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La nuova mentalità vincente della Juventus

Prima il furore, poi la tecnica. Mi sembra questa l’evoluzione che in questi anni ha avuto la mentalità della Juventus. Campioni indiscussi come Buffon, Del Piero e Pirlo, fra gli altri, avevano già vinto molto e dimostrato di avere questo approccio al calcio, ma una squadra vincente è molto di più delle sue singole individualità e bisognava  che tutti dimostrassero di avere e portare sul campo questa mentalità. Il lavoro di Conte ha avuto il merito di portare il furore nel gioco, quell’intensità fisica e mentale prima che tecnica, che la squadra doveva dimostrare per novanta minuti in ogni partita. Allegri ha completato questa squadra, che aveva vinto tre campionati consecutivi, cambiando modulo di gioco e portando l’attenzione sul  lavoro tecnico e su quanto sia necessario migliorare continuamente sotto questo aspetto. Oggi si parla di quanto sia stato inatteso il raggiungimento della finale di Champions League, ma nello sport i miracoli non esistono. La squadra ha, invece, dimostrato di avere oltrepassato i limiti psicologici che le impedivano di giocare in modo da raggiungere questo obiettivo. Merito dell’allenamento ma anche dal partire da una condizione vincente, almeno in Italia, e su questa fiducia è stato possibile costruire, ostacolo dopo ostacolo, questa volontà di andare oltre i limiti passati. Ora tutto è possibile perché la storia c’insegna che Davide ha battuto Golia. La Juventus va a Berlino con un atteggiamento gioioso perché sono mesi che coltiva un sogno che giorno dopo giorno, con fatica e dedizione, è diventato realtà e questo è un vantaggio psicologico significativo per affrontare al meglio quest’ultima partita. Il Barcellona, super-favorito può incorrere in una partenza falsa come fece Bolt alla finale dei 100m ai mondiali del 2011 con la conseguente  squalifica. Un esempio di superficialità mentale dettata dal sentirsi predestinato a vincere.  Alla Juventus servirà l’entusiasmo accumulato in queste settimane unito alla calma, che le permetteranno di esaltare il proprio gioco, quello insegnato da Allegri. Certamente la Juventus nel suo percorso in Champions League è stata anche fortunata e questo ha messo in evidenza un’altra sua caratteristica, tipica delle squadre vincenti: sapere trarre vantaggio dalle condizioni favorevoli.  Infatti, ha vinto quando doveva vincere e non è facile ottenere questo risultato, perché spesso le squadre non-fiduciose perdono proprio queste partite non ragionando, perdendo la calma quando il gol non viene subito o se la squadra avversaria si mostra più difficile da superare. In questi casi, chi dovrebbe vincere diventa insicuro mentre l’avversario acquista sicurezza  e può ribaltare a proprio favore il risultato, tra l’incredulità dei favoriti. Impegno, dedizione totale e tecnica sono le parole chiave di questo successo.

Noi siamo ciò che facciamo quotidianamente

Aristotele diceva che “Noi siamo ciò che facciamo costantemente. L’eccellenza quindi non è un atto ma una abitudine.” Infatti lo sport è pieno di storie di giovani che sono stati rovinati dal loro talento (fisico e tecnico), perchè hanno pensato che questo dono fosse sufficiente per avere successo e quando poi la vita li ha messi di fronte alle prove decisive loro hanno perso e sono scomparsi. Perchè noi siano ciò che facciamo quotidianamente, studio, lavoro e per gli atleti allenamento. Quindi l’eccellenza nasce dall’abitudine a allenarsi con una dedizione pressochè totale. Chi non capisce che questo è la strada da percorrere quotidiamente crede di sopperire con il proprio talento naturale; purtroppo è solo un’illusione che alle prime asperità verrà demolita.

Le ragioni per insegnare ai cani a salire sugli alberi

La ricerca del talento si è spesso basata su un’idea di base che può essere così riassunta: perchè insegnare a un cane a salire su un albero, quando le scimmie lo fanno così bene. Apparentemente il ragionamento non fa una grinza e di conseguenza gli scienziati si sono messi a ricercarle e a scartare i cani. Poi sono sorti i primi problemi, per cui ad esempio i lemuri pur trovandosi a loro agio sugli alberi sono troppo lenti, altre sono troppo indisciplinate e aggrediscono e così via . Nonostante queste limitazioni ancora oggi molti selezionano gli atleti/scimmie sulla base delle  caratteristiche fisiche e motorie che mostrano in un determinato momento. La natura ci porta però anche altri esempi che di solito non vengono considerati. La storia del bruco che diventa farfalla o quella del cigno che da giovane non è proprio uno splendore come lo è da adulto insegnano che l’apparenza, quindi come si è in un determinato momento dello sviluppo, può non corrispondere a come si diventerà.  Queste storie ci devono insegnare che la ricerca sul talento non si deve basare sulla semplice somma delle capacità possedute in un detereminato momento ma deve essere impostata su un tragitto a lungo termine, perchè non è detto che i più bravi a 14 anni lo saranno anche a 16. Impegno e dedizione sono due dimensioni che di solito non fanno parte delle dimensioni esaminate, ma sono considerate come le più importanti dagli atleti di alto livello, dovrebbero invece cominciare a essere prese in considerazione. L’altro aspetto decisivo per avere successo come atleta consiste nel valutare il grado di miglioramento di un giovane durante una stagione agonistica. Atleti inizialmente meno competenti possono giungere a gareggiare con quelli più bravi grazie a una maggiore disponibilità a imparare dall’allenamento. Per cui non scartiamo per definizione i cani, potrebbero riservarci sorprese interessanti.

E’ morto Pietro Mennea

E’ morto Mennea uno dei miti dello sport mondiale. Qualcuno ha scritto che non dovremmo avere bisogno di miti, personalmente sono convinto del contrario. I miti per me rappresentano quelle terre sicure a cui ritornare quando mi sento incerto. Sono quei pensieri che non hai tutti i giorni, perchè sarebbe come sprecarli, ma che si presentano nei momenti difficili e ti danno la convinzione a continuare. E’ chiaro che te li rappresenti a modo tuo ma lo sono diventati miti per le loro caratteristiche intrinseche di dedizione, tenacia, forza, idea assoluta di riuscire a essere come si vuole. Naturalmente poi ci riescono a fare quello che vogliono, come è stato per Mennea vittorie indimenticabili e un record strabiliante sui 200m. Una vita assoluta, un vero e positivo blade runner.

record del mondo 200m: http://www.youtube.com/watch?v=2sczSLGRXDY

I problemi dell’Inter

Non mi convincono le spiegazioni fornite sulle sconfitte dell’Inter e non mi riferisco al merito degli acquisti e cessioni di calciatori, dell’invecchiamento della squadra o degli eventuali errori d’impostazione tattica della squadra. Certamente sono aspetti importanti ma nelle valutazioni che ho ascoltato e letto mi sembra manchi qualcosa, che a mio avviso viene prima di tutto e cioè: impegno e dedizione. Significa entrare sul campo con la voglia di dare il meglio di sè anche sapendo che non si è al massimo della preparazione (quale che ne sia il motivo), con la voglia di dimostrare che si ha un’anima. Ecco perchè gli allenatori sono spesso paragonati ai condottieri, perchè devono fare ardere questo fuoco, e non è retorica. Dice bene Al Pacino-allenatore nel film “Ogni maledetta domenica” bisogna lottare 1 cm alla volta. Questo approccio viene prima degli schemi, perchè è quello che serve proprio a esaltare il gioco squadra, povero o ricco che sia. “NOI siamo questi” deve dire la squadra, “siamo disposti a lottare?”  Questo ragionamento è semplice e terribile nello stesso tempo. Semplice perchè elimina ogni altra giustificazione, terribile perchè ognuno sa che da quel momento non può più mentire a se stesso. O ci stai o sei fuori e quando i giocatori purtroppo si escludono, a quel punto viene mandato via l’allenatore.