla crescita. Un esempio di applicazione al calcio di questo concetto può riguardare l’acquisto di un calciatore. Generalmente questo avviene sulla base del bagaglio tecnico e tattico, si ritiene così che un giocatore che fornisce ottime prestazioni in una squadra manifesterà la stessa efficacia anche in un’altra. In molti casi, questo fenomeno non si è ripetuto e ciò è probabilmente da attribuire a questa concezione statica della mentalità, che non tiene conto delle diverse condizioni che vi sono tra un club e l’altro e come queste influenzano l’adattamento del calciatore e di conseguenza la qualità delle sue prestazioni.

Senza coesione non si vince

Tempo fa Spalletti ha detto che “ora il Napoli mostra compattezza e mentalità, e abbiamo un gruppo di amici”. I giocatori devono essere uniti in campo e non per forza amici, però queste parole indicano aspetti importanti di un gruppo. Un segno di questa mentalità riguarda Insigne che nonostante vada via al termine del campionato continua a svolgere il suo ruolo fondamentale. Una squadra deve essere unita, e non ci sono alternative; l’ha compreso anche Sarri che con la Lazio ha ristabilito un clima di maggiore unione con i giocatori proprio migliorando il rapporto umano con loro. Un esempio su tutti, nel nostro campionato, è rappresentato da Mourinho che in cambio dell’impegno massimo dei giocatori sostiene la squadra quale che sia difficoltà. Non si tratta del vecchio sistema del bastone e della carota ma di empatia, che nel caso dei leader consiste nel perseguire gli obiettivi scelti comprendendo nel contempo le esigenze dei calciatori. Lo diceva già Napoleone quando affermava: “Vinco le mie battaglie anche con i sogni dei miei soldati”. Uniti si vince, lo sappiamo da sempre, i più forti eserciti del passato si sono fondati su questo concetto. In termini agonistici bisogna applicarlo con la consapevolezza che l’impegno di tutti è indispensabile, non servono i giocatori migliori se poi non sanno giocare insieme. Il più recente esempio di mancanza di unione e di una mentalità presuntuosa è stata fornita dall’Inter nel derby della settimana scorsa. Il Milan è stato psicologicamente compatto sino alla fine mentre l’Inter ha mostrato, nel corso del tempo, un livello di coesione centrato su un livello d’intensità sempre più basso e teso mantenere il risultato acquisito. Alla fine ha vinto la squadra più motivata e unita. In sintesi, coesione è sinonimo di comunione d’intenti, disposizione al sacrificio per la squadra e intensità di gioco.  Una squadra poco unita può vincere una partita servendosi della qualità dei singoli ma non vincerà mai uno scudetto o otterrà la salvezza se non sarà unita.

 

Francia in crisi: manca la coesione

Ungheria-Francia 1-1.

Ancora una volta abbiamo assistito al verificarsi di un concetto semplice: non vince la squadra composta da campioni ma quella che resta unita attorno al suo gioco per 90 minuti.

E’ un’idea che nonostante tutti la conoscano, succede che le star di una squadra se lo dimentichino, pensando che prima o poi qualcosa succederà per consentirgli di fare un gol e vincere. Le squadre meno forti non si possono permettere questo atteggiamento superficiale, consapevoli (sempre se allenati a questo concetto) che la loro unica chance di vincere proviene dalla coesione in campo guidata da idee tattiche.

Nel calcio è quindi possibile più che in ogni altro sport di squadra che la squadra sfavorita possa mettere in difficoltà quella avversaria e quando va in vantaggio può avere molte chance di concludere la partita con un risultato non sperato.

Per la squadra dei campioni che subisce questa situazione non è mai facile cambiare mentalità a partita iniziata, spesso prevale lo stupore e la ricerca della soluzione individuale e non di squadra.

W l’Ungheria che ci ha dato il piacere di vedere questa partita, a dimostrazione che il valore si deve acquisire ogni volta sul campo e non a parole.

Juventus: distrazioni che distruggono una stagione

Fabio Capello analizza gli errori commessi dalla Juventus contro il Porto tra andata e ritorno, non risparmiando un’aspra critica nei confronti di Cristiano Ronaldo: “Il primo gol nella prima partita è un regalo, grande disattenzione nel secondo, non si possono subire certi gol. Il calcio di rigore stasera è un altro regalo. Troppo ingenuo Demiral, non si può cercare l’anticipo, è un gravissimo errore. Ma il top è questo. Cristiano Ronaldo che salta e si gira in barriera. Chi sta in barriera non può aver paura di subire un colpo. È un errore imperdonabile che non ha scusanti“.

Capello ha pienamente ragione e ripropone il concetto che oltre il gioco di una squadra, nel calcio sono i singoli episodi che determinato il risultato della partita e in questo caso l’eliminazione dalla competizione europea più importante per una squadra di calcio.

Ma se questa è la situazione come si possono evitare questi errori. Soprattutto quelli di Bentancur e di Ronaldo errori assolutamente evitabili ma che hanno cambiato la valutazione di una intera stagione agonistica.

Il problema non è tanto la distrazione in se stessa ma l’effetto che determina. E’ questo che i giocatori dovrebbero ricordarsi prima di agire in questo modo.

Superficialità o anche presunzione che non può succedere nulla di così negativo. Probabilmente squadra anche poco unita in cui non sembra ci sia qualcuno con il ruolo di tenere alta l’alta attenzione in questi momenti.

Il Porto ha vinto meritatamente perchè è stato più costante nel mantenere elevata l’attenzione, La Juventus ha mostrato troppo alti bassi e di conseguenza ha pagato questi attimi di distrazione.

Quanto si allena la Juventus a evitare che accadano questi episodi, attimi che distruggono una stagione.

La mentalità della squadra di calcio

Per mentalità s’intende il modo di concepire, intendere, giudicare avvenimenti individuali e sociali. La partita di calcio è una tipica situazione di confronto sociale fra due squadre, ognuna delle quali vuole imporre il proprio modo di giocare attraverso le azioni svolte dai calciatori durante l’arco dei 90 minuti.

Conoscere la mentalità di una squadra permette di prevedere come reagirà di fronte a situazioni emotivamente intense, come ad esempio subire un goal decisivo negli ultimi minuti di una partita. Permette inoltre di sapere quali sono i giocatori che reagiranno meglio o peggio in situazioni imprevedibili.

La mentalità di una squadra è determinata da un insieme di fattori tra loro interagenti che comprendono:

  • La qualità organizzativa della Società di calcio – Il sistema organizzativo consiste fra l’altro nell’insieme delle strategie  e strutture organizzative, nel sistema decisionale, nel sistema di programmazione e controllo, nello stile di leadership, cultura, clima e valori. Migliore è l’efficienza e l’efficacia della qualità organizzativa, migliore sarà la capacità della squadra e dell’allenatore a giocare con una mentalità vincente.
  • La qualità dell’immagine della Società di calcio – Si riferisce alla soddisfazione dei bisogni di appartenenza e di identificazione della squadra e dei suoi stakeholder. Questa dimensione riguarda in prevalenza, l’autorevolezza della leadership societaria, la sua credibilità, la personalità e la competenza professionale delle sue figure chiave, i risultati e il prestigio conquistati nel tempo.
  • Gli obiettivi della squadra -  Si riferisce agli obiettivi della stagione in corso (ad esempio, vincere il campionato, arrivare tra le prime quattro, restare in Serie A) sono obiettivi di risultato. Vi sono poi  anche  obiettivi di  prestazione (raggiungere un determinato standard prestativo individuale e collettivo) e obiettivi di processo (centrati sul miglioramento di singole abilità tecnico-tattiche, psicologiche e fisiche). Riguarda, inoltre, lo sviluppo di una mentalità di squadra che sia in grado di darsi in campo nuovi obiettivi in relazione alle diverse fasi di gioco di una partita. Comporta il sapere sfruttare a proprio favore i momenti positivi di un match, così come richiede la presenza di un piano pre-ordinato per affrontare le fasi di gioco negative o di maggior tensione agonistica.
  • La qualità tecnico-tattica della squadra – Si riferisce al bagaglio di competenze calcistiche e alla loro integrazione nel gioco di squadra, che determina molto di più della semplice somma delle qualità dei singoli calciatori. Maggiore è la competenza tecnico-tattica della squadra associata a un ottimale grado di preparazione fisica, maggiore è la probabilità che la squadra sappia affrontare ogni fase della partita con la mentalità vincente.
  • L’intelligenza collettiva – Si esprime attraverso prestazioni che sono superiori a quelle che ognuno potrebbe fornire singolarmente.  La qualità tecnico-tattica è parte dell’intelligenza collettiva; la coesione e la convinzione si riferiscono ai suoi aspetti relazionali e cognitivo-sociali. Quindi la domanda che bisogna porsi è la seguente: “in che modo i calciatori devono interagire in campo allo scopo di mostrarsi uniti e fiduciosi delle proprie competenze di squadra?” Napoleone era solito dire di vincere le sue battaglie anche con i sogni dei suoi soldati, questa frase è una metafora efficace di cosa si debba intendere per intelligenza collettiva.
  • L’orientamento motivazionale dei calciatori – I calciatori e la squadra nel suo complesso devono manifestare una mentalità orientata alla crescita e non pensare, invece, che la mentalità vincente sia qualcosa di data una volta per tutte e che non debba essere allenata in modo continuativo. La tabella 3 mostra le differenze fra chi ritiene che la mentalità sia un’entità statica e scarsamente modificabile e quelli che invece ritengono che la mentalità può essere ulteriormente sviluppata quale che sia il livello a cui si gioca. Un esempio di applicazione al calcio di questo concetto può riguardare l’acquisto di un calciatore. Generalmente questo avviene sulla base del bagaglio tecnico e tattico, si ritiene così che un giocatore che fornisce ottime prestazioni in una squadra debba per forza farlo anche in un’altra poiché la sua abilità lo garantisce. In molti casi questo però non è avvenuto e ciò è probabilmente da attribuire a questa idea statica della mentalità che non tiene conto delle diverse condizioni che vi sono tra un club e l’altro e come queste influenzano l’adattamento del calciatore e di conseguenza la qualità delle sue prestazioni.

 

Diagramma della mentalità (modificato da Dweck, 2009)

Mentalità  statica

Mentalità orientata alla crescita

Intelligenza statica Intelligenza può essere sviluppata
Evita le sfide Affronta le sfide
Reagisce agli ostacoli in modo difensivo o rinuncia Persiste di fronte alle difficoltà e agli insuccessi
L’impegno è poco considerato L’impegno è percepito come il mezzo per padroneggiare
Ignora le valutazioni negative costruttive Impara dalle valutazioni negative costruttive
E’ spaventato dai successi degli altri Impara dai successi degli altri
Raggiunge rapidamente uno standard prestativo ma è inferiore al suo potenziale Raggiunge elevati livelli di successo 
  • Lo stile di leadership dell’allenatore – Ogni squadra ha un leader che la guida ed è responsabile delle prestazioni che vengono fornite, questo leader è l’allenatore. Non deve sottrarsi a questo ruolo che è di guida nei confronti del gruppo, di distributore di ruoli e di compiti da svolgere con precisione  e fermezza. E’ il principale motivatore della squadra, deve conoscerne la psicologia così da trarne fuori il meglio che sia possibile.

Come deve costruire la coesione l’allenatore

In questo periodo iniziale della stagione sportiva dei giochi di squadra, mi viene spesso chiesto come migliorare la coesione di una squadra soprattutto da parte di chi lavora nelle squadre juniores e in quelle dei campionati che non giocano nei campionati di massimo livello. Faccio questo distinguo perché fra i coach è diffusa l’idea che avendo poco tempo a disposizione, tutto ciò che esula dal lavoro tecnico svolto in campo sia un lavoro superfluo, a cui non si ha tempo da dedicare, proprio perché: “Non siamo mica una squadra professionistica, dove i giocatori sono sempre a disposizione”.

Questo atteggiamento è la motivazione che spinge molti allenatori a ritenere che i giocatori debbano adattarsi al loro metodo di lavoro e alla gerarchie proposte. Preparazione fisica e tecnica/tattica la fanno da padroni e se qualcuno non è d’accordo, peggio per lui/lei.

La leadership si manifesta in sostanza con la somministrazione di un programma di allenamento che deve essere seguito senza discussioni. Si parte da considerazioni corrette (tempo limitato, poche risorse economiche, orari non ottimali) per giungere a conclusioni sbagliate. Chi si adatta è ok; chi non accetta questo approccio viene di solito etichettato come pigro, poco disposto a fare sacrifici o presuntuoso.

Purtroppo, la cultura del lavoro e la coesione di squadra sono fattori imprescindibili in uno sport di squadra e non si costruiscono con questo approccio. La prestazione di squadra trae invece la sua forza dall’allenamento quotidiano del concetto di NOI: la prestazione vincente nasce dall’integrazione del comportamento di vari giocatori, per cui bisogna insegnare a più persone a fare bene cose diverse, insieme e contemporaneamente.

L’allenatore deve:

  1. Favorire la partecipazione, ascoltando le indicazioni dei giocatori
  2. Evitare i favoritismi
  3. Premiare i comportamenti altruistici
  4. Ridurre i comportamenti individualistici
  5. Attribuire a ognuno obiettivi sfidanti e raggiungibili
  6. Attribuire a ogni giocatore un ruolo specifico
  7. Favorire un clima di allenamento orientato all’apprendimento e collaborazione
  8. Stimolare l’impegno massimo e rinforzarlo costantemente
  9. Sostenere sempre la squadra quando è in difficoltà
  10. Spendere del tempo per valutare con atleti l’impegno profuso in allenamento
  11. Analizzare freddamente con la squadra i risultati delle partite

La domanda per gli allenatori è: quanto tempo dedichi allo sviluppo di questi fattori della prestazione?

Magic Johnson e la coesione di squadra: una storia vecchia ma sempre vera

Le squadre di basket devono essere unite per realizzare il loro obiettivo prioritario: affrontare gli avversari in modo sicuro e determinato. La rivalità interna, se non limitata a episodi circoscritti fa sprecare inutili energie agli atleti e li tiene impegnati in attività che hanno un’influenza disgregante sull’allenamento e sulla partita. La squadra deve sempre ragionare in termini di NOI. Il coach deve: favorire la partecipazione dei giocatori, cercando di accoglierne le indicazioni, trattare tutti con gli stessi criteri ed evitare favoritismi, premiare i comportamenti altruistici e ridurre i comportamenti individualistici.

La storia di Magic Earvin Johnson è un esempio di come anche un campione deve passare da comportamenti troppo individualistici a una maggiore condivisione con i suoi compagni. Infatti, quando Magic giocava nei Los Angeles Lakers si distingueva anche per la sua dedizione al gioco di squadra: passava e difendeva anziché pensare a segnare punti. E’ stato Magic a spiegare al suo allenatore Pat Riley come si era affermato in lui questo atteggiamento collaborativo verso la squadra.

Quando giocava nella Lega Giovanile di pallacanestro, a East Lansing, Michigan, il suo allenatore gli diceva che lui era il migliore giocatore della squadra e che doveva tirare in continuazione.  Magic Johnson obbediva a questa richiesta e segnava la maggior parte dei canestri della sua squadra, che così vinceva in continuazione. Nonostante queste vittorie gli altri compagni di squadra si sentivano incapaci, erano depressi e nessuno lo ringraziava o si mostrava contento per quello che lui faceva. Decise che quella situazione per lui era insopportabile. Da quel momento il suo comportamento in campo cambiò e mise le sue capacità al servizio della squadra. L’umore dei compagni cambiò completamente e furono molto più motivati. incrementarono le loro abilità e continuarono ugualmente a vincere.

Com’è la tua squadra, i giocatori riescono a mettere da parte il loro ego e giocano in modo coeso indipendentemente dal momentum di gioco?