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La mentalità vincente di Mourinho

Guidare uomini -  ”Il calcio per me è una scienza umana, sopra ogni altra cosa”.

L’allenatore è un leader globale - “Un allenatore deve essere tutto: un tattico, motivatore, leader, metodologo, psicologo”. “Un insegnante all’università mi ha detto ‘un allenatore che sa solo di calcio non è di livello superiore. Ogni allenatore sa di calcio, la differenza riguarda altre aree. Era un insegnante di filosofia. Ho ricevuto il messaggio”.

Il calcio è globale - “Non faccio lavoro fisico. Difendo la globalizzazione del lavoro. Non so dove cominci la parte fisica e finisca quella psicologica e tattica”.

Personalizzare la comunicazione - Adeguare la comunicazione a ciascun individuo è il compito più difficile di un allenatore e bisogna sapere sfidare le emozioni dei giocatori.

Conoscere gli uomini - “Ci sono molti modi per diventare un grande manager … ma soprattutto credo che la cosa più difficile sia di condurre gli uomini con differenti culture, cervelli e qualità”. All’Inter concesse una vacanza a Wesley Sneijder che era esausto. “Tutti gli altri allenatori hanno parlato solo di formazione”, ha detto Sneijder. “Mi ha mandato in spiaggia. Così sono andato a Ibiza per tre giorni. Quando sono tornato, ero disposto a uccidere e morire per lui. ”

Gli uomini sono scelti - Ha fiducia in una squadra 24 giocatori perché dimostra che ognuno di loro è stato scelto e potranno svolgere un ruolo significativo per la squadra anche se non sono famosi.

Stimolare i calciatori a capire - “Incoraggia il lavoro tattico, non è un ‘trasmettitore’ e la squadra non è un ‘ricevente’. Si serve del metodo della ‘scoperta guidata’; i giocatori scoprono come giocare  sulla base delle informazioni che ricevono, costruendo situazioni pratiche che li condurranno su un certo percorso”.

Focus costante sulla mente - Pone particolare attenzione alla dimensione emotiva, cognitiva e interpersonale dei giocatori. In tal modo i giocatori anziché seguire le istruzioni come degli scolari, sviluppano le idee stesse di gioco guidati da questo approccio mentale al gioco.

Affiatamento e coscienza collettiva - “Lavoro con i giocatori giornalmente e so che quelli che si impegnano al massimo sono in condizione di fare bene, mentre quelli che non lavorano bene non sono in grado di giocare bene. Si gioca come si lavora, e posso dirlo in faccia a ogni giocatore”.

Lavorare con intensità - Allenamenti brevi e presenza del pallone incentivano i giocatori a esprimersi con il massimo di motivazione ed energia. E’ attento agli errori e provoca i giocatori se sbagliano in modo ripetitivo.

 

Se Roger Federer e Valentino Rossi dimostrano che la classe non ha età

“Eh già, io sono ancora qua” canta Vasco Rossi e lo stesso dicono Valentino Rossi e Roger Federer. Sono arrivati ambedue secondi, dimostrando ancora un volta di valere il primo e il secondo posto nella classifica mondiale. Molti li hanno dati per spacciati in tante occasioni, affermando che non sapevano più vincere, che erano vecchi, che il fisico non li sorreggeva più.

Probabilmente sono obiezioni che per un po’ di tempo sono state vere, ma qualsiasi atleta attraversa momenti come questi, spesso i campioni li superano cambiando qualcosa nel loro modo di allenarsi e di vivere le competizioni. Con più probabilità gli altri affondano, perché usano questi momenti negativi come alibi per ritirarsi a causa di qualcosa che considerano superiore a loro. Nei commenti spesso ci si sofferma sulla loro età come fosse un limite imprescindibile, una caratteristica a cui bisogna arrendersi.

Sento dire: “Federer è vecchio e non è più in grado di reggere che pochi scambi, altrimenti perde il punto”. Ma quanti vorrebbero avere questa difficoltà pur di essere secondi al mondo? Dicono anche che a causa di questo limite ha dovuto cambiare modo di giocare. È vero, ma perché dare a questo cambiamento una connotazione negativa? E non invece sottolineare la sua determinazione nel cambiare per continuare a restare al vertice della classifica mondiale. Lo stesso si diceva fino all’anno scorso di Valentino Rossi: “Perché non si ritira anziché collezionare risultati deludenti?”.

Il coro del “perché non abbandona” lo hanno subito anche altri campioni. In Italia Giovanni Pellielo, nel tiro a volo, dopo tre medaglie in tre olimpiadi diverse, a Londra, a 42 anni, non entrò in finale e anche qui le stesse voci, non ci ha fatto caso, si è allenato e l’anno successivo ha vinto di nuovo il campionato del mondo. Valentina Vezzali, 41 anni, schermitrice, ha vinto tutto ripetitivamente, non le basta ancora e vuole andare a Rio. Per non parlare di Andrea Pirlo e Gigi Buffon e del sogno che stanno vivendo in questi giorni con la Juventus. Valutiamo questi uomini e donne per le loro prestazioni ma non per l’età. Soprattutto impariamo da loro, perché sono un esempio di mentalità combattiva di fronte alle difficoltà e di umiltà nell’affrontare i sacrifici quotidiani che sono necessari per ritornare a eccellere nel loro sport, senza avere la certezza di riuscire in questa impresa.

(Da Huffington Post)

La nuova mentalità vincente della Juventus

Prima il furore, poi la tecnica. Mi sembra questa l’evoluzione che in questi anni ha avuto la mentalità della Juventus. Campioni indiscussi come Buffon, Del Piero e Pirlo, fra gli altri, avevano già vinto molto e dimostrato di avere questo approccio al calcio, ma una squadra vincente è molto di più delle sue singole individualità e bisognava  che tutti dimostrassero di avere e portare sul campo questa mentalità. Il lavoro di Conte ha avuto il merito di portare il furore nel gioco, quell’intensità fisica e mentale prima che tecnica, che la squadra doveva dimostrare per novanta minuti in ogni partita. Allegri ha completato questa squadra, che aveva vinto tre campionati consecutivi, cambiando modulo di gioco e portando l’attenzione sul  lavoro tecnico e su quanto sia necessario migliorare continuamente sotto questo aspetto. Oggi si parla di quanto sia stato inatteso il raggiungimento della finale di Champions League, ma nello sport i miracoli non esistono. La squadra ha, invece, dimostrato di avere oltrepassato i limiti psicologici che le impedivano di giocare in modo da raggiungere questo obiettivo. Merito dell’allenamento ma anche dal partire da una condizione vincente, almeno in Italia, e su questa fiducia è stato possibile costruire, ostacolo dopo ostacolo, questa volontà di andare oltre i limiti passati. Ora tutto è possibile perché la storia c’insegna che Davide ha battuto Golia. La Juventus va a Berlino con un atteggiamento gioioso perché sono mesi che coltiva un sogno che giorno dopo giorno, con fatica e dedizione, è diventato realtà e questo è un vantaggio psicologico significativo per affrontare al meglio quest’ultima partita. Il Barcellona, super-favorito può incorrere in una partenza falsa come fece Bolt alla finale dei 100m ai mondiali del 2011 con la conseguente  squalifica. Un esempio di superficialità mentale dettata dal sentirsi predestinato a vincere.  Alla Juventus servirà l’entusiasmo accumulato in queste settimane unito alla calma, che le permetteranno di esaltare il proprio gioco, quello insegnato da Allegri. Certamente la Juventus nel suo percorso in Champions League è stata anche fortunata e questo ha messo in evidenza un’altra sua caratteristica, tipica delle squadre vincenti: sapere trarre vantaggio dalle condizioni favorevoli.  Infatti, ha vinto quando doveva vincere e non è facile ottenere questo risultato, perché spesso le squadre non-fiduciose perdono proprio queste partite non ragionando, perdendo la calma quando il gol non viene subito o se la squadra avversaria si mostra più difficile da superare. In questi casi, chi dovrebbe vincere diventa insicuro mentre l’avversario acquista sicurezza  e può ribaltare a proprio favore il risultato, tra l’incredulità dei favoriti. Impegno, dedizione totale e tecnica sono le parole chiave di questo successo.

La mentalità di Stephen Curry, stella NBA

  1. Every time I rise up, I have confidence that I’m going to make it.
  2. I’m not the guy who’s afraid of failure. I like to take risks, take the big shot and all that.
  3. I’ve never been afraid of big moments. I get butterflies. I get nervous, but I think those are all good signs that I’m ready for the moments.
  4. I can get better. I haven’t reached my ceiling yet on how well I can shoot the basketball.
  5. Being a superstar means you’ve reached your potential, and I don’t think I’ve reached my potential as a basketball player and as a leader yet.
  6. There’s more to life than basketball. The most important thing is your family and taking care of each other and loving each other no matter what.

Roma poco convinta delle sue capacità

Dopo la partita CSKA-Roma mi sono chiesto se difendere il risultato di 1-0 come ha fatto la Roma stando per due terzi del secondo tempo nella sua metà campo sia un segnale di realismo o quanto invece sia una dimostrazione di un limite mentale che le ha impedito di continuare a fare il suo gioco abituale. Florenzi sembra propendere per questa seconda interpretazione del risultato: – E’ una grande beffa per noi, ma ce la siamo quasi meritata perché non siamo stati nella ripresa la Roma del primo tempo. Siamo rimasti tutti dietro e non abbiamo tenuto il pallone, ci dispiace perché prendere gol a 15″  fa veramente male-.

Interessante è anche l’interpretazione di Totti che ha paragonato il goal subito dalla sua squadra all’ultimo secondo a un pugno di Tyson. Continuando con la stessa metafora, direi che è abbastanza evidente che non si può lasciare a lungo l’iniziativa a Tyson perché prima o poi arriva il pugno del ko.

Vi è una terza spiegazione: si difende perché non si è sicuri della propria condizione fisica … ma sarebbe ben strano non avere questa certezza, poiché un’adeguata condizione fisica è alla base anche della convinzione di mentale di sapere essere competitivi e vincenti per tutta la partita.

In sintesi, credo che la Roma debba lavorare molto per cambiare questa mentalità rinunciataria e questa scarsa convinzione di se stessa. Per primo il suo allenatore dovrebbe evitare errori di questo tipo poiché è lui il capo e per primo deve trasmettere alla squadra la convizione di essere in grado di lottare nello stesso modo fino al fischio finale dell’arbitro.

Quando vengono segnati i goal decisivi?

Dai risultati di una ricerca che ho condotto su tre campionati di Serie A è emerso che l’ultima mezz’ora di gioco non è solo il periodo in cui vengono segnate più reti (68% del totale) ma è anche la fase in cui  il 44,2% dei goal sono decisivi per il risultato finale.  Mentre, solo 16,3% dei goal decisivi sono effettuati nel primo tempo.

In questa prima giornata di campionato (in attesa ancora della partita di oggi) questo dato è solo parzialmente confermato. Infatti su 19 segnate, 7 reti sono nel periodo tra i minuti 61 e 75 e solo 1 nell’ultimo quarto d’ora. Al momento questi dati fotografano solo quanto è successo nella prima giornata ma nel corso del campionato andranno presi in considerazione, per capire se vi è un cambiamento nelle squadre in termini di mentalità e preparazione fisica per ridurre la percentuale di goal decisivi  messi a segno nelle fasi finali delle partite, goal che con l’avvicinarsi della fine della partita e la stanchezza fisica e mentale sono più difficili da recuperare.

Barcellona senz’anima

Il gioco del Barcellona nella partita contro il Milan è stato un esempio di esercizio estetico che è l’esatto contrario della mentalità vincente. Il Barcellona infatti ha avuto una percentuale di possesso palla che ha sfiorato il 70%, è qualcosa d’incredibile e che dimostra la qualità della squadra in campo ma nello stesso tempo è assolutamente inutile. Nel calcio vince chi tira in porta e di solito le squadre forti fanno più tiri allo scopo di avere più occasioni. Negli ottavi di Champions League ciò che conta è vincere, tutto il resto è un dettaglio. Nel calcio il goal è un evento raro non è come nel basket o nella pallavolo, dove si fanno punti ogni manciata di secondi. Il Barcellona, in questo caso è stato un esempio da manuale, perchè ha tenuto la palla che è la prima cosa da fare ma non ha fatto la seconda, che consiste nel tirare in porta. Per queste ragioni ha giocato senz’anima, il suo è stato un esercizio estetico di bravura ma non ha mai portato al gesto tecnico decisivo: il tiro in porta. Forse i giocatori spagnoli penseranno che hanno fatto tutto bene, tranne che per il goal, che però è ciò che distingue chi vince da chi perde. A me piace il concetto di “prendi la palla, passa la palla”, ma deve essere finalizzato a uno scopo, che nel calcio si chiama tirare impegnando il portiere.

Italia vince e convince

L’Italia vince e convince e questa accoppiata è il risultato migliore che ci si poteva aspettare. Prandelli non è solo il ct della squadra ma ha dimostrato di esserne l’allenatore, impostando un gruppo nuovo per mentalità e gioco. Ci ha messo del tempo, un mese, ma in questi casi non ci sono scorciatoie. Dimostra anche che i calciatori hanno avuto un approccio mentale flessibile, disponibile a seguirlo e fiducioso anche quando reti e gioco non venivano come avrebbero dovuto. La squadra è stata determinata per lungo tempo ma non per tutta partita. Ha fatto bene Buffon a arrabbiarsi, perché non si scherza con il fuoco e la partita finisce solo quando lo dice l’arbitro e non quando lo decidono i giocatori. I tedeschi sono anche molto forti e hanno perso per merito nostro ma anche per non avere capito che l’Italia voleva vincere e aveva un sistema per farlo. L’Italia infatti si esalta quando gioca partite decisive e viene data per sfavorita, se non lo capisci probabilmente perdi, perché è molto difficile per i nostri avversari cambiare approccio mentale durante la partita. Sono rimasti sorpresi e si sono impauriti e così è venuto l’uno-due da loro proprio inaspettato.

Vincenti nonostante il risultato?

Jacques Brunel, allenatore della nazionale di rugby, che sta per affrontare il Galles, alla vigilia del quarto turno del Sei Nazioni spiega: ”Dovremo difendere. Duro. Ma cercare comunque di imporci agli avversari, creare gioco. Dobbiamo pensare a vincere, provarci. Altrimenti è finita”. Il senso di queste affermazioni è che bisogna crederci anche sapendo che gli avversari sono più forti e pur avendo già perso 4 partite. Si può giocare questa partita con una mentalità vincente? Sì, bisogna giocare senza pensare al risultato, restando concentrati sull’obiettivo di superare i propri limiti. Certo perchè si vince quando li oltrepassiamo. Questo è ciò che Brunel chiede ai suoi e la domanda a cui ogni giocatore deve dare una risposta  è: “Sono pronto a mantenere inalterata la mia voglia di esprimermi al massimo e di lottare anche quando sarò in difficoltà?” Questo è il punto, sarò in difficoltà ed in quei momenti che misurerò il mio valore come giocatore dell’Italia. La partita ci darà queste risposte.

Cambia allenatore anche il Parma

Nuovo cambio di panchina nel calcio, questa volta tocca a Colomba, Parma, che viene sostituito da Donadoni. Il Parma è una squadra che manca di continuità nell’impegno agonistico. Esempi di questo atteggiamento in partita sono le due vittorie con Udinese e Napoli che dimostrano la capacità di essere competitivi anche con squadre certamente più forti, ma che non è stata messa in mostra contro altre squadre.  Altro dato i due pareggi 3-3 contro squadre del proprio livello che evidenziano la difficoltà a mantenere un risultato positivo e la fragilità nel sapersi difendere. Quindi mancanza di continuità nella tenuta agonistica e scarsa tenacia e determinazione nel sapersi difendere. Difetti di mentalità che si riverberano sul gioco.