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Le parole del calcio: umiltà, convinzione e motivazione

“Non ci siamo calati nei panni della partita. Pari utile almeno a riportarci coi piedi per terra” (Allegri, allenatore Juventus).

“Prima facevamo paura, eravamo più convinti” (Florenzi, calciatore Roma)

“La fiducia di Mancini è fondamentale per i miei compagni e per me. Lui mi dà motivazione ed entusiasmo ogni giorno” (Guarin, calciatore Inter).

Umiltà, convinzione e motivazione sono i concetti chiave espressi in queste frasi. Al di là della tecnica e del talento se in una squadra mancano queste qualità mentali tutto il resto vale meno che niente.

Convinzione e decisione sono due aspetti chiave di una partita

Negli sport di squadra la tecnica e la tattica  devono tendere a diventare automatizzate attraverso l’allenamento, in modo tale che i giocatori possano metterle in atto senza pensare preventivamente a come devono giocare, ma sulla base di quello che succede in un dato momento sul campo sanno anticipatamente cosa devono fare. L’intensità e la qualità dell’allenamento permettono alle squadre di mettere in atto il proprio gioco anche in condizioni di difficoltà, di stress e di fatica. Inoltre le squadre che sono fornite anche di fuoriclasse hanno ovviamente armi in più per dimostrare il proprio valore e prevalere sugli avversari. Vi è però un altro fattore che può ostacolare o favorire le capacità di gioco di una squadra. Si tratta di un fattore psicologico che si riferisce all’atteggiamento mentale con il quale una squadra scende in campo e può così presentarsi:

  • è un atteggiamento convinto delle proprie capacità e deciso a affermarle in campo con un comportamento dei giocatori combattivo e deciso
  • è un atteggiamento convinto delle proprie capacità ma per qualche ragione la squadra ritiene che questo atteggiamento verrà spontaneamente fuori durante la partita
  • è un atteggiamento non completamente convinto delle proprie capacità e queste insicurezze vengono manifestate durante la partita attraverso errori di gioco
Sono personalmente convinto di quanto sia necessario allenarsi a vivere le partite con il primo atteggiamento dei tre, in cui la convinzione si unisce alla consapevolezza di dovere mostrare questo atteggiamento in ogni occasione. Molte squadre non mostrano sempre questo atteggiamento e allora si commettono errori di superficialità come quelli della Juventus contro il Galatasaray non contrastando gli avversari con quella determinazione che è necessaria. Quindi vanno bene i top player e gli schemi di gioco, ma altrettanto serve dimostrare che si è in grado di esercitare una pressione costante sugli avversari.

 

 

 

L’importanza di sognare per un giovane atleta

L’anno dopo le Olimpiadi è per molti atleti un periodo di transizione. Sovente quelli che hanno ottenuto grandi successi nel quadriennio precedente usano quest’anno come momento di recupero per essere pronti l’anno successivo per ricominciare una nuova avventura. Per i più giovani, invece, può essere un anno importante per dimostrare il loro valore nelle gare internazionali in un momento in cui i migliori non stanno spingendo al massimo. Ed è su questi ultimi che voglio soffermarmi, con la domanda: quand’è che un giovane atleta (ragazza o ragazzo) inizia a sognare che può entrare nella squadra olimpica del suo paese? E poi ha senso sognare?

Ho trovato supporto a questa idea in una ricerca condotta alcuni anni fa dal Comitato Olimpico US che ha rivolto questa domanda agli atleti che sono andati alle Olimpiadi nel periodo 1984-1998. Questi i risultati:

  • Gli atleti hanno iniziato a sognare di diventare atleti olimpionici nel periodo in cui hanno ottenuto i primi successi a livello locale (tra 10,9 e 18 anni).
  • Dopo circa 3,5 anni hanno deciso di perseguire questo loro sogno.
  • Dopo circa 1,7 anni hanno pensato che il loro sogno era realistico a un’età compresa fra 13,4 e 22,4 anni.
Le differenze di età sono dovute al fatto che ginnastica e nuoto sono sport più precoci mentre in altri come il tiro, il canottaggio e l’atletica gli atleti raggiungono la maturità a un’età più avanzata.
Questi dati c’insegnano che i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di coltivare i propri sogni e che questi passano da una fase iniziale di desiderio, a una in cui si decide d’impegnarsi per realizzarlo e all’ultima in cui si ritiene realistica la realizzazione. Un altro risultato importante riguarda il breve periodo di tempo intercorso fra la decisione di diventare olimpionico e la convinzione che sarà possibile.

 

 

La necessità di reagire

L’allenatore della Fiorentina dopo la sconfitta con il Napoli ha detto che la sua squadra dopo il primo goal ha ancora reagito ma dopo il secondo non l’ha più fatto e che questo è un problema di testa. Naturalmente non si penserà di certo a uno psicologo per aiutare l’allenatore in questo lavoro di miglioramento mentale. Come s’insegna a avere una mentalità vincente? Da un lato, il primo a dovere dimostrarla è l’allenatore, bisogna avere una fiducia totale nei propri giocatori altrimenti è difficile sostenerli quando la squadra è in difficoltà. Secondo, è necessario che i giocatori più importanti sul campo trasmettano questa carica agonistica soprattutto nei momenti critici delle partite. Non è qualcosa in più da fare, deve essere parte della loro prestazione di gioco. Infine, quando queste due condizioni si realizzano si deve lavorare sulla convinzione dei calciatori che invece tendono a deprimersi e a non reagire sul campo. Come si vede si tratta di applicare un sistema di lavoro, lo faranno? Chi lo sa.