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10 cose che oggi sono vietate ai giovani

10 cose che non possono più i ragazzi di oggi che giocano a calcio (e non solo):

  1. giocare nel cortile di casa
  2. fare sport se non li accompagna qualcuno
  3. trovarsi ai giardini a giocare con gli amici
  4. non avere sempre i genitori che li guardano mentre fanno sport
  5. fare sport quando vogliono
  6. giocare senza preoccuparsi di quello che diranno gli adulti (allenatore e genitori)
  7. giocare, perchè ora si allenano
  8. giocare ore e ore e smettere quando lo decidono o diventa sera
  9. scegliere i compagni di squadra e essere scelti
  10. alternarsi a chi gioca in porta
Certamente il calcio non è l’unico sport e tutto quello che è stato descritto si può applicare a molte altre situazioni di gioco, che quando eravamo ragazzi potevamo fare. Oggi tutto questo è impossibile e crea la dipendenza dei giovani, bambini e adolescenti, dagli adulti e dalle organizzazioni che hanno messo in piedi per imprigionare il gioco.

 

 

 

Disagio dei giovani causato dall’incompetenza degli adulti

Il tema dell’ansia e depressione di  molti giovani  è ovviamente drammatico e mi sembra si tenda a risolvere la questione  tramite il bonus per la psicoterapia e  l’introduzione dello psicologo a scuola. A questo quadro manca comunque la considerazione di un tassello importante: la formazione psicologica degli insegnanti. Direi anzi degli adulti che lavorano con i giovani. Questo allargamento riguarda quindi anche i genitori e gli allenatori. Non conosco quale sia la preparazione psicologica e pedagogica degli insegnanti della scuola, conosco invece molto bene quella degli allenatori e sono convinto che con poco si potrebbe fare molto di più per migliorare le loro competenze.

Quando dico questo ai dirigenti delle società sportive, di solito mi spiegano che non immagino quanti problemi da risolvere debbano quotidianamente affrontare e che anche volendo non potrebbero permettersi ulteriori spese. Purtroppo è la stessa risposta che mi danno da 30 anni e riflette la loro idea di sport: allenamento, gare e pagare tutti poco. Mi ricordo quando con Barbara Benedetti, segretario del settore giovanile e scolastico della FICG, ormai 20 anni fa riuscimmo a fare diventare obbligatoria la figura dello psicologo all’interno delle scuole calcio. Vi era scritto nel documento che andava alle società che lo psicologo doveva fare cinque incontri all’anno con genitori e allenatori. Le prime volte che qualche psicologo cominciò a proporsi per questo ruolo nelle società al posto del compenso gli veniva detto che avrebbe ricevuto la divisa della società e sarebbe stato invitato alla cena di Natale. Ovviamente, di fronte al rifiuto di questo scambio, si arrivava a definire il pagamento di questa consulenza. In quel periodo stilai anche una lista di attività che, oltre a queste riunioni, prevedeva altre azioni da svolgere in quell’ambito specificandone il rispettivo compenso. Le davo ai colleghi perchè potessero muoversi in quell’ambiente in modo più professionale. A molte società ho anche proposto di aumentare il costo dell’iscrizione di 10 euro all’anno, la differenza che si otteneva poteva essere il costo dello psicologo. Non volevo mi si dicesse non possiamo farlo per problemi economici.

Questo racconto serve a fare capire che l’ambiente sportivo, e m’immagino anche quello scolastico, è un luogo dove i cambiamenti, le innovazioni sono viste come minacciose. Oggi che molti allenatori sono laureati in scienze motorie la situazione di base è migliorata perchè hanno studiato psicologia all’università ma ancora non svolgono tirocini su come s’insegna nelle varie fasce di età, e non vi sono corsi federali che abbiamo questo specifico orientamento applicativo. Inoltre, il lavoro di allenatore è in larga parte sottopagato e, quindi, allontana molti dal volersi ulteriormente formare mentre è usato da altri per giustificare le loro carenze e il loro procedere in funzione delle loro idee, senza mai verificarle.

Su questa base è difficile che i giovani che mostrano difficoltà psicologiche trovino in questi adulti un supporto psicologico adeguato. Molti genitori a loro volta tendono a demandare alla scuola e allo sport la totale formazione psicologica dei loro figli nascondendosi dietro la retorica del “mica si studia per fare i genitori”.

Su queste basi e sulla schiavitù indotta dall’uso dei social è difficile che i giovani che manifestano problemi psicologici possano trovare soluzioni. Più facile fare passare il loro disagio per malattia così se ne occuperanno gli esperti e gli altri adulti che interagiscono con loro tireranno finalmente un respiro di sollievo.

Insegnare il pensiero critico e divergente

L’insegnamento del pensiero critico e creativo ai giovani di oggi è una sfida complessa, influenzata da vari fattori sociali, culturali e tecnologici. Queste difficoltà includono:

  1. Sovraccarico informativo - La generazione attuale è esposta a un flusso incessante di informazioni provenienti dalle tecnologie digitali e dai social media, la cui qualità è difficilmente verificabile,. Questa sovrabbondanza può ostacolare la capacità dei giovani di discernere e valutare criticamente le fonti di informazione.
  2. Dipendenza tecnologica - La crescente dipendenza dai dispositivi digitali e dai social media può minare la capacità di concentrazione e la disposizione mentale necessarie per il pensiero critico e creativo, a causa delle continue distrazioni e stimolazioni digitali.
  3. Cultura dell’istantaneità - La società contemporanea promuove l’aspettativa di risultati immediati e gratificazioni istantanee, scoraggiando la pazienza e la profondità di analisi richieste dal pensiero critico e dalla risoluzione dei problemi complessi.
  4. Pressione accademica - I giovani possono essere soggetti a una pressione significativa per ottenere risultati accademici eccezionali, il che può spingere a una focalizzazione sulla memorizzazione di informazioni piuttosto che sullo sviluppo di abilità di pensiero critico. Altri vivono in assenza di pressione accademica perchè convinti che basti la consultazione via web per ottenere qualsiasi conoscenza.
  5. Cambiamenti culturali - La cultura contemporanea può favorire la conformità e la uniformità delle opinioni, con una minore tolleranza per la diversità di pensiero e l’individualità. Gli influencer diventano così i principali riferimenti culturali e di gestione dei rapporti interpersonali.
  6. Paura del fallimento - La reticenza al fallimento può scoraggiare i giovani dall’assumere rischi e sperimentare nuove idee, sebbene il fallimento sia spesso una componente essenziale del processo di apprendimento e sviluppo del pensiero critico. Questo pensiero mina l’accettazione degli errori che il processo di base dell’apprendimento.
  7. Limitazioni nell’ambiente di apprendimento - Gli educatori possono affrontare sfide nell’insegnare il pensiero critico a causa di vincoli di tempo, pressioni per seguire il curriculum e risorse limitate. Possono essere a loro volta vittime di questi cambiamenti culturali.
  8. Distorsione delle informazioni - Nell’era delle notizie false e della disinformazione online, i giovani possono avere difficoltà a distinguere tra informazioni accurate e fuorvianti. Questo rende cruciale l’acquisizione di competenze per l’analisi critica delle fonti e la verifica delle informazioni.
  9. Abbondanza di svago digitale - L’accesso costante a intrattenimento digitale e giochi può competere con il tempo dedicato alla riflessione e alla lettura critica. La presenza ubiqua di dispositivi di intrattenimento può scoraggiare l’approfondimento intellettuale. Lo svago digitale promuove l’apprendimento come gioco che se non è divertente viene abbandonato.
  10. Interazione sociale online - L’uso frequente dei social media e delle piattaforme di messaggistica può favorire la comunicazione superficiale e veloce, a scapito delle conversazioni significative e della riflessione critica. Questo può limitare le opportunità di confronto di idee in modo approfondito. nello sport si guardano solo i momenti più significativi delle prestazioni. il resto è noia,

Incoraggiare il pensiero critico e creativo tra i giovani richiede uno sforzo congiunto da parte degli educatori, dei genitori e della società in generale. Questo può includere l’adottare approcci didattici che valorizzino il pensiero critico, la promozione di un uso consapevole della tecnologia e l’offerta di opportunità di apprendimento esperienziale che consentano ai giovani di applicare il pensiero critico in contesti reali.

 

 

Il ruolo dei genitori nell’apprendimento motorio

Questo blog è dedicato ai genitori per illustrare quanto sia importante che i loro figli sin dai primi anni dell’altro vita stiano all’aria aperta e si possano muovere liberamente così da sviluppare le abilità motorie e l’intelligenza necessaria per il loro sviluppo.

Nei primi anni di vita un giovane deve imparare i movimenti di base e lo scopo dell’educazione motoria è di insegnare in modo divertente ai bambini e alle bambine a muoversi in modo efficace e efficiente, in un ambiente sicuro e con la consapevolezza di ciò che stanno facendo. Per la formazione del giovane il raggiungimento di questo risultato è tanto importante quanto l’acquisizione dell’alfabetizzazione linguistica e matematica.

Nello specifico dai tre ai sei anni i bambini devono acquisire le abilità motorie di base (ad esempio, piegarsi sulle gambe) che rappresentano il fondamento di tutta l’attività fisica e  dalla cui combinazione nascono le principali competenze di ogni sport. Sono questi gli anni in cui vanno sviluppate le seguenti abilità:  passo (andatura), piegamento sulle gambe, muoversi rapidamente in avanti, flessione, spingere, tirare, ruotare e fare una torsione. I movimenti complessi sono composti da questi differenti elementi di base e le azioni del bambino saranno adeguate se saprà integrare fra loro le diverse sequenze motorie. Ad esempio, saltare si basa sul movimento del piegarsi sulle gambe mentre nel lancio del frisbee a questo movimento si aggiungono lo spingere e la rotazione.  In ogni gesto sportivo, anche nel più complesso, sono rintracciabili questi schemi motori di base. Pertanto, se un giovane non ha imparato a padroneggiarli con maestria, i suoi ulteriori apprendimenti motori potrebbero essere compromessi o ridotti.

Non è, però, solo questione d’insegnare in modo letterale i movimenti di base, poiché ogni forma di schematizzazione comporta una semplificazione eccessiva della realtà motoria e una riduzione delle esperienze di movimento. E’ quindi necessario fornire ai bambini l’opportunità di sperimentare il più ampio numero di comportamenti. Ad esempio, a partire dall’età di due anni si può già insegnare ad andare sui pattini in linea, in bicicletta o ad arrampicarsi se i genitori sono disposti a insegnare ai propri figli come fare. Questo dato evidenzia il ruolo decisivo che gli adulti, in questo caso i genitori, svolgono nel favorire o ostacolare lo sviluppo motorio, comprese le implicazioni psicologiche e sociali ad esso connesse. Bambini iperprotetti che ha tre anni non salgono da soli sull’altalena o camminano poco perché è più comodo portarli in passeggino o lasciarli a casa a guardare la televisione, sono esempi di come si può quotidianamente sviluppare una riduzione della motricità e sviluppare uno stile di vita sedentario.

Si può affermare che nel corso dello sviluppo il bambino è il principale artefice della costruzione dei propri processi conoscitivi siano essi tipicamente motori, cognitivo-affettivi o sociali. Alla base di questo percorso evolutivo vi sono alcuni fattori che  costituiscono le cause dello sviluppo. Il primo si riferisce alla maturazione del sistema nervoso, necessario perché forme più avanzate di autonomia si affermino. Questo non è comunque l’unico fattore poiché l’esperienza acquisita e l’interazione sociale rappresentano due altri fattori di sviluppo altrettanto necessari.

Nel primo caso ci si riferisce alle azioni e alle ripetizioni di azioni, agli esercizi che il bambino effettua autonomamente sulla realtà ambientale in cui vive e alla percezione di consapevolezza che ne deriva. In tal modo conosce le proprietà degli oggetti, ne fa esperienza, li pone in relazione con se stesso, arricchendo così la sua conoscenza del mondo e del modo di rapportarsi ad esso. Pensiamo ai diversi modi di salire e poi di scendere, ad esempio da un divano, che il bambino mette in atto attraverso un numero ampio di ripetizioni. Prova così gli schemi motori di base, ogni volta in modo diverso da quella precedente, li compone spontaneamente in sequenze differenti e attraverso la ripetizione giunge a sviluppare un’abilità motoria specifica. Questo processo di apprendimento può essere accelerato attraverso l’interazione sociale, che avviene essenzialmente per mezzo del linguaggio. A tale riguardo l’interazione con un adulto che osserva il bambino in questa sua azione sarà positiva se è volta a incoraggiarlo e  a garantirgli lo svolgimento in un ambiente sicuro. Diventerà negativa e, pertanto, ostacolante l’esperienza se l’adulto interviene per inibire l’azione o per renderla troppo facilitata. Di conseguenza l’opportunità di fare esperienza e le interazioni sociali rappresentano il contesto al cui interno il bambino svolge le sue azioni.

Il fattore causale decisivo per lo sviluppo è il fattore di equilibrio, che delinea un  bambino attivo e non passivo, che si modifica attraverso il suo rapporto con l’ambiente. Questo fattore deve essere inteso come ottenimento di un equilibrio tra perturbazioni esterne e attività del bambino. Diventa così più evidente la ragione per cui l’ambiente fisico e sociale rappresentano degli scenari in cui esercitare le proprie azioni. L’equilibrio e il conseguente adattamento si raggiungono attraverso i processi di assimilazione e accomodamento. L’assimilazione consiste nel fare propri gli elementi di novità che vanno ad arricchire gli schemi motori e mentali, così facendo vengono incorporati i dati dell’esperienza in funzione delle strutture interne già esistenti. L’accomodamento, invece, è il processo per mezzo del quale le strutture interne vengono cambiate dalle esperienze esterne, consentendo ai processi di sviluppo del bambino non tanto di arricchirsi di nuovi elementi ma di svilupparsi a livelli evolutivi superiori. Pertanto, l’assimilazione è un processo di conservazione e arricchimento delle competenze mentre l’accomodamento rappresenta una novità nel processo di sviluppo.

In conclusione, l’evoluzione motoria del bambino avviene attraverso un migliore adattamento all’ambiente. Il bambino evolve a partire dai movimenti primari attraverso la maturazione del sistema nervoso, l’esperienza e l’interazione sociale che costituiscono il terreno su cui interviene il fattore di equilibrio. Questo fattore consente al bambino di agire sull’ambiente attraverso le competenze motorie e psicologiche che possiede ma nel contempo queste stesse vengono modificate in funzione delle situazioni.

Voglio solo divertirmi

Se pensi che io debba essere sempre il migliore, non venire.

Se il risultato è la cosa più importante per voi, non venire. Se hai intenzione di gridare all’arbitro ogni volta che pensi che abbia sbagliato, non venire. Se non sopporti che io sia in panchina. Non venire. E se hai intenzione di arrabbiarti ogni volta che fallisco, non venire.

Se vieni, vieni per divertirti, per fare il tifo. E per riposare. Voglio solo giocare felicemente. E di vederti felice. Il calcio è un gioco e noi lo stiamo rubando ai bambini.

Fundación Brafa | Escuela deportiva Barcelona

Troppo poco lo sport praticato dai giovani

Dato che i giovani, bambini e adolescenti, non hanno più la possibilità di giocare e fare sport in modo spontaneo all’oratorio, per strada o nei giardini delle città, l’unico modo per non creare dei sedentari o comunque persone che sono per troppe ore della giornata seduti a un banco o sul divano di casa è necessario che le organizzazioni comunali, sportive, la scuola, le federazioni e i genitori costruiscano una rete permetta di superare questo problema molto grave, che limita lo sviluppo dei giovani italiani.

 

Intervista a Dino Zoff

Come sono cambiati i giovani?

 

«Noi uscivamo di casa e giocavamo fino a che non faceva buio. C’era un senso di libertà che oggi è impensabile. Loro per fare sport devono essere portati e hanno un’ora. E pagano. E quando si paga cambia tutto. Così come sono cambiati anche i genitori, che li coprono quando sbagliano, li difendono. Un comportamento autodifensivo: lo fanno solo per coprire e difendere i propri limiti di genitore. I propri errori. Poi vedi cose a 12, 13 anni che non riesci a spiegarti. Sì, sono cambiati i ragazzi e con loro inevitabilmente è cambiato lo sport. Ed è forse questa la cosa che mi addolora di più».


La salute mentale nello sport: un tema da noi ignorato

Leggiamo questo testo e cerchiamo di capire che la salute mentale anche nello sport è un tema da affrontare senza nascondersi dietro le medaglie vinte e una cultura machista o più semplicemente dietro l’indifferenza della filosofia del “a me non interessa”.

CHICAGO, Sept. 30, 2021 /PRNewswire/ – Hilinski’s Hope Foundation (H3H), founded by Mark and Kym Hilinski to honor the legacy of their son Tyler, today announced that 50+ schools around the country will be participating in the second annual College Football Mental Health Week. The week will focus on a series of mental health initiatives, beginning October 2, which will honor Tyler, those lost, and those suffering, and will culminate on October 9.

To date schools from around the country are participating including:

Hilinski's Hope 2021 Schools

 

Hilinski’s Hope 2021 Schools

 

• Baylor University • Northwestern University • University of Colorado-Boulder
• Brigham-Young University • North Carolina State • University of Dayton
• Claremont-Mudd-Scripps • North Dakota State University • University of Georgia
• Clemson University • North Greenville University • University of Massachusetts
• Drake University • Northern Arizona University • University of Miami
• Duquesne University • Oklahoma State University • University of Missouri
• Eastern Washington University • Oregon State University • University of Mississippi
• Florida State University • Pomona College • University of San Diego
• Georgetown University • Sacramento State • University of South Carolina
• Georgia Southern University • Southern Methodist University • University of South Florida
• Idaho State University • Stanford University • University of Southern California
• Kansas State University • Stetson University • University of Tennessee Knoxville
• Lamar University • Stevenson University • University of Utah
• Lehigh University • Texas A&M • University of Washington
• Liberty University • Texas Tech University • Washington State University
• Louisiana State University • Tufts University • West Virginia University
• Louisiana Tech University • University of Alabama • Whitworth University
• Mercyhurst University • University of Arkansas
• Middlebury College • University of Arizona
• Mississippi State University • UC Berkeley
• University of Buffalo

“We are so honored that more than 50 schools nationwide will be participating in this year’s mental health awareness week,” said Mark Hilinski. “This year, more than ever, student-athlete mental health has been in the spotlight and while conversation around mental illness can be tough and even at times uncomfortable, it is absolutely critical for the overall health and well-being of our student-athletes. Throughout the last year, we’ve continued to see support from schools, fans, students and parents as they join us in the fight against mental illness and that is a major piece of the puzzle that will help destigmatize mental illness and increase mental health resources. We miss Tyler every single day, but we are grateful to know that what we are doing is making a difference and that he would be proud of us.”

“The College Football Playoff Foundation is happy to support Hilinski’s Hope during College Football Mental Health Week to eliminate stigma and increase mental health resources across the county,” said Britton Banowsky, Executive Director of College Football Playoff Foundation. “We see teachers and coaches often taking on responsibilities related to the basic needs of their students and student-athletes, and this includes mental health. We hope these mental health resources can make a difference in providing what they need to better support their students.”

Participating schools have committed to at least one of the following during the week: showcasing a lime green ribbon on all players helmets with a “3″ in the middle to honor Tyler Hilinski and remember those lost and those suffering in silence; encouraging students, parents, alumni, and fans to participate in showing solidarity, eliminating stigma around mental health by holding three fingers in the sky during the first play of the third quarter; participating in an internal assessment to evaluate how universities are following best practices in terms of mental health programs and include talks and trainings on campus for players, coaches, and staff.

Additionally, on Wednesday, Oct. 6 Hilinski’s Hope will host a mental health training open to student-athletes nationwide. Registration link: https://register.gotowebinar.com/register/7124947916045695501.

To learn more and/or get involved with Hilinski’s Hope Foundation please visit https://www.hilinskishope.org/cfb-mental-health-week.

Lettera ai genitori

Cari Genitori,

  • Non insultate l’arbitro e non fate il tifo contro gli avversari quando gioca la squadra di vostro figlio.
  • Siate, invece, corretti nel dimostrare in maniera positiva il vostro sostegno a tutti i giocatori, agli allenatori e all’arbitro.
  • Non urlate a vostro figlio cosa deve fare in campo, non sostituitevi all’allenatore.
  • Lasciatelo, invece, giocare e fare liberamente le scelte che vuole.
  • Non sgridatelo quando commette un errore o quando gioca male.
  • Sostenete, invece, il suo impegno e dimostrategli che siete orgogliosi di lui.
  • Non criticate a priori le scelte degli allenatori e degli arbitri.
  • Ascoltateli, invece, mettetevi nei loro panni cercando di comprendere il loro punto di vista.
  • Non arrabbiatevi quando la squadra di vostro figlio perde, non sentitevi delusi e non sgridatelo.
  • Ricordatevi, invece, che il gioco è dei bambini, non siete voi ad avere perso.
  • Non ditegli che vi ha profondamente deluso e che non diventerà mai un campione.
  • Fate, invece, attenzione a che lo sport sia per lui un’esperienza divertente ed eccitante.
  • Non fate finta di nulla quando vostro figlio è deluso o è arrabbiato per qualcosa che è successo mentre giocava ma neanche ditegli che uno stupido a prendersela.
  • Per primo, invece, ascoltatelo, lasciatelo parlare mostrandogli che capite il suo stato d’animo e successivamente trovate insieme una soluzione.
  • Non insegnate con il vostro comportamento a non avere rispetto per gli altri, siano essi compagni, giocatori di squadre avversarie, allenatori o arbitri.
  • Dimostrategli, invece, che avete rispetto di tutti loro e che pretendete che anche lui lo dimostri.
  • Non alleatevi con quegli allenatori che fanno giocare solo i migliori e che mostrano maggiore attenzione verso i più bravi.
  • Esigete, invece, che gli allenatori diano a tutti le stesse opportunità per imparare e che dimostrino entusiasmo nel lavorare con i bambini.
  • Non parlate solo di sport con vostro figlio, non guardatelo solo in TV.
  • Praticatelo, invece, insieme, stando all’aria aperta a giocare, impegnandovi in qualsiasi attività fisica che piaccia a tutta la famiglia.

Quale calcio per i nostri figli?

Per insegnare e allenare si deve partire dalle caratteristiche di chi fa lo sport (i bambini) e non da quello di chi lo insegna gli allenatori (per cui è più facile lavorare per come loro pensano il calcio), i genitori (che vorrebbero veder fare dai loro figli le azioni della squadra di cui sono tifosi) e i dirigenti (che vogliono vincere i tornei e considerano i bambini come “piccoli calciatori”).

Si ripropone l’eterno dilemma tra preferire l’uovo oggi o la gallina domani!

Peccato che a subirne le conseguenze siano dei bambini a cui viene vietata l’opportunità di crescere come persone attraverso lo sport, mentre impareranno che ciò che conta è la vittoria a ogni costo e che loro sono solo un mezzo per realizzare gli obiettivi degli adulti che li circondano, che vorrebbero educarli e che dicono di amarli.

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10 ragioni per camminare ogni giorno

La conoscenza passa attraverso il movimento: riprendiamo a camminare  almeno mezzora ogni giorno.

  1. Camminare risveglia ogni muscolo del corpo, non certo solo le gambe
  2. Camminare è un momento da trascorrere con altre persone ma anche in solitudine
  3. Camminare migliora il nostro umore
  4. Camminare è proprio per tutte le età
  5. Camminare è l’unica attività in comune a ogni essere umano da decine di migliaia di anni
  6. Camminare è stata ed è l’attività primaria per conoscere e ampliare il proprio territorio
  7. Camminare sulle proprie gambe è ciò che insegnano i genitori ai figli
  8. Camminare è alla base della corsa, dei lanci, dei salti e di ogni altra forma di movimento
  9. Camminare nella natura stimola il guardare, sentire gli odori e il rumore dei propri passi
  10. Camminare è un’attività gratuita

 

C o m e  v u o i  e s s e r e?

 

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