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I problemi del Napoli che nessuno risolve

Continua la crisi sempre più profonda del Napoli che si trova ora a 20 punti dalla testa della classifica. Una spiegazione di questi risultati così negativi rispetto alle aspettative iniziali, può riguardare la pressione generata da questa attesa di ripetere anche quest’anno l’eccezionale stagione portata a termine il campionato passato e di ritrovare facilmente la stessa coesione di squadra anche con un nuovo allenatore.

Questo modo di pensare può avere messo molta pressione al Napoli e avere determinato sfiducia nei calciatori una volta che si sono accorti che i meccanismi della stagione precedente sono sembrati scomparsi.  Quindi questa tendenza a confrontare le prestazioni attuali con quelle della stagione precedente, può avere determinato una percezione di fallimento o una delusione.

A ciò si devono aggiungere le aspettative del pubblico e dei media, che in seguito alla vittoria del campionato, hanno aumentato le loro aspettative nei confronti della squadra. La pressione per ripetere il successo però può diventare così intensa e costante che, se non è confortata da risultati positivi, è causa di sfiducia nella squadra. Inoltre, all’interno della squadra stessa, ci potrebbe essere stato un aumento della pressione. I giocatori potrebbero essersi sentiti obbligati a dimostrare che la vittoria non è stata casuale e che potevano confermarsi come squadra di alto livello.

Va anche tenuto presente che il successo determina una maggiore esposizione mediatica. La squadra diventa più visibile e soggetta a maggiori attenzioni da parte dei media. Questa esposizione può avere aggiunto pressione poiché ogni passo o risultato viene analizzato e discusso pubblicamente.

L’allenatore e lo staff dovrebbero gestire attentamente queste forme di pressione, creando un ambiente che incoraggi la fiducia, riducendo lo stress e aiutando i giocatori a mantenere la mentalità che serve per affrontare le sfide di questa nuova stagione. Può essere che la squadra soffra di problemi tattici ma di sicuro non dimostra di essere una squadra unita nell’affrontare queste difficoltà.

Mazzarri e la coesione del Napoli

Partiamo da un’idea base e cioè che le prestazioni di una squadra sono più efficaci se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione  è parte fondamentale del concetto di coesione, che è il processo dinamico che riflette la tendenza di una squadra a stare insieme e a rimanere unita nel perseguire i suoi obiettivi. Carenza di coesione, a mio avviso, è  stato il problema che ha manifestato il Napoli durante la gestione di Rudi Garcia.

Questo perchè uno dei dei problemi più frequenti che si presentano nelle squadre quando gli obiettivi dell’allenatore non corrispondono a quelli della squadra. Garcia inoltre non  è riuscito a trovare modalità di comunicazione efficaci per fare accettare le sue proposte. Dovrebbe essere evidente quanto sia necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi dell’allenatore  altrimenti succede quello che è successo: la squadra perde fiducia e l’allenatore viene esonerato

Mazzarri si è trovato ad affrontare una situazione in cui i calciatori non erano soddisfatti del ruolo svolto in squadra, avevano perso fiducia nella forza del gruppo e i risultati negativi confermavano, peggiorandoli, questi stati d’animo negativi.

L’approccio di Garcia non prevedeva un confronto su questi temi, che è necessario per gestire una squadra in modo vincente. Se mi venisse chiesto, suggerirei a Mazzarri d’introdurre momenti di discussione sugli stessi temi. Si può concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi proposti, un sistema centrato sulla valorizzazione della squadra sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che porta a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.

Napoli: squadra che vince si cambia

Il detto “Squadra che vince non si cambia” non si applicherà di certo al Napoli di quest’anno, dominatore del campionato italiano. E’ da giorni ufficiale che Spalletti non ne sarà più l’allenatore ed è probabile che alcuni giocatori lasceranno la squadra.

Sono fatti difficili da comprendere per chi ha l’idea che l’obiettivo di un club di livello assoluto sia quello di migliorarsi costantemente. Quindi, di attrarre nel futuro immediato nuove risorse, servendosi dell’attrazione rappresentata dalla valorizzazione della rosa di calciatori che vi è stata durante il campionato e dalla qualità del lavoro svolto dallo staff guidato dall’allenatore.

Questo concetto è stato, invece, messo in discussione dall’abbandono dell’allenatore e dal fatto che si discuta del possibile trasferimento di calciatori importanti come Kim min-jae, Zielinski, Osimhen e Kvaratskhelia.

Spalletti ha elogiato i suoi giocatori per il percorso svolto in Champions League. “La qualità del nostro calcio ci ha permesso di distinguerci”, ha detto. “È stato motivante per i giocatori perché si sono trovati di fronte una meritevole finalista di Champions League e dovevano dimostrare tutto quello che avevamo ottenuto durante la stagione”. Però è andato via e le spiegazioni riguardano certamente lo stress accumulato durante il campionato, l’avere ricevuto la conferma via mail con una pec, l’estrema difficoltà rappresentata dal ripetere questa vittoria. La mia impressione è che non sia stato fatto il necessario per farlo restare alla guida del Napoli.

La gioia e l’entusiasmo dei tifosi continuerà per molto tempo, come è giusto che sia, quando un successo di questo tipo viene raggiunto dopo decenni dalle vittorie conquistate dalla squadra di Maradona. Se prima di oggi questo risultato così eccezionale era stato ottenuto solo grazie al ruolo svolto nel Napoli da una leggenda dello sport, non si potrà non mostrare gratitudine alla squadra di oggi che ha permesso di unire il presente al passato, facendo intravedere come potrebbe essere il futuro.

Le prime partite della nuova stagione saranno vissute con questo stato d’animo e sarà molto positivo per la città e i suoi tifosi. I giocatori e tutta la squadra dovranno, però, ringraziare di questo supporto entusiasta e fare proprie queste emozioni trasferendole nel gioco, dimostrando di volere continuare ad alimentarle attraverso la loro voglia di continuare a stupire il mondo.

La vittoria del Napoli: giocare per rendere felici

La qualità del gioco che il Napoli ha espresso per vincere lo scudetto è stata ampiamente analizzata nei commenti alle partite. Tuttavia è mia impressione che il successo sia stato anche determinato da due altri fattori che Spalletti ha voluto introdurre e che hanno valorizzato aspetti personali importanti per ogni essere umano e che riguardano il bisogno di felicità e il senso di appartenenza.

Infatti, ha detto: «Dobbiamo rendere felice qualcuno per essere persone felici. Da un punto di vista personale la famiglia, da quello professionale i nostri tifosi, non ce ne fregano i numeri individuali e chi fa gol, dobbiamo portare un risultato di squadra e di gruppo alla nostra città, che faccia sentire i tifosi orgogliosi di noi. Dobbiamo fare qualcosa per l’affetto del pubblico per la nostra maglia».

D’altra parte, come si fa a non sposare questo approccio al calcio in una città che ha intitolato lo stadio a Maradona, giocatore che ha rappresentato appieno il calcio come gioia e vincolo dell’appartenere a questa squadra e a Napoli. E allora, certo che si gioca per vincere ma si vince perché si vuole essere felici e fare felici. Non è un passaggio da poco, perché bisogna essere consapevoli di come giocare per raggiungere questo duplice obiettivo, che unisce il risultato all’entusiasmo nato dal fare il proprio gioco. Raggiungere questo obiettivo non è stato facile, poiché sappiamo che il calcio è uno sport molto emotivo. A causa del gol, che è un evento raro, non a caso i tre punteggi più abituali in Serie A in ordine di frequenza sono: 1-1, 2-1 e 1-0. Basta un solo episodio per cambiare le sorti di una partita. Questo non avviene negli altri sport di squadra come la pallavolo e il basket dove circa ogni minuto viene assegnato un punto.

Su queste basi, per evitare che l’elevato tasso di emotività diventasse per le squadra un carico negativo d’impulsività e di fallosità è stato necessario che trovasse il suo sbocco nella gioia che il gioco può trasmettere. Quando si usano parole come: “andiamo in campo per divertirci” non significa che si va a fare una scampagnata, non è un segno di superficialità. Comporta, invece, il desiderio di vivere appieno il piacere della sfida, e cioè la gioia di fare al meglio nei momenti difficili quello per cui ci si è preparati.

Riflessioni su Napoli-Milan

Partite come quella di Napoli-Milan vinta da quest’ultima con il punteggio clamoroso di 4-0 sono molto interessanti per svelare come la potenza della mente collettiva possa favorire risultati inaspettati.

Qualcuno, parafrasando una frase famosa potrebbe dire: “Questo è lo sport, bellezza”.

L’insegnamento che se ne trae, è che anche la squadra più forte può perdere una partita subendo quattro reti se … se non gioca da squadra più forte. Questo è l’insegnamento che Spalletti e la squadra dovrebbero portarsi a casa dopo questa partita. Il calcio di livello assoluto, ci mette di fronte a questi esperimenti psicologici che nessuna ricerca potrebbe costruire in laboratorio. Cosa succede se si presentano queste condizioni: la squadra più forte è ormai certa di avere vinto il campionato, la sua avversaria ugualmente di élite vuole a ogni costo ottenere un risultato prestigioso, quale che sia il risultato questo non inciderà sulla probabilità di vincere lo scudetto. Risultato ipotizzato: è probabile che la squadra più forte entri in campo certa che il distacco inflitto agli avversari sia sufficiente per farli giocare con l’idea che un pareggio sarà un ottimo risultato e che si vincerà perchè siamo stati sinora i più forti.

Questo è ciò che non è accaduto perchè la presunta vittima, invece, si era preparata al meglio per fornire una prestazione ottimale ed è entrata in campo con questo tipo di mentalità vincente. Ciò che è successo c’insegna quanto sia difficile cambiare mentalità durante la partita e ci dice, in poche parole, che diventare propositivi e aggressivi quanto si è partiti inserendo un programma diverso non è proprio scontato, anzi è molto difficile e con facilità si passa dall’incredulità alla resa.

Le gare sono eventi brutali e se non ci si presenta pronti, non accadrà quello che si vuole. Questo mi ricorda un pensiero di Gianni Mura su Platini,  quando diceva che quando si ritirò aveva ancora voglia di giocare ma non di soffrire. Questo succede, talvolta, alle squadre forti.

Lo stile anarchico di Khvicha Kvaratskhelia

Tutto il mondo parla di Khvicha Kvaratskhelia dal New York Times al suo allenatore Luciano Spalletti, a Del Piero e Arrigo Sacchi. E’ un giovane calciatore georgiano che nell’articolo sul NY Times viene così definito: “Il suo stile anarchico ha preso d’assalto il calcio italiano, trasformando il Napoli in una contendente al titolo. Ancora più importante, ha reso di nuovo divertente il calcio”.

E’ qualcosa di molto diverso dal classico giocatore che viene teorizzato dalle scuole di calcio in cui prevalgono altri fattori e non certo lo stile anarchico e il divertimento. Vi sono certamente altri calciatori tecnicamente più dotati, ma lui è più bravo. Ritorniamo così al solito ragionamento, servono tecnica e rapidità ma sono l’istinto e l’imprevedibilità che rendono grande un giocatore. In questo si può riassumere l’importanza di uno stile definito anarchico. Non corrisponde al fare quello che passa per la testa in quel momento o ad agire senza pensare come farebbe un calciatore impulsivo. Kvaratskhelia, al contrario, mette il suo istinto al servizio della tecnica. In pratica, capisce prima degli altri ciò che va fatto e lo fa servendosi delle sue qualità.

Giocare con questo livello elevato d’intensità e di partecipazione mentale è appassionante e gratificante, soprattutto perchè i risultati gli danno ragione e quindi ciò aumenta la sua convinzione personale a continuare in questo modo. In tal modo si è costruito un circolo virtuoso in cui rapidità e tecnica sono al servizio della sua altrettanto veloce capacità decisionale e ciò gli permette “di non preoccuparsi se qualcosa non funziona. Non pensa alle conseguenze negative. Questo vale per molti giocatori d’attacco. Sono audaci. Sono audaci. Sono un po’ anarchici” come ha spiegato Andrés Carrasco, responsabile spagnolo dello sviluppo giovanile della Dinamo Tbilisi, il club che ha scoperto Kvaratskhelia.

La differenza mentalità fra Napoli e Juve

Conoscere  la mentalità di un collettivo permette di prevedere come una squadra reagirà di fronte a situazioni emotivamente intense. In questo campionato di calcio il Napoli e la Juventus rappresentano i due estremi di un continuum in cui successo e coesione di squadra sono opposte a insuccesso e mancanza di coesione.  Chi volesse comprendere le ragioni di queste differenze fra le squadre dovrebbe analizzare i fattori seguenti:

  • La qualità organizzativa della Società di calcio – Il sistema organizzativo consiste nell’insieme delle strategie  e strutture organizzative, nel sistema decisionale, nel sistema di programmazione e controllo, nello stile di leadership, cultura, clima e valori. Migliore è l’efficienza e l’efficacia della qualità organizzativa, migliore sarà la capacità della squadra e dell’allenatore di giocare con una mentalità vincente.
  • La qualità dell’immagine della Società di calcio – Si riferisce alla soddisfazione dei bisogni di appartenenza e d’identificazione della squadra e dei suoi stakeholder. Questa dimensione riguarda in prevalenza, l’autorevolezza della leadership societaria, la sua credibilità, la personalità e la competenza professionale delle sue figure chiave, i risultati e il prestigio conquistati nel tempo.
  • Gli obiettivi della squadra -  Si riferisce agli obiettivi della stagione in corso (vincere il campionato, classificarsi tra le prime quattro, restare in Serie A) sono obiettivi di risultato. Vi sono poi  anche  obiettivi di  prestazione (raggiungere un determinato standard prestativo individuale e collettivo) e obiettivi di processo (centrati sul miglioramento di singole abilità tecnico-tattiche, psicologiche e fisiche). Riguarda, inoltre, lo sviluppo di una mentalità di squadra che sia in grado di darsi in campo nuovi obiettivi in relazione alle diverse fasi di gioco di una partita. Comporta il sapere servirsi a proprio favore dei momenti positivi di un match, così come richiede la presenza di un piano pre-ordinato per affrontare le fasi di gioco negative o di maggior tensione agonistica.
  • La qualità tecnico-tattica della squadra – Si riferisce al bagaglio di competenze calcistiche e alla loro integrazione nel gioco di squadra, che determina molto di più della semplice somma delle qualità dei singoli calciatori.     Maggiore è la competenza tecnico-tattica della squadra associata  a un grado ottimale di preparazione fisica, maggiore è la probabilità che la squadra sappia affrontare le diverse fasi anche emotive della partita.
  • L’efficacia collettiva – Si esprime attraverso prestazioni che sono superiori a quelle che ognuno potrebbe fornire singolarmente.  La qualità tecnico-tattica è parte dell’efficacia collettiva; la coesione e la convinzione si riferiscono ai suoi aspetti relazionali e cognitivo-sociali. Quindi la domanda che bisogna porsi è la seguente: “In che modo i calciatori devono interagire in campo allo scopo di mostrarsi uniti e fiduciosi delle proprie competenze di squadra?” Napoleone era solito dire di vincere le sue battaglie anche con i sogni dei suoi soldati, questa frase è una metafora efficace di cosa si debba intendere per efficacia collettiva.
  • L’orientamento motivazionale dei calciatori – I calciatori e la squadra nel suo complesso devono manifestare una mentalità orientata alla crescita. Un esempio di applicazione al calcio di questo concetto può riguardare l’acquisto di un calciatore. Generalmente questo avviene sulla base del bagaglio tecnico e tattico, si ritiene così che un giocatore che fornisce ottime prestazioni in una squadra manifesterà la stessa efficacia anche in un’altra. In molti casi, questo fenomeno non si è ripetuto e ciò è probabilmente da attribuire a questa concezione statica della mentalità, che non tiene conto delle diverse condizioni che vi sono tra un club e l’altro e come queste influenzano l’adattamento del calciatore e di conseguenza la qualità delle sue prestazioni.

La nuova mentalità vincente del Napoli

Partita grandiosa quella del Napoli in casa dell’Ajax terminata con il punteggio di 6-1. Queste partite contro avversari di valore si vincono in questo modo straripante quando una squadra non si accontenta solo di giocare bene. Sono una manifestazione di cosa si deve intendere per mentalità vincente. Quando la determinazione della squadra si salda con la qualità del gioco e il desiderio dei singoli calciatori di volere continuare a giocare al loro meglio meglio sino al fischio finale dell’arbitro.

L’unione di questi tre aspetti ha un effetto moltiplicatore che è molto più vantaggioso rispetto alla somma delle singole volontà. Questa nuova mentalità del Napoli è orientata verso la crescita personale e di squadra, e le partite rappresentano sfide che generando strategie di miglioramento culminano nel giocare con continuità ad alto livello. Infatti, sono state proprio queste partite di Champions giocate contro il Liverpool e l’Ajax a insegnare alla squadra quali sono le sue potenzialità che sinora erano state inespresse. Partite come queste si ricordano per tutta la vita e, soprattutto, mantengono elevata la motivazione e la fiducia, per cui qualsiasi successiva situazione di forte stress agonistico verrà affrontata con la convinzione di potere ripetere quello che è stato fatto in queste partite di Champions League.

Spesso si afferma che per vincere queste partite le squadre italiane dovrebbero aumentare la velocità del loro gioco e mantenere questo approccio per la durata intera del match. Le partite del Napoli ci insegnano che questa caratteristica va però sempre alla motivazione (voglio farlo) e alla convinzione (lo faccio). In tal modo si realizza quello che ho sentito dire spesso da Gianni Rivera, che nel calcio non bisogna correre ma fare correre la palla. Quindi la rapidità di gioco si ha solo quando mente, tecnica, tattica e gruppo lavorano insieme per 90 minuti.

Napoli: ansia da prestazione?

Si parla, in questi giorni, dell’ansia da prestazione che avrebbe ostacolato il Napoli almeno nelle ultime due partite, importanti per restare tra le favorite al titolo finale. Attribuire i risultati negativi di una squadra a questa dimensione psicologica ha avuto molto successo tra i media. Vuol dire sentirsi insicuri nei momenti decisivi del campionato, con l’effetto di fornire prestazioni insoddisfacenti. E’ un ragionamento che etichetta una squadra ed esprime una condizione psicologica collettiva invalidante. Fossi un allenatore rifiuterei questa spiegazione chiedendomi: “In che modo i calciatori devono interagire in campo allo scopo di mostrarsi uniti e fiduciosi delle proprie competenze di squadra?”. Mi chiederei anche “Come posso stimolare prestazioni che sono superiori a quelle che ognuno potrebbe fornire singolarmente?”. Napoleone era solito affermare di vincere le sue battaglie anche con i sogni dei suoi soldati, questa frase è una metafora efficace di cosa si debba intendere per efficacia di squadra. In questo modo non si parla più di ansia ma di efficacia collettiva e di come allenarla. Il tema consiste nel comprendere quale sia l’approccio comportamentale necessario per raggiungere la vittoria, fornendo a ogni calciatore compiti precisi e diversi per ognuno, così che quando qualcuno commette un errore gli altri sanno cosa fare. Ogni giocatore deve conoscere ed essere artefice di un pezzo della storia che la squadra sta costruendo con il trascorrere dei minuti e questo orientamento al compito deve essere allenato in modo specifico durante le settimane. Non è comunque una questione solo tecnico-tattica, richiede che ogni calciatore si percepisca parte attiva di un programma che va oltre la sua persona e che riguarda il successo della squadra. Sviluppando questa mentalità collettiva si potrà uscire efficacemente dalle situazioni di maggiore pressione agonistica, senza lasciarsi cadere nel vittimismo insito nella spiegazione che attribuisce gli insuccessi all’ansia, manifestazione di un limite caratteriale che richiede tempi lunghi  per cambiare mentre il campionato muovendosi su appuntamenti settimanali necessita di una grande disponibilità al cambiamento. Quindi la domanda non riguarda tanto se i calciatori sono ansiosi ma quanto sono disponibili a cambiare con rapidità comportamenti non efficaci.

Juan Jesus è il nuovo leader del Napoli

Una squadra ha bisogno di leader in campo, se invece l’unico leader è l’allenatore non potrà diventare una squadra vincente. È quindi possibile che le dichiarazioni post partita di Juan Jesus, che lo rendono sempre più un leader, siano espressione di questo processo di cambiamento non solo suo personale ma del Napoli.

La squadra sta lottando per vincere lo scudetto e le parole di Spalletti confermano la necessità di avere leader in campo: “Dobbiamo guardare negli occhi gli avversari, i giocatori lo hanno capito e percepito, sono tutti lì determinati a giocare la prossima partita… qualcosa è cambiato a livello di atteggiamento, ci siamo resi conto che dobbiamo fare quello in cui siamo bravi. Nel momento di difficoltà soffri, ti adatti, poi riprendi in mano quella che è la tua convinzione, quella che è la tua qualità”. Juan Jesus ha risposto a questa richiesta.

Il cambiamento è stato stimolato e favorito dalla posta in palio ma trova le sue fondamenta nella passione che alimenta il desiderio di vincere. Assumersi responsabilità richiede coraggio di affrontare i problemi, non vuol dire non sbagliare mai, bensì sapersi rialzare subito. Questo è un passaggio decisivo che si trova in ogni cultura. Se un americano dice che non importa quante volte cadi ma quanto in fretta di rialzi, un cinese lo afferma con altre parole: “Cadere 7 volte, alzarsi 8”. Questo è il senso delle parole del calciatore quando ha affermato: “Bravi a reagire, ora dobbiamo fare il nostro gioco!”. Non importa se sei un titolare inamovibile o se entri a partita in corso, questa è la mentalità indispensabile che tiene unita la squadra che lotta per ottenere risultati importanti.