Archivio per la categoria 'Stress'

Esercizi di visualizzazione nel golf e nel tennis dopo un errore

Gli esercizi di visualizzazione nel golf e nel tennis dopo un errore sono fondamentali per mantenere la concentrazione, recuperare la fiducia e migliorare la performance nel colpo successivo. E’ necessario che siano specifici e non siano visualizzazioni generiche, quindi, per questi due sport anche l’approccio è simile vi sono delle differenze che è importante che lo psicologo dello sport comprende e sappia così orientare il giocatore/trice.

Ecco alcuni esercizi tipici:

1. Revisione positiva del colpo errato

  • Parte comune: Chiudi gli occhi e rivedi mentalmente il colpo sbagliato, ma questa volta correggendolo. Questo aiuta a rimpiazzare l’errore con un’immagine positiva.
  • Golf: Immagina la traiettoria corretta della palla e la sensazione di un colpo ben eseguito.
  • Tennis: Immagina la posizione del corpo, il movimento della racchetta e la palla che atterra esattamente dove volevi
2. Respirazione e reset mentale
  • Parte comune: Fai un respiro profondo e immagina di espirare via l’errore e la tensione.
  • Golf: Visualizza un reset mentale, come se stessi premendo un pulsante per cancellare il colpo sbagliato.
  • Tennis: Con ogni respiro, visualizza il tuo corpo rilassarsi e la tua mente tornare lucida.
  • Tennis: Usa questo esercizio tra un punto e l’altro per rimanere concentrato.
3. Rivivere un colpo perfetto
  • Parte comune: Focalizzati sulla sensazione del contatto con la palla, sulla fluidità del movimento e sulla traiettoria ideale. Questo rinforza la fiducia nel proprio gioco.
  • Golf: Richiama alla mente un colpo perfettamente eseguito in passato.
  • Tennis: Pensa a un’azione simile che hai eseguito in modo efficace.
4. Pre-visualizzazione del colpo successivo
  • Golf: Crea una connessione mente-corpo più efficace. Prima di eseguire il prossimo colpo, immagina esattamente come vuoi che vada:
  1. La postura e l’allineamento corretti.
  2. Il movimento fluido del backswing e dello swing.
  3. La palla che segue la traiettoria desiderata e atterra nella posizione ideale.
  • Tennis: Immagina come vuoi giocare il punto successivo, visualizzando:
  1. Una posizione solida in campo.
  2. Il timing perfetto sulla palla.
  3. La traiettoria desiderata del colpo e il punto in cui vuoi mandarla.

5. Gesto emotivo positivo

  • Associa un gesto (come stringere il pugno, toccare la visiera del cappello, una stretta alla racchetta) a un’emozione positiva.
  • Usa questo gesto dopo un errore per riportare la mente a uno stato di fiducia e controllo.

Questi esercizi aiutano a riprendersi rapidamente dagli errori, a mantenere il controllo emotivo e a giocare in modo più efficace e costante.

 

 

Allenamento ideomotorio in atletica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qual è il valore di un master in psicologia dello sport senza tirocinio?

Il tema della formazione professionale in psicologia dello sport presenta numerosi limiti per diverse ragioni, la principale riguarda la mancanza di tirocini presso le organizzazioni sportive.

Di conseguenza, a mio avviso, i master in psicologia dello sport che sono esclusivamente teorici e non includono opportunità di tirocinio non possono essere considerati veri e propri corsi di formazione per diverse ragioni:

  1. Mancanza di esperienza pratica – La psicologia dello sport è una disciplina applicata, che richiede competenze pratiche nell’interazione con atleti, squadre e contesti sportivi reali. Senza tirocinio, lo studente non ha modo di sviluppare abilità operative fondamentali.
  2. Assenza di accesso al mondo del lavoro – Un master dovrebbe fornire non solo conoscenze, ma anche strumenti concreti per l’inserimento professionale. Senza un’esperienza sul campo, i partecipanti rischiano di non acquisire le competenze richieste dai potenziali datori di lavoro.
  3. Difficoltà nel trasferire la teoria alla pratica – Studiare teorie e modelli psicologici senza la possibilità di applicarli in situazioni reali limita la comprensione e l’efficacia dell’apprendimento. Il confronto diretto con gli atleti e gli staff tecnici è essenziale per interiorizzare le metodologie di intervento.
  4. Riconoscimento professionale limitato – In altre nazioni molti ordini professionali e associazioni di categoria richiedono ore di pratica supervisionata per riconoscere le competenze in psicologia dello sport. Un master solo teorico non permette di soddisfare questi requisiti.
  5. Opportunità lavorative ridotte – Gli enti sportivi, le squadre e le federazioni preferiscono collaborare con professionisti che abbiano già avuto esperienza diretta nel settore. Un titolo privo di esperienza pratica difficilmente offre un vantaggio competitivo nel mercato del lavoro.

In sintesi, un master in psicologia dello sport senza tirocinio non può essere considerato un vero percorso di formazione professionale perché non fornisce le competenze pratiche necessarie né facilita l’ingresso nel mondo del lavoro.

Il ruolo della supervisione anche in psicologia dello sport

La supervisione in psicologia dello sport è un elemento fondamentale per il perfezionamento professionale e l’apprendimento continuo, specialmente quando si lavora con atleti e squadre provenienti da culture diverse. Non si tratta solo di un momento di confronto o di verifica del proprio operato, ma di un’opportunità di crescita che consente al professionista di affinare le proprie competenze, migliorare la qualità degli interventi e sviluppare una maggiore consapevolezza delle dinamiche culturali.

Quando si lavora nel contesto sportivo, si entra in contatto con atleti che portano con sé valori, credenze e modi di interpretare lo sport e la competizione profondamente influenzati dalla loro cultura di appartenenza. Un approccio standardizzato e privo di sensibilità interculturale rischia di essere inefficace o, nel peggiore dei casi, di generare incomprensioni e ostacoli nella relazione con l’atleta. È qui che la supervisione diventa un potente strumento di riflessione e apprendimento: attraverso il confronto con colleghi esperti o con un supervisore, lo psicologo dello sport può sviluppare strategie più efficaci per adattare i suoi interventi e migliorare la propria capacità di comunicazione e supporto.

Uno degli aspetti più importanti della supervisione è che permette di acquisire nuove prospettive. Spesso, quando si lavora con una specifica squadra o atleta, si tende a sviluppare una visione limitata dalle proprie esperienze personali e dalla propria formazione culturale. Il confronto con un supervisore o con un gruppo di colleghi aiuta a mettere in discussione preconcetti e a considerare alternative che altrimenti potrebbero sfuggire. Questo è particolarmente utile quando si lavora in contesti multiculturali, dove l’approccio che funziona con un atleta può rivelarsi inadeguato per un altro, proprio a causa delle differenze di background culturale.

Inoltre, la supervisione fornisce uno spazio sicuro per affrontare eventuali difficoltà emotive e professionali che emergono nel lavoro quotidiano. Lavorare con atleti che hanno aspettative elevate e affrontano pressioni significative può essere impegnativo anche per il professionista, che a sua volta può vivere momenti di insicurezza o stress. Avere un supervisore con cui discutere di queste difficoltà aiuta non solo a trovare soluzioni pratiche, ma anche a mantenere un equilibrio emotivo che è essenziale per fornire un supporto efficace.

Infine, la supervisione contribuisce a garantire uno standard elevato nella pratica professionale, evitando che il lavoro dello psicologo dello sport si basi esclusivamente su intuizioni personali o metodi non aggiornati. La psicologia dello sport è una disciplina in continua evoluzione, e il confronto costante con esperti aiuta a integrare nuove conoscenze e tecniche basate su evidenze scientifiche, migliorando così la qualità del servizio offerto agli atleti.

Facendo proprio questo approccio l’International Society of Sport Psychology propone un programma di alto livello per diventare supervisori riconosciuti e potere fornire un servizio professionale ed efficace ai giovani psicologi che richiedono a loro professionisti competenti in questo ambito. Esplora la supervisione nella psicologia dello sport con il Prof. Poczwardowski. Scopri le pratiche fondamentali per diventare un supervisore registrato ISSP, tra cui la creazione di ambienti di supporto, l’affrontare questioni etiche e garantire una supervisione culturalmente sicura.

Progetto “Dopo di noi” nello sport per giovani con disabilità intellettiva: dal gioco alla formazione-lavoro

Il lavoro è una parte fondamentale della vita adulta: non solo garantisce l’indipendenza economica, ma permette anche di scegliere come vivere il proprio tempo, partecipare alla società e sentirsi parte di una comunità. Questo vale per tutti, ma per le persone con disabilità ha un significato ancora più profondo. Avere un’occupazione significa essere riconosciuti per le proprie capacità, costruire relazioni più solide con familiari e amici, prendere parte ad attività ricreative e poter contare su un supporto, sia da parte dei servizi che della rete familiare e sociale.

Purtroppo, i dati mostrano quanto sia difficile per le persone con disabilità accedere a un lavoro dignitoso. Nel caso delle persone con sindrome di Down, solo il 31,4% degli over 24 lavora. E anche tra chi ha un impiego, la maggioranza non ha un contratto standard: oltre il 60% è inserito in cooperative sociali senza una vera tutela lavorativa. Ancora più preoccupante è il fatto che nel 70% dei casi non percepiscono alcun compenso o ricevono una retribuzione simbolica, ben al di sotto del valore del lavoro svolto. La situazione è ancora più critica per le persone autistiche: tra gli over 20, solo il 10% ha un’occupazione.

Questa precarietà pesa non solo sulle persone con disabilità, ma anche sulle loro famiglie. Come evidenziato già anni fa dal Censis, molte famiglie si sentono sempre più sole nel progettare il futuro dei propri figli. Se il 30-40% dei genitori di bambini e ragazzi con sindrome di Down fino ai 15 anni immagina per loro una vita autonoma o semi-autonoma, questa percentuale scende drasticamente al 12% quando i figli diventano maggiorenni. La stessa dinamica si riscontra tra le famiglie con figli autistici: il 23% spera in un futuro di autonomia per loro, ma questa fiducia crolla al 5% dopo i 21 anni.

Per provare a cambiare questa realtà, in Italia è nato un progetto innovativo: per la prima volta, una società sportiva, l’Accademia di Calcio Integrato, ha avviato un percorso di formazione professionale per sei giovani con disabilità intellettiva. Il progetto, finanziato con i fondi dell’8×1000 della Chiesa Valdese, ha permesso ai partecipanti di seguire un corso online della Federazione Italiana Paralimpica degli Intellettivo Relazionali, ottenendo la qualifica di assistente istruttore. Grazie al supporto di due tutor – una psicologa dello sport e un’istruttrice laureata in scienze motorie – questi giovani hanno completato la formazione di 16 ore e ora stanno iniziando un tirocinio retribuito di cinque mesi.

Si tratta di un modello di inclusione che potrebbe aprire nuove strade. Fino a oggi, i progetti di inserimento lavorativo per persone con disabilità intellettiva si sono concentrati soprattutto sulla ristorazione e l’accoglienza turistica. Ma lo sport, per molti di loro, è già uno spazio di socializzazione e crescita, un luogo dove hanno costruito legami con coetanei e familiari. Perché, allora, non trasformarlo in un’opportunità professionale? Con la giusta formazione, questi giovani potrebbero diventare assistenti allenatori nel calcio, nel basket e in altre discipline, contribuendo attivamente alla vita delle società sportive.

In Italia ci sono migliaia di realtà sportive, alcune piccole, altre molto strutturate, che potrebbero cogliere questa opportunità offerta dalla Fisdir per dare un futuro lavorativo a tanti ragazzi e ragazze con disabilità intellettiva appassionati di sport. Il progetto dell’Accademia di Calcio Integrato dimostra che è possibile: ora serve che altre realtà seguano questo esempio, trasformando la passione in un vero percorso professionale.

Quanto vengono preparati gli adolescenti a gareggiare?

Spesso i nostri atleti adolescenti hanno difficoltà a emergere a livello internazionale. E’ soprattutto evidente negli sport individuali a prevalente determinazione tattica (tennis, tennis tavolo e così via) e in quelli di precisione (tiro a volo, arco, golf), dal mio punto di vista il limite è almeno in parte dovuto al fatto che viene dedicata poca attenzione a come si deve affrontare e vivere la competizione. I nostri giovani migliore di solito non mostrano limiti tecnici che gli impediscono di essere competitivi ma sono carenti, a mio avviso, nella gestione della gara, nel sapersi adattare all’avversario e nel sapere cosa fare per giungere all’inizio di una competizione in una condizione di prontezza efficace.

La tecnica e la tattica sono fondamentali, rappresentano la grammatica sportiva, per cui vanno possedute nel modo migliore ma ciò detto la gara è un confronto pubblico con altri atleti di pari abilità dove bisogna essere in grado di affermare la propria supremazia tecnico-tattica e sapersi adattare al gioco dell’avversario. Non è una rappresentazione estetica ma di supremazia pretattica. Lo sport agonistico è una situazione in cui viene richiesto di mostrare un dominio sull’avversario nel caso degli sport di opposizione oppure un dominio su se stessi e sulla proprie azioni negli sport di precisione.

La domanda che mi pongo è: come viene allenata questa capacità in questi diversi sport? Gli atleti sono consapevoli che i limiti che mostreranno riguardano l’interpretazione di ciò percepiscono in gara e la seguente elaborazione di una decisione che dovrebbe essere  in linea di massima la migliore possibile?

Una volta che si fosse risposto a questi due quesiti, quello successivo riguarda come allenare queste qualità?

A voi le risposte?

Lo sport per crescere come persona

Lo sport non è solo competizione o risultato: è una parte viva della comunità, uno strumento per unire, ispirare e formare persone migliori. Le società sportive hanno il potere e il dovere di andare oltre l’allenamento tecnico o la vittoria sul campo; sono custodi di valori culturali fondamentali che possono trasformare vite.

Lo sport insegna il rispetto, perché obbliga a riconoscere l’altro, sia come compagno sia come avversario, e a considerare ogni sforzo come degno di rispetto. È inclusione, perché abbatte barriere sociali, culturali e fisiche, accogliendo chiunque voglia partecipare. Lo sport mostra che siamo più simili nelle nostre passioni e ambizioni di quanto siamo diversi.

Lo sport trasmette anche disciplina e resilienza. Attraverso l’impegno e la fatica, costruisce carattere e prepara a superare le difficoltà, non solo sul campo ma nella vita quotidiana. Inoltre, educa alla collaborazione: nessuna vittoria è solo individuale, ogni successo è il frutto di una squadra che condivide obiettivi e valori comuni.

Per una società sportiva, promuovere questi principi significa lasciare un’eredità che va ben oltre i confini del campo. È rendere lo sport una scuola di vita, un punto di riferimento per i giovani e per la comunità, dove crescere come individui e come cittadini. Aiutare una persona a credere in se stessa, scoprire il proprio potenziale, sentirsi parte di qualcosa di più grande: questo è il vero successo.

Promuovendo lo sport come valore culturale, le società diventano luoghi dove si costruisce un futuro migliore per tutti, un futuro fatto di rispetto, equità e passione condivisa.

Cosa sappiamo su sport e autismo

Grosprêtre, S., Ruffino, C., Derguy, C., & Gueugneau, N. (2024). Sport and Autism: What Do We Know so Far? A Review. Sports Medicine-Open10(1), 107.

L’autismo è spesso associato ad ansia, una condizione che può derivare da sentimenti di isolamento sociale. Questa situazione può aumentare il rischio di depressione in alcuni casi. Tuttavia, lo sport e l’attività fisica offrono un supporto significativo per affrontare questi aspetti, grazie ai loro effetti positivi ormai ben documentati nel ridurre i sintomi della depressione.

Per ottenere benefici concreti attraverso l’attività sportiva, è importante seguire un programma per un periodo di tempo adeguato. In genere, i miglioramenti diventano evidenti dopo 16 settimane di esercizio costante, mentre i programmi più brevi, ad esempio di 8 settimane, possono avere un impatto limitato.

Benefici psicologici e fisici dello sport

Lo sport non migliora solo il benessere fisico, ma ha un impatto positivo anche su diversi aspetti psicologici. Per esempio, programmi di allenamento a breve termine possono aumentare l’autostima. Anche la percezione di autoefficacia, ossia la fiducia nelle proprie capacità, può crescere quando si svolgono attività che permettono di regolare autonomamente l’intensità degli esercizi.

I genitori di bambini autistici riferiscono spesso miglioramenti nell’umore, nella qualità della vita e nei comportamenti legati all’autismo dei propri figli dopo la loro partecipazione a programmi sportivi. Dal punto di vista fisico, gli individui autistici mostrano progressi significativi in termini di forza e forma fisica generale, con miglioramenti evidenti nella resistenza cardiovascolare e nella forza degli arti superiori e inferiori. L’allenamento dell’equilibrio, inoltre, può aiutare a ridurre i problemi motori legati alla stabilità, migliorando la capacità di gestire i movimenti del corpo.

Miglioramenti cognitivi e adattamenti fisici

Anche esercizi semplici e poco strutturati possono offrire benefici cognitivi. Per esempio, programmi basati su circuiti di esercizi hanno dimostrato di migliorare i tempi di reazione e la flessibilità cognitiva, aspetti spesso difficoltosi per le persone autistiche. Dal punto di vista fisico, si osservano benefici come la riduzione della massa grassa attraverso attività combinate di aerobica e esercizi neuromuscolari o coordinazione e forza.

Sport come basket, calcio e pallamano sono particolarmente efficaci per sviluppare le abilità percettivo-motorie grazie al grado di incertezza e adattabilità richiesto durante le partite. Questi sport, definiti “a abilità aperte”, stimolano reazioni rapide e flessibilità nei movimenti, migliorando le competenze motorie e cognitive.

Socialità e interazione attraverso l’attività fisica

Lo sport può anche avere un impatto positivo sulla socialità, un’area spesso critica per le persone autistiche. Partecipare ad attività sportive offre occasioni di interazione con altri partecipanti e istruttori, aumentando così le stimolazioni sociali. Questo può tradursi in miglioramenti nella comunicazione e nelle funzioni sociali. Inoltre, lo sport è vissuto come un’attività divertente, capace di offrire esperienze di successo e di accrescere la fiducia in sé stessi, soprattutto nel contesto di gruppo.

Da un punto di vista fisiologico, l’esercizio fisico può stimolare la produzione di ossitocina, un ormone legato alla cognizione sociale e ai comportamenti relazionali. È importante, però, scegliere con attenzione l’intensità dell’attività: un esercizio troppo leggero potrebbe non produrre benefici significativi, mentre un’attività troppo intensa rischia di causare disagio, scoraggiando la partecipazione.

Conclusioni

Secondo alcune ricerche, le attività fisiche possono essere una soluzione efficace e accessibile per la gestione dell’autismo. Offrono vantaggi a livello sociale, psicologico e fisico, e con il giusto approccio possono diventare una componente fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie.

Mindfulness e sport

È vero che, sebbene la mindfulness stia guadagnando popolarità nello sport, solo una minoranza di atleti la pratica regolarmente o in maniera strutturata. Tuttavia, il numero sta crescendo grazie alla maggiore consapevolezza dei suoi benefici per le prestazioni atletiche e il benessere mentale.

La mindfulness, ovvero la pratica di focalizzare l’attenzione sul momento presente in modo non giudicante, è stata associata a miglioramenti significativi in aree come la gestione dello stress, la concentrazione, il recupero e la resilienza mentale. Atleti di alto livello come Novak Djokovic, Michael Jordan e alcuni olimpionici ne hanno parlato apertamente, contribuendo alla sua diffusione.

Tuttavia, molti atleti non hanno ancora incorporato queste pratiche nei loro allenamenti, spesso perché:

  1. Non ne conoscono i benefici.
  2. Mancano risorse adeguate per imparare la tecnica.
  3. Preferiscono focalizzarsi su approcci più tradizionali al miglioramento delle prestazioni, come allenamenti fisici o tecnici.

Con il crescente interesse per la salute mentale nello sport, è probabile che l’uso della mindfulness tra gli atleti continuerà ad aumentare.

La mindfulness è comunque utilizzata in una vasta gamma di sport, poiché i benefici si applicano a situazioni che richiedono concentrazione, gestione dello stress e resilienza mentale. Ecco alcuni esempi di sport in cui viene adottata:

1. Sport individuali

  • Tennis: Per migliorare la concentrazione, il controllo emotivo e la gestione delle pressioni nei momenti decisivi. Novak Djokovic ne è un noto praticante.
  • Golf: La mindfulness aiuta i golfisti a gestire l’ansia e a mantenere il focus tra un colpo e l’altro, date le lunghe pause nel gioco.
  • Arti marziali e sport di combattimento: Aiuta i praticanti di discipline come judo, karate, boxe o MMA a migliorare la consapevolezza corporea e la gestione delle emozioni durante situazioni di alto stress.
  • Corsa e atletica leggera: In sport come la maratona o le gare di velocità, viene usata per rimanere focalizzati e superare momenti di fatica mentale.
  • Sci e snowboard: L’attenzione al momento presente aiuta gli atleti ad affrontare ambienti in continua evoluzione, come le piste o il clima imprevedibile.

2. Sport di squadra

  • Calcio: Alcune squadre professionistiche usano la mindfulness per aumentare la concentrazione in campo e migliorare la coesione del gruppo.
  • Basket: Michael Jordan e i Chicago Bulls degli anni ’90 sono un esempio emblematico, grazie alla guida di Phil Jackson, un grande sostenitore della mindfulness.
  • Rugby: Utilizzata per rimanere concentrati durante i momenti critici delle partite, come tiri piazzati o situazioni di alta pressione.
  • Pallavolo: Per rimanere focalizzati nei momenti decisivi, come i tie-break.

3. Sport estremi

  • Alpinismo e arrampicata: La mindfulness aiuta a mantenere la calma in situazioni pericolose e a migliorare il controllo emotivo.
  • Surf: Per entrare in uno stato di “flow” che combina consapevolezza e prestazioni fisiche ottimali, essenziale per cavalcare le onde.

4. Sport motoristici

  • Formula 1 e MotoGP: La mindfulness è utile per gestire il focus durante gare ad alta velocità, dove la concentrazione è fondamentale per decisioni rapide e precise.

5. Sport di precisione

  • Tiro con l’arco e tiro a segno e tiro a volo: La mindfulness aiuta a regolare la respirazione e la calma mentale, essenziali per eseguire movimenti precisi.
  • Biliardo e bowling: Dove il controllo dei movimenti e la gestione del nervosismo sono fondamentali.

6. Sport acquatici

  • Nuoto: Usata per restare concentrati durante le gare e superare momenti di fatica mentale.
  • Canottaggio: Aiuta a sincronizzare mente e corpo in sport che richiedono ritmi costanti e intensi.

La mindfulness non è legata a un solo tipo di sport, ma si adatta a contesti dove sono richieste lucidità mentale, concentrazione e regolazione emotiva, rendendola preziosa per atleti professionisti e dilettanti.

Le ragioni degli atleta per ripercorrere la giornata trascorsa

Per un atleta, riflettere ogni giorno su cosa ha imparato, cosa gli è piaciuto e cosa si aspetta per la giornata successiva è una pratica preziosa, quasi essenziale, per il suo sviluppo personale e professionale. Questo processo permette di coltivare un ciclo continuo di consapevolezza e crescita, sia mentale che fisica.

Innanzitutto, riflettere su cosa si è imparato aiuta l’atleta a consolidare le lezioni della giornata. Che si tratti di una nuova tecnica, un errore da evitare o una sfumatura nell’ascolto del proprio corpo, questo momento di introspezione permette di trasformare le esperienze in conoscenza. Anche una semplice osservazione come “oggi ho capito quanto sia importante il riscaldamento” diventa un mattone per costruire una performance più consapevole.

Pensare a cosa è piaciuto è altrettanto importante. Questo aspetto genera gratitudine e piacere, rafforzando la motivazione. Ripensare a un momento piacevole, come un esercizio ben eseguito, un gesto di supporto da un compagno di squadra o la sensazione di benessere dopo l’allenamento, alimenta un senso di realizzazione. La positività che ne deriva è il carburante emotivo per affrontare nuove sfide con entusiasmo.

Infine, prefigurarsi la giornata successiva non è solo un esercizio di organizzazione, ma anche una strategia per aumentare l’efficacia e ridurre l’ansia. Immaginare gli allenamenti e gli obiettivi in anticipo crea uno stato mentale di prontezza e focalizzazione. Questo tipo di visualizzazione aiuta anche a mantenere una mentalità proattiva, prevenendo la tendenza a vivere la giornata in modo reattivo o casuale.

Questa pratica quotidiana, se fatta con costanza, trasforma la routine di un atleta in un ciclo virtuoso di crescita. Ogni giornata diventa un’opportunità non solo per migliorare fisicamente, ma anche per coltivare la resilienza, l’auto-consapevolezza e la passione verso il proprio sport. In breve, riflettere quotidianamente rende l’atleta più preparato, motivato e sereno nel percorso verso i suoi obiettivi.