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Giornata internazionale dell’autismo

Oggi 2 aprile è la giornata internazionale dell’autismo e a questo proposito voglio ricordare quando abbiamo iniziato la nostra attività di calcio con i giovani con autismo, organizzata come una vera e propria scuola calcio.

Dieci anni fa, quando abbiamo ideato un programma di calcio per giovani con disabilità intellettiva, in particolare autismo, non immaginavamo le difficoltà che avremmo affrontato. Abbiamo scelto il calcio per la sua popolarità e accessibilità: si può giocare ovunque, anche con mezzi di fortuna.

Nel primo anno, la priorità è stata garantire la sicurezza dell’attività, anche su richiesta della AS Roma, che ha finanziato il progetto “Calcio Insieme” e fornito sei istruttori. Abbiamo allestito un campo chiuso e recintato, eliminando ostacoli. Il nostro staff iniziale contava 11 istruttori, 5 psicologi, una logopedista, un medico e i fondatori dell’ASD Accademia di Calcio Integrato. Con 30 giovani tra i 6 e i 13 anni, ogni partecipante aveva quasi un operatore dedicato.

Oggi seguiamo 80 ragazzi con uno staff di 23 persone. La sicurezza è garantita anche dalla presenza costante di medici per eventuali emergenze e dalla logopedista per supporto nella comunicazione e crisi.

Sicurezza significa anche un programma personalizzato, calibrato sulle esigenze motorie e psicologiche dei ragazzi, con interventi mirati per il loro benessere complessivo.

Prima di avviare gli allenamenti, tutti i collaboratori hanno seguito un corso di 32 ore su autismo, disabilità intellettiva, metodologie di allenamento, terapie, relazioni tra operatori e giovani, strategie di comunicazione e gestione delle crisi.

Questo percorso ha reso “Calcio Insieme” un modello innovativo di inclusione sportiva, garantendo ai ragazzi un ambiente protetto, stimolante e adatto alle loro necessità.

Il calcio: un’opportunità di crescita per i giovani con autismo

Per molto tempo si è pensato che gli sport di squadra, e il calcio in particolare, non fossero adatti ai giovani con autismo, a causa di difficoltà motorie, scarsa consapevolezza del proprio corpo, ipersensibilità agli stimoli e difficoltà nelle dinamiche di squadra. Tuttavia, esperienze recenti dimostrano il contrario: con il giusto approccio, il calcio può diventare un’importante occasione di crescita e benessere.

A differenza delle attività scolastiche o terapeutiche, spesso strutturate e prevedibili, il calcio si svolge in un ambiente dinamico, all’aperto, con stimoli sempre diversi. Affrontare il movimento, il contatto con i compagni e le situazioni impreviste può inizialmente rappresentare una sfida, ma con il supporto di istruttori e psicologi, questi ragazzi imparano a gestire meglio le proprie emozioni e a sviluppare abilità motorie e sociali.

Il neuropsichiatra infantile Roberto Rossi sottolinea come, grazie allo sport, molti giovani abbiano fatto progressi sorprendenti non solo dal punto di vista fisico, ma anche nella comunicazione e nelle relazioni con gli altri. Il calcio offre loro uno spazio di divertimento e soddisfazione, permettendo un’integrazione positiva con i coetanei e un miglioramento della qualità della vita.

Su queste basi si è svolta in questi 10 anni l’attività di Accademia Calcio Integrato che ha portato a formulare un sistema innovativo di insegnamento del calcio per giovani con autismo, ora riportato nel libro Autismo e Calcio, a cura di Alberto Cei e Daniela Sepio, con il contributo di allenatori e psicologi, logopedista e  medici.

Recensione libro: Autismo e Calcio

Autismo e Calcio

Una nuova metodologia d’integrazione e d’insegnamento

Alberto Cei e Daniela Sepio (a cura di)

Torgiano: Calzetti & Mariucci

2025, 150 pagine

Dall’esperienza didattica promossa dall’Accademia di Calcio Integrato, è nato un innovativo modello tecnico d’integrazione, illustrato in questo manuale imperniato su attività volte allo sviluppo dei giovani con disabilità intellettiva. Nello specifico l’obiettivo è di integrare il giovane con disabilità intellettiva, promuovendo il calcio di base come strumento relazionale e riabilitativo,

Il modello di lavoro proposto è organizzato in team e propone metodologie didattiche e d educative elaborate su misura da esperti tecnici del calcio giovanile, psicologi dello sport. logopedisti e medici.

Aspetto non secondario il positivo impatto sociale che può avvenire attraverso la collaborazione con la scuola, gli insegnanti di sostegno  e ovviamente le famiglie, da coinvolgere durante gli allenamenti dei figli a condividere esperienze e partecipando quindi attivamente al progetto educativo.

Cosa sappiamo su sport e autismo

Grosprêtre, S., Ruffino, C., Derguy, C., & Gueugneau, N. (2024). Sport and Autism: What Do We Know so Far? A Review. Sports Medicine-Open10(1), 107.

L’autismo è spesso associato ad ansia, una condizione che può derivare da sentimenti di isolamento sociale. Questa situazione può aumentare il rischio di depressione in alcuni casi. Tuttavia, lo sport e l’attività fisica offrono un supporto significativo per affrontare questi aspetti, grazie ai loro effetti positivi ormai ben documentati nel ridurre i sintomi della depressione.

Per ottenere benefici concreti attraverso l’attività sportiva, è importante seguire un programma per un periodo di tempo adeguato. In genere, i miglioramenti diventano evidenti dopo 16 settimane di esercizio costante, mentre i programmi più brevi, ad esempio di 8 settimane, possono avere un impatto limitato.

Benefici psicologici e fisici dello sport

Lo sport non migliora solo il benessere fisico, ma ha un impatto positivo anche su diversi aspetti psicologici. Per esempio, programmi di allenamento a breve termine possono aumentare l’autostima. Anche la percezione di autoefficacia, ossia la fiducia nelle proprie capacità, può crescere quando si svolgono attività che permettono di regolare autonomamente l’intensità degli esercizi.

I genitori di bambini autistici riferiscono spesso miglioramenti nell’umore, nella qualità della vita e nei comportamenti legati all’autismo dei propri figli dopo la loro partecipazione a programmi sportivi. Dal punto di vista fisico, gli individui autistici mostrano progressi significativi in termini di forza e forma fisica generale, con miglioramenti evidenti nella resistenza cardiovascolare e nella forza degli arti superiori e inferiori. L’allenamento dell’equilibrio, inoltre, può aiutare a ridurre i problemi motori legati alla stabilità, migliorando la capacità di gestire i movimenti del corpo.

Miglioramenti cognitivi e adattamenti fisici

Anche esercizi semplici e poco strutturati possono offrire benefici cognitivi. Per esempio, programmi basati su circuiti di esercizi hanno dimostrato di migliorare i tempi di reazione e la flessibilità cognitiva, aspetti spesso difficoltosi per le persone autistiche. Dal punto di vista fisico, si osservano benefici come la riduzione della massa grassa attraverso attività combinate di aerobica e esercizi neuromuscolari o coordinazione e forza.

Sport come basket, calcio e pallamano sono particolarmente efficaci per sviluppare le abilità percettivo-motorie grazie al grado di incertezza e adattabilità richiesto durante le partite. Questi sport, definiti “a abilità aperte”, stimolano reazioni rapide e flessibilità nei movimenti, migliorando le competenze motorie e cognitive.

Socialità e interazione attraverso l’attività fisica

Lo sport può anche avere un impatto positivo sulla socialità, un’area spesso critica per le persone autistiche. Partecipare ad attività sportive offre occasioni di interazione con altri partecipanti e istruttori, aumentando così le stimolazioni sociali. Questo può tradursi in miglioramenti nella comunicazione e nelle funzioni sociali. Inoltre, lo sport è vissuto come un’attività divertente, capace di offrire esperienze di successo e di accrescere la fiducia in sé stessi, soprattutto nel contesto di gruppo.

Da un punto di vista fisiologico, l’esercizio fisico può stimolare la produzione di ossitocina, un ormone legato alla cognizione sociale e ai comportamenti relazionali. È importante, però, scegliere con attenzione l’intensità dell’attività: un esercizio troppo leggero potrebbe non produrre benefici significativi, mentre un’attività troppo intensa rischia di causare disagio, scoraggiando la partecipazione.

Conclusioni

Secondo alcune ricerche, le attività fisiche possono essere una soluzione efficace e accessibile per la gestione dell’autismo. Offrono vantaggi a livello sociale, psicologico e fisico, e con il giusto approccio possono diventare una componente fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie.

Funzione del campo estivo nella disabilità intellettiva

I campi estivi per giovani con disabilità intellettiva richiedono sempre responsabilità, organizzazione e impegno da parte di chi lo organizza. Come Accademia di calcio integrato abbiamo concluso queste due settimane di attività con soddisfazione da parte dei partecipanti, le loro famiglie e noi stessi. I ragazzi hanno partecipato a questa esperienza di 10 giorni e 50 ore di attività in un condizione ambientale non certo favorevole, viste le temperature elevate, giocando ovviamente a calcio ma anche a padel e basket più altri giochi da seduti.

I ragazzi in questo campo estivo migliorano la loro capacità di autoregolazione, bevono e recuperano, anche fuori dai momenti di pausa previsti e questo vuol dire che sono in contatto con le proprie sensazioni fisiche e che ascoltandole scelgono quando fermarsi piuttosto che continuare a giocare. Questo è uno dei principi del nostro lavoro sportivo con loro. Quello di sviluppare la resistenza fisica e mentale e, quindi, giocare all’aria aperta, muoversi con continuità durante l’allenamento, correre e migliorare la coordinazione motoria, calciare la palla ma anche fermarsi e riposarsi.

In contemporanea il campo estivo rappresenta un momento per sviluppare ulteriormente le relazioni sociali con coetanei e insegnanti.  Sperimentare un’ampia gamma di attività sportive (percorsi motori, basket e calcio) che coinvolgono la mente e il corpo, per costruire il senso di appartenenza al gruppo. Il molto tempo a disposizione consente loro di vivere e risolvere, anche con l’aiuto degli istruttori e psicologi, quei piccoli momenti di tensione che insorgono in ogni gruppo durante attività così intense e durature nel tempo.

Come durante l’attività settimanale il campo estivo promuove anche la stabilità emotiva e il pensiero di questi giovani, che si trovano a interagire continuamente con in queste ore con gli adulti e i loro amici. E’ un flusso continuo di sensazioni fisiche, stati d’animo e pensieri che li aiuta a stare focalizzati sui giochi che svolgono e mantenere viva l’interazione verso gli altri.

In sostanza i campi estivi sono per loro e per noi adulti molto impegnativi però rappresentano un’esplosione d’interazioni altrimenti impossibili con questa frequenza e intensità.

 

 

10 ragioni per giocare a calcio per i giovani con autismo

Campi estivi e autismo

Estate è tempo di campi estivi per i ragazzi, anche per quelli dell’Accademia di calcio integrato sta per finire la prima settimana. Abbiamo un bel gruppo di 20 ragazzi, dai 10 ai 20 anni. Un campo estivo ben organizzato e guidato da istruttori e psicologi esperti, supportati anche da un medico e una logopedista rappresenta un’esperienza intensa ed emotivamente impegnativa.

Non solo per il caldo che potrebbe alterare lo stato psicofisico, facendo sperimentare una condizione di fatica che non hanno mai provato. Normalmente i ragazzi giocano a calcio e a basket dalle 8.30 alle 12.15, dopo di che fanno giochi da tavolo sino alla conclusione che è alle 13. In mezzo a questo tempo vi sono numerose soste per bere, riposarsi e mangiare qualcosa. Spesso ci siamo chiesti come è possibile che giovani con autismo che non si allenano mai durante l’anno per più di 2/3 ore la settimana, riescano ad allenarsi per 5 ore al giorno per 5 giorni la settimana.

Questo risultato dice molto di quanto sia sviluppata la resistenza fisica e mentale. Il loro buon umore è la dimostrazione che questo impegno è per loro adeguato. Giocando sport di squadra di contatto come il calcio e il basket potrebbero diventare fallosi, reagire aggressivamente contro gli altri oppure sedersi in panchina per la troppa fatica. Invece, queste situazioni non si presentano, i ragazzi collaborano, è vero che ogni tanto qualcuno si arrabbia per un passaggio sbagliato o per un errore ma sono stati educati a evitare questi comportamenti e a chiedere scusa quelle rare volte che non sono corretti.

Questi ragazzi si allenano con noi tutto l’anno e, quindi, questo è di aiuto nel guidarli in questa nuova esperienza. Nuova in quanto in due settimane si allenano 50 ore, che corrispondono alle ore totali svolte durante l’anno sportivo da ottobre  a giugno.

I ragazzi con autismo non imparano da soli, il team che li guida, lavora con loro tutto l’anno ed è il principale responsabile di questo loro modo di vivere il campo estivo e degli apprendimenti sportivi e psicologici che mostrano sul campo. Conoscerli vuol dire sapere cosa possono fare e quali sono le situazioni per cui potrebbero andare in crisi; questo è in poche parole il ruolo principale svolto dal team. Questo è uno dei segreti per cui ora, al campo estivo, riescono a essere attivi per un tempo così lungo e per loro del tutto nuovo.

Infine, un ragazzo di 20 anni, con noi da 9 anni, sta svolgendo in queste due settimane il tirocinio per diventare assistente istruttore, ruolo che in futuro potrebbe permettergli di trasformare questo suo impegno attuale in un lavoro.

Ora andiamo avanti a organizzare la prossima stagione sportiva, il 10° anno della nostra attività nel campo della disabilità intellettiva.

Autismo, solitudine, appartenenza e scuola

Ieri si è celebrata la giornata mondiale dell’autismo, un disturbo che colpisce molti bambini e futuri adulti che ancora costituisce un fattore di scarsa integrazione e inclusione nell’ambiente sociale, senza dimenticare che l’inserimento nel mondo del lavoro è ancora marginale. Nel complesso le notizie negative sono tuttora molte, e le famiglie vivono quotidianemte la responsabilità dello sviluppo dei loro figli con aiuti limitati da parte del sistema sanitario nazionale e della scuola. Di positivo vi è la rete di associazioni spesso fondate da genitori con figli con autismo che rispondono ad alcune fra le loro molte esigenze che variano dai percorsi terapeutici ai programmi sportivi e di altro genere.

Nel nostro piccolo, anche noi come Accademia di Calcio Integrato partecipiamo nel fornire risorse a questi giovani e alle loro famiglie. Il nostro scopo, attraverso l’insegnamento del calcio, è di ridurre la solitudine attraverso la costruzione di una community fra genitori e sport, e favorire lo sviluppo di un senso di appartenenza attraverso il calcio: Ciò avviene in diversi modi, fra cui il progetto “Compagni di classe” che consiste nell’invitare alcuni compagni di classe a giocare a calcio insieme in determinate giornate dell’anno scolastico. Sono giornate di sport e di festa a cui partecipano anche gli insegnanti e durante questa attività i giovani con autismo si presentano agli altri in un modo diverso, più capace e per loro più soddisfacente rispetto a quello mostrato nella vita scolastica.

Siamo consapevoli che queste esperienze dovrebbero essere più frequenti ma in ogni caso evidenziano qualità e apprendimenti dei giovani con autismo che insegnanti e compagni di classe non vedono durante l’orario a scuola.

Sono attività che opportunamente organizzate potrebbero essere svolte anche nelle scuole laddove invece sono abitualmente assenti. Queste esperienze stanno a indicare le possibili strade che potrebbero essere percorse per realizzare nei fatti l’inclusione a scuola. In relazione allo sport, le società sportive come la nostra, mostrano come ciò potrebbe avvenire. La Scuola nel suo complesso non è pronta a cambiare per rendere quotidiane esperienze come questa di “Compagni di classe” e quindi l’inclusione continua a restare vincolata alla buona volontà di insegnanti e dirigenti scolastici.

 

Calcio e autismo: Per migliorare le abilità psicosociali e sportive.

Cei, A., Ruscello, B., Sepio, D. (2023). The role of Football in Enhancing psychosocial skills in Youth with Autism spectrum disorderInternational Journal of Sport Psychology, 54(5), 373-388.

I bambini con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) manifestano deficit nell’interazione sociale, nella comprensione dei compiti e nella comunicazione verbale e non verbale (APA, 2013). Diversi studi hanno esaminato il ruolo dell’attività fisica e dello sport nel promuovere l’acquisizione di abilità in queste aree e nel migliorare anche le capacità psicologiche e sociali (ad esempio, Cei et al., 2017; Cei e Luiselli, 2017; Bremer et al., 2016; Luiselli, 2014).

Il motivo principale per aumentare queste attività nei bambini con ASD è contrastare la loro condizione prevalentemente sedentaria (Lalonde, 2017), potenziando il funzionamento del loro corpo, i processi cognitivi ed emotivi, oltre ad arricchire e migliorare le interazioni con i coetanei e gli adulti. Si tratta certamente di obiettivi ambiziosi, ma sono gli stessi sviluppati e valorizzati dai coetanei tipicamente in via di sviluppo nei club sportivi.

Finora, la diffusione dei programmi di attività fisica nei giovani con ASD è stata trascurata, anche se i dati della ricerca mostrano benefici motori, psicologici e sociali dalla pratica continuata nel tempo. Inoltre, lo sport può servire come supporto efficace per le terapie che coinvolgono questi giovani. Nonostante questi risultati positivi, è più probabile che un giovane con disabilità intellettive conduca uno stile di vita sedentario, il che a sua volta contribuisce a problemi come l’obesità, le malattie cardiovascolari e i disturbi respiratori (De, Small e Baur, 2008; Kahathuduwa et al., 2019).

Al contrario, il coinvolgimento in programmi di attività fisica, anche a livelli moderati di intensità, può migliorare la flessibilità, aumentare la forza muscolare, ridurre il peso e l’indice di massa corporea. Influisce anche sulle questioni psicologiche riducendo le difficoltà comportamentali (riduzione dei movimenti stereotipati e dei comportamenti auto-stimolanti), migliorando l’autostima e sviluppando le funzioni cognitive (Luiselli, 2014; Sowa e Meulenbroek, 2012).

Importanti revisioni della letteratura hanno evidenziato che le attività coinvolgono principalmente sport individuali come corsa, ciclismo, sollevamento pesi, pattinaggio, equitazione, camminata e attività acquatiche e l’uso del tapis roulant (Bremer et al., 2016; Lang et al., 2010; Sowa e Meulenbroek, 2012; Lancioni et al., 2009). Questi studi hanno dimostrato che esercizi brevi e intensi possono facilitare l’apprendimento e ridurre i problemi comportamentali durante e immediatamente dopo le sessioni di allenamento.

Il motivo per cui gli sport individuali sono stati utilizzati più frequentemente rispetto ad altri sport risiede nella presunta facilità di insegnare strategie e nella riduzione delle attività cooperative pratiche e nello sviluppo delle abilità sociali rispetto agli sport di squadra. Tuttavia, gli sport di squadra e le attività di gruppo potrebbero facilitare quei comportamenti prosociali e la comunicazione interpersonale che giocano un ruolo più marginale nelle attività individuali.

Per affrontare questa necessità, Cei et al. (2017) hanno sviluppato un intervento naturalistico per studiare gli effetti di un programma di allenamento basato sul calcio sui bambini con ASD. Nella fase iniziale, il progetto “Calcio Insieme” ha reclutato 30 bambini (6-13 anni) con ASD dalle scuole pubbliche.

Per valutare l’impatto del programma di allenamento sulle competenze psicosociali (collaborazione, comunicazione, socializzazione, comportamenti problematici, auto-supporto), sono stati condotti interviste con genitori e insegnanti prima e dopo il periodo di formazione. I risultati hanno mostrato che dopo 8 mesi di attività, genitori e insegnanti hanno percepito che i partecipanti avevano migliorato le loro competenze psicosociali e motorie, con differenze basate sulla gravità della loro condizione.

 

 

L’attività motoria può migliorare deficit dell’autismo

Gehricke, J.-G., Chan, J., Farmer, J.G., Fenning, R.M., Steinberg-Epstein, R., Misra, M., Parker, R.A., & Neumeyer, A.M. (2020). Physical activity rates in children and adolescents with autism spectrum disorder compared to the general population. Research in Autism Spectrum Disorders.

L’attività fisica potrebbe migliorare i sintomi e le carenze di abilità associate al disturbo dello spettro autistico (ASD).

L’obiettivo di questo studio era confrontare la frequenza riportata di attività fisica e covariate in un campione ampio di bambini con ASD rispetto ai bambini di età simile della popolazione generale.

Tra i maschi nel gruppo di età 6-11 anni, quelli con ASD partecipavano meno spesso all’attività fisica (33%, p <0,001) rispetto a quelli nella popolazione generale di giovani di pari età (17%).  Il 4% dei ragazzi con sviluppo tipico rispetto al 18% nel gruppo con ASD non si impegnava affatto in attività fisica.

Le caratteristiche demografiche, infantili e familiari associate all’attività fisica nei bambini e negli adolescenti con ASD includevano l’etnia nelle femmine, la diagnosi di ASD del DSM-IV, il QI e il punteggio totale del PAM-13 nelle femmine.

Si incoraggiano genitori e caregiver a trovare programmi adatti di attività fisica per i bambini con ASD. Questo potrebbe essere particolarmente importante per i ragazzi con ASD di 6-11 anni che si impegnano significativamente meno in attività fisica rispetto ai loro coetanei nella popolazione generale.