Archivio mensile per dicembre, 2023

Continua ciò che hai cominciato

Sano egoismo contro altruismo patologico

Kaufman SB and Jauk E (2020). Healthy Selfishness and Pathological Altruism: Measuring Two Paradoxical Forms of Selfishness. Front. Psychol. 11:1006.

Nel suo saggio del 1939 intitolato “Egoismo e Amore verso Sé Stessi”, Erich Fromm iniziò dichiarando che “La cultura moderna è pervasa da un tabù sull’egoismo. Insegna che essere egoisti è peccaminoso e che amare gli altri è virtuoso.” Nel suo saggio, Fromm sostiene che questo tabù culturale ha avuto l’infausta conseguenza di far sentire le persone in colpa nel mostrare un sano amore verso se stesse, che egli definisce come l’affermazione appassionata e il rispetto per la propria felicità, crescita e libertà.

Fromm argomenta che la forma di egoismo che la società condanna – un interesse esclusivamente verso se stessi e l’incapacità di riconoscere  con piacere e rispetto la dignità e l’integrità degli altri – è in realtà l’opposto dell’amore verso sé stessi. Per Fromm, l’amore è un atteggiamento indifferente se sia diretto verso l’esterno o verso l’interno.

Al contrario, Fromm sosteneva che l’egoismo è una sorta di avidità: “Come tutte le avidità, contiene un’instabilità, a causa della quale non c’è mai una vera soddisfazione. L’avidità è un pozzo senza fondo che esaurisce la persona in un incessante sforzo di soddisfare il bisogno senza mai raggiungere la soddisfazione” (Fromm, 1939).

Ispirato dal saggio di Fromm, Maslow (1943/1996) sosteneva la necessità di distinguere chiaramente l’”egoismo sano” dall’egoismo malsano, così come l’importanza di distinguere le motivazioni sane e non sane dietro il comportamento apparentemente egoista di una persona.

Definendo l’egoismo come qualsiasi comportamento che porta piacere o beneficio all’individuo, Maslow sosteneva che: “Per quanto ci riguarda, non dobbiamo avere dei pregiudizi. Non dobbiamo assumere che il comportamento egoista o altruista sia né buono né cattivo fino a quando non determiniamo effettivamente dove risiede la verità. Potrebbe essere che a volte il comportamento egoista sia buono e altre volte sia cattivo. Potrebbe anche essere che il comportamento altruista a volte sia buono e altre volte cattivo”. Maslow aggiunge che “molto di ciò che sembra essere un comportamento altruista può derivare da forze psicopatologiche e che ha origine da motivazioni egoistiche” (p. 110).

Sottolineando la necessità di un nuovo vocabolario che incorpori l’idea di egoismo sano, Maslow ha osservato che nel processo psicoterapeutico a volte è necessario insegnare alle persone, in certi momenti, ad agire in modo “positivamente egoista”, a avere un sano rispetto per se stessi che proviene dall’abbondanza e dalla gratificazione dei bisogni, “che deriva da ricchezze interiori piuttosto che da povertà interiore” (p. 110).

Una recente meta-analisi della letteratura sul prendersi cura del benessere degli altri supporta queste prime idee. Le et al. (2018) hanno scoperto che le persone che si prendono cura del benessere degli altri e dei propri partner nelle relazioni strette, sperimentano un maggiore benessere relazionale. Tuttavia, il benessere personale è massimizzato solo nella misura in cui le persone non trascurano se stesse nel loro impegno verso la cura degli altri. Pertanto, mentre i benefici per la salute e le relazioni derivanti dalla promozione del benessere degli altri sono ben documentati (Crocker e Canevello, 2008, 2018), il ruolo dell’egoismo sano nel contribuire al benessere e alle relazioni potrebbe essere stato trascurato nella letteratura.

Un presentimento d’amore

Sei pronto a seguire la strada per essere autosufficiente?

Gli attacchi di panico aumentano anche fra gli atleti

Gli psicoterapeuti dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, presenti  da anni negli Istituti scolastici di ogni ordine e grado sul territorio nazionale, hanno accolto numerose richieste di aiuto all’interno delle attività svolte in ambito scolastico e online. Nei colloqui svolti all’interno dei progetti di sportello di ascolto psicologico, è emerso che circa 1 adolescente su 4 ha sperimentato nell’ultimo anno vissuti depressivicirca 1 su 5 ha manifestato problematiche legate all’ansia, in particolare disturbi di panico e fobia sociale, e il 25% ha messo in atto condotte autolesive.

Nella mia esperienza nello sport agonistico ho assistito a un aumento delle crisi d’ansia e degli attacchi di panico fra gli atleti e le atlete adolescenti. Gli attacchi di panico negli atleti possono verificarsi durante le competizioni o negli allenamenti intensi e stressanti. Questi attacchi sono episodi improvvisi di paura intensa o disagio che possono manifestarsi con una serie di sintomi fisici e psicologici. Le caratteristiche degli attacchi di panico possono includere:

  1. Ansia e paura intensa - Gli atleti possono sperimentare una sensazione opprimente di ansia e paura, spesso senza una causa evidente o connessa a una situazione specifica.
  2. Sintomi fisici - Questi possono includere palpitazioni, sudorazione eccessiva, tremori, sensazione di soffocamento o mancanza di respiro, nausea, vertigini o sensazioni di svenimento. Alcuni atleti possono anche avvertire dolori al petto o formicolii alle mani e ai piedi.
  3. Sensazione di perdita di controllo -  Gli attacchi di panico possono far sentire agli atleti di perdere il controllo della situazione o della propria mente, causando un senso di terrore.
  4. Pensieri catastrofici - Durante un attacco di panico, gli atleti possono avere pensieri catastrofici riguardo alla propria salute, prestazione sportiva o alla possibilità di fare brutte figure davanti agli altri.
  5. Isolamento e evitamento - Dopo aver sperimentato attacchi di panico, gli atleti potrebbero evitare situazioni o ambienti che ritengono possano scatenare nuovamente la stessa reazione.

Le cause degli attacchi di panico negli atleti possono essere varie, tra cui:

  • Stress e pressione da performance - Gli atleti possono provare pressioni elevate dovute all’aspettativa di prestazioni eccezionali, il che può generare ansia e paura di fallire durante gli eventi sportivi.
  • Esposizione a infortuni o fallimenti - Le esperienze passate di infortuni gravi o fallimenti sportivi significativi possono generare ansia anticipatoria, portando a un’alta sensibilità emotiva durante l’attività sportiva.
  • Caratteristiche personali - Alcuni atleti possono essere più inclini geneticamente o a causa di esperienze personali a sviluppare attacchi di panico.

Innanzitutto è utile imparare a respirare per rilassarsi e poi essere presenti nel qui ed ora mantenendo la consapevolezza anche durante un attacco di panico che avrò una fine. Questo approccio mentale permette il recupero di una condizione di maggiore calma che al momento era andata perduta. Questo stimola anche un’ulteriore azione che riguarda lo spostamento dell’attenzione da una condizione psicofisiologica negativa, debilitante e percepita come non controllabile a uno stato mentale che permette di distanziarsi dai sintomi fisici e dai pensieri catastrofici. Di conseguenza è importante affrontare gli attacchi di panico negli atleti attraverso strategie di gestione dello stress, consulenza psicologica, tecniche di rilassamento, mindfulness tramite il supporto di psicologi dello sport specializzati.

I problemi del Napoli che nessuno risolve

Continua la crisi sempre più profonda del Napoli che si trova ora a 20 punti dalla testa della classifica. Una spiegazione di questi risultati così negativi rispetto alle aspettative iniziali, può riguardare la pressione generata da questa attesa di ripetere anche quest’anno l’eccezionale stagione portata a termine il campionato passato e di ritrovare facilmente la stessa coesione di squadra anche con un nuovo allenatore.

Questo modo di pensare può avere messo molta pressione al Napoli e avere determinato sfiducia nei calciatori una volta che si sono accorti che i meccanismi della stagione precedente sono sembrati scomparsi.  Quindi questa tendenza a confrontare le prestazioni attuali con quelle della stagione precedente, può avere determinato una percezione di fallimento o una delusione.

A ciò si devono aggiungere le aspettative del pubblico e dei media, che in seguito alla vittoria del campionato, hanno aumentato le loro aspettative nei confronti della squadra. La pressione per ripetere il successo però può diventare così intensa e costante che, se non è confortata da risultati positivi, è causa di sfiducia nella squadra. Inoltre, all’interno della squadra stessa, ci potrebbe essere stato un aumento della pressione. I giocatori potrebbero essersi sentiti obbligati a dimostrare che la vittoria non è stata casuale e che potevano confermarsi come squadra di alto livello.

Va anche tenuto presente che il successo determina una maggiore esposizione mediatica. La squadra diventa più visibile e soggetta a maggiori attenzioni da parte dei media. Questa esposizione può avere aggiunto pressione poiché ogni passo o risultato viene analizzato e discusso pubblicamente.

L’allenatore e lo staff dovrebbero gestire attentamente queste forme di pressione, creando un ambiente che incoraggi la fiducia, riducendo lo stress e aiutando i giocatori a mantenere la mentalità che serve per affrontare le sfide di questa nuova stagione. Può essere che la squadra soffra di problemi tattici ma di sicuro non dimostra di essere una squadra unita nell’affrontare queste difficoltà.

La necessità dell’allenamento mentale nei giovani atleti

In questi anni ho ricevuto molte richieste di lavorare con adolescenti per prepararli dal punto di vista mentale ad affrontare le gare. Mi sembra uno sviluppo positivo, poichè sta a indicare che in alcuni sport individuali vi è la consapevolezza dell’importannza dell’allenamento mentale anche nell’attività giovanile. Questo è avvenuto in relazione a tre sport: il tiro a volo, il golf e il tennis; discipline in cui i genitori devono per forza investire economicamente sui loro figli se vogliono che facciano esperienze agonistiche e di allenamento efficaci. Basti pensare ai 30 tornei di tennis annuali a cui un giovane deve partecipare, piuttosto che al costo di fucile, cartucce e piattelli nel tiro a volo o al costo per partecipare ai tornei di golf e per allenarsi con un bravo maestro.

Diventa così evidente che percepita da parte dei gentirori l’esigenza del mental coaching, l’investimento economico diventa una delle voci di spesa che i genitori devono affrontare. Dico questo perchè è molto raro che una federazione sportiva, invece, investa sull’allenamento mentale nella fascia d’età juniores (che sarebbero i suoi talenti). Mental coaching che quando si ha 14-17 anni equivale alla costruzione di quell’approccio mentale che è utile per fare bene. Ad esempio, imparare in questa età ad avere un dialogo positivo con se stessi è assolutamente più facile che quando si sarà adulti, ed educa mentalmente il ragazzo o la ragazza a sapersi incoraggiare, ad affrontare le difficoltà con maggiorer serenità, o a correggersi in modo positivo e senza insultarsi.

Mi chiedo perchè queste abilità psicologiche così importanti nella vita di ogni essere umano debbano essere insegnata solo in età adulta, e molti poi neanche la imparano. E’ possibile che il limite dei ragazzi sia rappresentato da coloro (dirigenti e allenatori) che dovrebbero essere i loro insegnanti?

La distrazione nel calcio

Nel calcio, gli errori di concentrazione possono influenzare significativamente le prestazioni individuali e di squadra. Ecco alcuni dei principali errori di concentrazione che i calciatori possono commettere:

  1. Distrazione durante il gioco - I giocatori possono distrarsi facilmente perdendo di vista la posizione dei compagni di squadra, degli avversari o del pallone. Questa distrazione può portare a passaggi errati, perdite di possesso o errori difensivi.
  2. Mancanza di attenzione durante le palle inattive - Gli angoli, i calci di punizione e i rigori richiedono massima concentrazione. Gli errori durante queste situazioni possono costare gol.
  3. Perdita di focus dopo un gol subito o segnato - Dopo aver segnato un gol o subito un gol, i giocatori potrebbero distrarsi momentaneamente, diminuendo la concentrazione e la determinazione nel continuare la partita.
  4. Sottovalutazione degli avversari - Ignorare la qualità degli avversari può portare a una mancanza di preparazione e concentrazione durante la partita, causando errori evitabili.
  5. Mancanza di comunicazione - La mancanza di comunicazione tra i giocatori può portare a errori di posizionamento, marcature inefficaci e disorganizzazione tattica.
  6. Stress e pressione - La pressione agonistica derivante da situazioni di gioco cruciali o da aspettative elevate può influenzare negativamente la concentrazione dei giocatori, portandoli a commettere errori.
  7. Mancanza di condizione fisica - La stanchezza fisica può influenzare la concentrazione. I giocatori affaticati tendono a commettere più errori tecnici e decisionali.
  8. Mancanza di autocontrollo emotivo - L’incapacità di gestire le emozioni durante la partita, come la frustrazione o l’euforia, può interferire con la concentrazione e portare a errori.
  9. Mancanza di adattamento alle condizioni di gioco - Le variazioni nelle condizioni meteorologiche, del campo o ambientali possono influenzare la concentrazione dei giocatori. La mancanza di adattamento a queste condizioni può causare errori di gioco.
  10. Debolezza mentale sotto pressione - Alcuni giocatori potrebbero perdere la concentrazione in situazioni di elevata pressione, come nel finale di una partita importante o durante i tiri di rigore. La mancanza di resilienza mentale può portare a errori cruciali.
Per migliorare la concentrazione nel calcio, i giocatori possono adottare strategie come l’allenamento mentale, la visualizzazione, la pratica della mindfulness, migliorare la condizione fisica e lavorare sulla comunicazione e sulla coesione di squadra. Questi metodi possono aiutare a ridurre gli errori di concentrazione e a migliorare le prestazioni complessive sul campo.

Pace e sviluppo con lo sport

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