Archivio per il tag 'Garcia'

Mazzarri e la coesione del Napoli

Partiamo da un’idea base e cioè che le prestazioni di una squadra sono più efficaci se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione  è parte fondamentale del concetto di coesione, che è il processo dinamico che riflette la tendenza di una squadra a stare insieme e a rimanere unita nel perseguire i suoi obiettivi. Carenza di coesione, a mio avviso, è  stato il problema che ha manifestato il Napoli durante la gestione di Rudi Garcia.

Questo perchè uno dei dei problemi più frequenti che si presentano nelle squadre quando gli obiettivi dell’allenatore non corrispondono a quelli della squadra. Garcia inoltre non  è riuscito a trovare modalità di comunicazione efficaci per fare accettare le sue proposte. Dovrebbe essere evidente quanto sia necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi dell’allenatore  altrimenti succede quello che è successo: la squadra perde fiducia e l’allenatore viene esonerato

Mazzarri si è trovato ad affrontare una situazione in cui i calciatori non erano soddisfatti del ruolo svolto in squadra, avevano perso fiducia nella forza del gruppo e i risultati negativi confermavano, peggiorandoli, questi stati d’animo negativi.

L’approccio di Garcia non prevedeva un confronto su questi temi, che è necessario per gestire una squadra in modo vincente. Se mi venisse chiesto, suggerirei a Mazzarri d’introdurre momenti di discussione sugli stessi temi. Si può concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi proposti, un sistema centrato sulla valorizzazione della squadra sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che porta a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.

L’importanza della coesione di squadra

Gli allenatori vengono esonerati sulla base di risultati deludenti ma non sempre c’è una risposta univoca per identificare le ragioni che hanno determinato le prestazioni negative di una squadra, che in questo caso corrisponde al Napoli. Nelle aziende è risaputo che le performance migliori sono prodotte da individui e team che sono motivati e ben pagati. Nelle squadre professionistiche la dimensione economica non rappresenta un problema invalicabile mentre la carenza di motivazione rappresenta un problema grave.
La motivazione mostrata in campo dalla squadra è la rappresentazione del rapporto allenatore-calciatore positivo o negativo. Vi sono dei modi per favorirla che ogni allenatore dovrebbe conoscere, fra questi: favorire la partecipazione, ascoltando le indicazioni dei giocatori, premiare i comportamenti altruistici e di collaborazione,  attribuire a ognuno obiettivi sfidanti e raggiungibili, richiedere e favorire l’impegno massimo e rinforzarlo costantemente, sostenere sempre la squadra quando è in difficoltà pur impegnandosi al massimo, spendere del tempo per valutare con i giocatori l’impegno dato in allenamento e partita.
Se questo approccio non viene seguito è facile che i calciatori comincino a non giocare come sanno, riducendo il loro impegno. I grandi obiettivi vengono perseguiti solo in un ambiente in cui la collaborazione in campo è coltivata come un bene prezioso. quando alcuni giocatori significativi si sentono esclusi dall’allenatore di solito tutto il sistema si ribella, ancor più quando si viene da una stagione prodigiosa come quella passata. L’allenatore è il capo assoluto della squadra ma non può imporre le sue idee servendosi del meccanismo di esclusione di alcuni giocatori.
La nazionale femminile di pallavolo è un altro recente esempio di questo approccio. Non si ottiene coesione e tantomeno vittorie ridimensionando il ruolo dei giocatori più importanti. Questa formula, di affermazione a qualsiasi costo della propria mentalità, è un esempio perdente di leadership.

Juventus e Roma troppo paurose in Europa

Ieri ho scritto che molti allenatori della Serie A non riescono a sollecitare la competitività della propria squadra e che questo fatto determina ovviamente dei problemi. Quanto scrive Massimo Mauro su Repubblica.it va esattamente nella stessa direzione parlando delle difficoltà di Juventus  e Roma.

“La squadra di Allegri è carica dopo la bella vittoria di Empoli, ma troppe volte ci ha abituato alla squadra forte e arrogante in campionato per poi presentarsi umile e paurosa in Europa … Preoccupa ancora di più la Roma. Dalla notte col Bayern sembra essere svanita la bella squadra vista nella scorsa stagione e in questa prima parte di campionato. Sembra svanito il gruppo: chi gioca non ha più gamba e intensità, chi entra è svogliato e non sembra avere la voglia di cambiare le cose. Traspare malumore dietro i titolari. I nuovi che dovevano rafforzare il gruppo (Iturbe e Cole su tutti) non hanno fatto fare il salto di qualità, mentre Destro e Ljiaic non hanno più la pazienza di aspettare”.

Due squadre che all’estero non sono state capaci, fino a prova contraria,  di essere competitive. In altre parole non lottano, non provano a recuperare i palloni persi con determinazione e non entrano in campo decise. Questo atteggiamento della squadra viene prima del gioco e si basa su un’idea di base semplice: prima fai e poi farai meglio, ma se non fai non migliorerai mai. E’ meglio fare e sbagliare piuttosto che non fare. Questo vuol dire essere competitivi. Le nostre squadre invece sono sinora sembrate paralizzate dal dovere fare la cosa giusta senza commettere errori. In questo caso si diventa lenti e insicuri e un avversario più convinto porta a casa il risultato. Sono convinto che allenatori più consapevoli delle proprie incapacità, potrebbero riflettere su questi temi e trovare delle soluzioni adatte per le loro squadre.

Roma-Napoli: spettacolo e divertimento?

Stasera si gioca Roma Napoli, la prima contro la seconda in classifica, e ci si aspetta una partita divertente fra due squadre che prendono pochi goal e che segnano con facilità. I due allenatori sono persone che non si sprecano in polemiche fra di loro e che stanno insgnando ai giocatori a pensare a una partita alla volta senza montarsi la testa per i successi ottenuti in campionato. La Roma deve temere una squadra che ha segnato sinora 10 goal solo nel primo tempo, che anche se spesso non decidono la partita, danno ovviamente un vantaggio pratico ed emotivo. Un errore che le squadre devono evitare è quello di pensare a cosa succederà se vincono, non devono portarsi con la testa al futuro, soprattutto chi andrà per primo in vantaggio dovrà continuare a mantenere lo stesso tipo di concentrazione avuta sino a quel momento. Per il Napoli sarà utile avere negli occhi la vittoria con il Borussia e non certo quella con l’Arsenal. E’ sempre meglio ricordarsi le vittorie ottenute giocando bene piuttosto che soffermarsi troppo sui difetti. Ciò che può fermare il gioco delle due squadre è il timore di perdere, non essendo abituate a giocare incontri di alto livello.  Il ruolo degli allenatori è, in relazione a questo aspetto, assolutamente decisivo nel convincere i giocatori delle loro capacità tecniche. La fiducia con cui entreranno in campo dipende da loro e da come i giocatori che pù le rappresentano in campo sapranno interpretare con efficacia il loro ruolo. Buon divertimento.

Le ragioni della rinascita della Roma

Il cambiamento dell’atteggiamento in campo della Roma e delle conseguenze che ne derivano: migliore gioco, combattività dei singoli, forte coesione e maggiore senso di appartenenza rappresenta un dato positivo non solo per la Roma, prima in classifica, ma per il calcio italiano. Il primo passo verso questo cambiamento è rappresentato dalla diversa organizzazione della società, più chiara, senza sovrapposizione nei ruoli dirigenziali chiave, che ha determinato la scelta dei giocatori da cedere e quelli da immettere, facendo attenzione alle necessità di bilancio e a prendere non solo giocatori bravi ma anche dotati della personalità necessaria per giocare ad alto livello. Il secondo tassello è costituito dalla scelta di un allenatore non glamour o filosofo ma concreto. Dal punto di vista psicologico si è presentato come il classico padre severo ma giusto; in tal modo i giocatori si sono sentiti rispettati e così da questo nuovo ambiente e dall’intreccio di queste relazioni è nato il gioco attuale.  Il risultato della Roma dimostra che per vincere è innazitutto necessario avere un’organizzazione societaria efficace e un allenatore (il leader della squadra) che valorizzi i calciatori, non li escluda per un pregiudizio personale e che faccia rispettare regole semplici e ben definite. Solo a questo punto inizia l’allenamento del gioco.