Archivio mensile per aprile, 2024

I numeri del disagio giovanile sono drammatici

I  numeri del disagio giovanile pubblicati da Repubblica.it sono drammatici. Rivelano che 2milioni di giovani fra 10 e 20 anni soffrono di disturbi mentali. Vivono male la scuola e si sentono inadeguati. E’ il fallimento della Scuola che non prepara alla vita, fornendo insegnamenti per migliorare competenza, autonomia e capacità di relazionarsi. E’ anche il fallimento dei genitori che non sono stati in grado di educare i loro figli a diventare adulti consapevoli delle proprie capacità e responsabili. E’ il fallimento dello Stato che non fornisce un sistema educativo centrato sullo sviluppo della persona.

La speranza è che si formino reti di insegnanti e di genitori che promuovano modi per affrontare questa situazione, attraverso il coinvolgimento degli psicologi ma anche con la realizzazione d’iniziative che possano insegnare agli adolescenti il loro valore come persona a prescindere da ogni altra valutazione.

Non c’è molto tempo per aiutare questi giovani, perchè se si aspetta che escano dalla scuola questo lavoro sarà molto più difficile per la difficoltà a riunirli ma soprattutto perchè avranno passato anni per loro fondamentali a disperarsi.

Rapporti interpersonali, benessere e prestazione

Slemp, G. R., Field, J. G., Ryan, R. M., Forner, V. W., Van den Broeck, A., & Lewis, K. J. (2024). Interpersonal supports for basic psychological needs and their relations with motivation, well-being, and performance: A meta-analysis. Journal of Personality and Social Psychology.

I processi motivazionali delle persone, il benessere e le performance sono probabilmente favoriti dal sostegno degli altri.

La teoria dell’autodeterminazione sostiene che il supporto interpersonale per l’autonomia, la competenza e la capacità relazionale sia cruciale per raggiungere tali risultati. Nello studio attuale, forniamo un’esame completo di questa formulazione basata su un database composto da 4.561 dimensioni degli effetti provenienti da 881 campioni indipendenti (N = 443.556).

I nostri risultati indicano che il supporto per l’autonomia, la competenza e la capacità di relazionarsi è fortemente correlato positivamente con la soddisfazione di questi bisogni di base e fortemente correlato negativamente alla loro frustrazione. Il supporto interpersonale per i bisogni di base è fortemente correlato positivamente con il benessere soggettivo ed è correlato con le performance. Le analisi hanno mostrato una stabilità generale degli effetti tra le culture, anche se le correlazioni del supporto all’autonomia con la motivazione autonoma si sono indebolite come funzione dell’individualismo. Il pattern opposto è stato osservato per la correlazione tra supporto alla relazionalità e motivazione intrinseca. Alcuni effetti sono anche diminuiti come funzione dell’età del campione.

In sintesi, i nostri risultati sono coerenti con la premessa che per sostenere la motivazione ottimale, il benessere e le performance, dovrebbe essere preso in considerazione un ampio insieme di comportamenti che favoriscono tutti e tre i bisogni di base, insieme a diverse fonti di supporto interpersonale, per ottenere il massimo beneficio.

Implicazioni pratiche

Ad esempio, sul luogo di lavoro, Jungert e altri (2018) hanno esaminato empiricamente un intervento specificamente mirato a promuovere comportamenti interpersonali di supporto ai bisogni all’interno dei team di lavoro attraverso l’implementazione di esercizi tra pari volti a sviluppare la capacità di vedere le cose dal punto di vista degli altri, la comunicazione efficace e la collaborazione. I risultati hanno mostrato che l’intervento ha comportato benefici sulla soddisfazione dei bisogni e sulla motivazione autonoma. La nostra meta-analisi offre ulteriore supporto empirico a tali sforzi. Infatti, come abbiamo notato, in alcuni casi i nostri risultati hanno mostrato che i supporti laterali (tra pari) per i bisogni di base hanno esercitato effetti ancora più significativi rispetto alle fonti verticali, suggerendo che i pari rappresentino una potenziale fonte di nutrimento sotto-utilizzata che potrebbe essere più coinvolta nella progettazione, consegna e mantenimento dell’intervento.


Gli allenatori insegnano ai giovani a essere concentrati?

La professione di allenatore è diventata sempre più difficile per tante ragioni sociali e psicologiche. Dal punto di vista sociale oggi per un giovane di qualsiasi età non è possibile praticare uno sport se non s’iscrive a una società sportiva e partecipa agli allenamenti. Quindi, chiunque voglia fare sport lo deve fare all’interno di un’organizzazione e in determinati orari.

Chi una volta andava al parco o ai giardini vicino a casa semplicemente per giocare a pallone con gli amici, per passare del tempo muovendosi ora deve iscriversi a una scuola calcio come chi a una vera passione per questo sport e gioca con l’idea di farlo anche da adolescente e magari diventare un calciatore.

All’interno di questi contesti sportivi osservo allenatori che mostrano difficoltà a insegnare qualcosa che non sia strettamente tecnico. La concentrazione è un problema dei giovani di oggi (e non solo loro), si vedono ad esempio ragazzi che si predispongono con una postura sbagliata a eseguire esercizi e insegnanti che correggono l’esecuzione e non la postura originaria. L’effetto è che la tecnica non può essere ben appresa ma trovo più grave che i ragazzi non associano postura e azione tecnica. Di conseguenza la loro attenzione è centrata sull’esecuzione non su ciò che la precede. Ciò viene confermato dalla correzione dell’istruttore che è anch’essa orientata sulla tecnica.

I giovani in questo modo imparano che devono solo prestare attenzione alla tecnica, che ciò che precede il colpo è insignificante e ignorano che la postura che anticipa il colpo è indispensabile per eseguirlo in modo corretto. In tal modo e nel migliore dei casi imparano a concentrasi solo su una parte del movimento, senza riconoscere che l’azione sportiva consiste in un susseguirsi di movimenti strettamente connessi gli uni agli altri.

Da questa impostazione mentale nascono frasi tipiche come: “oggi non sentivo i colpi”, “ogni volta che ci ho provato, tiravo fuori”, “è inutile quel movimento non mi viene”, “ero sempre in ritardo sull’azione”, “non potevo colpire perchè er rigido”.

 

Luogo e data di nascita influenzano ancora la selezione nel calcio

Morganti, G.; Brustio, P.R.; Ruscello, B.; Apollaro, G.; Padua, E.; Kelly, A.L. Birth Advantages in Male Italian Soccer: How They Influence Players Youth Career and Their Future Career Status. Sports 2024, 12, 103.

L’articolo tratta delle organizzazioni calcistiche che generalmente adottano modelli deterministici all’interno dei loro percorsi di talento. In questo quadro, si enfatizzano la capacità precoce e i risultati, portando a bias di selezione, come i vantaggi legati alla data di nascita e gli effetti del luogo di nascita, che la ricerca ha dimostrato influenzare sia le esperienze di sviluppo precoce che il coinvolgimento continuativo nello sport.

Lo studio si è proposto di:

  • Testare ulteriormente gli effetti legati alla data di nascita nel calcio giovanile italiano, esplorando la distribuzione del trimestre di nascita (BQ) e del luogo di nascita (BP) di 1050 giocatori italiani maschi nati tra il 1999 e il 2001, che hanno partecipato al campionato nazionale U17 durante la stagione 2015-16.
  • Indagare come gli effetti legati alla data di nascita abbiano influenzato lo stato di carriera futura dei giocatori selezionati.

I risultati hanno mostrato che i giocatori nati all’inizio dell’anno e quelli nati nel Nord Italia erano sovrarappresentati a livello giovanile. Tuttavia, solo il 18% dei giocatori ha sviluppato una carriera calcistica professionistica. Inoltre, il luogo di nascita dei giocatori era associato al loro futuro stato di carriera, mentre il trimestre di nascita non lo era. I giocatori nati nel Nord Italia avevano cinque volte più probabilità di completare la transizione dai giovani ai senior rispetto a quelli nati nel Sud Italia.

Accetta di avere paura e vai avanti

La difficoltà che incontrano molti giovani è di non tollerare di provare emozioni negative e che apparentemente potrebbero bloccare le loro prestazioni. Il loro obiettivo sarebbe di restare sempre calmi e concentrati, il caso contrario lo interpretano in termini di poca fiducia in loro stessi. Un atleta mi ha detto: “prima di quella fase di gara mi sentivo terrorizzato”. Gli ho chiesto qual era il problema, la risposta è stata che avrebbe dovuto sentirsi in quel modo se fosse stato veramente fiducioso verso di sé.

Nessuno spiega a questi ragazzi/e che sentirsi ansiosi è una condizione piuttosto normale prima di una prova e che questo stato d’animo non è una manifestazione d’insicurezza ma potrebbe essere molto altro. Ma chi dovrebbe educarli alle emozioni? Gli insegnanti a scuola o i genitori, che a loro volta hanno le stesse convinzioni dei ragazzi?

Che fare? Sperare che i ragazzi in questione siano più intelligenti delle loro paure e scoprano che si può fare molto bene anche se prima ci si sentiva terrorizzati. Questo potrebbe avvenire in quanto hanno scoperto che tutti sono ansiosi prima di fare qualcosa che per loro è importante, quindi, non è un malfunzionamento ma una condizione che accomuna tutti.

Raggiunta questa consapevolezza potrebbero pensare, che allora se questo stato d’animo non differenzia le persone, probabilmente vado come sono, dovrei concentrarmi su cosa mi serve per fare bene e quindi impegnarmi a stare concentrato sul compito che dovrò svolgere e per il quale mi sono impegnato.

Non tutti ci riusciranno facilmente, anzi serve una dedizione totale, però tutti possono intanto riconoscere che non sono le paure a distinguere le persone ma come si reagisce a questi stati d’animo.

La salute mentale degli allenatori di alto livello

Göran Kenttä, Kristen Dieffenbach, Marte Bentzen,  Melissa Thompson, Jean Côté, Cliff Mallett, and Peter Olusoga (2024) Position Paper: Rationale for a Focused Attention on Mental Health of High-Performance Sports Coaches. International Sport Coaching Journal.

Il ruolo dell’allenatore, particolarmente nello sport ad alto livello, può essere estremamente impegnativo, sfidante e stressante. La ricerca ha costantemente evidenziato le molteplici, variegate e sovrapposte richieste poste agli allenatori nello sport ad alto livello, che derivano sia dalla natura altamente carica dell’ambiente prestazionale stesso che dalla cultura dello sport ad alto livello che enfatizza il controllo emotivo e la resilienza a discapito della vulnerabilità e della ricerca di aiuto. La ricerca ha anche chiaramente evidenziato gli impatti dannosi di queste richieste sul benessere e gli esiti della salute mentale degli allenatori, e sulla sostenibilità dell’allenamento come carriera.

Le sole interventi a livello di allenatore non possono più essere considerati sufficienti per affrontare il complesso problema del benessere e del malessere degli allenatori. Non solo tali interventi, di solito mirati a migliorare la gestione dello stress, insegnare la consapevolezza o sviluppare specifiche “abilità” psicologiche, non affrontano i fattori sistemici a livello organizzativo che sottendono la cattiva salute mentale e il malessere nell’allenamento, ma sosteniamo che possano aggravare il problema, colpevolizzando involontariamente l’allenatore per la propria mancanza di capacità di autotrattamento.

Sebbene l’autocura dell’allenatore sia ancora una parte importante del quadro del benessere, la responsabilità per il benessere dell’allenatore dovrebbe essere condivisa. Perciò, sosteniamo un approccio più sistematico a livello organizzativo per potenziare e mantenere la salute mentale e il benessere degli allenatori. Sottolineiamo la necessità di interventi a livello organizzativo per ridurre il stigma associato alla scarsa salute mentale, per l’educazione degli allenatori affinché riconoscano le richieste dell’insicurezza lavorativa, delle transizioni di carriera e dello stress minoritario, e per il supporto tangibile alla salute mentale sotto forma di screening e accesso a un supporto appropriato. Inoltre, mentre sottolineiamo l’importanza dell’educazione degli allenatori in queste aree, mettiamo anche in evidenza l’educazione degli educatori degli allenatori, degli sviluppatori degli allenatori e di altri attori chiave in modo che siano meglio posizionati per supportare gli allenatori per i quali hanno un dovere di cura.

Suggeriamo che sia necessaria anche la ricerca per esplorare ed valutare gli interventi a livello organizzativo mirati a migliorare il benessere degli allenatori e che i finanziamenti dovrebbero essere indirizzati verso tali ricerche. Studi che esplorano popolazioni specifiche come gli allenatori di gruppi minoritari o ricerche più interculturali potrebbero anche sviscerare le sfumature dei diversi ambienti prestazionali e i loro impatti sulla salute mentale e il benessere degli allenatori, portando in definitiva a una comprensione più ampia e alla fornitura di strategie di intervento più su misura.

Questo articolo serve come un riassunto conciso, non solo della natura intensa dello sport ad alto livello ma anche delle implicazioni sulla salute mentale conseguenti per gli allenatori sportivi. Tuttavia, è imperativo andare oltre la fornitura di benessere e salute mentale a livello individuale/allenatore e il completo insieme di raccomandazioni basate su prove fornite qui è inteso per migliorare la sostenibilità dell’allenamento come professione.

Ruolo dell’esercizio nella gestione della salute mentale

Smith PJ, Merwin RM. The Role of Exercise in Management of Mental Health Disorders: An Integrative Review. Annu Rev Med. 2021 Jan 27;72:45-62.

Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che quantità minori di attività fisica (AF) o maggiori quantità di tempo trascorso in comportamenti sedentari sono associati a un maggiore rischio di problemi di salute mentale. In uno studio recente su 1,2 milioni di adulti statunitensi, in cui i partecipanti sono stati abbinati su numerosi fattori di background e demografici, gli individui che facevano esercizio riportavano un miglior funzionamento della salute mentale rispetto a coloro che non facevano esercizio.

Studi prospettici focalizzati su specifiche condizioni di salute mentale hanno riportato risultati simili, suggerendo che una maggiore AF abituale può proteggere contro lo sviluppo di varie condizioni di salute mentale. Ad esempio, una recente meta-analisi di 49 studi prospettici su quasi 267.000 individui ha dimostrato che livelli più alti di AF sono associati a una minore probabilità di sviluppare depressione in diverse fasce d’età.

L’AF è anche associata prospetticamente a una minore probabilità di sviluppare sintomi d’ansia elevati e disturbi d’ansia in una recente meta-analisi di oltre 80.000 individui.

L’esame della letteratura che collega l’esercizio alla salute mentale suggerisce che l’allenamento fisico è vantaggioso per una vasta gamma di risultati sulla salute mentale, anche se la forza del beneficio del trattamento sembra variare tra le popolazioni e le modalità di allenamento. La letteratura attuale potrebbe essere caratterizzata da tre ipotesi meccanicistiche principali, che sono utili nel formulare ipotesi riguardanti i miglioramenti del trattamento:

  1. la salute mentale migliora in associazione con gli effetti fisici/edonici dell’esercizio,
  2. l’esercizio migliora la salute mentale attraverso meccanismi neurobiologici,
  3. l’esercizio è un veicolo per coltivare meccanismi comportamentali di cambiamento (ad esempio, abilità di auto-regolazione e autoefficacia).

Sosteniamo che l’allenamento fisico probabilmente migliora la salute mentale attraverso influenze sinergiche sia dei meccanismi di apprendimento neurobiologici che comportamentali. All’interno di questo quadro, l’allenamento migliora i sistemi neurobiologici critici per l’apprendimento adattivo, così come i processi di controllo affettivo e cognitivo, risultando in miglioramenti sinergici nella regolazione delle risposte cognitive e affettive attraverso un “circolo virtuoso” di rinforzo.

IJSP Master class on extreme experiences

ISSP Master Class Series – Lecture #7

Extreme Experiences in Sports and Experiences in Extreme Sports

A DUAL PSYCHOLOGY PERSPECTIVE

Date: Tuesday, May 16th, 2024
Speakers: Prof. Dr. Dieter Hackfort
Length of Session: 90 minutes (60-minute lecture, 30-minute Q&A)
Language: English (Live multilingual captioning available)
Time: 12:00 UTC (New York 8:00, Belo Horizonte, 9:00, Beijing 20:00, Seoul 21:00, Sydney 22:00)
Where: Zoom (Link sent upon registration)
Recordings: Available for 60 days after the lecture

Program Overview

During this lecture, Prof. Hackfort will examine distinctions and various conceptual approaches in order to explain behavior in adventurous, risky, and extreme sports activities. In applying an action-theory perspective, Prof. Hackfort will outline a prolific framework for a differentiated analysis and the development of a sophisticated understanding considering socio-cultural circumstances and individual motivations associated with participation in such activities. The purposes of this presentation are to (1) differentiate and describe adventurous sport activities, risk sports, and extreme sports, (2) analyze and elucidate explanations for them, and (3) clarify some misunderstandings in public perceptions related to these activities. Prof. Hackfort will question the usage of labels such as ‘danger-freaks,’ ‘stress-junkies,’ or ‘sensation-seekers’ and unravel misleading attributions. With reference to concepts like stress and coping, risk and security, or arousal and relaxation, he will illustrate the necessity of a dual perspective and the meaning of considering functional interrelations. Only thus, it is possible to move beyond simple mono-causal and uni-directional approaches for an appropriate conceptualization of the organization and regulation of human actions, not only in adventurous sport activities or elite sports but also in non-sporting action fields or domains. However, based on his experiences in applied sport psychology, Prof. Hackfort will also address opportunities to learn about risk behavior and design strategies for risk education to enhance risk-consciousness and competencies in calculated risk-taking.

About the Speakers
Prof. Dieter Hackfort is a retired Professor of Sport, Exercise, and Performance Psychology. Since 1985, Prof. Hackfort has held professorships in universities on three continents: Europe (Heidelberg and Munich in Germany), Asia (Doha, Qatar and Wuhan, China), and North America (Tampa, Florida, USA). From 1989 to 1993, Prof. Hackfort was the president of the German Association for Sport Psychology (ASP), and from 2005 to 2009, he was the President of the International Society of Sport Psychology ISSP). Prof. Hackfort continues to be heavily involved in applied practice. His applied work extends from working as a consultant for world champions in professional sports (e.g., F1) and Olympic gold medalists (e.g., skiing) as well as performing artists, elite sports organizations, and businesses around the globe. The main research interests of Prof. Hackfort are in (1) high-performance management, including the organizational set-up for high performance, (2) lifestyle and career management of elite athletes, (3) mental fitness and robustness, (4) stress and emotions concerning its functional meaning for action regulation, (5) the development of diagnostic tools, assessment strategies and measurements for a computer-assisted mental test and training system (MTTS). His work on these various issues is connected with the conceptual and methodological advancement of an action-theory perspective in the social/human sciences. Prof. Hackfort is a widely published scholar with over 250 publications, including 35 books and edited volumes. Prof. Hackfort received numerous awards in recognition of his outstanding academic and applied research and leadership in national and international organizations. Among others, he received the ISSP International Sport Psychologist Award in 2017 and was bestowed the status of ISSP Fellow in 2018. Finally, in 2023, Prof. Hackfort was selected for the inaugural generation of the ISSP Hall of Fame to be one of the top ten living sport psychologists.

Program Format
Attendees can participate in an ISSP Master Class session right from their office or home. Upon registration, registrants will be provided the Zoom link to access the presentation on the web in real-time. If you are unable to watch the session live, a recording will be provided afterward to all registrants.

Pronti per le XXXIII° Olimpiadi

E’ stata accesa in Grecia, al tempio di Era risalente a 2.600 anni fa, vicino allo stadio dove nacquero le Olimpiadi nel 776 avanti Cristo. Mancano poco più di 100 giorni al 26 luglio, quando ci sarà l’inaugurazione a Parigi dei XXXIII° Giochi Olimpici.

Attualmente sono 193 gli italiani/e qualificati in 23 discipline. Le Olimpiadi costituiscono il sogno di ogni atleta e l’apice della carriera sportiva. Vincere una medaglia olimpica è come scalare l’Everest senza ossigeno. Degli atleti/e dell’élite mondiale, in Italia circa 300 tra uomini e donne,  probabilmente solo il 10% salirà sul podio. Vincere una medaglia è un evento veramente raro e per questo corrisponde all’impegno di una vita.

Pechino 2022: accesa la fiamma olimpica | EuronewsCome sappiamo non basta solo il talento personale, servono motivazione e dedizione, allenamenti di qualità, anni, molte ore/settimana, allenatori e staff eccellenti, prevenzione dagli infortuni, capacità di recupero, uno stile di vita adeguato e un ambiente extra-sportivo positivo.

Tutto questo non vaccina contro paura e ansia ma mette nella condizione di saperle affrontare con successo. A poco più di tre mesi dall’inizio delle gare allenamenti e gare continuano, molti si devono ancora qualificare, gli sport di squadra sono nel vivo delle competizioni con il campionato e le coppe internazionali, negli sport individuali si gareggia per trovare il pass per Parigi. E’ un periodo intenso e in questi giorni il pilota che c’è dentro di noi che ci guida nel lavoro quotidiano diventa sempre più importante. Il compito è alternare con efficacia i momenti in cui si spende la propria energia, allenamento e gare, con quelli in cui si recupera l’energia che si è spesa (alimentazione, sonno, relax, vita sociale). Queste due fasi si alternano ogni giorno e sono ambedue importanti per giungere pronti alla fine.

Bisogna entrare in questi due ambienti con facilità e farsi aiutare da chi ci sta vicino a mantenere questa alternanza. Si dà tutto sapendo di avere il tempo per recuperare e si recupera per potere dare tutto.

 

L’impegno

Impegno:  Disposizione individuale a fare sacrifici in altre aree della propria vita, allo scopo di avere successo nello sport.

  • Stabilisci quanto ti senti coinvolto nel raggiungimento degli obiettivi sportivi.
  • Pensa a cosa hai fatto nell’ultimo anno per migliorare nello sport e a quanto ti sei impegnato per realizzare questi tuoi obiettivi. I cambiamenti da considerare possono riguardare aspetti tecnici, fisici e psicologici. Fai una graduatoria che vada da quelli più significativi a quelli meno rilevanti, identificando per ognuno i risultati raggiunti.
  • Se ti senti poco/mediamente coinvolto in ciò che fai, chiediti come mai ti trovi in questa situazione: identifica cosa  hai fatto tu stesso per metterti in questa situazione e cosa vuoi fare di diverso per aumentare la tua motivazione.
  • Pensa a come hai reagito alle critiche del tuo allenatore o ad un errore. Il tuo impegno è continuato ad essere costante se non maggiore, oppure ti sei depresso o sei diventato più aggressivo?
  • Pensa ai momenti in cui ti sei trovato in difficoltà, cosa ti sei detto e hai fatto per mantenere alta la tua motivazione? Non scordartene poiché questi atteggiamenti sono un tuo patrimonio estremamente importante, di cui servirti nelle situazioni difficili per sostenere l’impegno e il desiderio di avere successo.
  • Talvolta l’impegno eccessivo può condurre: ad una eccessiva cura nei dettagli. Pertanto, è necessario ottimizzare il rapporto fra timing decisionale, che riguarda entro quanto una decisione va presa  e impegno personale, che si riferisce al tempo necessario per raccogliere solo le informazioni utili e non quelle che sarebbero ridondanti o poco significative.