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Ventura: un CT senza leadership condivisa

Il limite principale di Ventura è stato di non aver saputo costruire una squadra unita e fornire una leadership autorevole. Per fare qualcosa di straordinario ed entrare nella storia, come ha detto Tavecchio, si deve costruire un clima motivazionale in cui ogni calciatore  si deve sentire unito agli altri da un filo che è un amalgama di volontà, tenacia, impegno, coraggio e umiltà. Questa costruzione viene prima di ogni schema o tattica di gioco, perché la sua funzione è di esaltare il valore umano di ognuno, che in una squadra unita su queste basi diventa molto di più della somma dei singoli valori. Si vince di più grazie al gruppo poiché la prestazione nasce dall’integrazione del comportamento di tutti i giocatori, che fanno bene cose diverse, insieme e contemporaneamente.

La squadra deve sempre ragionare in termini di NOI e il ruolo dell’allenatore è decisivo per favorire la partecipazione dei giocatori cercando di accoglierne le indicazioni, trattando tutti con gli stessi criteri ed evitando favoritismi, dando ad ognuno un ruolo e un obiettivo specifico individuale e di squadra. Ora tutto questo è mancato perché Ventura ha impiegato calciatori fuori dal loro ruolo, ha dato fiducia a qualcuno che non era in forma rinunciando a chi stava meglio, non ha messo in campo il più talentoso. Dopo la partita con la Spagna, non ha capito l’impatto psicologico negativo che avevano subito i calciatori e continuando con la retorica che sono professionisti e che una sconfitta non li avrebbe influenzati. Ovviamente è successo il contrario.

A questo punto, i veri leader della nazionale e cioè Buffon, De Rossi, Chiellini e pochi altri hanno dovuto riunire la squadra per sopperire alle carenze del commissario tecnico. Ventura è stato incapace di comprendere il loro stato d’animo e non ha saputo condurli, come avrebbe dovuto fare, fuori da questo tunnel di negatività, spingendoli a lottare nelle due successive partite.  Il cui valore fondamentale risiedeva non solo nel risultato ma soprattutto nella reazione morale che avrebbe permesso alla squadra di affrontare la Svezia da una condizione psicologica totalmente diversa. I leader in campo della squadra non hanno potuto fare di più, perché avrebbe significato andare a uno scontro diretto sulla formazione da mettere in campo.

Ventura non li ha di certo ascoltati e l’episodio che meglio evidenzia questa situazione è rappresentato dalle parole di Daniele De Rossi in panchina quando dice che se si vuole vincere la partita non dovrebbe essere lui a scaldarsi ma Insigne. Suggerimento non ascoltato. E lasciamo perdere sulla mancanza totale di senso di responsabilità e di senso di comunità dei dirigenti e del ct nel lasciare parlare per primo e da solo Gianluigi Buffon a spiegare il senso di questa eliminazione. D’altra parte, come dice Gigi Riva nel suo bellissimo articolo, “Nell’ora della verità a Ventura è mancato il coraggio (del resto, uno non se lo può dare)”.

Le ragioni psicologiche delle prestazioni negative della nazionale di calcio

Le ragioni delle prestazioni negative della nazionale di calcio sono anche psicologiche e sembra che questo tipo di spiegazione non sia stato sinora preso in considerazione dal ct mentre a questo riguardo i giocatori più significativi, in primis Buffon e la BBC, abbiano espresso delle idee piuttosto chiare. Tutto è partito dalle dichiarazioni successive alla sconfitta con la Spagna. Ventura ebbe a dire che i giocatori erano professionisti che avrebbero saputo reagire positivamente al 3-0 subito e che questo risultato non avrebbe avuto alcun impatto negativo sulla fiducia della squadra. Opposte sono state invece le parole di Buffon dopo la partita con la Macedonia:

Quindi, alla nazionale per uscire da questa fase negativa serve fiducia, consapevolezza della propria forza, sapere alzarsi dopo le sconfitte, sapere aiutarsi, divertirsi, essere disinibita e positiva. Ma la squadra è stata impostata su questi principi? E quale era il piano B (quello che si mette in atto quando le cose non vanno per il verso giusto) prima della partita con la Spagna e con la Macedonia? Come sono aiutati i giocatori durante i raduni a potenziare questa mentalità suggerita da Buffon e che è alla base di qualsiasi mentalità vincente? Certamente è vero che le abilità psicologiche si acquisiscono nel tempo e non in un fine settimana. Inoltre, alcuni calciatori non trovano spazio nella loro squadra di club e così non hanno modo di mettersi di frequente alla prova, in partite che bisogna assolutamente vincere. Ciò nonostante mi piacerebbe almeno una volta sentire dire dal ct che incontrare delle difficoltà psicologiche fa parte del gioco e che, proprio perché i calciatori sono dei professionisti, si sta lavorando anche sull’approccio mentale alla partita e sul saperla giocare con una mentalità vincente. Poi vinca il migliore.

 

La nuova mentalità vincente della Juventus

Prima il furore, poi la tecnica. Mi sembra questa l’evoluzione che in questi anni ha avuto la mentalità della Juventus. Campioni indiscussi come Buffon, Del Piero e Pirlo, fra gli altri, avevano già vinto molto e dimostrato di avere questo approccio al calcio, ma una squadra vincente è molto di più delle sue singole individualità e bisognava  che tutti dimostrassero di avere e portare sul campo questa mentalità. Il lavoro di Conte ha avuto il merito di portare il furore nel gioco, quell’intensità fisica e mentale prima che tecnica, che la squadra doveva dimostrare per novanta minuti in ogni partita. Allegri ha completato questa squadra, che aveva vinto tre campionati consecutivi, cambiando modulo di gioco e portando l’attenzione sul  lavoro tecnico e su quanto sia necessario migliorare continuamente sotto questo aspetto. Oggi si parla di quanto sia stato inatteso il raggiungimento della finale di Champions League, ma nello sport i miracoli non esistono. La squadra ha, invece, dimostrato di avere oltrepassato i limiti psicologici che le impedivano di giocare in modo da raggiungere questo obiettivo. Merito dell’allenamento ma anche dal partire da una condizione vincente, almeno in Italia, e su questa fiducia è stato possibile costruire, ostacolo dopo ostacolo, questa volontà di andare oltre i limiti passati. Ora tutto è possibile perché la storia c’insegna che Davide ha battuto Golia. La Juventus va a Berlino con un atteggiamento gioioso perché sono mesi che coltiva un sogno che giorno dopo giorno, con fatica e dedizione, è diventato realtà e questo è un vantaggio psicologico significativo per affrontare al meglio quest’ultima partita. Il Barcellona, super-favorito può incorrere in una partenza falsa come fece Bolt alla finale dei 100m ai mondiali del 2011 con la conseguente  squalifica. Un esempio di superficialità mentale dettata dal sentirsi predestinato a vincere.  Alla Juventus servirà l’entusiasmo accumulato in queste settimane unito alla calma, che le permetteranno di esaltare il proprio gioco, quello insegnato da Allegri. Certamente la Juventus nel suo percorso in Champions League è stata anche fortunata e questo ha messo in evidenza un’altra sua caratteristica, tipica delle squadre vincenti: sapere trarre vantaggio dalle condizioni favorevoli.  Infatti, ha vinto quando doveva vincere e non è facile ottenere questo risultato, perché spesso le squadre non-fiduciose perdono proprio queste partite non ragionando, perdendo la calma quando il gol non viene subito o se la squadra avversaria si mostra più difficile da superare. In questi casi, chi dovrebbe vincere diventa insicuro mentre l’avversario acquista sicurezza  e può ribaltare a proprio favore il risultato, tra l’incredulità dei favoriti. Impegno, dedizione totale e tecnica sono le parole chiave di questo successo.

I normali errori di Buffon

I campioni fanno pochi errori e ciò nonostante hanno spesso un impatto molto negativo sul risultato della gara. E’ questo il caso dei due errori commessi da Buffon, portiere della Juventus, che hanno determinato le due reti con cui la Sampdoria ha vinto la partita. Questi errori ci colpiscono molto di più rispetto a quelli commessi da altri giocatori meno talentuosi. Anche perchè l’errore del portiere, rispetto ad altri ruoli, con più facilità determina una rete a favore degli avversari. Mi sono piaciute le dichiarazioni di Buffon quando ha detto che lui qualche errore lo commette durante la stagione e che questo fa parte della normalità. Seconda affermazione importante è stata quella di dire che una squadra è forte se sa reagire a questi eventi negativi fornendo subito una prestazione vincente. Queste parole confermano una famosa frase secondo cui “non è importante quante volte cadi ma quanto in fretta ti rialzi”. Per i giovani atleti è importante prendere ispirazione dall’esperienza di campioni come Buffon, per capire che tutti sbagliamo ma che la differenza tra i giocatori bravi e gli altri sta nella reazione all’errore, piangersi addosso o addossare le colpe agli altri compagni non serve, anzi è dannoso.

Sentirsi responsabili

Continua la polemica sulle affermazioni di Buffon e allora ecco un bello spunto per riflettere.
“La verità non ha ora, è di tutti i momenti, specialmente dei momenti in cui ci sembra inopportuna”. (Albert Schweitzer)

Le regole vanno rispettate

La scelta di Luis Enrique di non fare giocare De Rossi perchè è arrivato in ritardo alla riunione tecnica del mattino anche se solo di 5 minuti è un segno di forte discontinuità con le regole del nostro calcio. Le regole vanno definite e soprattutto applicate e può succedere che il momento per applicarle non sia sempre quello giusto, e che porti a privarsi di un giocatore decisivo per la squadra. Ancora di più quando le regole sono poche e chiare, come per l’allenatore della Roma, è difficile non applicarle. E’ rigidità non avere dato una multa? A mio avviso si tratta di severità e suppongo che avesse spiegato a tutti quali sarebbero state le conseguenze qualora non fossero state rispettate. Pure Buffon si è espresso in modo franco e questo è apprezzabile, come ha ricordato Gianni Mura. L’azione del goal è stata così rapida e intensa che sono convinto che non si sia reso conto che il pallone era entrato. Qualora ne fosse stato consapevole capisco la difficoltà a attribuire alla propria squadra un goal subito in una partita così importante, ciò non toglie che mi piace immaginare che un fuoriclasse potrebbe fare un gesto di discontinuità e ammetterlo.