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Non sono nato con il talento giusto per diventare un campione

Quando si parla di campioni dello sport e si attribuisce il loro successo al talento innato, si crea un’illusione rassicurante. Questo ci consente di giustificare il divario tra loro e noi stessi, attribuendo il loro successo a qualcosa che va oltre le nostre capacità di apprendimento. In sostanza, ci diciamo che loro sono stati fortunati a nascere con un talento speciale che ci manca.

Questa mentalità può avere effetti duplici. Da un lato, può alleviare la pressione, poiché attribuiamo il successo di questi campioni a qualcosa che è al di là del nostro controllo. Dall’altro lato, però, può scoraggiare l’impegno e la pratica, poiché siamo convinti che il talento sia il fattore determinante, e se non ce l’abbiamo naturalmente, allora è inutile cercare.

Penso che la nostra cultura tenda a celebrare il talento piuttosto che attribuire all’apprendimento, perché è subito evidente e spesso sembra innato o acquisito senza sforzo. È come assistere a qualcuno che tira fuori un coniglio da un cappello: è più probabile che restare stupit dal trucco che dalle ore di pratica necessarie per padroneggiare questa attività.

D’altra parte, le abilità che possono essere apprese e sviluppate nel tempo potrebbero non avere quel fattore “Wow” istantaneo. Viviamo in una società che valorizza risultati rapidi e gratificazione istantanea, quindi il processo graduale di acquisizione di competenze può passare in secondo piano.

È anche possibile che celebrare il talento si inserisca nella narrazione della predisposizione naturale e rafforzi l’idea che alcuni individui siano destinati alla grandezza. Questo può creare un mindset secondo il quale o ce l’hai o non ce l’hai, il che potrebbe scoraggiare le persone dallo sforzo di imparare e migliorare.

Tuttavia, la verità è che, con dedizione e pratica, chiunque può diventare competente o eccellere in varie abilità. È fondamentale riconoscere e apprezzare il duro lavoro dietro le quinte, non solo il risultato finale. Dopotutto, c’è un tipo unico di talento nella tenacia e nella perseveranza necessarie per diventare bravi in qualcosa.

Paolo Maldini: dobbiamo creare calciatori

Ho sempre ammirato Paolo Maldini non solo perchè è stato un campione nel calcio ma anche per il modo di esprimere le sue idee in modo chiaro, diretto e in modo pacato. La sua leadership è competente e indiscussa. Sembra che possa farti sentire in errore anche solo con un sorriso. Anche ora parlando della crisi del Milan ha voluto ricordare gli obiettivi raggiunti dal Milan lo scorso anno, mete che non raggiungeva da molti anni. Non è un modo per nascondere il presente ma di mantenere viva la memoria del passato di pochi mesi fa, dichiarandolo a un mondo sportivo e dei media che ha esasperato se possibile il valore del presente che schiaccia ogni altra valutazione.

Maldini ha terminato la sua valutazione del Milan con una frase che dovrebbe fare riflettere: “non possiamo più prendere campioni già formati, ma li dobbiamo creare”. Se si volesse mettere in pratica questo concetto il calcio cambierebbe. Vuol dire che i tanto decantati Leao, De Keteleare, e i tanti che vi sono in ogni squadra, probabilmente non sono neanche ottimi calciatori ma devono devono essere formati. Quindi le società pagano stipendi milionari per giovani da formare. Da cui la domanda: siete sicuri che non vi sia un modo migliore d’investire le limitate risorse economiche? Avete studiato piani alternativi a quello di comprare giovani che richiedono investimenti costosi ma che sono ancora immaturi per giocare ad alto livello?

E poi chi dovrebbe formare questi giovani-costosi, solo l’allenatore della prima squadra o dovrebbe avere collaboratori che organizzano ore oltre gli allenamenti con la squadra per svilupparli dove presentano limiti evidenti compresi quelli mentali. A mia conoscenza non c’è questo approccio, il loro sviluppo è lasciato nelle mani dell’allenatore che si trova ad allenare giocatori di talento mai che sono poco capaci di pensare in campo, hanno poco sviluppato il senso di squadra, e sono consapevoli che se anche falliscono in quella squadra ne troveranno un’altra in cui giocare e continuare a guadagnare molti soldi. Con questo approccio, pensare, fare sacrifici e impegnarsi a migliorare  diventano attività che non hanno senso, perchè avranno sempre un posto in qualche squadra.

Individuare e sviluppare i giovani potenziali talenti

La Sfida Globale

L’abilità a fornire prestazioni di alto livello, prendere decisioni adeguate e nei tempi richiesti, senza perdere di vista la visione globale e gli obiettivi a lungo termine sono competenze necessarie e critiche per i manager di oggi. Secondo La sfida più significativa che le organizzazioni si trovano a fronteggiare riguarda proprio l’identificazione, la selezione e lo sviluppo degli individui in grado di lavorare con successo a livello di management intermedio e senior.

Un Compito Arduo

In relazione alla pianificazione dello sviluppo delle carriere e del management le imprese si trovano spesso in difficoltà nel trovare individui che abbiano le competenze richieste a fornire prestazioni di valore assoluto in condizioni di pressione quali quelle del mercato attuale. Ciò è attribuibile a due ragioni principali: 1. i livelli di competitività odierna richiedono un notevole impegno e dedizione da parte dei manager e 2. le abilità richieste per eccellere nei ruoli tecnici e professionali sono molto diverse da quelle necessarie per avere successo in ruoli manageriali di alto livello. Non è pertanto semplice individuare e allenare individui che siano disponibili a coinvolgersi in modo intenso nel lavoro e che abbiano volontà e capacità di applicazioni tali da assumere ruoli sempre più complessi e decisionali.

Identificazione dei Giovani Potenziali Talenti

Per il sistema impresa italiano l’identificazione dei giovani potenziali talenti rappresenta un obiettivo strategico da perseguire per  competere con successo sul mercato globale. L’attività svolta in questi anni con atleti di valore mondiale e con aziende leader mi ha permesso di costruire, in collaborazione con l’Enhanced Performance Systems di Robert Nideffer, un sistema di identificazione dei giovani talenti fondato sull’uso di colloqui, questionari e osservazioni on the job. Sono state così rilevate le modalità di concentrazione e le competenze interpersonali richieste per ricoprire ruoli specifici ai differenti livelli di responsabilità.

Allenamento dei Giovani Potenziali Talenti

Identificati gli individui, si tratta di formulare un percorso che promuova le loro competenze e che riduca in maniera significativa le aree più critiche. E’ l’inizio di un vero e proprio allenamento che prevede il raggiungimento di determinati risultati professionali e comportamentali da cadenzare in accordo con i loro diretti responsabili. E’ un programma di lavoro organizzato su base annuale, durante il quale i giovani coinvolti dovranno perseguire gli obiettivi di miglioramento che si sono dati, verranno sostenuti  e si confronteranno con il consulente che li seguirà in questo processo e valutati dai loro diretti superiori.

 

Trasferimento del talento: Valentina Margaglio

La storia sportiva di Valentina Margaglio diventata la prima italiana sul podio di Coppa del mondo, nello skeleton, nello slittino a pancia e testa in giù, è un esempio di ciò che si chiama trasferimento del talento.

Consiste quindi in un programma di ri-assegnazione di un atleta a un altro sport che possiede caratteristiche strutturali simili e trasferibili attraverso programmi informali e basati solo sul desiderio personale di cambiamento o formali di ricerca del talento condotti dalle organizzazioni sportive.

I casi più importanti

Uno degli esempi più famosi in relazione a questo approccio è la storia di Clara Hughes  che è passata dal pattinaggio di velocità al ciclismo su strada vincendo una medaglia in ambedue le olimpiadi estive (1996) e invernali (2002, 2006).

L’Australian Institute of Sport ha realizzato un programma ambizioso con lo skeleton disciplina poco diffusa con lo scopo di trasferire coloro che erano dotati di sprint naturale in un evento in cui la velocità esplosiva è una condizione necessaria, impegnandosi anche nel realizzare un ambiente che permettesse un rapido apprendimento delle abilità di guida sul ghiaccio e un rapido adattamento alle caratteristiche uniche del tracciato.

A partire dal 2006, UK Sport in preparazione di Londra 2012 ha sviluppato una serie di iniziative in relazione alla ricerca del talento che ha coinvolto 7.000 atleti. Alcuni di questi programmi hanno previsto l’approccio del trasferimento del talento. “Pitch 2 Podium” prevede che giocatori di calcio e rugby che non hanno ottenuto contratti professionistici  hanno partecipato a una selezione per diventare atleti in sport quali il canottaggio, il ciclismo e lo skeleton. “Fighting chance”, invece, ha incoraggiato atleti delle arti marziali a misurarsi nel taekwondo, mentre “Girls4Gold” ha chiesto a ragazze con un’esperienza competitiva di livello regionale o anche superiore in qualsiasi sport a partecipare a selezioni per il ciclismo, canottaggio, pentathlon moderno, vela e skeleton. Ciò a prodotto 50 atleti nazionali e 54 medaglie a eventi internazionali.

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Atleta                          Sport di origine e risultati                    Nuovo sport e risultati

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Eddie Eagan                 Boxe                                                   Bob a 4 uomini

(USA)                           1920 –oro                                           1932 – oro

J.   Tullin Tharms      Salto con gli sci                                  Yachting, 8 metri

(NOR)                           1924 – oro                                          1936 – argento

Christa Luding            Pattinaggio velocità                          Ciclismo, 1000m

Rothensburger (DDR)   1984, 1988 – 2 ori, argento         1988 – argento

Willie Davenport        Atletica, 110m ostacoli                        Bob a 4 uomini

(USA)                           1964, 1976 – oro, bronzo                    1980 – oro

Chris Witty                   Pattinaggio velocità                             Ciclismo, 500m

(USA)                           1998 – oro, argento                             2000 – 5° posto

Clara Hughes              Ciclismo strada e prove a tempo          Pattinaggio velocità e fondo

(CAN)                           1996 – oro, argento                             2002, 2006 – oro, argento, bronzo

Hayley Wickeheiser   hockey su ghiaccio                               Softball

(CAN)                           1998, 2006, 2 oro, argento                  2000 – 8° posto

Igor Boraska               Canottaggio, otto                                  Bob a 4 uomini

(CRO)                           2000, 2004 – bronzo                           2002 – 26° posto

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Esempi di trasferimento del talento di atleti che hanno partecipato alle Olimpiadi invernali e estive (modificato da Gulbin, 2008).

Lavorare con i giovani talenti nello sport

Lavorare con i giovani atleti di talento, grosso modo con un età fra 14-20, è in base alla mia esperienza la sfida più impegnativa per uno psicologo e, naturalmente anche per gli allenatori.

Questi giovani vivono la fase in cui l’obiettivo della loro attività è imparare a essere competitivi e acquisire una mentalità vincente. A questo si accompagna che lo sport giovanile di alto livello è diventato sempre sfidante in quanto i giovani atleti competono contro loro coetanei a livello europeo e mondiale, di conseguenza la concorrenza per raggiungere la classifica migliore è molto forte.

Mi rendo conto che in questi contesti imparare a dominare il gioco, nel caso del tennis e di tutti gli sport di opposizione (scherma, tennis tavolo) o sapere fornire prestazioni adeguate al proprio standard qualitativo come nei concorsi in atletica o nei tuffi è veramente difficile.

La questione principale è la gestione dello stress agonistico generato dagli errori e dalla necessità di ritornare immediatamente a una condizione mentale di orientamento al prossimo punto o alla prossima esecuzione della prova. Questo lavoro non è facile, richiede tenacia e una mentalità orientata a vivere queste difficoltà come fasi della prestazione e non come qualcosa che non dovrebbe accadere o peggio ancora come segnali d’incapacità.

 

Talento e esperienza

Nel calcio per vincere non basta il talento

Nel calcio, come in tutti gli sport di squadra, è bene ricordare che per vincere «La squadra campione batte una squadra di campioni», a indicare che anche la squadra ideale composta da soli campioni deve comunque integrare le competenze di ognuno nonostante possegga a priori un migliore potenziale qualitativo a livello individuale.

Quindi con quale frequenza la squadra favorita vince?

Uno statistico Chris Anderson insieme a un economista comportamentale David Sally hanno studiato questo fenomeno [2016] e hanno scoperto che nei campionati europei di calcio ciò avviene in poco più del 50% della partite, la percentuale sale a circa i due terzi delle volte nella pallamano tedesca, nel basket e nel football americano mentre nel baseball si attesta sul 60% dei casi.Per comprendere le prestazioni di squadra si deve ridurre l’attenzione relativa al valore intrinseco delle squadre evidenziato principalmente dal livello dei singoli talenti e porre maggiore interesse allo studio delle competenze necessarie per lavorare insieme.

Cosa fare per aumentare la probabilità di vincere?

Un parametro importante per distinguere le squadre vincenti dalle altre riguarda la connotazione positiva/negativa e la frequenza del dialogo fra i giocatori in campo. E’ stato evidenziato che i tre effetti positivi più citati dai giocatori sono:

  • L’aumento della coordinazione dei giocatori che stimola la ripetizione mentale di situazioni critiche.
  • Il miglioramento della concentrazione e l’affinamento della precisione dei loro movimenti.
  • L’aumento della loro capacità di prendere decisioni corrette con precisione  e nel più breve tempo possibile [Farina e Cei, 2019].

 

 

L’allenamento della respirazione

Questi sono i temi che trattano nel mio workshop intitolato:
Development of psychological skills in high potential athletes: 
breathing as a key tool to build mental skills programs
Online European Conference Psychology of Elite Sports Performance - November 21-22, 2020, Universidade Lusófona, Lisbon, Portugal
  • Self-control
  • La respirazione: una lunga storia
  • Respirazione e motivazioni di base
  • respirazione e competizione
  • respirazione e processi cognitivi
  • Come migliorare l’auto-controllo con la respirazione
  • Respirazione e programmi di training
  • L’allenamento della respirazione

Zero talento, ottimi risultati se…

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Recensione libro: Handbook of Embodied Cognition and Sport Psychology

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Handbook of Embodied Cognition and Sport Psychology

Massimiliano Cappuccio (a cura di)

Cambridge, MIT Press

2019, 26 chapters, 740 pages

 

Although sport is played with the body, it is won in the mind.

(Aidan Moran, Sport and Exercise Psychology, 2004)

From the Introduction (Massimiliano Cappuccio)

Today, to clarify the mission and the scope of sport psychology requires understanding the deep intertwinement of “body” and “mind” within the framework of cognitive science and cognitive philosophy. That is one of the reasons a joint venture between sport psychologists and cognitive scientists—including, importantly, cognitive philosophers—is a must.

This volume is composed of seven sections. With the help of multidisciplinary teams of researchers, each section explores a particular area of thematic interest situated at the intersection of embodied cognitive science and sport psychology.

Section 1 presents the key notions and concepts necessary to lay the theoretical foundation of our interdisciplinary discourse. The very meaning of embodied cognition, and the reasons that make it relevant to the theory and practice of sport psychology, are introduced and discussed.

Section 2 tackles one of the issues that most seriously concerns athletic performance: the nature of embodied skill, its cognitive preconditions, and the factors that disrupt it. A correct understanding of the roles played by attention, self-awareness, and conscious- ness is key to developing a consistent theoretical account of both sport performance in optimal conditions and its failure in pressure-filled environments (the so-called choking effect).

Section 3 talks about the role of sport pedagogy inspired by the embodied theory, how cognitive enhancement is facilitated when accompanied by an appropriate regime of physical exercise and training.

Chapter 11 investigates an issue that is hotly debated by scientists and various categories of people working in the sport business: What is talent, and how can it be identified? Is it an inherited gift or the result of long and hard training? According to the authors philosopher Mirko Farina and sport psychologist Alberto Cei, the answer suggested by embodied cognition is articulated and complex: appropriate practice and intense experience during optimal periods of development, characterized by higher rates of neuroplasticity, can express and maximize the innate potential if accompanied by environments conducive to learning and well-designed training methods.

Section 4 is dedicated to the intersubjective and social dimension of sport skills, with a particular emphasis on team sports and other competitive athletic disciplines.

Section 5 discusses the best research methods in the social sciences for developing the sociological, anthropological, and cultural side of sport practices.

Section 6 deepens the theoretical background: according to the ecological approach to perception, objects are not just neutral sources of visual information, but “invite” the actions allowed by their shapes and their intrinsic possibilities of manipulation.

Section 7 inquires about the source of the mind’s predictive capabilities. This inquiry, central for both the tradition of philosophical psychology and the future of embodied cognition, is particularly debated now that predictive processing theory promises to unify the understanding of various mental functions (perception, imagination, memory, inference) under the same general Bayesian mechanics: the brain’s fundamental goal is to reduce the mismatch between sensory input and the corresponding predictions generated by feedforward systems.