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Come vivere l’anno pre-olimpico

Meno di un anno alle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi 2024 e mi chiedo come sarà questo anno per atleti, team e staff. I giochi olimpici mantengono inalterato il loro fascino che va oltre la commercializzazione dello sport. Molti aspirano ad andarci anche solo per una volta nella loro carriera sportiva e lo stress legato a questa partecipazione è per tutti molto forte. Degli atleti italiani che partecipano alle Olimpiadi solo circa il 15% tornerà con una medaglia.

Questo anno va però vissuto non solo a forza di stress, di rinunce e di timori ma anche con l’entusiasmo di chi si sente impegnato a raggiungere un grande obiettivo senza esserne schiacciato. Vogliamo alto per raggiungere un risultato, quale che sia per ognuno, ma viviamo con piacere la quotidianità.

Ormai siamo diventati consapevoli che non esiste l’individuo e l’atleta, non sono due entità distinte ospitate nello stesso corpo. Non ci sono due persone diverse, una delle quali deve sacrificarsi per soddisfare l’altra e non a caso le ricerche condotte fra gli atleti di élite evidenziano che le loro prestazioni dipendono dalla loro motivazione dedizione a questo lavoro che è lo sport, gli allenatori e lo staff che la vora con loro e la famiglia e gli amici, quindi il loro ambiente sociale principale.

Le loro prestazioni dipendono in larga parte dall’integrazione efficace fra questi elementi. Ci saranno sempre le eccezioni a questo approccio ma questo non rappresenta la regola. E allora è auspicabile che si diffonda sempre più questa cultura dell’integrazione, che riscopre il valore della globalità della vita degli atleti e del loro benessere.

Cosa pensano i campioni

In partita è meglio pensare? Oppure pensare rallenta l’azione? Nella mia esperienza molti atleti non hanno risposte precise a queste domande e non sanno cosa sia meglio fare. Non voglio entrare nel merito di come da più giovani hanno imparato, se hanno seguito essenzialmente quanto gli veniva richiesto dall’allenatore o se hanno anche sviluppato pensieri autonomi. Anche se è ovvio che ognuno si forma mentalmente nei primi anni di gioco.

Tuttavia a me interessa parlare di come ragiona un giovane, ormai sportivamente competente durante una partita che sia di uno sport di squadra o che riguardi sport situazionali come il tennis, il tennis tavolo, la scherma e gli sport di combattimento. Sport di opposizione in cui l’obiettivo è dominare gli avversari. Per raggiungere questo obiettivo, in gara, si pensa?

Se confronto la mentalità degli atleti di vertice mondiale con cui ho lavorato (in 7 olimpiadi ho collaborato con atleti che hanno vinto 12 medaglie olimpiche nel tiro a volo, scherma, windsurf e lotta e ai Giochi del Commonwealth 2 medaglie con l’India) e quella di atleti di livello internazionale, uomini e donne, ma che non sono tra i primi 10 al mondo nella loro specialità ritengo che la differenza principale riguarda essenzialmente come usano in gara la loro mente. Teniamo sempre presente che anche gli atleti di vertice non sono sempre vincenti, spesso perdono, tuttavia più di frequente degli altri si ritrovano a lottare per una medaglia.

Alcuni esempi di pensieri di atleti di livello assoluto:

Giovanni Pellielo - “L’ultima delle serie di selezione è stata la più pesante, ho fatto zero al penultimo bersaglio in prima pedana, ho chiuso con ventitre ed è stata la serie in cui ho sofferto di più perché bisognava fare il risultato in condizioni difficili e con un carico emotivo altissimo in quanto ero comunque l’uomo che aveva vinto due medaglie alle Olimpiadi. Diciamo che in quell’occasione tutti i fantasmi sono arrivati alla mente: è stato difficile chiudere quel risultato ma l’ho chiuso. Poi ho pensato alla finale facendo riferimento al bagaglio di quattro anni d’esperienza e ho rivissuto tutto quello che avevo fatto nell’ultimo anno a livello di preparazione soprattutto psicologica così da affrontare la finale come io volevo e desideravo.”

Francesco D’Aniello - “Lo stress lo accumuli se pensi al risultato. Nella finale olimpica sapevo che tutti mi guardavano ma convogliavo la mente su quello che serviva per rompere i piattelli. La mia concentrazione era convogliata nel pensare solo a quel che dovevo fare per rompere i piattelli. Sapevo che il cinese mi aveva raggiunto, uno zero non glielo avevano dato e questo fattore mi poteva distruggere. Quindi mi sono detto: “Se faccio uno zero questo mi mangia”, quando ho realizzato che non potevo più fare zero mi sono concentrato solo sul mio gesto tecnico”.

Manavjit Singh Sandhu – Competere testa a testa con due campioni olimpici in un solo giorno e avere la meglio su entrambi è stato davvero speciale. Tuttavia, ritengo che nel tiro si cerchi semplicemente di centrare il proprio obiettivo e che il punteggio parli da sé. Psicologicamente, può essere intimidatorio sparare contro le leggende, ma non ho lasciato che questo mi disturbasse”.

Emerge in modo evidente, che nei momenti di pressione agonistica, dopo un errore, quando le emozioni potrebbero determinare un blocco mentale, questi atleti s’incoraggiano e si concentrano su quello che devono fare. Se pensano al risultato è solo per pochi momenti, perchè la mente va subito alla prestazione, a cosa fare. Come Roberta Vinci quando nella partita vinta contro Serena Williams si ripeteva: “Corri e buttala di là”. Questo è l’autocontrollo dei campioni che dobbiamo allenare nei giovani atleti.

Sofia Goggia a 9 anni scrisse: ”Voglio vincere l’oro in discesa”

Non è mai troppo presto per sognare. Sofia Goggia a 9 anni scrisse: “Voglio vincere l’oro in discesa”.

L’ha scritto rispondendo alle domande della Scheda degli Obiettivi del mio libro di allenamento mentale per atleti “Mental Training“.

Voleva essere mentalmente pronta e a lungo termine prontissima. Al suo allenatore chiedeva di seguirla al massimo.

 

 

Le Olimpiadi di Rio iniziano: Si realizza il sogno degli atleti

Le Olimpiadi di Rio stanno per iniziare. La piaga del doping, che umilia lo sport, è forte e non sembra retrocedere nonostante le squalifiche e i risultati del rapporto di Richard McLaren. Nonostante questo, per la maggior degli atleti, partecipare alle Olimpiadi rappresenta un evento straordinario (gli italiani presenti saranno 308). Sappiamo benissimo i costi e i rischi che le Olimpiadi impongono a chi le organizza ma il mito resiste oggi come una volta. Questo è l’evento sportivo mondiale più importante, accade una volta ogni quattro anni, per la maggior parte delle discipline bisogna qualificarsi e in alcune è presente solo un atleta per nazione. Rappresenta anche un legame forte con le nostre origini passate, dove si uniscono la ricerca del bello, della prestazione, della competitività, della pace e dell’eroe. Chi vince una medaglia alle Olimpiadi entra di diritto nella storia dello sport mondiale, per questo è la gara della vita. Infatti, vi sono atleti che non si sono più ripresi da una sconfitta alle Olimpiadi, altri che hanno vissuto i quattro anni successivi in attesa di quel giorno, in cui avrebbero dimostrato al mondo il loro vero valore. Per questo molti si dopano, perché vogliono aumentare al massimo la probabilità di vincere, fino a oltrepassare il confine del lecito. Vincere le Olimpiadi è il compimento di un sogno, che si è avuto decine di volte in precedenza. Non bisogna dare retta a quando gli atleti dicono: “non ci avevo proprio pensato, il mio obiettivo era fare il mio meglio”. Ci hanno pensato eccome ma sono stati bravi e brave ad allontanare questa idea e a concentrarsi solo su ciò che serviva per fornire una prestazione eccezionale. Infatti, la vittoria di una medaglia alle olimpiadi viene solo da una prestazione eccezionale, l’eccellenza in questo caso non consiste per forza in un record o in azioni irripetibili per qualità. Nasce dall’avere tenuto a bada il dolore interno dell’idea della sconfitta. L’atleta in questa condizione, per affrontare questa idea, non esagera nel suo desiderio di volere fare bene a tutti i costi, irrigidendo corpo e mente e deteriorando la prestazione ma non si butta neanche nella mischia senza pensare, mostrandosi così impulsivo. Accetta invece l’idea della sconfitta e fa esattamente quello che si è preparato a fare, in tutte quelle lunghe ore di allenamento, né di più, né di meno, cioè fa quello che è capace. Raggiungere questa condizione mentale non è facile ed è l’esito di un lavoro mentale su condotto su di sé. E’ questa la sfida che aspetta chi gareggerà a Rio.

Servizio gratuito per conoscere il mental coaching

Siamo all’inizio dell’anno Preolimpico. Infatti i Giochi Olimpici inizieranno a Rio il 6 agosto 2016 e quelli Paralimpici il 7 settembre 2016. Per la maggior parte degli atleti inizia un periodo decisivo per la loro carriera sportiva: devono allenarsi e gareggiare per qualificarsi alla più importante manifestazione sportiva. Ognuno di loro vivrà questo periodo in un modo personale. Vi sono coloro che non hanno partecipato alle Olimpiadi che sperano di raggiungere questo traguardo e accanto a loro vi sono gli atleti più esperti che hanno già vissuto questa esperienza ma che vogliono nuovamente esserci ed essere competitivi. Anche la preparazione psicologica è ormai parte integrante dei programmi di molti atleti e squadre. Questi programmi non sono diffusi solo in Europa, nel Nord-America e in Australia ma anche in molti paesi dell’Asia. Tanto è vero che è stato da poco pubblicato un libro intitolato “Secrets of Asian Sport Psychology” che contiene 22 esperienze condotte in altrettante nazioni di questo continente. Qui sotto riporto le principali abilità psicologiche degli atleti vincitori di medaglia olimpica:

  • Elevata motivazione e impegno
  • Tenacia
  • Livello elevato di fiducia nei momenti di pressione agonistica
  • Identificazione degli obiettivi
  • Autoregolazione delle emozioni nei momenti decisivi
  • Avere routine ben organizzate durante la competizione
  • Sapere fronteggiare le distrazioni e gli eventi inattesi
  • Elevata concentrazione
  • Visualizzazione
In Italia questo approccio non è invece ancora diffuso come dovrebbe e molti atleti non raggiungono il livello a cui aspirano per capacità tecniche e fisiche proprio perché non investono risorse nella preparazione psicologica o mental coaching o perché si affidano a professionisti poco qualificati o con nessuna esperienza a livello di competizioni internazionali.
Inoltre non vi è un’organizzazione riconosciuta a cui porre domande su questo tema e richiedere un contatto con un consulente per avere informazioni su cosa consiste un programma di mental coaching.
Il mio studio, Cei Consulting, vuole invece offrire gratuitamente questo servizio a atleti, allenatori e dirigenti sportivi che vogliamo conoscere meglio questo aspetto dell’allenamento sportivo e della competizione.
Per intraprendere un percorso di allenamento mentale bisogna sapere a cosa si va incontro. In particolare atleta e allenatore troveranno specifiche risposte in relazione a:
  • Tempi di attuazione del programma
  • Abilità che verranno sviluppate e ottimizzate
  • Utilità per l’atleta e l’allenatore
  • Modalità dell’allenamento e sua periodizzazione
  • Frequenza della partecipazione del mental coach agli allenamenti e alle gare
  • Valutazione psicologica delle gare passate
Infine assolutamente nuovo è il sistema proposto in collaborazione con Enhanced Performance System di San Diego relativo a:
  • Analisi e allenamento dello stile attentivo personale (di squadra) comparato con le richieste attentive e di rapidità/precisione dello sport praticato
  • Comparazione fra lo stile attentivo e interpersonale dell’atleta e quello dell’allenatore (punti di forza della relazione e probabili punti di attrito)
  • Identificazione del livello di Killer Instinct dell’atleta, decisivo nei momenti di maggiore pressione agonistica
  • Confronto delle caratteristiche attentive dell’atleta con quelle degli atleti di molte nazioni che detengono un record del mondo.
Chi è interessato a conoscere di più in relazione al mental coaching applicato al suo sport non esiti a contattarci scrivendo a: info@ceiconsulting.it

Quanto una medaglia vale davvero la pena

 

 

Tiro a volo mental coach

Mi chiedono spesso da quanto tempo lavoro con il tiro a volo. Come risposta voglio mostrare questa foto delle olimpiadi di Atlanta 1996 in cui sono con: Albano Pera ( argento double trap e ct attuale della fossa olimpica) e Ennio Falco (oro skeet) e Andrea Benelli (bronzo skeet attuale ct keet).

 

 

 

 

 

 

 

Lo sport eretico

Lo sport eretico riguarda quel tipo di prestazioni che non vedremo mai alle olimpiadi ma che richiedono un analogo livello di ratabilità e di dedizione da parte di chi le pratica. Guarda questo video.

Giovanni Pellielo: Una leggenda dello sport olimpico

Oggi a Granada Giovanni Pellielo ha conquistato per la settima volta il diritto di partecipare alle Olimpiadi. E’ arrivato 3° ai campionati del mondo con un percorso esaltante. Nella fase eliminatoria ha ottenuto 124 su 125 classificandosi primo insieme ad altri due tiratori. Nella semifinale ha preso 14 piattelli su 15. Ha dovuto spareggiare con un altro tiratore, ha sbagliato subito e si è trovato a gareggiare contro un altro tiratore per il terzo posto. Di nuovo 15 piattelli, li ha presi tutti mentre il suo avversario ne ha sbagliati 3. Con questo risultato ha vinto anche la carta olimpica per Rio alla prima occasione in cui è stata messa in palio. Se, come probabile, andrà a Rio sarà la sua settima olimpiade dove finora ha vinto 3 medaglie. E’ l’atleta più vincente della storia del tiro a volo, avendo anche vinto 4 mondiali e decine di gare internazionali. Ha 44 anni.

La felicità dell’olimpionico Tom Daley

L’olimpionico inglese di tuffi Tom Daley ha rivelato la sua relazione con un altro uomo in un video emotivamente intenso su YouTube. Daley, 19 anni spiega: “E’ arrivata la primavera quest’anno, la mia vita è molto cambiata da quando ho incontrato qualcuno e ciò mi ha fatto sentire così felice, così sicuro e ogni cosa sembra meravigliosa. E questo qualcuno è un uomo”.