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Come mantenere gli adolescenti motivati allo sport

Per mantenere elevata la motivazione allo sport tra gli adolescenti oggi, è necessario adottare strategie che rispettino le loro esigenze di stimolazione e di immediata gratificazione, pur facendo emergere i benefici a lungo termine. Ecco alcuni spunti che potrebbero essere utili:

1. Definire obiettivi a breve termine e risultati visibili

  • I ragazzi di oggi sono abituati a risultati immediati (pensiamo ai social media, ai videogiochi e alla cultura del “tutto e subito”), per cui è importante proporre obiettivi sportivi che siano raggiungibili in tempi relativamente brevi. Ad esempio, proporre una sfida settimanale, un piccolo miglioramento da ottenere ogni mese o piccole competizioni interne ai gruppi di allenamento può dare loro la sensazione di progresso continuo.

2. Utilizzare la tecnologia come strumento di supporto

  • App di monitoraggio dell’attività fisica, contapassi, video e piattaforme che permettono di registrare e condividere i propri progressi possono aiutare a mantenere alta la motivazione. Raggiungere “badge” o “obiettivi” può dare quella gratificazione che cercano, collegandola all’attività fisica.

3. Creare un ambiente di supporto e appartenenza

  • Lo sport è spesso vissuto meglio quando fa parte di una comunità. Allenarsi con amici o creare gruppi di allenamento può trasformare l’attività in un momento di socializzazione. Sentirsi parte di una squadra dà motivazione e sostegno reciproco, fattori che sono cruciali nell’adolescenza.

4. Sperimentare diversi sport e attività

  • Proporre più discipline, come arrampicata, parkour, sport di squadra, yoga o anche giochi di squadra, aiuta i giovani a scoprire l’attività che meglio risponde ai loro interessi. La varietà può spezzare la monotonia e mantenere alta la curiosità.

5. Valorizzare il divertimento e ridurre la pressione sul risultato

  • Per molti adolescenti, l’aspetto competitivo può diventare fonte di stress. L’obiettivo primario dovrebbe essere il divertimento, l’esperienza e il piacere dell’attività, piuttosto che la competizione. Questo approccio riduce l’ansia da prestazione e stimola un coinvolgimento spontaneo.

6. Dare spazio all’autonomia e alla responsabilità

  • Per responsabilizzare i ragazzi, può essere utile coinvolgerli nella pianificazione degli allenamenti o delle attività: scegliendo gli esercizi, proponendo allenamenti, prendendo l’iniziativa. Quando i ragazzi sentono che le loro opinioni sono prese in considerazione, sono più motivati.

7. Insegnare i benefici fisici e mentali dello sport

  • Educare i ragazzi sui benefici psicofisici che l’attività fisica porta – come il miglioramento del sonno, l’aumento dell’energia e della concentrazione e il sollievo dallo stress – può aiutarli a comprendere il valore a lungo termine dello sport. Essere consapevoli dei benefici può motivarli a continuare.

8. Usare un approccio personalizzato

  • Ogni adolescente ha motivazioni diverse: qualcuno ama la competizione, altri preferiscono attività più rilassate o artistiche. Capire cosa piace e interessa a ciascun ragazzo permette di adattare l’attività sportiva ai loro bisogni e ai loro gusti, facendo sì che l’esperienza sia appagante per ognuno di loro.

9. Offrire feedback positivi e riconoscimento

  • I giovani, spesso influenzati dalla ricerca di approvazione, rispondono molto bene ai feedback positivi e ai riconoscimenti. Elogiare i miglioramenti, riconoscere i progressi anche piccoli e incoraggiare senza eccessiva pressione può costruire una mentalità positiva e mantenerli motivati.

10. Integrare lo sport nella routine quotidiana e non renderlo “facoltativo”

  • L’attività fisica dovrebbe essere presentata come parte della routine, non come un’attività extra o opzionale. Abituare gli adolescenti a vedere lo sport come un momento di rilassamento, piacere e cura di sé e non come un dovere o un peso favorisce un coinvolgimento duraturo.

11. Proporre obiettivi di crescita personale

  • Parlare di sport come di un percorso di crescita personale, dove la competizione è con sé stessi, può motivarli più della competizione con gli altri. In questo modo, lo sport diventa uno strumento per sviluppare disciplina, forza di volontà e autostima.

In conclusione

Rendere lo sport accessibile, divertente e appagante per gli adolescenti richiede un mix di immediatezza e una strategia più ampia di crescita personale. Coltivare una motivazione che venga da dentro e che risponda ai loro bisogni può favorire una pratica sportiva continua, con tutti i benefici che questa comporta per la loro salute e il loro sviluppo.

Le motivazioni da insegnare ai giovani

All’inizio del nuovo anno scolastico e sportivo si ritorna a parlare dell’educazione dei giovani, di come si possa contrastare questo aumento ormai consolidato negli anni di casi di disagio, che culmina in un aumento della depressione dell’ansia ormavi consolidato e negli anni ripetitivo, senza parlare di casi di cronaca che ci spaventano e fanno sentire impotenti gli adulti.

A dimostrazione di quanto questa realtà non sia un fenomeno limitato all’Italia o a qualche nazione sono state condotte indagini nei diversi continenti, in relazione ai seguenti temi: “A scuola mi sento solo”, “A scuola mi sento fuori dal gruppo e dalle cose”, oppure “A scuola faccio con facilità amicizia”. E’ emerso che a partire dal 2012 la percezione di non avere amici e di sentirsi soli è aumentata quasi ovunque.

Questo ha determinato la riduzione della capacità di essere concentrati sul presente, di restare in contatto con il proprio ambiente sociale e le persone e soprattutto una visione malata di se stessi nel mondo, dominata invece dalle distorsioni create tramite i social, vissute come realtà. Anche molte aziende sono consapevoli di questi problemi, fra questi Dove ha ideato la campagna #NoDigitalDistortion volta ad accrescere l’autostima delle giovani e a promuovere un’immagine positiva del corpo sui social media. O il programma Body Confident Sport, una campagna di body confidence in collaborazione con Nike per aumentare la fiducia nel proprio corpo delle ragazze che praticano sport.

Servirebbe un’alleanza fra famiglie, scuola e società sportive per insegnare a coltivare in ognuno passione e interesse verso le attività che svolgono.

Ciò servirebbe non tanto per creare un sistema di divieti, ma per stimolare le tre motivazioni principali che sostengono la crescita: il gioco libero, l’adattamento e l’apprendimento sociale.

L’infanzia dovrebbe essere fondata sul gioco, come per tutti i mammiferi, è il periodo in cui s’impara facendo esperienze con una forte valenza emotiva, sono attività non supervisionate dagli adulti, in cui s’impara l’autocontrollo e si risolvono i conflitti, sono attività svolte con piacere e liberamente scelte, non svolte per raggiungere obiettivi prefissati. Il gioco fisico, all’aperto, in cui si prende qualche tipo di rischio, con bambini di età variata è il modo più naturale di giocare. Troppo spesso quando genitori, insegnanti, allenatori intervengono il gioco diventa meno libero, meno piacevole e produce meno benefici. Per quanto riguarda lo sport in questa età infantile, il problema non è rappresentato dalle ore di allenamento ma da come si occupa il resto del tempo in cui spesso non si ha la possibilità di praticare il gioco libero.

Il secondo aspetto motivazionale ci ricorda che sin dall’inizio della vita i bambini sono coinvolti in un continuo scambio emotivo con il loro ambiente sociale, che all’inizio dovrebbe essere rappresentato dai genitori. Quindi si cresce tramite lo sviluppo dei rapporti interpersonali con un numero sempre più ampio di persone, con rapporti diretti faccia a faccia, con interazioni fisiche e motorie e con i modi tipici di ogni cultura. Il mondo dei social procede in maniera opposta, allontanando da questi rapporti e proponendone altri falsamente realistici ma è un mondo in pieno sviluppo questo dei social.

Il terzo aspetto dello sviluppo dell’essere umano è l’apprendimento sociale. Non riguarda l’apprendimento scolastico ma l’attivazione del desiderio  d’imparare attraverso l’imitazione e avere alcune persone come modello da seguire. All’inizio imiteranno i genitori ma poi amplieranno le loro scelte su altre persone.

 

 

 

 

 

Rapporti interpersonali, benessere e prestazione

Slemp, G. R., Field, J. G., Ryan, R. M., Forner, V. W., Van den Broeck, A., & Lewis, K. J. (2024). Interpersonal supports for basic psychological needs and their relations with motivation, well-being, and performance: A meta-analysis. Journal of Personality and Social Psychology.

I processi motivazionali delle persone, il benessere e le performance sono probabilmente favoriti dal sostegno degli altri.

La teoria dell’autodeterminazione sostiene che il supporto interpersonale per l’autonomia, la competenza e la capacità relazionale sia cruciale per raggiungere tali risultati. Nello studio attuale, forniamo un’esame completo di questa formulazione basata su un database composto da 4.561 dimensioni degli effetti provenienti da 881 campioni indipendenti (N = 443.556).

I nostri risultati indicano che il supporto per l’autonomia, la competenza e la capacità di relazionarsi è fortemente correlato positivamente con la soddisfazione di questi bisogni di base e fortemente correlato negativamente alla loro frustrazione. Il supporto interpersonale per i bisogni di base è fortemente correlato positivamente con il benessere soggettivo ed è correlato con le performance. Le analisi hanno mostrato una stabilità generale degli effetti tra le culture, anche se le correlazioni del supporto all’autonomia con la motivazione autonoma si sono indebolite come funzione dell’individualismo. Il pattern opposto è stato osservato per la correlazione tra supporto alla relazionalità e motivazione intrinseca. Alcuni effetti sono anche diminuiti come funzione dell’età del campione.

In sintesi, i nostri risultati sono coerenti con la premessa che per sostenere la motivazione ottimale, il benessere e le performance, dovrebbe essere preso in considerazione un ampio insieme di comportamenti che favoriscono tutti e tre i bisogni di base, insieme a diverse fonti di supporto interpersonale, per ottenere il massimo beneficio.

Implicazioni pratiche

Ad esempio, sul luogo di lavoro, Jungert e altri (2018) hanno esaminato empiricamente un intervento specificamente mirato a promuovere comportamenti interpersonali di supporto ai bisogni all’interno dei team di lavoro attraverso l’implementazione di esercizi tra pari volti a sviluppare la capacità di vedere le cose dal punto di vista degli altri, la comunicazione efficace e la collaborazione. I risultati hanno mostrato che l’intervento ha comportato benefici sulla soddisfazione dei bisogni e sulla motivazione autonoma. La nostra meta-analisi offre ulteriore supporto empirico a tali sforzi. Infatti, come abbiamo notato, in alcuni casi i nostri risultati hanno mostrato che i supporti laterali (tra pari) per i bisogni di base hanno esercitato effetti ancora più significativi rispetto alle fonti verticali, suggerendo che i pari rappresentino una potenziale fonte di nutrimento sotto-utilizzata che potrebbe essere più coinvolta nella progettazione, consegna e mantenimento dell’intervento.


Quando fare progetti per il nuovo anno è inutile

Ogni inizio anno ci poniamo obiettivi per i successivi mesi, ne parliamo con gli amici, c’è chi vuole dimagrire, chi fare sport, dedicare più tempo alle persone che ama e così via. Di solito dopo pochi giorni vengono abbandonati perchè ci si sente dominati dalle necessità della vita quotidiana. Per cui si giunge alla spiegazione del classico “vorrei ma non posso”. Non sono io che non voglio era vita che me lo impedisce.

Suggerisco, quindi, a tutti noi di evitare di giocare al cambiamento se tanto sappiamo che poi facilmente abbandoneremo questi buoni propositi.  In tal senso pensare in positivo, e quindi credere che ce la faremo a soddisfare i nostri obiettivi, è fuorviante. Il pensiero positivo è velleitario se non si accompagna alla consapevolezza che sarà difficile raggiungere quanto ci proponiamo e se non siamo disposti a fare dei sacrifici.

Vuol dire impegnarsi a prescindere dai risultati. Bisogna essere disposti a impegnarsi sapendo che potremmo fallire. Dobbiamo pensare che cambiare abitudini richiede tempo ed è difficile, per la ragione che dobbiamo iniziare a pensare e ad agire in modo diverso dal solito nello stesso momento in cui saremmo portati a comportarci nel modo abituale.

Se vogliamo avere successo partiamo da obiettivi a breve termine, in cui spendere un tempo limitato ma quotidiano, ragioniamo in termini di: “Cosa mi va di fare per me oggi e che è diverso da ciò che faccio abitualmente”. Se diamo una risposta affermativa a questa richiesta ci stiamo muovendo sulla strada giusta, anche solo un minuto passato diversamente ci darà un segnale positivo, senza fretta impariamo a raccoglierli.

Come motivare gli atleti è un tema sempre di attualità per gli allenatori

Tutti gli allenatori sono fortemente consapevoli della stretta interazione tra motivazione e apprendimento. La motivazione è però un concetto teorico  che non può essere direttamente osservato e che può` essere  solo ipotizzato sulla base del comportamento degli atleti. In ogni caso,  la conoscenza del processo motivazionale è un fattore cruciale per ogni allenatore, che voglia  insegnare in modo efficace.

Le motivazioni più importanti riconosciute dai giovani atleti  sono relative a:

  1. competenza (imparare e migliorare le proprie abilità sportive),
  2. divertimento  (eccitamento, sfida e azione)
  3. affiliazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici),
  4. squadra (essere parte di un gruppo o di una squadra),
  5. competere (gareggiare, avere  successo, vincere)
  6. forma fisica (sentirsi in forma  o  sentirsi più forti)

Viceversa, le cause principali della diminuzione della motivazione o dell’abbandono della pratica sportiva sono da ascriversi a: mancanza di divertimento,  mancanza  di successo, stress da competizione,  assenza  di appoggio da parte dei genitori, incomprensioni con l’allenatore, noia e incidenti sportivi.

In sintesi sono i tre principali bisogni che l’atleta vuole soddisfare per mezzo dell’attività sportiva:

  1. divertirsi, soddisfa il bisogno di  stimolazione  ed   eccitamento,
  2. dimostrare competenza, soddisfa il bisogno di acquisire  abilità e di sentirsi autodeterminati  nelle  attività  svolta,
  3. stare con gli altri, soddisfa il bisogno di  affiliazione con gli altri e di stare in gruppo.

Con riferimento al bisogno di stimolazione si può affermare che:

  1. Il successo va costruito calibrando il programma  da svolgere con le abilità e l’età dell’atleta.
  2. L’allenamento deve essere mantenuto stimolante e  vario.
  3. Ogni atleta deve essere attivo; non bisogna  lasciare agli atleti il tempo di annoiarsi.
  4. Durante l’allenamento è necessario fornire agli  atleti l’opportunità di svolgere esercizi stimolanti.
  5. Bisogna insegnare agli atleti a identificare obiettivi realistici.
  6. Durante l’allenamento è utile stabilire dei  momenti in  cui  gli atleti si esercitano senza  essere  valutati dall’allenatore.

Per quanto riguarda il bisogno di competenza, è compito  dell’allenatore stimolare sia il bambino che il giocatore evoluto non solo ad imparare specifiche  tecniche sportive ma, anche, a sviluppare  il desiderio di progredire e  la  curiosità verso se stessi e l’ambiente in cui agiscono.

A tale proposito l’allenatore dovrà rammentare che:

  1.  Obiettivi specifici, difficili e  che  rappresentano una  sfida sono più efficaci di obiettivi specifici  ma facili,  di  obiettivi  definiti in termini di fai-del-tuo-meglio  e  di   non-obiettivi.
  2. Gli atleti devono possedere un numero sufficiente  di abilità per raggiungere i loro obiettivi.
  3. Gli obiettivi sono più efficaci quando sono definiti in  termini comportamentali, specifici  e  quantitativi, rispetto a quando sono definiti in maniera vaga.
  4. Vanno definiti obiettivi intermedi che devono interagire con quelli a lungo termine.

Quanto al Bisogno di affiliazione esso si fonda sull’esigenza di appartenere  ad un gruppo e di esserne accettati,  stabilendo così con gli altri membri della squadra rapporti  significativi. Soddisfacendo il bisogno di  affiliazione  e di stima, l’atleta sperimenta  maggiore  fiducia verso  se stesso e maggior controllo nei riguardi  delle situazioni che si presentano. In effetti ogni atleta  e allenatore sa per esperienza che quando vi sono fra loro problemi  di comunicazione è difficile seguire il  programma di allenamento che è stato prefissato.

I punti chiave per soddisfare  il bisogno di affiliazione e di stima  degli  atleti possono essere così riassunti:

  1. Ascoltare le richieste degli atleti.
  2. Comprendere i bisogni espressi, orientandoli  all’interno del programma annuale di allenamento.
  3. Stabilire il ruolo di ogni atleta, definendo per ciascuno obiettivi realistici.
  4. Riconoscere apertamente l’impegno posto nel  collaborare a obiettivi di gruppo.
  5. Insegnare ai giocatori a correggersi reciprocamente.
  6. Fornire istruzioni tecniche e incoraggiare  l’impegno personale.
  7. Ridurre lo stress agonistico rinforzando l’importanza di gareggiare  dando il meglio di sé e riducendo l’importanza  attribuita al risultato.

In altri termini, l’allenatore per sviluppare nei suoi atleti i il senso di appartenenza a quel particolare gruppo, deve mostrarsi credibile e costante nei suoi atteggiamenti e comportamenti.

Per essere  credibili  bisogna essere sinceri con tutti i propri atleti: giovani  e adulti,  esperti e meno esperti, titolari e riserve. A  tale proposito è necessario:

  1. Condividere con gli atleti il programma tecnico, evidenziando le loro abilità e le aree da migliorare.
  2. Spiegare le ragioni di tecniche e strategie:  saranno così ricordate meglio.
  3. Non far promesse, personalmente o indirettamente, che si potrebbe non riuscire a mantenere.
  4. Rispondere alle domande con competenza, sincerità, sensibilità.
  5. Evitare di pronunciare frasi che potrebbero ledere la stima dell’atleta (es: “Non farai mai parte del gruppo dei migliori). Come indicazione ci si chieda: “Se fossi  l’atleta, vorrei sentirmi dire questo dall’allenatore?”.

Il clima organizzativo sostiene la motivazione

Alla conferenza stampa di Vivicittà tenutasi in un liceo scientifico di Roma, una studentessa ha chiesto quanto fosse importante il clima che c’è in un gruppo sportivo per sostenere l’interesse verso la pratica sportiva.

Ho risposto che gli altri che siano genitori, allenatori, dirigenti o compagni sono fondamentali perchè nessuno impara da solo. Tutti abbiamo bisogno di un ambiente in cui sentirsi apprezzati per quello che si fa. Gli psicologi sostengono che tutti possono avere successo, intendendo con questa affermazione non certo chi vince una gara. Vuol dire che tutti possono imparare, migliorando grazie al loro impegno.

Di conseguenza, chi organizza lo sport deve costruire un clima nelle società sportive che favorisca l’impegno e l’apprendimento. Lo sport è flessibile, tutti possono imparare indipendentemente dalla loro base di partenza. Lo sport è di per se stesso inclusivo, perchè si piega alle esigenze di ognuno, sta a chi lo promuove non costruire delle barriere che impediscano a qualcuno di partecipare.

Quindi tutti possiamo essere sportivi per tutta la vita.

I differenti profumi della motivazione

Working with Parents in Sport

@_WWPIS

INFOGRAPHIC – ‘What motivates your children to play sport?’ What is motivating your children to play sport? Thank you to our friend @laramossman for producing this excellent graphic for our audience. https://buff.ly/3glY9Rp

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Perchè correre la maratona di New York

Domenica prossima si corre la Maratona di New York e dopo le limitazioni alle iscrizioni degli anni della pandemia, il direttore della gara spera quest’anno di ritornare ad avere 50.000 podisti al traguardo. Il 40% dei partecipanti viene di nuovo dall’estero e questo determina che la maratona sia anche un grande evento economico per la città, mentre l’anno scorso i confini erano chiusi e gli atleti stranieri non hanno potuto partecipare per cui i partecipanti furono solo 30.000.

L’anno scorso era stata introdotta la categoria non binaria per i runner. Quest’anno, i primi cinque classificati di questa categoria riceveranno un premio in denaro. New York è la prima delle sei World Marathon Major ad aggiungere premi in denaro per i corridori non binari. Altre novità sono l’ avere equiparato il premio per il record della gara in wheelchair a quello dei runner professionisti passando da 7.500 a  50.000 dollari. Inoltre sono state introdotte facilitazioni riguardanti la nursery alla partenza in tre punti del percorso e all’arrivo per le donne che devono allattare. Sono cambiamenti che rendono sempre più inclusiva la maratona.

La filosofia della gara è di rappresentare una grande giornata di condivisione fra runner e spettatori. A ogni corridore viene suggerito di avere scritto sulla maglia il suo nome così da potere essere nominato e incoraggiato dal pubblico. Comunque vi saranno decine di migliaia di spettatori lungo tutto il percorso, con l’eccezione del ponte di Verrazzano.

Sulle ragioni che motivano una persona a correre una maratona è stato scritto molto, e ognuno a cercato di fornire le proprie ragioni. Va detto che l’essere umano è predisposto alla corsa di lunga durata che migliaia di anni fa serviva per procurarsi il cibo. Ora è un’attività che migliora la percezione di autocontrollo attraverso una sfida con se stessi. Ci migliora poiché richiede la tenacia di perseguire un obiettivo a lungo termine attraverso lo svolgimento di un programma settimanale. Comporta anche un cambiamento e un miglioramento dello stile di vita che dovrebbe determinare una migliore cura di sé in relazione alla cura del proprio corpo, del sonno e dell’alimentazione. E’ pure un’attività che per molti si svolge in gruppo in cui si condividono fatiche, sfide e magari anche gli stati d’animo dovuti a infortuni. La corsa è democratica, chiunque può correre e si può svolgere in qualsiasi ambiente e con qualsiasi tempo.

Per ogni persona, ognuna di queste ragioni può avere pesi diversi e alcune sono più significative di altre. In sostanza, prevale il senso del piacere anche se si è iniziato su consiglio del medico o perchè un amico ci ha convinto a provare, chi supera questa fase iniziale e intraprende un percorso di allenamento trova a questo punto una gratificazione individuale che lo sostiene nel tempo e che diventa un’abitudine senza cui diventa difficile svolgere gli altri impegni della vita quotidiana.

Personalmente corro perchè mi piace stare all’aria aperta, possibilmente nella natura, per sfida con me stesso, per organizzare i pensieri e meditare, per sentire  e conoscere il mio corpo nelle diverse età che ho vissuto e che sto passando, per aspettare che arrivi la fatica e provare a superarla, per il ricordo degli amici e delle esperienze fatte in comune e della solidarietà che c’è tra chi corre. Quindi, buona corsa!

Motivazione

Free Bambino Che Gioca A Calcio Stock Photo

La migliore attività è quella che ti piace fare    (Foto di Lukas)

Come catturare la motivazione

Lo sprinter americano Michael Johnson, vincitore di cinque medaglie d’oro alle olimpiadi e otto volte campione del mondo, ha così riassunto l’importanza della motivazione:

“La mia migliore motivazione è sempre venuta dalla gioia pura di correre e di gareggiare, è lo  stesso brivido che ho come fossi un bambino di 10 anni. Avete mai conosciuto un bambino di 10 anni nauseato da quello che fa? Bisogna trovare la propria motivazione iniziale, per  questa ragione diventerai un architetto. Questo è il segreto della perseveranza”.

L’attività sportiva dovrebbe consentire l’affermarsi di un atteggiamento che può essere sintetizzato nella se­guente frase: “E’ grazie al mio impegno e al piacere che provo che divento sempre più bravo in quello che faccio”. Le attività motivate da una spinta interiore si basano sulla per­cezione soggettiva di soddisfazione che si trae dallo svolgere un determi­nato compito. Pertanto qualsiasi intervento esterno che tenda a ridurre nell’atleta questa percezione influenzerà negativamente la sua motivazione. È il caso di quando un atleta s’impegna solo per riceve­re un premio materiale (vincere un trofeo) o simbolico (“Lo faccio per i miei genitori o per l’allenatore che così saranno contenti o perché sarò più ammirato dai miei compagni di scuola”). La prestazione sportiva diventa così solo un mezzo per raggiungere un altro scopo che diventa, invece, il vero fine dell’azione: il giovane non agisce per il piacere che gli fornisce l’attività stessa ma per ricevere un determinato riconoscimento. Pertanto, i rinforzi esterni che incoraggiano l’atleta ad attribuire la sua partecipazione a motivi esteriori riducono la sua motivazione interna. Operativamente, l’allenatore non dovrebbe servirsi di rinforzi che dall’atleta siano percepibili come più importanti della stessa partecipazione spor­tiva, ma dovrebbe fornire suggerimenti utili ad aumentare il senso di soddisfazione che il gio­vane trae dall’esperienza agonistica.

E’ stato infatti documentato che i risultati sportivi che sono percepiti come il risultato di fattori inter­ni personali, quali l’abilità, la dedizione, l’impegno piuttosto che di fattori esterni (fortuna, limitata capacità degli avversari,  decisioni arbitrali a favo­re) sono associati a stati d’animo di soddisfazione e di orgoglio.

I rinforzi esterni che un atleta riceve svolgono comunque anche un’azione positiva. Ad esempio, con i bambini che non hanno ancora avuto un’esperienza spor­tiva o con gli adulti che hanno una ridotta esperienza sportiva. In tal caso rinforzi esterni riguardanti la fornitura di materiale sportivo o di gadget, o il sostegno sociale derivato dalla pratica sono elementi che favoriscono la partecipazione. Lo stesso vale per i riconoscimenti economici ottenuti dagli atleti di alto livello come riconoscimento del loro valore sportivo.

Ogni allenatore sa che stabilire obiettivi è essenziale per stimolare la moti­vazione e migliorare le prestazioni. A tale riguardo:

  1. Lavorare su obiettivi definiti e accettati contribuisce a mi­gliorare l’atmosfera generale e il clima emotivo dell’allenamento. Si ottiene una riduzione dei problemi relativi ai ritardi, alla pigri­zia di gruppo e alla mancanza dì disciplina.
  2. Gli atleti, anche i più giovani, potenziano sempre più la loro autonomia e imparano ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Viene in­crementata in questo caso la determinazione a raggiungere gli obiettivi e a sviluppare al massimo le proprie potenzialità
  3. La leadership dell’allenatore viene accettata dagli atleti attraverso l’incremento della sua credibilità personale;

Infine, nonostante la rilevanza che la scelta degli obiettivi svolge nell’incre­mentare la prestazione, vi è anche un altro motivo che la rende neces­saria da parte dell’atleta. Infatti, se lo sport e la com­petizione hanno una valenza sociale, di conseguenza ogni individuo ha il diritto di avere successo. Certamente nello sport di livello assoluto, la lotta per il successo è  quella per il podio e chi può aspirare a questo tipo di risultato si prepara consapevole delle difficoltà che incontrerà strada facendo.

Vi è poi il successo di tutti, di coloro che hanno stabilito i loro obiettivi in modo adeguato e s’impegnano per raggiungerli. Ogni persona coinvolta nello sport ha la responsabilità di ottenere per se stessa il suo successo personale. E’ il caso di chi vuole correre la maratona in 4 ore, se ci riuscirà avrà vinto la sua gara.

L’osservazione dei bambini impegnati in attività sportive non organizzate dagli adulti dovrebbe insegnare agli adulti qualcosa di molto importante e cioè che quando non raggiungono l’obiettivo che si sono posti, i ragazzi lo abbassano di livello, imparando dagli errori e riprovandoci di nuovo. Dopo una serie di adattamenti e di prove di questo tipo il successo è garantito. L’opposto avvie­ne quando invece hanno successo, aumentano il livello di difficoltà dell’o­biettivo. In altri termini, ciò significa che in maniera quasi spontanea i gio­vani modificano i loro obiettivi spostandoli sempre al limite delle loro possi­bilità. In tal senso, gli errori sono utilizzati come parte integrante del pro­cesso di apprendimento e non vengono interpretati come un insuccesso.