Archivio mensile per luglio, 2023

Quando il cervello richiede delle pause

In un’epoca in cui bisogna essere “sempre attivi”, gli atleti rappresentano un tipo di popolazione a cui questa regola si applica pienamente. La questione è che con questo tipo d’impostazione di vita non è per niente facile trovare un equilibrio fra le richieste agonistiche e il benessere personale.

E’ quindi importante per chi intraprende la carriera sportiva trovare un modo di vivere in cui siano presenti dei momenti di pausa mentale per potere continuare a migliorare la capacità di svolgere un lavoro di qualità e sostenere il proprio benessere.

Nel 2022 è stata pubblicata una rassegna sistematica su questo tema che  ha rilevato che anche brevi pause di 10 minuti riducono l’affaticamento mentale e aumentano il vigore (ovvero la volontà di persistere quando il lavoro diventa difficile). Queste pause hanno migliorato le prestazioni soprattutto nei compiti che richiedono creatività.

Il concetto di micro-break ha origine nella letteratura sull’ergonomia e viene definito come un riposo programmato che gli individui fanno per prevenire l’insorgenza o la progressione di sintomi fisici, come il dolore o il disagio muscolo-scheletrico. Questo concetto definisce una breve strategia di recupero delle risorse, presa in modo informale tra un’attività lavorativa e l’altra.

Le micro-pause possono essere viste come reazioni naturali del sistema cognitivo a un possibile sovraccarico cognitivo che potrebbe influire sulle prestazioni.

In termini di risultati specifici, ci sono almeno due componenti del benessere individuale rilevanti per il recupero: il vigore (un’attivazione piacevole) e la fatica (una disattivazione spiacevole). Per gli atleti il vigore è una risorsa intrinseca che deve essere reintegrata quando si esaurisce e che contribuisce alla volontà di investire sforzi nei compiti da svolgere e di persistere in caso di difficoltà.

Le prestazioni rappresentano un altro risultato chiave su cui si ritiene che le micro-interruzioni abbiano un impatto. È risaputo che i fattori cognitivi  e motivazionali sono i principali determinanti della prestazione umana. Quindi le pause possono migliorare le prestazioni attraverso meccanismi benefici di riduzione dello stress e di stimolo dei fattori cognitivi, affettivi e motivazionali. Le pause sono essenziali per le prestazioni in compiti di attenzione continuativa nel tempo, suggerendo che la diminuzione della sensibilità alla vigilanza è influenzata dall’uso frequente di risorse cognitive.

Si vince o si perde per un “niente”: come ci si allena a gareggiare sino alla fine?

Nello sport il punteggio finale che divide i vincitori dai perdenti è  spesso molto ridotto. Non mi riferisco solo al calcio dove si vince per lo scarto di un goal. Non a caso Mourinho dice che è più contento quando la sua squadra vince 1-0 piuttosto che 5-0, poiché quella vittoria è sinonimo di tenacia e concentrazione.

Lo sport insegna molto a tutti, perchè si perde per un punto, per una manciata di centesimi di secondi, per un centimetro. Nel golf spesso la pallina non va in buca per qualche millimetro e lo stesso vale nel tiro a segno dove Campriani ci ha spiegato che la differenza fra un 8 e un 1o equivale a tre monete da un centesimo di euro sovrapposte. Nel celebre discorso di Al Pacino alla squadra nello spogliatoio, nel film Ogni maledetta domenica, l’allenatore afferma che si vince o si perde per un centimetro e che la somma di tutti i centimetri vinti o persi in una partita farà la differenza fra vivere o morire.

Questo ragionamento non deve certo angosciare.

  1. E’ la condizione usuale che tutti gli atleti affrontano in gara; le condizioni sono uguali per tutti.
  2. Lo sport richiede un’estrema attenzione con lo scopo di favorire il fluire della propria azione tecnica e l’autocontrollo di se stessi.
  3. Per quanto tempo? Sino alla fine. Scordiamoci che sia più facile mantenere la concentrazione se la gara dura pochi secondi come nei 100m piuttosto che due ore come nel tennis. La tenacia è l’ingrediente necessario di una prestazione vincente ed è figlia dell’intensità con cui ci si allena e di quando si è orientati reagire psicologicamente dopo un errore.
Domanda: quanto sono allenati in questo momento i vostri atleti e quanto voi come allenatori siete consapevoli della rilevanza e allenabilità di questi tre fattori?

Valuta quanto sei tenace

Molti atleti spesso spiegano i loro limiti in gara in relazione a problemi tecnico-tattici o atletici, spesso riconoscono anche i loro limiti mentali soprattutto quelli dovuti all’ansia agonistica o alla mancanza di fiducia. Meno di frequente, invece, attribuiscono i loro insuccessi alla mancanza di tenacia, che comporta il continuare ad impegnarsi al massimo per tutto l’arco della gara, a prescindere dal risultato.

La tenacia è necessaria poiché in ogni competizione vi sono dei momenti sfavorevoli e delle difficoltà mentali e fisiche da superare con successo.
La tenacia indica quanto si è combattivi e persistenti in questo atteggiamento per tutta la gara.
Nei momenti di maggiore pressione competitiva o dopo un errore si deve lavorare su se stessi per ritrovare rapidamente la condizione mentale ottimale per oltrepassare questo ostacolo.

Di seguito alcune domande da porsi per comprendere quanto si è tenaci:

  • Avere un’incrollabile fiducia nella propria abilità di raggiungere i propri obiettivi competitivi
  • Avere un’insaziabile desiderio di avere successo
  • Uscire dagli insuccessi con una maggiore determinazione ad aver successo
  • Resistere alla pressione della competizione
  • Accettare che l’ansia da competizione è inevitabile e sapere che la si può affrontare
  • Non essere influenzati dalle prestazioni positive/negative degli altri
  • Rimanere totalmente focalizzati anche di fronte alle distrazioni della vita personale
Questo concetto di tenacia è bene sintetizzato e spiegato dall’allenatore degli All Blacks:
«La mentalità guerriera dei miei giocatori si basa sull’equilibrio fra coraggio e umiltà: essere capaci di fare cose straordinarie ma sapere anche recuperare rapidamente dagli errori, sapersi risollevare rapidamente e vincere».

Questa capacità distingue i campioni dagli altri atleti bravi.

C’è un futuro da professionista per il calcio giovanile?

In questo periodo dell’anno il calcio vive la fase in cui ai acquistano e vendono i giocatori. Come avviene orami da molti le società sono alla ricerca di calciatori stranieri mentre pochi sono i riferimenti a quelli italiani, Il risultato di questo tipo di politica è sotto gli occhi di tutti:da ben due campionati del mondi la nazionale italiana non partecipa alla manifestazione al mondo più importante. Ma come mai le società di calcio preferiscono  l’acquisto di calciatori stranieri rispetto allo sviluppo di giovani italiani, qui di seguito una serie di motivi:

  1. Ricerca di risultati immediati: Le squadre di calcio sono spesso sotto pressione per ottenere risultati immediati e vincere competizioni. Gli acquisti di calciatori stranieri già affermati possono garantire prestazioni di alto livello sin da subito, mentre i giovani talenti italiani potrebbero richiedere più tempo per svilupparsi al massimo livello.
  2. Mercato internazionale: Il calcio è diventato un’industria globale e il mercato dei giocatori si è internazionalizzato. Le società italiane cercano spesso di competere con le altre squadre di tutto il mondo per i migliori talenti disponibili. Questo può portare ad una preferenza per gli stranieri, poiché alcuni di essi potrebbero essere considerati più promettenti dei giovani calciatori italiani disponibili sul mercato.
  3. Scouting e sviluppo limitato: Alcune società potrebbero non investire abbastanza nelle strutture di scouting e nel settore giovanile per scoprire e sviluppare i giovani talenti locali. Questo può rendere più facile e conveniente per loro puntare su calciatori già noti e ben sviluppati provenienti da altre parti del mondo.
  4. Prospettive di guadagno: L’acquisto di calciatori stranieri di talento può anche essere visto come un investimento a lungo termine. Se un calciatore straniero raggiunge il successo in Italia, potrebbe attirare l’interesse di club di altre nazioni, consentendo alla squadra italiana di venderlo a un prezzo più elevato in futuro.
  5. Inesperienza o scetticismo verso i giovani talenti: Alcune società potrebbero avere una cultura organizzativa che non promuove adeguatamente lo sviluppo dei giovani calciatori italiani. Potrebbero preferire giocatori stranieri perché li ritengono più affidabili e maturi rispetto ai giovani talenti, che potrebbero essere considerati inesperti o troppo rischiosi.
  6. Prestigio e popolarità: L’arrivo di calciatori stranieri di fama internazionale può portare ad un aumento di visibilità e popolarità per la squadra. Questo può tradursi in maggiori introiti da sponsorizzazioni, diritti televisivi e merchandising.

Va notato che queste ragioni non si applicano a tutte le squadre italiane e ci sono esempi di club che hanno investito con successo nella formazione di giovani talenti locali. Tuttavia, è un fatto che molte società tendano ad acquistare calciatori stranieri piuttosto che puntare esclusivamente sui giovani italiani. Un equilibrio tra lo sviluppo del settore giovanile e l’acquisto mirato di giocatori stranieri può essere una strategia vincente per molte squadre.

L’attività fisica a scuola migliora la salute e la forma fisica dei giovani con disabilità

Manojlovic M, Roklicer R, Trivic T, Milic R, Maksimović N, Tabakov R, Sekulic D, Bianco A and Drid P (2023) Effects of school-based physical activity interventions on physical fitness and cardiometabolic health in children and adolescents with disabilities: a systematic reviewFront. Physiol. 14:1180639.

La disabilità è definita come una difficoltà di funzionamento a livello fisico, mentale o sensoriale che compromette la partecipazione a vari aspetti della vita, comprese le interazioni con l’ambiente esterno.

Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): ci sono più di 1.000 milioni di persone con disabilità, che rappresentano circa il 15% dell’intera popolazione.

Gli studi disponibili indicano un’alta prevalenza di disabilità tra i bambini e gli adolescenti. Nel Regno Unito 1 milione di bambini vive con qualche disabilità.

OMS raccomanda vivamente di praticare almeno 60 minuti di attività fisica moderata-vigorosa al giorno durante la settimana ma la maggior parte dei bambini con disabilità non soddisfa questa raccomandazione.

Per quanto riguarda la composizione corporea, i bambini con disabilità possiedono valori più elevati di peso corporeo, indice di massa corporea (BMI)  e circonferenza vita rispetto a quelli con sviluppo tipico (TD).

Forma fisica cardiorespiratoria e muscolare è inferiore ai valori di riferimento nei bambini con disabilità intellettiva (ID). È anche importante sottolineare che gli adolescenti con sindrome di Down hanno livelli sostanzialmente inferiori di abilità correlate al fitness motorio, rispetto agli adolescenti senza sindrome di Down. Vi è una correlazione inversa tra forma fisica e malattie cardiovascolari, problemi di salute mentale e adiposità.

I programmi di attività fisica a scuola, sono altamente auspicabili per prevenire le conseguenze derivanti da una forma fisica ridotta nei bambini o negli adolescenti con disabilità.

Gli interventi di attività fisica a scuola sono molto efficaci nel migliorare la salute e le abilità collegate al fitness motorio  in bambini e adolescenti con varie disabilità.

Le scopo della lettura

Lo scopo della lettura: la storia più bella che leggerete oggi. “Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?” Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro. Il Maestro in quel momento non rispose. Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.

L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica. Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia. Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.

Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito”

“No – rispose il vecchio sorridendo – tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito” “Quando leggi dei libri – continuò il vecchio Maestro – tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume” “Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”. -

Le storie di Maui. 111 gradini verso la felicità

Grazie per avere pubblicato questa storia @Poesiaitalia

La lunga affermazione dell’ansia nei giovani

In questi ultimi anni dall’inizio si sente dire e si legge che l’ansia è particolarmente aumentata nei giovani e si tende a spiegare questo fenomeno come effetto dell’isolamento dovuto alla pandemia, all’uso ossessivo dei social e all’incapacità educativa della scuola e delle famiglie.  I dati delle ricerche lo hanno messo in evidenza ma vorrei sottolineare che questo aumento appartiene comunque a un tendenza dell’incremento dei fenomeni psicopatologici nei giovani che è in crescita da molto prima.

Infatti se negli anni Settanta e Ottanta era opinione diffusa tra gli psicologi ritenere, sulla base dei dati di ricerca di quegli anni, che gli atleti di alto livello riuscissero a raggiungere i risultati che si erano prefissati perchè erano psicologicamente maturi, avevano personalità stabili e la loro crescita era stata seguita con attenzione [Botterill 1980], nel tempo questa opinione si è rilevata troppo semplicistica. La realtà si è rivelata molto più complessa, poiché da un lato i dati attuali sembrerebbero confermare le riflessioni effettuate quarant’anni fa, per cui gli atleti tendono a essere, maggiormente estroversi e coscienziosi rispetto ai non atleti.

Nel contempo fenomeni di distress come l’ansia e la depressione sono stati psicologici sperimentati anche di frequente dagli atleti di ogni livello e la pubblicazione di molte autobiografie in cui campioni dello sport raccontano i loro buchi neri è una prova evidente del desiderio di voler esorcizzare attraverso il racconto della propria vita sportiva le paure e il disagio psicologico vissuto sulla propria pelle.

D’altra parte analizzando il periodo 1938-2007 emerge che almeno negli Stati Uniti fra i giovani che frequentano la scuola superiore e il college i disturbi psicopatologici sono notevolmente aumentati, da sei a otto volte [Twenge et al. 2009]. Inoltre, in poco più di 10 anni, nel periodo 2005-2017 i punteggi di depressione sono aumentati del 52% fra gli adolescenti di 12-17 anni, passando dall’8,7 % al 13,2%, e del 63% fra i giovani adulti di 18-25 anni, passando dall’8,1% al 13,2% [Twenge et al. 2019].

Questi risultati suggeriscono che la salute mentale dei giovani ha risentito negativamente dei cambiamenti avvenuti nella cultura americana, che ha privilegiato l’affermarsi di obiettivi estrinseci ed egocentrici come il denaro e lo status, svalutando invece lo sviluppo dell’idea di comunità, di affiliazione e del senso della vita. E’ certamente probabile che ci siano altri fattori dietro i drammatici aumenti delle psicopatologie. Tuttavia, questi risultati sono coerenti con la teorizzazione di chi sostiene che il materialismo, l’individualismo e le aspettative incredibilmente alte hanno favorito il peggioramento della salute mentale negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali.

I dati odierni confermano questo peggioramento della salute mentale dei giovani mostrando come la carenza di rapporti interpersonali, la continua de-responsabilizzazione, il vivere per soddisfare bisogni immediati e l’essere poco orientati a perseguire obiettivi impegnativi aumentano la fragilità psicologica e la percezione di non essere in grado di affrontare i compiti che si presentano.

ISSP 3° Master Class

L’ISSP propone la 3° Master Class - 26 settembre – dedicata a un tema innovativo della psicologia dello sport, ovvero lo sviluppo di ambienti psicologicamente informati. Chris Wagstaff traccerà una mappa dell’emergere di questi sistemi, parlando di un approccio pratico basato su evidenze scientifiche per evidenziare nello sport le influenze sociali, culturali e storiche sulle persone  e per offrire considerazioni a uso dei professionisti.

Chris insegna Psicologia Applicata presso l’Università di Portsmouth. Si divide tra ricerca, supervisione e pratica. Ha pubblicato oltre 100 articoli, principalmente nel campo della psicologia organizzativa dello sport.

La ricerca di Chris ha informato la politica e la pratica nello sport d’élite per quanto riguarda lo sviluppo di sistemi sportivi sostenibili che consentano alle persone di prosperare. Nell’ambito della psicologia organizzativa dello sport, Chris dirige programmi di ricerca sulla cultura organizzativa, il sensemaking, la resilienza e il benessere nello sport d’élite. Questo lavoro è stato finanziato dai programmi di livello mondiale degli sport olimpici britannici, dagli organi direttivi nazionali e dalle agenzie di finanziamento di Regno Unito, Canada, Stati Uniti e Svezia, nonché dal Comitato Olimpico Internazionale.

Chris è redattore del Journal of Applied Sport Psychology e fa parte del comitato editoriale di Case Studies in Sport and Exercise Psychology. È stato redattore capo della rivista Sport and Exercise Psychology Review e redattore associato dell’International Journal of Sport and Exercise Psychology, del Journal of Sport Psychology e del Journal of Applied Case Studies in Sport and Exercise Sciences.

Chris fornisce regolarmente consulenza a UK Sport e all’UK Sports Institute. È stato responsabile della psicologia delle prestazioni per l’UK Sports Institute per le Olimpiadi di Tokyo 2020, gestendo un team di 33 professionisti.

Informazioni e iscrizione alla Master Class: https://issponline.org/meetings-resources/webinar/

 

 

 

 

Alcaraz schiaccia mentalmente Djokovic

Un anno fa scrissi che in un mondo del tennis che da tempo stava cercando chi saranno i sostituti dei Favolosi 3 (Federer, Djokovic e Nadal), le vittorie di Carlos Alcaraz erano lì a dimostrare che forse sarebbe stato lui il prossimo n.1 del ranking mondiale, che a proposito della rilevanza della componente mentale nel suo gioco aveva detto:

” la mia forma fisica è stata importante, ma sicuramente la parte più importante è il gioco mentale. Sento che sono cresciuto molto in quella parte. Questo è il motivo per cui sono il numero 9 del mondo in questo momento ed è il motivo per cui sto giocando a un buon livello. Ecco perché sono stato in grado di vincere grandi partite, quindi penso che [la mia mentalità] sia la cosa più importante”.

Ieri, Alcaraz nella finale a Wimbledon contro Djokovic ha dimostrato definitivamente il livello di maturità mentale che ha raggiunto. La sua vittoria è bellissima non solo perchè ha sconfitto il campione che da 10 anni non perdeva a Wimbledon o perchè è il terzo tennista più giovane ad avere vinto questo torneo.

Ha dimostrato che si può passare attraverso l’inferno di un primo set, perso 6-1, in cui non ha opposto alcuna resistenza a Djokovic. Era una situazione che avrebbe potuto annientarlo dal punto di vista competitivo, e forse gli sono venuti in mente i crampi dovuti allo stress, provati nella semifinale al Roland Garros persa in modo netto proprio contro lo stesso avversario (6-3, 5-7, 6-1, 6-1). Questa volta la storia è stata, invece, diversa; Alcazar si è psicologicamente ripreso e ha cominciato a a fare il suo gioco. Ha schiacciato mentalmente Djokovic che si è molto innervosito, ha litigato con il pubblico e con l’arbitro, e ha spaccato la racchetta.

In uno sport, in cui l’obiettivo è dominare l’avversario Alcaraz è riuscito in questa impresa. Il lavoro con la psicologa Isabel Balaguer, intensificato in questo periodo insieme a quello con il suo team, gli ha permesso di uscire da quel baratro del primo set. Il tennis è questo: si può perdere e non capire niente ma se si è disposti a ragionare e reagire a questi momenti, allora può uscire fuori il lavoro svolto e Alcazar ha mostrato che il lavoro mentale paga quando non si è disposti subire i momenti negativi e si vuole a ogni costo perseguire il proprio obiettivo.

Alcazar ha dimostrato a tutti come si possa passare da una fase in cui si è mentalmente perdenti a un’altra di presenza dominante nella partita più importante della vita.

 

 

Rassegna: Attività fisica e cambiamenti climatici

Cunningham, G., McCullough, B.P. & Hohensee, S. Physical activity and climate change attitudes. Climatic Change 159, 61–74 (2020). 

Gli scienziati del clima hanno lanciato l’allarme sull’emergenza climatica da oltre 40 anni. Il messaggio è semplice: se non riusciamo a limitare rapidamente la nostra impronta ecologica (quantificata attraverso le emissioni di carbonio o altri indicatori), si verificheranno cambiamenti e sconvolgimenti irreversibili di ecosistemi, economie e società.

Per quanto riguarda la salute, è ormai opinione condivisa che il cambiamento climatico influisca drammaticamente sulla salute umana e metta a rischio la salute delle generazioni future. Il cambiamento climatico ha chiaramente un’influenza onnicomprensiva sulla salute, giustificando così il titolo del presente articolo: “Climate change: the next game changer for sport and exercise psychology”.

A nostro avviso, non ci dovrebbe essere alcun dibattito sull’influenza importante e crescente che il cambiamento climatico avrà sul campo della psicologia dello sport e dell’esercizio nei prossimi anni, come su qualsiasi altra disciplina scientifica, o anche su aspetti più ampi della nostra vita. Il modo in cui il campo contribuirà all’adattamento ai cambiamenti climatici (cioè alle risposte reattive) e alla mitigazione (cioè alle risposte proattive), tuttavia, è oggetto di discussione.

Nelle scienze dello sport e dell’attività fisica (PA), una recente revisione sistematica ha esaminato le associazioni bidirezionali tra i domini della PA, le pratiche sportive e le questioni relative al cambiamento climatico.

I ricercatori delle discipline sportive hanno sviluppato progetti ambiziosi per affrontare i cambiamenti climatici: i ricercatori di gestione dello sport hanno studiato la vulnerabilità climatica delle organizzazioni sportive e sviluppato interventi per migliorare la sostenibilità degli eventi sportivi; i fisiologi dell’esercizio fisico hanno esaminato le associazioni tra lo stress da calore e l’esercizio fisico o le prestazioni degli atleti; i medici dello sport hanno presentato l’intensificazione degli effetti deleteri degli allergeni e degli inquinanti atmosferici per gli atleti; i filosofi dello sport hanno messo in discussione un possibile modello di sport da antropocentrico a ecocentrico nella prospettiva dell’ecologia profonda; e gli scienziati sociali e gli antropologi hanno analizzato e denunciato le strategie di greenwashing dell’industria sportiva e hanno aggiunto espressioni di slow sport (ad es., nordic walking, escursioni di lunga durata) nel più ampio concetto di movimento lento. Sembra che la psicologia della PA e dello sport sia in ritardo rispetto a queste discipline.

Nel suo eccellente testo, Raab ha interrogato i presidenti delle associazioni accademiche legate alla psicologia dello sport e dell’esercizio fisico sulla loro rispettiva visione della nostra disciplina nel 2050. Sebbene le loro risposte fossero originali e ben argomentate (ad esempio, l’integrazione degli psicologi dello sport nelle organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità), il cambiamento climatico non faceva parte della loro visione. Il cambiamento climatico è stato solo indirettamente menzionato nel suggerire che gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite dovrebbero essere adottati nella psicologia della PA e dello sport.

Questo testo sostiene che la psicologia dello sport e dell’esercizio fisico, in quanto disciplina scientifica, deve affrontare il cambiamento climatico antropogenico aiutando gli atleti, gli studenti di sport, gli psicologi, gli allenatori, gli educatori fisici, i giovani, le comunità sportive e gli stakeholder, e tutte le popolazioni interessate e impattate dal nostro campo, a comprendere e adottare comportamenti di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico per innescare, in ultima analisi, cambiamenti sociali nelle rispettive comunità.