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Le ragioni degli atleta per ripercorrere la giornata trascorsa

Per un atleta, riflettere ogni giorno su cosa ha imparato, cosa gli è piaciuto e cosa si aspetta per la giornata successiva è una pratica preziosa, quasi essenziale, per il suo sviluppo personale e professionale. Questo processo permette di coltivare un ciclo continuo di consapevolezza e crescita, sia mentale che fisica.

Innanzitutto, riflettere su cosa si è imparato aiuta l’atleta a consolidare le lezioni della giornata. Che si tratti di una nuova tecnica, un errore da evitare o una sfumatura nell’ascolto del proprio corpo, questo momento di introspezione permette di trasformare le esperienze in conoscenza. Anche una semplice osservazione come “oggi ho capito quanto sia importante il riscaldamento” diventa un mattone per costruire una performance più consapevole.

Pensare a cosa è piaciuto è altrettanto importante. Questo aspetto genera gratitudine e piacere, rafforzando la motivazione. Ripensare a un momento piacevole, come un esercizio ben eseguito, un gesto di supporto da un compagno di squadra o la sensazione di benessere dopo l’allenamento, alimenta un senso di realizzazione. La positività che ne deriva è il carburante emotivo per affrontare nuove sfide con entusiasmo.

Infine, prefigurarsi la giornata successiva non è solo un esercizio di organizzazione, ma anche una strategia per aumentare l’efficacia e ridurre l’ansia. Immaginare gli allenamenti e gli obiettivi in anticipo crea uno stato mentale di prontezza e focalizzazione. Questo tipo di visualizzazione aiuta anche a mantenere una mentalità proattiva, prevenendo la tendenza a vivere la giornata in modo reattivo o casuale.

Questa pratica quotidiana, se fatta con costanza, trasforma la routine di un atleta in un ciclo virtuoso di crescita. Ogni giornata diventa un’opportunità non solo per migliorare fisicamente, ma anche per coltivare la resilienza, l’auto-consapevolezza e la passione verso il proprio sport. In breve, riflettere quotidianamente rende l’atleta più preparato, motivato e sereno nel percorso verso i suoi obiettivi.

Basket integrato

Basket integrato con i nostri atleti/e in collaborazione con la Virtus Roma 1960. Un progetto che allarga al basket la proposta formativa dell’Accademia di Calcio Integrato. La svolgiamo insieme alla Virtus Roma presso il Centro Sportivo Pio XI a Roma.

Il neuropsichiatra infantile Roberto Rossi afferma che “abbiamo riscontrato progressi a volte inimmaginabili sul piano comunicativo linguistico oltre che ovviamente sul piano motorio e pratico. C’è bisogno di questo, hanno bisogno di uno spazio in cui divertirsi, qua è completamente diverso, riescono ad avere la soddisfazione soprattutto quando si trovano insieme agli altri ragazzi che fanno l’attività integrata con loro”. Patrizia Minocchi, presidente dell’Accademia, ha spiegato che l’obiettivo del progetto e fare svolgere uno sport di squadra considerato ancora oggi un problema per le difficoltà che mostrano abitualmente questi giovani. Saverio Zoffoli, dirigente Virtus,  ha aggiunto che non solo la Virtus è orgogliosa di partecipare a questo programma ma che il progetto d’integrazione con i loro giovani atleti è un altro aspetto centrale di questo progetto, perchè a loro farà bene conoscere la realtà della disabilità ma anche imparare come questi giovani affrontano le loro difficoltà. Infine, Maresa Bavota, responsabile dei rapporti con le famiglie e con le scuole, ha toccato un altro tasto fondamentale e cioè che alle famiglie manca un’offerta sportiva che possa aiutarli, quindi l’Accademia è partita da questo bisogno della famiglie che “è l’atto più concreto che lo sport può regalare in forma gratuita a questi ragazzi”. Il papà di un giovane sottolinea anche l’aspetto affettivo di questo lavoro in campo che sta alla base degli apprendimenti che poi avverranno:  ”i ragazzi sono stati coccolati, introducendoli con competenza a fare cose che prima non riuscivano a fare”.

E’ stato possibile raccogliere queste testimonianze grazie al programma della RAI “O anche no”  talk di infotainment, dedicato all’inclusione e alla solidarietà che racconta attraverso i protagonisti le loro storie, le loro attese, difficoltà e conquiste. E’ possibile vederlo andando al minuto 20 della trasmissione, sul sito: RAI Play – O anche no

Non ci sono fallimenti, ma feedback

La frase “non ci sono fallimenti, ma feedback” riflette una visione positiva e costruttiva delle esperienze umane, soprattutto in contesti di apprendimento, sviluppo personale e crescita professionale. Ecco una spiegazione dettagliata di questa filosofia:

1. Imparare dai risultati

Un apparente fallimento non è altro che un risultato che non corrisponde alle nostre aspettative. Invece di considerarlo un ostacolo insormontabile, può essere visto come un’opportunità per apprendere cosa non ha funzionato. Questo ci permette di migliorare e tentare di nuovo con maggiore consapevolezza.

2. Crescita attraverso il feedback

Ogni errore porta con sé informazioni preziose:

  • Cosa è andato storto?
  • Come possiamo cambiare il nostro approccio?
  • Quali risorse o competenze ci mancano per raggiungere il nostro obiettivo? Questo tipo di analisi trasforma il “fallimento” in una guida per migliorare.

3. Focus sul processo, non sul risultato

Adottare la prospettiva del feedback ci incoraggia a concentrarci sul processo piuttosto che esclusivamente sul risultato finale. Anche se non raggiungiamo subito l’obiettivo, il percorso stesso può essere una fonte di apprendimento e trasformazione.

4. Resilienza e mentalità di crescita

La mentalità di crescita, concetto sviluppato dalla psicologa Carol Dweck, evidenzia come il successo dipenda dall’abilità di adattarsi, imparare dai propri errori e continuare a progredire. Ogni insuccesso non è la fine, ma un trampolino di lancio verso traguardi futuri.

5. Evitare la paura del fallimento

Considerare gli errori come feedback ci libera dalla paura di fallire. Ci permette di rischiare, esplorare nuove possibilità e osare affrontare sfide che potrebbero portarci verso grandi risultati, senza essere paralizzati dall’idea di sbagliare.

In sintesi, non esistono veri fallimenti finché rimaniamo disposti a imparare e ad adattarci. Ogni esperienza, anche quelle difficili, ci offre feedback utili per crescere, migliorare e raggiungere i nostri obiettivi.

Perchè si dice “oggi non sento il movimento”

Quando un atleta afferma “oggi non sento il movimento”, si riferisce a una disconnessione tra il proprio corpo e la capacità di percepire con chiarezza ed efficacia l’esecuzione dei gesti tecnici, essenziali per la prestazione. Questo fenomeno è strettamente legato all’ansia o alla pressione psicologica, che interferisce con la naturale fluidità e sensibilità corporea.

Perché accade?

  1. Ansia e Sistema Nervoso - L’ansia induce uno stato di attivazione del sistema nervoso autonomo, in particolare del ramo simpatico, che è associato a una “risposta di lotta o fuga”. Questo stato può sovraccaricare la mente con pensieri autocritici o timori del fallimento, distraendo l’atleta dalla sensazione di connessione con il proprio corpo.
  2. Iperscrutinio e Consapevolezza Forzata - Sotto stress, l’atleta può diventare eccessivamente autoconsapevole e iniziare a “pensare troppo” al movimento, interferendo con l’automatismo e la coordinazione che normalmente governano i gesti atletici ben allenati. Questo eccesso di controllo può portare a movimenti rigidi e alla sensazione di “non sentire” il corpo.
  3. Disattivazione Sensoriale - Quando un atleta è bloccato dall’ansia, le capacità propriocettive – ovvero la capacità del corpo di “sentirsi” nello spazio e nei movimenti – possono essere alterate. La mancanza di fiducia nelle proprie percezioni rende difficile adattarsi rapidamente e fluire con le richieste del gesto.

Differenze tra tecnica e blocco psicologico

  • Tecnica - È un aspetto tangibile che può essere corretto con allenamenti specifici e miglioramenti misurabili. Se il problema fosse tecnico, l’atleta potrebbe semplicemente migliorare con istruzioni specifiche e ripetizione.
  • Blocco psicologico - Qui il problema non è cosa fare, ma come sentirsi liberi di farlo. La tecnica c’è, ma l’ansia “congela” il naturale utilizzo delle competenze tecniche. In questi casi, il problema è percepire il gesto come familiare e fluido.

Esempi

  1. Tennis - Un tennista può dire “non sento il movimento” se i colpi risultano forzati o troppo legati a un pensiero rigido, spesso derivato dal timore di commettere errori. Questo porta a colpire la pallina senza la tipica fluidità, compromettendo il risultato.
  2. Tiro a Volo - Un tiratore che “non sente il movimento” perde il senso del tempo e dello spazio necessari per eseguire il tiro, magari percependo il fucile come un oggetto esterno, estraneo alla propria sintonia.

Come affrontarlo

  • Tecniche di Rilassamento - Aiutano a ridurre l’attivazione ansiosa e ripristinano una maggiore naturalezza nei gesti.
  • Training Mentale - La visualizzazione del gesto e l’uso di routine pre-prestazione aiutano a spostare l’attenzione dal pensiero eccessivo alle sensazioni corporee.
  • Mindfulness e Propriocezione - Pratiche che aumentano la consapevolezza del momento presente e riconnettono corpo e mente.

In sostanza, il “non sentire il movimento” è spesso il campanello d’allarme di uno stato emotivo alterato, non di una reale mancanza tecnica. Una gestione mirata dell’ansia consente all’atleta di riscoprire le proprie sensazioni e potenzialità.

Il lavoro nello sport per i giovani adulti con disabilità intellettiva

L’Accademia di Calcio Integrato sta realizzando un progetto, finanziato dal bando 8 X Mille Chiesa Valdese, con il partenariato di Virtus Roma 1960 Petriana Calcio che si svolge in questo anno sportivo 2024-25.

È un progetto che ha lo scopo di sviluppare competenze professionali in giovani adulti, over18, con autismo nell’ambito sportivo, così da potere se lo vorranno intraprendere un percorso lavorativo nello sport con la qualifica di Assistente Multidisciplinare, titolo istituito dalla Federazione Italiana Sport Paralitici degli Intellettivo Relazionali (FISDIR).

6 giovani che già giocano a calcio con l’Accademia di Calcio Integrato sono stati scelti dopo un attento colloquio con loro e le  famiglie per sottoporgli il programma, comprendere le loro motivazioni e prendere una decisione.

Hanno seguito un Corso di 36 ore di cui 16 ore online di teoria con esame finale e 20 ore di tirocinio con il supporto di un tutor dell’Accademia Calcio Integrato durante il corso Calcio & Basket Insieme. In seguito, avranno un contratto per 5 mesi per svolgere l’attività con un regolare contratto di tecnico iscritto nel RAS di Sport e Salute. La loro attività si svolgerà presso l’Accademia di Calcio Integrato, la Petriana Calcio e la Virtus Roma 1960

Questo progetto rappresenta un percorso di formazione-lavoro per ragazzi con disabilità intellettiva. L’occupazione lavorativa è un momento fondante la vita di ogni essere umano che gli permette di essere inserito in un contesto sociale in cui si forma e gli vengono riconosciute delle competenze specifiche. Per i giovani adulti (over18) con disabilità intellettiva il lavoro gli permette inoltre di avviarsi verso una vita più autonoma e indipendente dalla famiglia. Per i genitori e i fratelli/sorelle rappresenta la risposta positiva ai loro timori di isolamento sociale e di dipendenza totale con le ricadute negative sulla salute e il benessere di questi giovani.

L’entusiasmo e l’impegno che questi giovani dimostrano durante questa attività di formazione che stanno svolgendo rappresenta un’ulteriore prova del valore che a questo progetto attribuiscono, anche tenendo in considerazione che attualmente in Italia vi è solo una persona con disabilità intellettiva che ricopre questo ruolo di assistente sportivo multidisciplinare istituito dalla Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali (FISDIR).

Sport e salute mentale

Henriksen, K., Huang, Z., Bartley, J., Kenttä, G., Purcell, R., Wagstaff, C. R. D., … Schinke, R. (2024). The role of high-performance sport environments in mental health: an international society of sport psychology consensus statement. International Journal of Sport and Exercise Psychology, 1–23.

Questa dichiarazione di consenso è il risultato del Terzo Think Tank Internazionale della Società di Psicologia dello Sport sulla Salute Mentale. Gli obiettivi del Think Tank erano: (1) coinvolgere ricercatori e professionisti di fama internazionale in una discussione sul ruolo degli ambienti sportivi ad alte prestazioni nel nutrire o compromettere la salute mentale di atleti, allenatori e staff; e (2) sviluppare raccomandazioni per le organizzazioni sportive, i ricercatori sulla salute mentale e i professionisti, affinché riconoscano più pienamente il ruolo dell’ambiente sportivo nel loro lavoro.

Sebbene la maggior parte della ricerca sulla salute mentale nello sport si sia concentrata sull’individuo, la salute mentale è il risultato di relazioni intricate e dinamiche tra le persone e i loro ambienti, e una serie di stakeholder, sia individuali che organizzativi, svolgono un ruolo chiave nel sostenere il benessere negli sport ad alte prestazioni.

Concettualmente, dividiamo l’ambiente in tre livelli (la squadra sportiva, l’organizzazione sportiva e il sistema sportivo) e due dimensioni (l’ambiente sociale e quello fisico). Basandoci sulla descrizione di questi ambienti, concludiamo fornendo raccomandazioni che aiuteranno squadre, organizzazioni e sistemi sportivi a creare ambienti sportivi ad alte prestazioni che promuovano il benessere mentale e servizi efficaci per la salute mentale, aiutando al contempo i ricercatori ad ampliare il loro focus dall’atleta o allenatore individuale all’ambiente sportivo nel suo complesso.

I campioni del mondo dell’allenamento

Ci sono atleti che in allenamento sembrano campioni del mondo: eseguono ogni gesto con precisione perfetta, battono record personali, e dominano ogni esercizio come se fosse naturale. Sono quelli che fanno spalancare gli occhi agli allenatori, che ispirano i compagni e fanno sognare trionfi. Ma poi arriva la gara, il momento clou, e qualcosa cambia.

In gara, la stessa fluidità che mostrano in allenamento sembra sparire. Magari si bloccano, o le loro prestazioni risultano semplicemente inferiori alle aspettative. La differenza è palpabile, quasi inspiegabile.

Spesso, il loro problema non è una questione fisica: sono ben allenati, tecnicamente impeccabili. È nella mente che si gioca la partita. La pressione, l’ansia da prestazione o il timore di non essere all’altezza si insinuano nei loro pensieri, rallentandoli, rendendoli insicuri. L’ambiente della gara, con il pubblico, i giudizi e l’aspettativa di risultato, diventa un labirinto emotivo da cui non riescono a uscire.

Altre volte, si tratta di un eccesso di perfezionismo: sono così concentrati sull’idea di fare tutto alla perfezione che finiscono per sabotarsi da soli. Quella naturalezza che emerge durante l’allenamento si trasforma in rigidità quando pensano troppo al risultato.

Eppure, è proprio da questi atleti che nasce il fascino dello sport. Sono una testimonianza vivente del fatto che la prestazione non è solo una questione di muscoli o abilità tecniche, ma un equilibrio complesso tra mente, corpo ed emozioni. Sono persone da ammirare, non per quello che raggiungono in gara, ma per la loro determinazione, per la ricerca continua di come superare quell’ostacolo invisibile che li separa dal loro massimo potenziale.

In fondo, ogni grande atleta ha attraversato almeno una volta una fase del genere. Magari non si parla sempre di vittorie, ma della strada per imparare a stare bene con sé stessi, anche sotto le luci della ribalta.

La vecchiaia è un’età sperimentale

Auguro a tutti di camminare e leggere un libro che appassioni

Si dice che leggere ci permette di immedesimarci in altre storie che non siano la nostra, in realtà è molto di più. Leggere un libro è come camminare, sono due attività che chiunque è in grado di svolgere, è sufficiente prendersi un po’ di tempo per stare da soli con se stessi e si possono interrompere quando si vuole.

Camminare fa bene al corpo e al pensiero e lo stesso è leggere. Sono attività che richiedono una stato di concentrazione non massimale ma protratta nel tempo. Se ci fermiamo smettiamo di camminare e lo stesso vale per la lettura, se ci distraiamo facendo o pensando ad altro smettiamo di leggere.

Camminare e leggere ci permettono di rispettare il ritmo del nostro fisico e dei nostri pensieri, ognuno le compie seguendo il proprio ritmo, che è comunque minore della vita frenetica che conduciamo abitualmente. Per noi stretti nel presente rappresenta un salto nella natura del nostro essere umani per cui fare 1000 passi o leggere 10 pagine richiede tempo e non c’è nessuna possibilità di ridurlo grazie a qualcuno degli oggetti elettronici che di solito utilizziamo. Nessun click può ridurre questo tempo.

E’ un tempo per noi stessi che si può occupare da soli oppure in compagnia come insegnano le camminate fra amici o le letture di gruppo. E’ così un tempo in cui i minuti, i quarti d’ora e le mezz’ore hanno un senso e non possono essere in alcun modo ridotte.

Queste attività ci portano in un mondo diverso dalla quotidianità fatta di corse e impegni continui, email, WhatsApp e altro che ci tengono sempre schiacciati sul presente e non ci permettono di alzare la testa e accorgersi che c’è molto altro nella vita.

Pensare: sempre