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Persone o macchine da medaglie

Il nuovo scandalo del doping nell’atletica e il dubbio che il prossimo vincitore del Tour de France sia dopato rappresentano fatti e domande che portano alla distruzione dello sport. Noi appassionati guardiamo i “nostri” atleti, per un attimo facciamo il tifo per loro ma subito dopo ci chiediamo se ciò che guardiamo è vero o se stiamo guardando dei truffatori. Forse è per questo che ci siamo tanto entusiasmati per le paralimpiadi Londra, perchè dentro di noi non concepiamo, ancora, la possibilità che siano dopati. Che fare allora? Sostenere che bisogna abolire la lotta al doping come alcuni dicono? No di certo! Una prima risposta potrebbe essere di non lasciare soli i giovani che fanno sport, soli con allenatori, genitori, medici o dirigenti che possono convincerli a fare scelte sbagliate. Parlerei con questi giovani e gli direi di parlare di questo grande problema che è il doping e di quali sono le ragioni per cui si può cadere in questa trappola e che cosa gli serve per essere convinti che si può vincere anhe senza farsi del male. Bisogna parlare e parlare e parlare senza lasciare mai lasciare sole le persone con i propri fantasmi e con le suggestioni che persone disoneste possono prospettargli. Sono convinto che nessuna organizzazione dello sport abbia mai agito in questo modo, perchè per loro è solo importante dire non dopatevi perchè fa male alla salute e perchè incorrete in un reato penale. Ma nessuno che s’interessi delle paure dei giovani e dei fantasmi che li agitano. Continuiamo pure con questa visione solo biologica dell’atleta ma non possiamo più nasconderci dietro il “te lo avevo detto” perchè come diceva De André “continuate pure a credervi assolti siete per sempre coinvolti”.

La crisi di El Shaarawy

Continua la crisi di Stephan El Shaarawy che dopo una prima parte di stagione ottima, ha invece disputato un girone di ritorno sottotono e questa crisi sembra continuare anche in nazionale. Sono crisi abbastanza frequenti nei giovani atleti e futuri campioni, poichè non è per niente facile mantenere livelli di prestazioni elevati quando tutti si aspettano che sia così.

Molti atleti  provano questi stati d’animo e dovrebbero seguire un programma di preparazione psicologica per  allenarsi mentalmente a gestirli con efficacia. Mi auguro che Prandelli non sia uno di quegli allenatori che dice “non ti preoccupare, appena fai goal passa tutto”.

Le principali modalità di allenamento sono le seguenti:

  1. Rilassamento associato alla ripetizione mentale della propria prestazione – si tratta di sapersi rilassare scaricando le tensioni inutili e caricandosi con quelle che la favoriscono.
  2. Identificazione della condizione emotiva ottimale  –  Consente al giocatore di allenarsi a mettersi in quella condizione psicologica per lui ottimale, poiché è quella che ha sperimentato in passato in occasione delle sue prestazioni migliori.
  3. Simulazione della partita – Replicare le condizioni di gara in allenamento consente di migliorare le performance e di prepararsi ad affrontare le situazioni non previste che potrebbero accadere. Consiste, ad esempio, nel produrre in allenamento stimoli che possano distrarre l’atleta dalla esecuzione della sua prestazione.
  4. Accettazione dello stress agonistico – E’ essenziale accettare che il rivolgimento emotivo che si avverte prima delle partite è una reazione individuale necessaria, poiché mette in risalto il valore che si attribuisce a quell’evento sportivo. Infatti, senza la percezione di stress le gare sarebbero solo altri allenamenti. Invece, vengono svolte per provare a se stessi il proprio valore competitivo attraverso il confronto con gli altri.

Accettare la paura

Cosa che spesso non capiscono gli atleti è che le emozioni sono parte integrante della loro attività e quando si sentono in forma non capiscono che c’è un altro gradino: sentirsi in forma sotto stress. Questa è la differenza tra un bravo atleta e un campione.

Federica Pellegrini e la ritrovata serenità

La storia di Federica Pellegrini sta a dimostrare che anche una delle atlete più dotate di talento e più vincenti dello sport mondiale,  ha bisogno a un certo punto della sua carriera di un periodo di recupero dopo anni di lavoro molto intenso. Non si è presa un anno di riposo ma ha ridotto gli impegni agonistici, le ore di allenamento e si dedica a un’altra specialità. L’esempio di Federica Pellegrini vale per tutti e non solo per gli atleti di livello olimpico. C’insegna che il recupero è parte della storia sportiva di ognuno che non ci si può stressare per anni senza avere un periodo in cui si rallenta e si fa dell’altro. Non si può sempre spingere al massimo, perchè questo atteggiamento porta nel lungo periodo all’abbandono e alla perdita della serenità. Bisogna avere voglia di allenarsi, di sacrificarsi e di provare gioia a essere stanchi, quando invece diventa un peso bisogna fermarsi o ridurre l’impegno. Questo è importante anche per gli atleti amatori, che non devono vincere nulla ma che troppo spesso si consumano senza mai prendere un attimo di riposo. Bisogna non dimenticare mai che il recupero fa parte dell’allenamento.

Troppe espulsioni fra gli allenatori di calcio

Mai come durante questa stagione agonistica vi sono state così tante espulsioni fra gli  allenatori nel calcio di Serie A. Il fenomeno riflette un livello di stress professionale che gli allenatori hanno spesso difficoltà a controllare e di conseguenza sul campo inveiscono contro gli arbitri in modo poco controllato. Quali possono esserne le cause:

Pressione –  è forte la richiesta di  Società e tifosi  di fare subito risultato e lo è altrettanto l’incapacità dei club di permettere, salvo rare eccezioni, al tecnico di lavorare su obiettivi che non siano solo quelli della partita della domenica

Precarietà – L’effetto è che l’allenatore rischia di venire esonerato se perde qualche partita o se non corrisponde subito alle aspettative del presidente.

Esposizione –  L’allenatore è quotidianamente sulle pagine dei giornali e delle trasmissioni sportive. Intorno a lui si sviluppa un gossip continuo che espone le sue scelte alla discussione senza fine del pubblico e dei giornalisti, che s’interrompono solo durante la partita per riprendere subito dopo nelle interviste post-partita.

In queste condizioni non è semplice svolgere il proprio lavoro e certamente gli allenatori troverebbero utilità nello svolgere attività di coaching allo scopo di migliorare la loro abilità nel gestire gli stress che incontrano nel loro percorso. D’altra parte questo è un approccio di cui si servono i manager delle aziende proprio per migliorare la loro leadership.

 

 

 

 

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 1.     Stabilire i tuoi obiettivi

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  • I principali errori degli atleti

 2.     Gestire lo stress agonistico

  • Strategie per ottenere un livello di attivazione pre-gara ottimale
  •  A cosa serve rilassarsi
  • Come imparare a rilassarsi e come raggiungere l’attivazione necessaria
  • Come gestire la tensione psicologica e la fatica durante le gare

 3.     Migliorare la concentrazione

  • A cosa prestare attenzione nel tuo sport e in gara
  • I tuoi Punti di forza e di debolezza nella concentrazione
  • Il recupero della concentrazione dopo un errore e nelle fasi decisive della gara
  • Esercizi per migliorare l’attenzione in allenamento e in gara

 4.     Incrementare la tenacia

  • Sei pronto a gareggiare al tuo meglio?
  • Un piano per contrastare la fatica e restare fiduciosi
  • Di cosa sei preoccupato?
  • Come trasformare la paura in un vantaggio competitivo

 5.     Pianificare la competizione

  • Come restare nella tua zona di attivazione pre-gara ottimale
  • Un’ora prima della gara: che cosa e come fare: al via sei pronto?
  • I tuoi pensieri e stati d’animo prima della e durante la gara
  • Cosa fare durante la giornata di gara
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Come eseguire un respiro profondo

Dal momento che gli allenatori e i preparatori ficisi non insegnano a eseguire un respiro profondo, volgio darvi alcune indicazioni su com effettuarlo. Respirare profondamente è un ottimo modo per ridurre la tensione muscolare di tutto il tronco ed ha una notevole influenza positiva sulla mente.

  • Prendi l’aria-  dal naso inizialmente si riempie la parte inferiore dei polmoni, così facendo il diaframma si abbassa ed è questo il motivo per cui l’addome viene in fuori. Successivamente, l’aria occupa la parte media dei polmoni, in tal modo le costole inferiori e lo sterno si alzano; il torace si dilata immediatamente dopo, quando l’aria invade anche la parte superiore dei polmoni. Naturalmente, non esistono tre fasi distinte ma un unico movimento ritmico di respirazione.
  • Trattieni l’aria – per qualche secondo in modo da permettere ai polmoni di assorbire l’ossigeno che hai appena introdotto.
  • Espelli l’aria – gradualmente dalla bocca.

Allenati a fare delle serie di tre respiri per volta per tre volte consecutive, mettendoci tra una serie e l’altra una breve pausa di 30 secondi.

Perchè gli allenatori non consigliano l’allenamento mentale

Sempre più spesso mi chiedo perchè la maggior parte degli allenatori non consiglia ai propri atleti di seguire un programma di allenamento mentale. Non parlo di atleti principianti ma di ragazzi che praticano da diversi anni uno sport e che vogliono valorizzare le loro abilità quando gareggiano. Le parole tipiche degl allenatori di fronte a delle difficoltà psicologiche sono: “mettici un po’ più di …” e qui si può scegliere la dimensione psicologica che si ritiene più opportuna: più fiducia, più attenzione, più decisione, più impegno e così via. Il problema è che gli atleti di solito non capiscono queste frasi, e non sanno come “essere più”. D’altra parte la scarsa attenzione degli allenatori alla dimensione psicologica è evidente nel fatto che quasi nessun atleta sa fare un respiro profondo, non hanno perso tempo a insegnarglielo! Mentre è noto a tutti che un respiro profondo è in grado di abbassare livelli di tensone psicologica troppo elevati ma non importa l’allenatore che si trova in questa situazione dirà al suo atleta, la frase risolutiva “Stai calmo” e come conseguenza l’atleta o si sentirà ancora più agitato oppure si arrabbierà con l’allenatore che non lo sa aiutare.

Come si risolve questo problema? Semplicemente, gli atleti più consapevoli del valore della mente decidono da soli di andare da un esperto in mental coaching, naturalmente esistono anche gli allenatori che orientano  gli atleti a seguire questa opzione ma sono pochi.

Il finto infortunio della Azarenka

Nella semifinale degli Australian Open, l’Azarenka sul 5-3 per lei al secondo set ha sbagliato 5 match point. Tornata a sedersi per il cambio campo ha accusato un dolore al collo, è interventuo il medico e l’incontro è ricominciato solo dopo 10 minuti. La sua avversaria Sloane Stephens si è lamentata dicendo che l’Azarenka non è contravvenuta alle regole ma certamente le ha piegate a suo favore. Nella dichiarazione subito dopo la partita, che poi ha vinto, ha detto che aveva avuto un blocco mentale. Nella conferenza stampa successiva ha sostenuto che aveva male al collo e che per questo ha chiesto le cure mediche che le hanno permesso di rientrare in campo e vincere. La cultura della vittoria a ogni costo determina questi comportamenti anche da parte dei campioni. Infatti, usufruire nei momenti di maggiore stress di una pausa lunga aiuta a ritrovare il self-control e impedire all’avversario di continuare a esercitare pressione. Non credo sia un modo corretto di agire, perchè manca di rispetto verso l’avversario e fornisce un lungo extra time a chi si trova in difficoltà per riprendere in mano la propria mente e quindi la partita.

Un altro allenatore si dimette per stress

Scrivo spesso della difficoltà di gestire lo stress. Questo è un problema non solo per gli atleti ma lo sta diventando sempre più anche per gli allenatori. Guardiola si è dimesso perchè sentiva il bisogno di prendersi un periodo di riposo. L’allenatore del Sydney con l’arrivo di Del Piero ha vissuto un periodo di stress intenso e anche lui si è dimesso. Ora è stato il turno di Alekno, ct della nazionale russa di volley  oro a Londra: anche lui si dimesso per troppo stress. Mi auguro che queste storie insegnino agli allenatori a formarsi maggiormente dal punto di vista psicologico.