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Misurare il benessere nello sport agonistico

Giles S, Fletcher D, Arnold R, Ashfield A, Harrison J. Measuring Well-Being in Sport Performers: Where are We Now and How do we Progress? Sports Med. 2020 Jul;50(7):1255-1270.

Per misurare il benessere nello sport, è importante che i ricercatori siano chiari riguardo alla natura esatta e all’ambito del costrutto che viene valutato. La concettualizzazione del benessere è stata ampiamente dibattuta dagli studiosi della psicologia, il che ha portato a una varietà di definizioni derivate da diverse prospettive concettuali e teoriche.

Nonostante la mancanza di una definizione universalmente accettata del benessere, è principalmente inteso come un insieme di componenti sia edoniche che eudemoniche, fondamentali per prosperare in vari ambiti della vita. La prospettiva edonica è tipicamente definita in termini di felicità, raggiunta attraverso la ricerca di esperienze gratificanti e piacevoli che rafforzano sentimenti positivi e soddisfazione. La prospettiva eudemonica, proposta da Aristotele (350 a.C.), si concentra più ampiamente sulle qualità personali e sui modi di vita che favoriscono un vivere bene. Un principio centrale di questa prospettiva è l’incarnazione di qualità personali che consentono a una persona di svilupparsi fino al proprio potenziale in modo coerente con il proprio daimon (o “vero sé”).

Basandosi sui principi eudemonici, gli studiosi hanno definito una varietà di componenti (come autonomia, crescita personale e senso della vita) utilizzati per studiare il benessere psicologico e gli stati di prosperità.

Resta un dibattito, tuttavia, sull’entità in cui particolari componenti corrispondano all’eudemonia come espressa nei testi filosofici originali, così come sulla loro distinzione empirica dalle concezioni edoniche del benessere. Lo studio del benessere edonico è spesso ampiamente equiparato al modello di benessere soggettivo di Diener. Per quanto riguarda la misurazione, c’è un accordo generale sul fatto che il benessere soggettivo comprenda un componente affettivo (vale a dire la presenza di emozioni positive e l’assenza di emozioni negative) e un componente cognitivo (vale a dire valutazioni della soddisfazione nella vita).

Passando al benessere eudemonico, sono stati proposti numerosi modelli concettuali di misurazione che combinano varie componenti di funzionamento psicologico e sociale e ampliano la nozione di benessere oltre al “sentirsi bene” enfatizzato nella prospettiva edonica.  Sebbene manchi un consenso sulla struttura concettuale del benessere eudemonico, la maggior parte degli studiosi accetta che le misurazioni del benessere eudemonico siano importanti perché forniscono un’idea delle esperienze soggettive degli individui al di là di quanto catturato attraverso valutazioni della soddisfazione nella vita e dell’affetto.

Atleti vittime degli stereotipi su malattia mentale

Petersen, B., Schinke, R.J., Giffin, C.E., Larivière, M. (2023). The Breadth of Mental Ill-Health Stigma Research in Sport: A Scoping ReviewInternational Journal of Sport Psychology, 54(1), 67-90.

La malattia mentale colpisce gli atleti con tassi di prevalenza simili a quelli della popolazione generale, nonostante la convinzione che gli atleti siano protetti da stili di vita altamente attivi dal punto di vista fisico. Sebbene le discussioni sullo stigma siano onnipresenti nello sport, il panorama della ricerca sullo stigma della malattia mentale nello sport non è chiaro. Di conseguenza, abbiamo condotto una revisione esplorativa che ha analizzato la letteratura esistente e gli approcci dei ricercatori allo stigma nello sport. Abbiamo raccolto dati da 68 articoli e fornito interpretazioni delle tendenze emergenti. I ricercatori si sono concentrati principalmente sulla ricerca di aiuto da parte degli atleti e sull’alfabetizzazione in materia di salute mentale in relazione allo stigma. Inoltre, la ricerca futura dovrebbe chiarire il tipo di stigma oggetto di studio ed esplorare lo stigma strutturale, che rimane una lacuna significativa nella letteratura. Infine, il passaggio a metodologie di ricerca aperte e inclusive può centralizzare il coinvolgimento dei partecipanti, incorporando le loro esperienze e portando a una progressiva comprensione dello stigma della malattia mentale. I nostri risultati presentano direzioni di ricerca future e suggerimenti di ricerca per espandere lo stigma della malattia mentale nella ricerca sportiva.

Lo stigma è la svalutazione di un individuo sulla base di una caratteristica che mostra o che si presume possegga (es: malattia).

Di conseguenza, gli atleti indicano che lo stigma legato alla malattia mentale è una delle maggiori barriere alla ricerca di aiuto, che inibisce l’utilizzo dei servizi di salute mentale da parte degli atleti, che cercano di prevenire qualsiasi ripercussione legata allo stigma. L’indisponibilità degli atleti ad accedere ai servizi di salute mentale per evitare lo stigma può portare a continui danni alle prestazioni o all’esacerbazione dei disturbi mentali; di conseguenza, gli effetti dello stigma sui comportamenti di ricerca di aiuto occupano un posto di rilievo nella ricerca sullo stigma in psicologia dello sport.

I segreti del benessere: movimento e relazioni interpersonali

Xu X., Mishra G.D., Holt-Lunstad J., et al. Social relationship satisfaction and accumulation of chronic conditions and multimorbidity: a national cohort of Australian women General Psychiatry 2023;36.

Premessa - Le relazioni sociali sono associate alla mortalità e alle condizioni croniche. Tuttavia, si sa poco sugli effetti della soddisfazione delle relazioni sociali sulle condizioni croniche multiple (multimorbidità).

Obiettivi - Esaminare se la soddisfazione delle relazioni sociali è associata all’accumulo di multimorbilità.

Metodi - Sono stati analizzati, a partire dal 1996, i dati di 7.694 donne australiane prive di 11 patologie croniche all’età di 45-50 anni. Ogni 3 anni sono stati misurati cinque tipi di soddisfazione delle relazioni sociali (partner, familiari, amici, lavoro e attività sociali)  ottenendo un punteggio da 0 (molto insoddisfatto) a 3 (molto soddisfatto). I punteggi di ogni tipo di relazione sono stati sommati per ottenere un punteggio di soddisfazione complessivo. Si è voluto studiare l’accumulo di multimorbilità in relazione a 11 condizioni croniche.

Risultati - In un periodo di 20 anni, 4.484 donne (58,3%) hanno riportato multimorbilità. Rispetto alle donne che riferivano la massima soddisfazione (punteggio 15), le donne con la soddisfazione più bassa (punteggio ≤5) avevano le probabilità più elevate di accumulare multimorbilità. Risultati simili sono stati osservati per ogni tipo di relazione sociale. Altri fattori di rischio, come lo stato socioeconomico, comportamentale e la menopausa hanno spiegato insieme il 22,72% dell’associazione.

Conclusioni - La soddisfazione delle relazioni sociali è associata all’accumulo di multimorbilità e la relazione è spiegata solo in parte da fattori socioeconomici, comportamentali e riproduttivi. I legami sociali (ad esempio, la soddisfazione per le relazioni sociali) dovrebbero essere considerati una priorità di salute pubblica nella prevenzione e nell’intervento sulle malattie croniche.

La meditazione è per tutti

Quando si pensa alla meditazione di solito ci si immagina un monaco in un lontano paese dell’Asia o a qualche persona privilegiata come  u attore che ha tempo da perdere per fare esercitarsi all’alba. La maggior parte di noi non medita perchè la considera inutile, perchè pensa di non avere il tempo, perchè è così stressato che meditare sarebbe un ulteriore stress, perchè preferisce dormire mezz’ora in più e poi è sempre in ritardo, perchè ha altro a cui pensare, perchè non ne ha bisogno, perchè hai figli o la casa da sistemare prima di uscire, perchè se non conosce nessuno che la fa ci sarà pure un buon motivo, perchè a casa lo prenderebbero per matto, perchè c’ha provato ma non fa per lui/lei, perchè la mattina non c’ha neanche il tempo di fare colazione, perchè crede che non serva a niente, perchè non serve a risolvere i problemi e così via.

Non sono consapevoli che meditare è un modo per prendersi cura di noi stessi e di guidare i nostri pensieri su un percorso che migliora il nostro benessere.

In tal senso, meditare consiste nel prendere un pensiero che ci piace e svilupparlo, ampliarlo sino a fargli occupare in modo unico e totale la nostra mente. Meditare permette di essere focalizzati su un pensiero alla volta con l’obiettivo di favorire il benessere.

Le ricerche hanno dimostrato che gli effetti positivi della meditazione si presentano in modo evidente dopo avere sommato 30 ore di pratica. Quindi se una persona si esercitasse per 15 minuti per 6 giorni la settimana, dopo 3 mesi vedrebbe i primi miglioramenti del proprio umore e della condizione psicologica, che nei mesi successivi andrebbero a stabilizzarsi. Naturalmente questa attività è suggerita a persone che non soffrono di patologie psicologiche e che, invece, dovrebbero seguire un percorso psicoterapeutico con un professionista.

Camminare allontana il pericolo di morte

Association of Daily Step Count and Step Intensity With Mortality Among US Adults

JAMA. 2020; 323(12):1151-1160.

Domanda: Qual è la relazione tra il conteggio dei passi giornalieri e l’intensità dei passi con la mortalità tra gli adulti statunitensi?

Risultati: In questo studio osservazionale che comprendeva 4840 partecipanti, un numero maggiore di passi al giorno è stato associato in modo significativo a una minore mortalità totale (rapporto di pericolo corretto per 8000 passi/giorno contro 4000 passi/giorno, 0,49). Non c’è stata un’associazione significativa tra l’intensità dei passi e la mortalità per tutte le cause.

Significato: Un numero maggiore di passi al giorno è stato associato a un minore rischio di mortalità per cause naturali.

In questo periodo dell’anno si fanno sempre programmi per migliorare la nostra vita in quello che sta per arrivare. Questa ricerca ci fornisce l’opportunità di fare una scelta importante e significativa per il nostro benessere. E’ gratuita e alla portata di tutti. Si tratta di camminare, attività che molti di noi svolgono in maniera estremamente limitata. Non importa la velocità, per ottenere dei benefici è sufficiente muoversi con il nostro passo, bisogna però farne 8.000 al giorno per ottenere questo risultato positivo che ci farà vivere meglio e più a lungo.

E’ ora di pensare alla salute mentale di atleti e allenatori

Nel Regno Unito le Federazioni di atletica collaborano con  Believe Perform  per costruire un percorso online per atleti allenatori e allenatori pre promuovere la salute mentale e e la prestazione.

Da noi non si pensa neanche a questi temi!

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La mentalità di chi non rispetta le regole

“Finché respiro spero” diceva Cicerone, oggi lo potremmo tradurre in “finché c’è vita c’è speranza”, più brutale ma altrettanto vero. Il coronavirus colpisce proprio questa capacità che è alla base dei bisogni fisiologici e psicologici degli esseri viventi.  Si può non bere o mangiare per qualche giorno, ma non si può fare a meno di respirare neanche per qualche minuto se non siamo un campione di apnea subacquea. Una respirazione corretta è alla base dell’auto-controllo e gli stress della nostra vita quotidiana determinano come primo effetto negativo proprio problemi di respirazione. La paura ci fa bloccare il fiato, la rabbia  l’altera per permetterci di urlare contro qualcuno, la tristezza la riduce a un filo d’aria che entra ed esce e l’ansia ci fa respirare in modo affannoso e superficiale. Il respiro riflette il nostro livello di forma fisica e di benessere e uno degli effetti di questo nuovo virus è di bloccarlo e di rendere necessario in molti casi la respirazione assistita, pena la morte. Mario Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ha detto che “tutto dipenderà da noi, dalla nostra capacità di evitare il contagio. Atteniamoci alle disposizioni. Se tutti avessero stili di vita adeguati e ci fosse un’adeguata prevenzione, forse saremmo più resistenti”.

Questa consapevolezza, associata alla diffusione mondiale del coronavirus e ai suoi effetti devastanti dovrebbe avere sufficientemente terrorizzato le persone da non farle più uscire di casa, motivandole a seguire le regole che sono state diffuse e le cui attuazione è obbligatoria. Ciò nonostante migliaia di persone hanno continuato a viaggiare lungo tutto il paese e la polizia ha multato più di 2000 persone per violazione alle norme restrittive del decreto governativo. Quali le ragioni di questi comportamenti? Superficialità, approccio troppo positivo al problema, angoscia e scarsa abitudine a seguire le regole. La superficialità è una specie di pensiero magico, in cui si pensa che il corona virus sia un problema che riguarda altri, ad esempio anziani e malati, è un modo per proteggersi da sentimenti di tristezza nel breve periodo. Queste persone negano l’esistenza del problema e, quindi, mettono in atto dei comportamenti di fuga dalla loro realtà. Un secondo tipo di atteggiamento è delle persone che hanno un approccio non mediato dalla realtà e che è troppo positivo, come ad esempio chi pensava all’inizio della diffusione che era poco più che un’influenza. Sono individui che vivono nell’illusione di soluzioni positive a breve termine. Un po’ come chi inizia una dieta o vuole smettere di fumare ed è fiducioso di riuscirci solo per il fatto di avere preso questa decisione, sono forme di pensiero illusorio per cui ai primi ostacoli le persone rinunciano a seguire le nuove regole che si sono date perché è troppo difficile. Nel caso del coronavirus il problema si manifesta nella difficoltà a mantenere le regole del distanziamento fisico dalle altre persone e quindi si esce, si fa una passeggiata in compagnia e si porta i figli a giocare ai giardini. Simile negli effetti ma diverso nelle ragioni è l’approccio di chi prova angoscia nel restare a casa, si percepisce come prigioniero, si sente leso nelle sue libertà di movimento e vive questa condizione in modo claustrofobico. Per superarla trova l’unica soluzione nell’uscire fuori. Infine, vi sono coloro che vivono in modo reattivo alle regole, hanno un atteggiamento da eterni adolescenti in lotta contro le norme del mondo degli adulti. Hanno difficoltà a fare proprie le regole, che in questo caso sono obbligatorie, e a sviluppare un concetto pluralistico della convivenza sociale basata non solo sui propri diritti ma anche sui doveri nei riguardi della collettività.

Queste sono alcune possibili interpretazioni di comportamenti che in un periodo di crisi mondiale come quello che stiamo vivendo e di sconvolgimento della nostra quotidianità possono spiegare le azioni dei molti che sembrano non volersi adattare alle nuove regole.

Muoviti e pensa

Why Your Brain Needs Exercise

The evolutionary history of humans explains why physical activity is important for brain health

David A. Reichlen and Gene E. Alexander, Scientific American, January 1, 2020

Brief synthesis

“Why does exercise affect the brain at all?

Physical activity improves the function of many organ systems in the body, but the effects are usually linked to better athletic performance.

Instead exercise seems to be as much a cognitive activity as a physical one. In fact, this link between physical activity and brain health may trace back millions of years to the origin of hallmark traits of humankind. If we can better understand why and how exercise engages the brain, perhaps we can leverage the relevant physiological pathways to design novel exercise routines that will boost people’s cognition as they age—work that we have begun to undertake.

… we demonstrated that people who spent more time engaged in moderate to vigorous physical activity had larger hippocampal volumes.

Researchers have also documented clear links between aerobic exercise and benefits to other parts of the brain, including expansion of the prefrontal cortex, which sits just behind the forehead. Such augmentation of this region has been tied to sharper executive cognitive functions, which involve aspects of planning, decision-making and multitasking—abilities that, like memory, tend to decline with healthy aging and are further degraded in the presence of Alzheimer’s. Scientists suspect that increased connections between existing neurons, rather than the birth of new neurons, are responsible for the beneficial effects of exercise on the prefrontal cortex and other brain regions outside the hippocampus.

If we can augment the effects of exercise by including a cognitively demanding activity, then perhaps we can increase the efficacy of exercise regimens aimed at boosting cognition during aging and potentially even alter the course of neurodegenerative diseases such as Alzheimer’s.

They found an additive effect: exercise alone was good for the hippocampus, but combining physical activity with cognitive demands in a stimulating environment was even better, leading to even more new neurons. Using the brain during and after exercise seemed to trigger enhanced neuron survival.”

10 ragioni per camminare ogni giorno

La conoscenza passa attraverso il movimento: riprendiamo a camminare  almeno mezzora ogni giorno.

  1. Camminare risveglia ogni muscolo del corpo, non certo solo le gambe
  2. Camminare è un momento da trascorrere con altre persone ma anche in solitudine
  3. Camminare migliora il nostro umore
  4. Camminare è proprio per tutte le età
  5. Camminare è l’unica attività in comune a ogni essere umano da decine di migliaia di anni
  6. Camminare è stata ed è l’attività primaria per conoscere e ampliare il proprio territorio
  7. Camminare sulle proprie gambe è ciò che insegnano i genitori ai figli
  8. Camminare è alla base della corsa, dei lanci, dei salti e di ogni altra forma di movimento
  9. Camminare nella natura stimola il guardare, sentire gli odori e il rumore dei propri passi
  10. Camminare è un’attività gratuita

 

C o m e  v u o i  e s s e r e?

 

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Camminare per essere sani

Salute fortemente favorita da:

  • 10.000 è il numero minimo di passi da fare al giorno
  • 150 sono i minuti a settimana di attività fisica a moderata intensità
  • 130 passi al minuto è la cadenza ideale di una camminata
  • 100 sono i passi al minuto camminando. 25 passi in 15 secondi
  • 17% coloro che in Italia praticano attività fisica per almeno due ore a settimana; contro il 54% della Finlandia e il 53% di Svezia e Danimarca e una media europea del 40%.
  • 5 sono i minuti da camminare ogni ora
  • Il mondo cammina poco e la media mondiale è di 5mila passi, con l’Italia poco più su, a 5.500
  • Avvertenza: introdurre modificazioni durature alle proprie abitudini, attraverso l’adozione di abitudini  a misura delle proprie condizioni  psicologiche e fisiche e compatibili con la vita quotidiana

Risultati immagini per Large-scale physical activity data reveal worldwide activity inequality

Dati provenienti dagli smartphone e relativi a oltre 68 milioni di giorni di attività di 717.527 individui rivelano variabilità nell’attività fisica in tutto il mondo.

a, Mappa mondiale che mostra le variazioni di attività (passi giornalieri medi) tra paesi misurati attraverso dati smartphone in 111 paesi con almeno 100 utenti. I colori freddi corrispondono all’attività elevata (ad esempio, il Giappone in blu) e i colori caldi indicano bassi livelli di attività (ad esempio, l’Arabia Saudita in arancione).

b, i livelli di attività tipici (modalità di distribuzione) differiscono tra i paesi. Le curve mostrano la distribuzione di passi attraverso la popolazione in quattro paesi rappresentativi come densità di probabilità normalizzata (attività da alta a bassa: Giappone, Regno Unito, Stati Uniti, Arabia Saudita). Le linee tratteggiate verticali indicano la modalità di attività per il Giappone (blu) e l’Arabia Saudita (arancione).

c, La variazione dell’attività attorno alla modalità popolazione differisce da paese a paese. Le curve mostrano la distribuzione di passi attraverso la popolazione rispetto alla moda della popolazione. In Giappone, l’attività del 76% della popolazione rientra nel 50% della moda (cioè tra le linee tratteggiate in grigio chiaro), mentre in Arabia Saudita questa percentuale è solo del 62%. Il Regno Unito e gli Stati Uniti si trovano tra questi due estremi per il livello medio di attività e la varianza. Questa mappa è basata sui dati di CIA World Data Bank II, disponibili pubblicamente tramite il pacchetto R mapdata (https://www.r-project.org/). © 2017 Macmillan Publishers Limited, part of Springer Nature.