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Psicologia della fatica

Questo weekend al master di psicologia dello sport parleremo della fatica negli sport di resistenza e non solo in quelli ma che nel calcio. Parleremo di cosa pensano campioni come Paula Radcliffe durante la maratona e di come Martina Valmassoi affronta la fatica negli ultratrail.

La seconda onda ci fa oltrepassare la fatica

La “seconda onda” è un fenomeno tipico della corsa di lunga distanza, ma che è applicabile a ogni situazione della vita. Si manifesta nelle situazioni in cui si ritiene di avere consumato tutta l’energia di cui si disponeva e , invece, improvvisamente si trova la forza per continuare.

E’ certamente qualcosa che è capitato anche a me quando durante la 100km del Passatore, di colpo a partire dal 75km ho avuto la certezza che avrei terminato la corsa e ho trovato l’energia per correre il più veloce di cui ero capace sino al traguardo, senza preoccuparmi più del percorso.

La “seconda onda” è stata per la prima volta descritta nel 1906 William James nel discorso tenuto all’American Philosophical Association e intitolato “L’Energia dell’Uomo”: “L’esistenza di una riserva di energia che abitualmente non è disponibile ci è molto familiare nel fenomeno della “seconda onda.” Di solito ci fermiamo quando incontriamo questa bugiarda, chiamata, fatica. Abbiamo camminato, giocato o lavorato abbastanza e desistiamo. La quantità di fatica è un ottimo ostacolo. Quando invece una necessità inusuale ci pressa a continuare, succede qualcosa di sorprendente. La fatica cresce sino a un certo punto, poi gradualmente o improvvisamente scompare e noi siamo più freschi di prima. Abbiamo evidentemente stappato un livello nuovo di energia”.

La fatica mentale: come ingannarla

Walter Staiano, Andrea Bosio, Helma M. de Morree, Ermanno Rampinini e Samuele Marcora (2018). The cardinal exercise stopper: muscle fatigue, muscle pain or perception of effort?  Progress in Brain Research, 240, 175-200.

La capacità di sostenere l’esercizio aerobico ad alta intensità è essenziale per le prestazioni di resistenza. La cessazione di un esercizio aerobico ad alta intensità è dovuta a fatica muscolare, dolore muscolare o a un aumento della percezione dello sforzo?

I partecipanti allo studio hanno effettuato una prova sul  cicloergometro a carico costante e alta intensità. Sono stati spinti fino al massimo sforzo possibile. I risultati mostrano che nel momento in cui l’atleta smette volontariamente di pedalare (momento teorico di massimo esaurimento) in realtà possiede ancora una capacità di esercizio elevata. Significa che dal punto di vista fisiologico, quando l’atleta si percepisce esaurito in realtà può ancora produrre una potenza circa doppia rispetto a quella che lo ha portato all’esaurimento. I dati mettono in luce che il fattore che impedisce la prosecuzione dell’esercizio, nel momento in cui ci si ferma durante uno sforzo intenso, non è la mancanza di forza per continuare a quella intensità o la percezione di dolore ai muscoli. Il motivo per cui si interrompe o si diminuisce l’intensità durante uno sforzo ad alta intensità risiede nella percezione dello sforzo.

Un trucco per continuare alla stessa intensità è di distrarre la mente con un pensiero che sostenga questo sforzo ancora per qualche secondo o per qualche metro, quello è il momento decisivo della gara perchè chi non ragiona in questo modo smetterà o rallenterà in modo eccessivo mentre noi continueremo.

10 buone ragioni per eseguire un respiro profondo

10 buone ragioni per imparare a eseguire un respiro profondo

  1. migliora l’autocontrollo nelle situazioni di stress
  2. migliora la gestione della fatica fisica e mentale
  3. prima azione da effettuare quando ci si vuole rilassare
  4. precede la visualizzazione di un’azione tecnica o di gara
  5. riduce la tensione mentale e stimola pensieri efficaci
  6. favorisce l’allungamento dei muscoli durante stretching
  7. riduce le risposte verbali impulsive
  8. facilita il recupero subito dopo un esercizio a elevata intensità
  9. consente di approfondire ulteriormente la concentrazione sul compito
  10. riduce l’attivazione pre-gara o in gara se necessario

 

La felicità

“La felicità non arriva automaticamente, non è una grazia che una sorte benevola può riversare su di noi e un rovescio di fortuna può toglierci. Dipende solo da noi. Non si diventa felici in una notte, ma dopo un paziente lavoro, portato avanti di giorno in giorno. Il benessere si costruisce con la fatica e il tempo. Per diventare felici, è se stessi che bisogna cambiare”.

Luca e Francesco Cavalli-Sforza

Impegnarsi molto deve essere uno stile di vita

Alcuni atleti hanno reagito al blog che ho scritto sulla necessità di essere il primo tifoso di noi stessi, dicendo che è veramente difficile esserlo, poiché gli errori e le prestazioni negative mettono troppo duramente alla prova questa convinzione. Sono d’accordo e infatti considero la fiducia in se stessi un punto di arrivo di un processo di maturazione psicologica e non certo il punto di partenza. Ciò non toglie che bisogna fare di tutto per fare propria questa convinzione, senza la quale non è possibile sostenere il proprio impegno sportivo, scolastico o professionale. Chi vuole eccellere deve essere preparato a sostenere in modo convinto il proprio impegno attraverso qualsiasi tipo di difficoltà. In tal senso si può dire che impegnarsi molto deve essere uno stile di vita, non qualcosa da manifestare solo quando tutto va bene. Anzi bisogna sapere che bisogna essere preparati a dedicare più ore di quelle che all’inizio si erano programmate.

Correre 100km

Alla fine del mese di maggio si è corsa la 100km del Passatore da Firenze a Faenza con un dislivello in salita di +1000 metri. Ho partecipato a questa gara nel 2011. Venivo da anni in cui avevo corso più volte ultra-maratone e skyrace e a quel punto ho cominciato a pensare di fare questa esperienza. L’ho fatto per sfida, ovviamente con me stesso, e per vedere cosa ti dicono il cervello e il corpo, mentre sei impegnato in uno sforzo così prolungato. Già l’allenamento è diverso da quello di una maratona, perché la mia corsa è diventata più lenta e perché in molte sedute sono stato impegnato per quattro/cinque ore avendo solo lo scopo di correre e lasciare trascorrere il tempo (questo per me che avevo l’obiettivo di condurla a termine). Sono prove queste che allenano a essere pazienti, calmi e a sviluppare pensieri che non siano impegnativi, per non sprecare inutili energie. Ho imparato che il tempo del riscaldamento (i primi 35/40 minuti) non serve solo al fisico ma anche alla mente, per allontanarsi gradualmente dal suo stato abituale in cui dominano i pensieri quotidiani, per centrarsi su uno stato vigile e consapevole ma molto più ristretto. In altre parole, una volta che ti accerti che il corpo comincia a rispondere all’impulso di quel tipo di corsa e sta trovando il passo che vuoi mantenere, la mia mente si allontanava da questa focalizzazione sul corpo e da se stessa, lasciando scorrere i pensieri e gli stati d’animo così come si presentavano ma senza dargli importanza. E’ interessante percepire come il corpo trovi questo passo e lo porti senza un intervento della mente che gli dica di farlo. La memoria motoria è ben stabilizzata e questa facilità di accesso al passo e soprattutto la facilità a mantenerlo per un lungo periodo mi consentivano di di gestire meglio la fatica e di risparmiare energie. In tal senso correre da solo è stato particolarmente utile poiché è difficile trovare compagni che seguano questo ritmo senza tendere a accelerarlo nel corso dei km. Sono stato soddisfatto di come ho vissuto l’esperienza dell’allenamento; è stato un risultato importante riuscire a vivere con soddisfazione il trascorrere delle giornate, senza pensare a cosa sarebbe accaduto in gara.

La gara – Alla partenza tutti i partecipanti appaiono rilassati, si chiacchiera in attesa del via, probabilmente perché per la maggior parte di noi non vi è il problema del tempo da realizzare. Si parte e subito dopo comincia la salita che porta a Fiesole e che continuerà per 48km con una decina di km di discesa nel mezzo. La corsa viene affrontata in modi diversi, c’è chi corre sempre, chi alterna la corsa alla camminata veloce. Inoltre vi sono molti in bicicletta che accompagnano i podisti. E’ uno spettacolo diverso da quello abituale delle corse su strada poiché dal 35km vi sono le auto che seguono i corridori, che dal quel momento li seguiranno fino al termine. E’ un aiuto psicologico e ovviamente pratico, ci si può cambiare, mangiare e ricevere un sostegno psicologico. E’ una specie di carovana da corsa ciclistica, che insieme ai punti di ristoro non ti fa sentire da solo. La compagnia degli amici in questo lungo viaggio è essenziale, corrono con te anche dei lunghi tratti e questo ti permette di mantenere il tuo ritmo, di scambiare qualche parola, di correre quando viene notte e la strada è veramente buia con un’altra luce accanto a te. Durante la corsa se il fisico è abbastanza allenato, è come sempre decisiva la mente, non tanto per pensare qualcosa di particolare ma per evitare i pensieri negativi che nascono dalle sensazioni che provi e capire l’andatura che devi mantenere nelle diverse parti della gara. Gli ultimi 25km mi sono concentrato solo sulla luce riflessa sull’asfalto della mia lampadina senza preoccuparmi di null’altro neanche del percorso e in questo stato mentale sono giunto alla fine. E’ stata una bellissima esperienza di 13h5m.

Quando vengono segnati i goal decisivi?

Dai risultati di una ricerca che ho condotto su tre campionati di Serie A è emerso che l’ultima mezz’ora di gioco non è solo il periodo in cui vengono segnate più reti (68% del totale) ma è anche la fase in cui  il 44,2% dei goal sono decisivi per il risultato finale.  Mentre, solo 16,3% dei goal decisivi sono effettuati nel primo tempo.

In questa prima giornata di campionato (in attesa ancora della partita di oggi) questo dato è solo parzialmente confermato. Infatti su 19 segnate, 7 reti sono nel periodo tra i minuti 61 e 75 e solo 1 nell’ultimo quarto d’ora. Al momento questi dati fotografano solo quanto è successo nella prima giornata ma nel corso del campionato andranno presi in considerazione, per capire se vi è un cambiamento nelle squadre in termini di mentalità e preparazione fisica per ridurre la percentuale di goal decisivi  messi a segno nelle fasi finali delle partite, goal che con l’avvicinarsi della fine della partita e la stanchezza fisica e mentale sono più difficili da recuperare.

Fatica e sogni

Champion: Pietro Mennea won the gold medal at the 1980 Olympics

“Perché la fatica non è mai sprecata. Soffri ma sogni” Pietro Mennea

La Juve è stanca e appagata

Per la Juventus era una delle tante partite da vincere per continuare a restare in cima alla classifica, mentre per la Roma era la partita della disperazione e non poteva perderla. La Roma ha vinto 1-0 contro la Juve. Parzialmente appannata dalla fatica della partita di pochi giorni fa contro il Celtic, la Juve non ha giocato con la determinazione di chi vuole vincere, infatti la partita è stata abbastanza noiosa. I gioctori sono sembrati appagati dal risultato positivo contro il Celtic e hanno giocato nella speranza che non succedesse niente e che una punizione di Pirlo potesse risolvere la partita. Non è stato così e ha dato alla Roma la possibilità di risorgere. A questo punto bisogna aspettare i risultati delle altre partite, per sapere se il Napoli saprà giocare con la convinzione necessaria di chi sa che può portarsi a soli 2 punti dalla Juve o se questa idea, invece, paralizzerà il cervello della squadra, facendogli perdere questa occasione.