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Gli errori che derivano da uno scarso allenamento alla consapevolezza

Se i tuoi atleti commettono qualcuno di questi errori, vuol dire che non gli hai insegnato a dare valore a quello per cui s’impegnano in allenamento:

  1. Quando gli chiedi di fare un respiro profondo, sbuffano o sospirano
  2. Senza alcuna ragione variano i tempi e modi del riscaldamento
  3. Dicono: “Ma io pensavo di essere pronto mentre invece…”
  4. Si arrabbiano o si deludono con facilità anche in allenamento
  5. In allenamento hanno obiettivi di risultato e raramente di processo
  6. Sono concentrati sui risultati della loro azione sportiva e non su come realizzarla con efficacia
  7. Non sono consapevoli che è come ti prepari che determina la qualità della prestazione
  8. Pensano che avendo imparato la tecnica, allora sapranno anche gareggiare
  9. S’illudono di fare bene, solo perché l’hanno fatto in precedenza e non sono consapevoli che ogni volta è diverso e l’impegno deve essere costante
  10. Di solito dai loro campioni preferiti prendono solo i comportamenti più superficiali e più di moda

Sviluppare atleti e allenatori con una mentalità orientata alla crescita

Nello sport è necessario imparare a reagire immediatamente agli errori, costruendo una cultura del lavoro che consideri gli insuccessi come parte integrante e non eliminabile del processo di miglioramento. Per gli atleti e gli allenatori non è comunque facile accettare questo presupposto anche se tutti sanno che gli errori sono una costante di ogni prestazione. Non esiste, infatti, la prestazione perfetta ma solo quella che si fornisce in un dato momento, espressione dei limiti personali o di squadra e di come vengono affrontati gli ostacoli tipici, ma anche quelli imprevisti, presenti in ogni competizione.  Viene indagata la relazione fra prestazione, abilità ed errore, in cui il primo fattore dipende dall’interazione fra gli altri due fattori. Per predire quale potrebbe essere la reazione all’errore o a un insuccesso, è importante conoscere quale sia la motivazione alla competenza di un atleta e su quali credenze personali è stata impostata.

L’atleta mostra un approccio alla competizione orientato alla crescita oppure ha sviluppato una concezione fissa delle sue qualità sportive?  Questi due approcci diversi influenzano in modo diverso la reazione a una prestazione insoddisfacente. Chi mostra una mentalità orientata alla crescita deciderà con più probabilità d’impegnarsi di più, spendendo più tempo e sperimentando nuove strategie. Gli atleti con una concezione fissa della loro mentalità saranno invece maggiormente preoccupati di mostrare nuovamente le loro carenze e s’impegneranno di meno. Vengono discusse le implicazioni pratiche e come orientare gli atleti verso una mentalità orientata alla crescita.

In molte culture, vi sono modi di dire che ricordano quanto sia importante imparare a reagire alle situazioni negative e agli errori. Si dice, ad esempio: “Quando si chiude una porta, si apre un portone” mentre gli americani amano ripetere: “Non importa quante volte cadi, ma quanto in fretta ti rialzi” e i giapponesi affermano: “Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”. Queste affermazioni mettono in evidenza che per avere successo si debba sviluppare una piena consapevolezza di quanto sia frequente commettere degli errori e di quanto sia altrettanto rilevante reagire in modo costruttivo. Non ci sono scorciatoie, poiché gli errori non possono essere eliminati; bisogna per forza sbagliare, come durante un percorso a ostacoli in cui si è consci in ogni momento che è possibile commettere errori, rallentare, fare una grande fatica per superare un ostacolo anche se si è ben preparati e si conosce il percorso. Allora se questa è la strada da percorrere, bisogna impedire che gli errori diventino degli alibi utilizzati per confermarsi l’impossibilità di superare i propri limiti attuali, con l’effetto di determinare una riduzione dell’impegno, poiché “Tanto non c’è niente da fare” oppure “Sì, ci sarebbe tanto da fare, ma non ho abbastanza talento o sono sfortunato”. Bisogna quindi costruire, attraverso l’attività quotidiana, una cultura del lavoro che consideri l’errore come parte integrante del processo di miglioramento.

D’altra parte lo sport è un contesto in cui la presenza di errori è una costante di ogni prestazione, molto spesso anche di quelle vincenti. Nel tiro al piattello, il record del mondo, colpire 125 su 125 è stato realizzato 13 volte negli ultimi 25 anni. In ogni altra occasione, i tiratori hanno sempre commesso degli errori. Negli sport di coordinamento del corpo nello spazio sono molto rare le volte in cui un atleta, maschio o femmina, ha ottenuto il massimo punteggio. Nel basket, Michael Jordan ha detto: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”.

Sempre nel basket, in EuroLeague solo l’8,5% dei giocatori realizza il 90% dei tiri liberi, il 35% ne mette a segno l’80%, il 32% il 70% dei tentativi e il 24% ne realizza meno del 70% (Cei, 2018). Nel calcio, tutti sbagliano i rigori da Roberto Baggio nella finale di calcio dei mondiali del ’94 a quelli sbagliati da Messi, Modric e Ronaldo ai Mondiali in Russia.

Nonostante questi dati, molti atleti non accettano la possibilità di commettere errori, anzi talvolta ne rimangono addirittura stupiti: “Perché tutto stava andando così bene” o “Perché mi sentivo così in forma che pensavo che non avrei mai potuto sbagliare” mentre altre volte la difficoltà ad accettarli emerge quando l’atleta si trova nella situazione opposta, per cui pensa: “Peggio di così non poteva andare, quell’errore mi ha colto all’improvviso e non ho saputo reagire, mi sono confuso pensando a cosa fare di diverso e da lì è stata una rovina”. Ambedue queste situazioni, una positiva e la seconda negativa, riportate dagli atleti abbastanza di frequente, evidenziano la difficoltà ad accettare l’errore e il non avere pianificato in precedenza un modo per affrontare ciò che avrebbe potuto influire negativamente sulla prestazione.

Sapere affrontare le incertezze

Lavorando con atleti mi rendo conto che spesso il loro limite principale consiste nel non sapere affrontare le incertezze, anzi sono proprio queste situazioni a evidenziare le nostre vulnerabilità. E allora si soffre pensando che il mondo c’è la con noi o anche che siamo persone insicure che non sanno trovare le soluzioni adatte.

Ambedue i casi rivelano che ci siamo messi in una situazione in cui continueremo a subire ciò che accade senza trovare alcuna forma di resilienza.

Anche l’allenamento spesso è una delle cause di questo modo di ragionare. Si passa molto tempo a migliorare la tecnica e molto poco tempo a insegnare come essere determinati. Si pensa molto al sapere fare la cosa giusta ma poco a sviluppare la determinazione ch poi si manifesta attraverso al tecnica.

Il risultato è che molti fanno le cose giuste nel momento sbagliato mentre altri le fanno in modo poco determinato. Il risultato non cambia ed è negativo.

 

 

 

Calcio, arbitraggio e psicologia

Sappiamo che lo stress dell’arbitraggio è negativamente correlato con la concentrazione, la fiducia in se stessi e il benessere globale dell’arbitro. Non ci deve stupire poiché ciò avviene in relazione a qualsiasi attività svolta in modo professionale.

Sappiamo anche che così come gli atleti hanno bisogno di competenze psicologiche per eseguire prestazioni di successo lo stesso vale per gli arbitri. Gli ufficiali di gara devono essere in grado di focalizzare la loro attenzione, rimanere freddi sotto pressione, affrontare gli errori e le situazioni avverse con efficacia e fissare obiettivi realistici.

Se questi concetti sono condivisi mi chiedo allora, nel caso degli arbitri di calcio, che cosa viene fatto dall’organizzazione arbitrale per fornire quella preparazione allo stress , in special modo dopo errori gravi, ai suoi associati. Di solito l’arbitro viene tenuto a riposo per qualche turno. A cosa serve questa scelta? E soprattutto in che modo viene aiutato a superare questo tipo di stress? E’ solo il tempo l’unica medicina? E con chi si consulta il designatore, con altri arbitri? E perchè non con uno psicologo?

Domande che non riceveranno una risposta. Un’organizzazione arbitrale quella italiana che negli ultimi 21 anni non ha prodotto una ricerca sugli aspetti psicologici di quest’attività. Al contrario, è un tipo di prestazione molto studiata dai ricercatori delle altre nazioni tanto che su google scholar alla voce referee psychology vi sono almeno cento ricerche sugli arbitri pubblicate in riviste internazionali.

Gli errori

La difficoltà degli atleti, ma non solo loro, ad accettare gli errori e a praticare nella quotidianità il detto “s’impara solo dagli errori”, mette in luce quanto la nostra cultura insegni ai giovani che gli errori vanno evitati e che sono una dimostrazione d’incapacità personale. Con questo approccio gli errori sono qualcosa da evitare e di cui vergognarsi e quando è possibile nascondere.

Più raramente viene insegnato che sbagliare è parte del gioco della nostra vita, come la pioggia e il sole. L’errore ci dovrebbe insegnare ad adattarci agli eventi, che in questo caso sono rappresentati dalle prestazioni degli atleti. L’errore è il limite con cui ci confrontiamo nella quotidianità e indica quale sarà il prossimo obiettivo del miglioramento.

Senza errori non c’è apprendimento, non sapremmo in quale direzione orientare le nostre energie e la nostra intelligenza. Quindi ringraziamo i nostri errori che sono la nostra guida versi il diventare migliori.

Confucio e gli errori

Oggi ricorre l’anniversario di Confucio che secondo la tradizione nacque il 28 settembre del 551 a.c. Uno dei maestri del pensiero cinese ma anche dello sviluppo del pensiero umano fondato su una concezione etica che mette sottolinea la necessità di costruire l’armonia fra gli individui, sviluppando la collaborazione fra gli esseri umani e le variazioni della natura.

Per quanto riguarda il tema della gestione degli errori nello sport (e non solo), Confucio ha detto: “Sbagliare e non correggersi, questo si chiama sbagliare“.

Riflettiamo.

Di questo e di altro parleremo durante l’Open Day dedicato alla gestione degli errori, mercoledì 29 settembre dalle 19 alle 20.30.

La gestione degli errori: perchè è così difficile

In molte culture sono presenti modi di dire che ricordano quanto sia importante imparare a reagire alle situazioni negative e agli errori. Si dice, ad esempio: “Quando si chiude una porta, si apre un portone” mentre gli americani amano ripetere: “Non importa quante volte cadi, ma quanto in fretta ti rialzi” e i giapponesi affermano: “Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”. Queste affermazioni mettono in evidenza che per avere successo si deve sviluppare una piena consapevolezza di quanto sia frequente commettere degli errori e di quanto sia altrettanto rilevante reagire in modo costruttivo.

Non ci sono scorciatoie, poiché gli errori non possono essere eliminati; bisogna per forza sbagliare, come durante un percorso a ostacoli in cui si è consci in ogni momento che è possibile commettere errori, rallentare, fare una grande fatica per superare un ostacolo anche se si è ben preparati e si conosce il percorso. Allora se questa è la strada da percorrere, bisogna impedire che gli errori diventino alibi utilizzati per confermare a se stessi l’impossibilità di superare i propri limiti attuali, con l’effetto di determinare una riduzione dell’impegno, poiché  “Tanto non c’è niente da fare” oppure “Sì, ci sarebbe tanto da fare, ma non ho abbastanza talento o sono sfortunato”. Bisogna quindi costruire, attraverso l’attività quotidiana, una cultura del lavoro che consideri l’errore come parte integrante del processo di miglioramento.

D’altra parte lo sport è un contesto in cui la presenza di errori è una costante di ogni prestazione, molto spesso anche di quelle vincenti. Nel tiro al piattello, il record del mondo, colpire 125 su 125 è stato realizzato 12 volte negli ultimi 25 anni. In ogni altra occasione, i tiratori hanno sempre commesso degli errori. Negli sport di coordinamento del corpo nello spazio sono molto rare le volte in cui un atleta, maschio o femmina, ha ottenuto il massimo punteggio.

Nel basket, Michael Jordan ha detto: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Sempre nel basket, in EuroLeague solo l’8,5% dei giocatori ha realizzato il 90% dei tiri liberi, il 35% ne ha messo a segno l’80%, il 32% il 70% dei tentativi e il 24% ne ha realizzati meno del 70% (Cei 2018). Nel calcio, tutti sbagliano i rigori da Roberto Baggio nella finale di calcio dei mondiali del ’94 agli ultimi sbagliati da Messi, Modric e Ronaldo a questi Mondiali in Russia.

Nonostante questi dati, molti atleti non accettano la possibilità di commettere errori, anzi talvolta ne rimangono addirittura stupiti: “Perchè tutto stava andando così bene” o “Perchè mi sentivo così in forma che pensavo che non avrei mai potuto sbagliare” mentre altre volte la difficoltà ad accettarli emerge quando l’atleta si trova nella situazione opposta, per cui pensa: “Peggio di così non poteva andare, quell’errore mi ha colto all’improvviso e non ho saputo reagire, mi sono confuso pensando a cosa fare di diverso e da lì è stata una rovina”. Ambedue queste situazioni, una positiva e la seconda negativa, riportate dagli atleti abbastanza di frequente, evidenziano la difficoltà ad accettare l’errore e il non avere pianificato in precedenza un modo per affrontare ciò che avrebbe potuto influire negativamente sulla prestazione.

Di questo e di altro parleremo durante l’Open Day dedicato alla gestione degli errori, mercoledì 29 settembre dalle 19 alle 20.30.

Gli errori: come gestirli

Gli errori sono il contenuto principale dei whatsapp che gli atleti mandano. Le prestazioni agonistiche girano intorno a questo tema: come sbagliare meno?

E’ un tema caldo negli sport dove, in teoria, si ricerca la perfezione del gesto, dagli sport di tiro alla ginnastica artistica e ai tuffi ai salti e ai lanci in atletica. Lo stesso vale però anche per sport di opposizione come il tennis o la scherma dove si vince per pochi punti in più, talvolta anche solo 1 o 2. Che dire degli sport in cui si fanno molti punti come il volley e il basket ma anche il calcio, in cui il goal è un fatto raro, quindi, può bastarne 1 in 90 minuti.

Gli errori si commettono e non si possono evitare ma possono essere fatali.

Le prestazioni sportive sono date da quello che l’atleta/squadra ha fatto di positivo meno gli errori.

Come mai atleti e allenatori non si mettono l’anima in pace, partendo dalla consapevolezza che tanto sbaglieranno?

Di questo parleremo durante il webinar gratuito dedicato alla gestione degli errori, mercoledì 29 settembre dalle 19 alle 20.30.

La gestione degli errori

“Ogni atleta commette errori. Ci si allena duramente per ridurli ma ancora troppo spesso gli atleti dopo un insuccesso guardano da un’altra parte per proteggere la fiducia in se stessi e così rinunciano a imparare. Continuano così a perseverare in abitudini e comportamenti sbagliati a causa della paura dei rischi in cui si potrebbe incorrere decidendo di cambiare. E’ certamente meno impegnativo lasciarsi dominare dalla voglia di lamentarsi: “Lo sapevo che sarebbe andata a finire in questo modo”, dando la colpa all’avversario che era troppo forte o alla sfortuna che si è accanita contro di noi. 

Obiettivo di questo webinar è di fornire indicazioni concrete su come orientare il ragionamento e le azioni degli atleti e degli allenatori verso l’idea che l’unico modo per migliorare è di accettare gli errori, che vanno compiuti per migliorare e avere successo. 

Clicca qui per iscriverti 

Sapere affrontare i piccoli problemi

In gara bisogna affrontare i piccoli problemi prima che diventino troppo grandi e complicati.

Tre esempi.

  1. Un ragazzo nel tennis tavolo si trova in vantaggio 5-2 durante il primo set, perde dei punti e va 5-8 e poi perde il set. Lo stesso nel set successivo sta vincendo 9-6 perde un punto e si trova 9-10 per l’avversario.
  2. Nel tennis una ragazza non riesce a rispondere al servizio dell’avversaria e perde così 15 punti ripetendo sempre lo stesso errore (palla a rete). Poi decide almeno di buttarla dentro nel campo avversario, ci riesce e dopo un po’ risponde in modo efficace allo stesso servizio che l’aveva messa in difficoltà.
  3. Nel tiro a volo un ragazzo comincia a rallentare la sua azione ma prende il piattello con il secondo colpo, continua in questo modo anche nel piattello successivo e il terzo piattello non lo colpisce perchè ha rallentato in modo eccessivo.

Tre difficoltà diverse in tre sport differenti ma stesso errore mentale. Anziché rispondere subito all’errore hanno subito l’errore, senza cambiare subito e quindi un piccolo ostacolo è diventato molto più grave. Possiedono le competenze necessarie a correggersi ma non l’hanno fatto subito.

Quindi il loro obiettivo di miglioramento nelle prossime gare è di rispondere immediatamente a un piccolo errore prima di farlo diventare troppo grande.