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L’allenamento psicologico avanzato

La costruzione di un programma di allenamento psicologico avanzato richiede la conoscenza delle implicazioni psicologiche tipiche di una determinata disciplina sportiva. Alcuni esempi:

  1. Gli sport di resistenza (e.g., fondo, maratona, canottaggio, nuoto) – richiedono di tollerare la fatica fisica e di saperla gestire nei momenti in cui si presenta in gara. Necessitano di una notevole consapevolezza delle sensazioni corporee così da potere riconoscere e anticipare eventuali momenti critici durante la gara.
  2. Gli sport di precisione (e.g., tiro con l’arco, tiro a volo, tiro a segno) – richiedono di coniugare insieme precisione dell’azione sportiva e velocità, per cui la concentrazione è totalmente orientata all’esecuzione tecnica.
  3. Gli sport di coordinazione del corpo nello spazio (e.g., ginnastica artistica, pattinaggio artistico, nuoto sincronizzato, tuffi) – in queste discipline sportive l’atleta tende a fornire la prestazione ideale ma sa anche che è quasi impossibile da raggiungere. Anche un minimo errore porta alla riduzione della qualità della prestazione e, quindi, anche del punteggio che la giuria gli attribuirà.
  4. Gli sport di velocità (e.g., 100 e 200 metri, staffette, 400 metri, nuoto) – richiedono una concentrazione totale per l’intera durata della prova. Decisiva è l’abilità a gestire efficacemente l’impulsività e la tendenza a reagire in modo troppo anticipato che si prova negli istanti che precedono la partenza.
  5. Gli sport di combattimento (e.g., scherma, boxe, arti marziali) – richiedono un livello elevato di reattività mentale e fisica per tutta la durata del combattimento. Notevole importanza ha la capacità di sapere anticipare le mosse dell’avversario. Data la brevità dello scontro è decisiva l’abilità a sentirsi in gara sin dai primi secondi.
  6. Gli sport di squadra (e.g., calcio, pallavolo, pallacanestro, rugby) – Richiedono lo sviluppo del pensiero tattico in un contesto di collaborazione con i propri compagni di squadra. Le punizioni nel calcio, il servizio nella pallavolo, i tiri liberi nella pallacanestro e i calci nel rugby richiedono un tipo di concentrazione molto simile a quello degli sport di precisione.

Una volta che siano state stabilite quali sono le implicazioni psicologiche, connesse alla disciplina sportiva in cui si opera è compito del consulente la strutturazione di un programma  che prenda in considerazione lo sviluppo e il miglioramento delle abilità psicologiche degli atleti. Per un atleta di livello assoluto le abilità psicologiche da padroneggiare in maniera ottimale sono: il goal setting, la gestione dello stress agonistico, la concentrazione in allenamento e in gara, la programmazione e la gestione della gara, lo stile esplicativo ovvero la spiegazione delle proprie prestazioni. Inoltre è altrettanto decisivo il sapere gestire il proprio stile di vita in modo adeguato alla propria carriera sportiva e stabilire una relazione di lavoro efficiente e efficace con l’allenatore.

Calcio, arbitraggio e psicologia

Sappiamo che lo stress dell’arbitraggio è negativamente correlato con la concentrazione, la fiducia in se stessi e il benessere globale dell’arbitro. Non ci deve stupire poiché ciò avviene in relazione a qualsiasi attività svolta in modo professionale.

Sappiamo anche che così come gli atleti hanno bisogno di competenze psicologiche per eseguire prestazioni di successo lo stesso vale per gli arbitri. Gli ufficiali di gara devono essere in grado di focalizzare la loro attenzione, rimanere freddi sotto pressione, affrontare gli errori e le situazioni avverse con efficacia e fissare obiettivi realistici.

Se questi concetti sono condivisi mi chiedo allora, nel caso degli arbitri di calcio, che cosa viene fatto dall’organizzazione arbitrale per fornire quella preparazione allo stress , in special modo dopo errori gravi, ai suoi associati. Di solito l’arbitro viene tenuto a riposo per qualche turno. A cosa serve questa scelta? E soprattutto in che modo viene aiutato a superare questo tipo di stress? E’ solo il tempo l’unica medicina? E con chi si consulta il designatore, con altri arbitri? E perchè non con uno psicologo?

Domande che non riceveranno una risposta. Un’organizzazione arbitrale quella italiana che negli ultimi 21 anni non ha prodotto una ricerca sugli aspetti psicologici di quest’attività. Al contrario, è un tipo di prestazione molto studiata dai ricercatori delle altre nazioni tanto che su google scholar alla voce referee psychology vi sono almeno cento ricerche sugli arbitri pubblicate in riviste internazionali.

Master per Allenatori in Tecniche di Ottimizzazione della Performance Sportiva

Nello sport si parla molto di come sviluppare le competenze psicologiche degli atleti. In questi ultimi 30 anni sono stati formulati programmi che prevedono l’apprendimento delle abilità mentali di base a partire dalla fine dell’infanzia, per poi giungere negli anni dell’adolescenza a piani di allenamento specifici per ogni disciplina sportiva e, infine, a programmi altamente personalizzati per gli atleti di livello assoluto. Un programma così diversificato non è stato invece proposto per chi ricopre la responsabilità di guidare i giovani attraverso queste fasi della loro vita sportiva: gli allenatori.

Le ricerche evidenziano che gli atleti vincenti richiedono allenatori che siano eccellenti, non solo per i programmi di allenamento che propongono ma come leader che li guidano con competenze tecnica e psicologica. Lo stesso sostengono allenatori come José Mourinho quando afferma che chi conosce solo di sport non sarà mai un allenatore di successo, o Jurgen Klopp quando dice che: “Bisogna servirsi della tattica con il cuore. La partita va vissuta intensamente altrimenti è noia”. O Pierluigi Pescosolido, Fiamme oro e allenatore di molti campioni del tiro a volo, con cui da molti anni ci confrontiamo per migliorare continuamente l’allenamento di questi atleti di livello assoluto parlando della gestione della loro vita, della concentrazione nei momenti decisivi, delle competizioni ma anche di come insegnare queste competenze ai giovani junior che si affacciano per la prima volta al mondo competitivo.

Emerge così con forza la rilevanza della dimensione psicologica del lavoro dell’allenatore a livello giovanile e assoluto. Sono queste le ragioni che mi hanno convinto ad accettare l’invito di Psicosport, l’organizzazione che da 28 anni realizza il più longevo e di successo Master in Psicologia dello Sport, a promuovere insieme a un gruppo di esperti un Master TOP per allenatori in Tecniche di Ottimizzazione della Performance Sportiva. L’obiettivo è duplice:

  • Migliorarne le competenze psicologiche in qualità di specialisti della Prestazione.
  • Ottimizzare le loro abilità nel supportare gli atleti a costruire un profilo vincente in ogni impegno della vita sportiva.
Il Master prevede tre moduli formativi:
  1. Auto-sviluppo – Sviluppare le risorse dell’allenatore e la sua comprensione psicologica degli sport.
  2. Eccellenza – Identificare le aree di miglioramento dell’allenatore e sviluppare un piano di azione personale.
  3. Leadership – Conoscere e applicare gli stili di leadership più efficaci.
E’ l’inizio di una nuova impresa. Chi desidera avere più informazioni può visitare il sito di Psicosport.

Per cambiare serve tempo

Spesso mi viene chiesto da allenatori, dirigenti e atleti al termine della loro carriera di proporgli un percorso di autosviluppo.

La maggior parte delle volte le persone hanno un’idea molto generica di cosa s’intenda per autosviluppo. Per cui l’identificazione e la strutturazione degli obiettivi di miglioramento è già comunque una parte significativa di questo lavoro su se stessi.

Sempre in questa fase iniziale va chiarito un altro aspetto altrettanto essenziale che viene spesso trascurato e di cui non si ha piena consapevolezza: il tempo.

Significa parlare del tempo che servirà per ottenere gli effetti desiderati, imparare a utilizzarli e poi interiorizzare il concetto di miglioramento continuativo, quindi, di un processo di perfezionamento che non avrà mai una conclusione. La consapevolezza del tempo richiesto è importante poiché le persone pensano che sia sufficiente capire per mettere subito in atto il comportamento desiderato. Non sanno o non vogliono riconoscere che il cambiamento richiesto si deve adattare alla loro realtà quotidiana e deve tenere in considerazione le reazioni degli altri, le loro motivazioni e le aspettative. Di conseguenza, il fornire loro una dimensione temporale li aiuta a prendere consapevolezza delle difficoltà tipiche delle relazioni umane e di quanta applicazione serve per realizzare i propri obiettivi

Qui sotto riporto una tabella che può servire a comprendere il percorso di coaching all’interno del quale ci si dovrebbe inserire e le sue varie fasi.

Perché e come è cambiata la preparazione psicologica in questi 50 anni

Vorrei parlare di come è cambiato, a mio avviso, la preparazione psicologica in questo trent’anni. Certamente sono state introdotte nuove strategie e tecnologie ma non è su questo che voglio soffermarmi.

Inizialmente la preparazione psicologica si è diffusa specialmente fra gli atleti di alto livello e in particolare fra quelli che partecipavano alle Olimpiadi e alle manifestazioni sportive più importanti. Se si pensa ai programmi psicologici introdotti negli anni ’70  e diffusi in tutto il mondo negli anni ’80 e ’90 si evidenzia che tendevano a sviluppare alcune abilità psicologiche connesse essenzialmente alla gestione dello stress agonistico. Dai primi programmi proposti da Richard Suinn e da Lars Eric Unestahl alla maggior parte di quelli realizzati in quegli anni, questi progetti erano principalmente centrati sull’apprendimento del rilassamento, delle tecniche di ripetizione mentale, del goal setting e delle tecniche per l’allenamento dell’attenzione. Il mio libro del 1987 “Mental training per atleti” propone le stesse strategie all’interno di un programma di otto settimane.

In quegli anni collaborando con atleti che gareggiavano per ottenere il massimo successo, non si prendeva in considerazione l’atteggiamento nei confronti dell’allenamento o mindset. Mi ricordo Ennio Falco, oro ad Atlanta 1996 nello skeet, disciplina del tiro a volo, che quando faceva un errore su una pedana, prendeva 500 cartucce e si allenava su quei due piattelli fino a che non considerava corretto quell’errore. Dall’altra parte quando nel 1995 ho iniziato a lavorare con il tiro a volo la maggior parte di loro erano atleti che avevano vinto molte gare internazionali ma volevano imparare a essere ancora più concentrati e a gestire meglio lo stress in alcuni momenti della gara per alzare di un piattello la loro media. In sostanza per almeno 20 anni ho lavorato con atleti che volevano massimizzare competenze che già possedevano, che si allenavano ogni giorno in modo motivato e che volevano rispondere immediatamente alle difficoltà che incontravano. Lo stesso comunque è valido per la maggior parte degli psicologi di quel periodo. John Salmela, che ha costruito un questionario pr la valutazione delle abilità mentali, mi disse che consideravano sufficienti le abilità se su scala da 1 a 5, gli atleti mostravano una media di 4!

Mi sembra che oggi la condizione si sia abbastanza modificata, non solo perchè la preparazione mentale si è diffusa anche tra i giovani adolescenti e atleti di livello inferiore rispetto a quelli di vertice mondiale.

Trattando di queste tipologia di atleta mi sembra che sia emersa in modo più evidente la necessità di comprendere e di potenziare la motivazione e la mentalità orientata alla crescita, permettendo così di imparare ad accettare gli errori e di rispondere alle difficoltà in modo rapido ed efficace. Questi aspetti mi sembra non siano stati così importanti fra gli atleti di vertice mondiale e quindi non venivano presi in considerazione. Lo studio di dimensioni psicologiche come l’ottimismo, la tenacia e la resilienza mi sembra che possa essere spiegata anche perchè siamo diventati consapevoli della carenza di queste caratteristiche in molti atleti, come si può intendere abbiamo a che fare con l’atteggiamento e con la spiegazione dei risultati ottenuti.

Impossibile approfondire questo tema nelle poche righe di un blog ma credo che andrebbe studiato come la preparazione psicologica si è sviluppata dagli anni ’70 ad oggi soprattutto volendo capire quali sono stati i cambiamenti nella mentalità degli atleti e nel mondo dello sport che potrebbero avere orientato la scelta di nuovi indirizzi di studio e di applicazione.

 

Come allenarsi mentalmente in questa nuova fase di lockdown

Ci troviamo di nuovo a vivere un periodo di difficoltà ad allenarsi e a fare gare, inoltre per molti sport queste opportunità sono state totalmente annullate e gli atleti sono a casa o al massimo nei parchi ad allenarsi solo fisicamente.

Questa situazione genera preoccupazione e angoscia in tutti e negli atleti l’assenza della loro attività e delle competizioni crea ancora di più emozioni negative. Si rischia così di credere che non ci sia altro da fare che subire il presente e aspettare!

Non c’è errore più grande che pensare in questo modo. Da soli però è difficile reagire a questi pensieri che s’insinuano nella mente.

Per questa ragione ho costruito un sistema di allenamento mentale per ritrovare la fiducia e il controllo dei pensieri e delle emozioni. E’ un sistema pratico, composto da esercizi che migliorano l’auto-controllo personale. certamente richiede tempo, 30 minuti ogni giorno, ma è un allenamento e i risultati come per ogni altra abilità si ottengono solo con la pratica quotidiana.

Chi vuole ricevere più informazioni su questo sistema, sulla sua durata, attività da svolgere e risultati raggiungibili può scrivere a questo blog e sarà contattato.

Suggerisco di astenersi a quelli che pensano che sarà facile e non richiede tempo.

Come lavorate con i giovani atleti?

Avete mai pensato come s’inizia a lavorare con un giovane atleta? Di seguito alcune domande per riflettere.

  • Avete uno schema di come sviluppare l’intervento di preparazione mentale con un giovane adolescente?
  • Da quali competenze partire?
  • Vi prendete un periodo di osservazione e prima parlate con l’allenatore?
  • Cosa iniziate a osservare?
  • Cosa dite come prime cose all’atleta?
  • Vi servite di un’intervista strutturata? E su quali temi principali?
  • Quanto tempo trascorre tra questa fase introduttiva e l’inizio dell’intervento?
  • Cambia il vostro lavoro e gli obiettivi se lavorate in un periodo lontano dalle gare o se invece l’intervento inizia in un periodo di gara?
  • Di solito in relazione a quali aspetti del vostro lavoro vi sentite di più a vostro agio per iniziare?
  • Se è minorenne parlate sempre anche con i genitori?  Qual è il vostro obiettivo?
  • In che modo verificate la motivazione del giovane a intraprendere questo lavoro mentale?
  • Avete chiaro in mente cosa volete dire nei primi tre minuti in cui per la prima volta parlate con l’atleta? Cosa volete che ricordi di questa introduzione?

 

 

Ripresa dello sport ed esigenze degli atleti durante il coronavirus

Sono state pubblicate le linee guida sulle modalità di svolgimento degli allenamenti per gli sport individuali. Contengono anche l’indicazione che “per gli atleti è ritenuto fondamentale anche il supporto psicologico per prevenire o contrastare la conflittualità o la possibile resistenza al rientro nei siti sportivi, l’eventuale riduzione della motivazione e delle performance, la difficoltà nel portare a termine le attività in ragione dell’ansia, nonché i rischi di infortunio legati a stress e difficoltà di concentrazione”. Estremamente utile avere sottolineato l’importanza del supporto psicologico ma viene affiancato a temi esclusivamente collegati a problemi psicologici che potrebbero insorgere negli atleti all’apertura dei centri sportivi. Complessivamente sviluppo programmi di preparazione psicologica per circa 40 atleti e con molti di più sono in contatto tramite i loro allenatori e psicologi dello sport e mi sembra che per la quasi totalità di loro la possibilità di ritornare ad allenarsi nel modo abituale sia motivo di piacere e di soddisfazione. Problemi di ansia, di mancanza di motivazione e di stress sono stati, invece, quelli più spesso avvertiti in questi ultimi due mesi, chiusi in casa e senza nessuna notizia certa sulla ripresa dell’attività. In questa prima fase, il supporto psicologico che è stato loro fornito da allenatori e psicologi dello sport è stato decisivo per vivere queste giornate in modo soddisfacente e per uscire da una condizione di passività.

A questo punto, trascorsi due mesi dall’inizio di questo periodo di pandemia dovuta al coronavirus posso dire che l’attività di preparazione mentale con gli atleti e con gli allenatori è proseguita in modo molto positivo. Nella mia esperienza gli atleti hanno apprezzato da un lato l’attenzione rivolta verso loro in questa situazione di chiusura nelle proprie case e in tal senso il contatto online ha permesso di ridurre le ansie connesse all’isolamento sociale e all’impossibilità di condurre la propria vita sportiva abituale, composta da viaggi, allenamenti e competizioni.

Dal punto di vista dell’allenamento mentale, questo periodo è servito a fare scoprire molti aspetti di questo lavoro che spesso non vengono curati a causa del ritmo pressante imposto alla loro vita dalle competizioni e dall’essere centrati più che altro a migliorare le competenze psicologiche più strettamente collegate con la gestione della fatica e dello stress agonistico.

In questi due mesi, invece, lontani dalle gare si è potuto lavorare sull’allenamento della concentrazione in modo molto specifico e senza la pressione del tempo, percepito come limitato a causa dello svolgimento delle stagione sportiva. In queste lunghe giornate a casa, molti atleti hanno potuto allenarsi mentalmente non solo su macro competenze, come ad esempio la visualizzazione delle loro abilità sportive e delle azioni di gioco ma anche su aspetti estremamente particolari come il miglioramento della fase di espirazione in condizioni di riposo e di stress fisico o la gestione dei 3 minuti di cambio campo nel tennis o di periodi anche più brevi come la fase di recupero di 7 secondi circa tra i punti nel tennis tavolo e così via per altri sport. Lavorare mentalmente su questi aspetti cosiddetti minori può comunque rappresentare quel marginal gain che spesso nello sport di livello assoluto costituisce la differenza fra la vittoria e la sconfitta.

Inoltre, si è lavorato anche sullo sviluppare programmi specifici per ognuno della durata di 45 minuti da praticare quotidianamente con una serie di esercizi da svolgere a riposo e in condizioni di stress fisico.

In sostanza, questo periodo è stato vissuto come un’opportunità per vivere la vita di atleta in modi diversi da quelli abituali, così come è stato per la preparazione fisica e l’allenamento tecnico-tattico, e che ha visto gli atleti impegnati complessivamente per diverse ore ogni giorno con attività di qualità. Sarà interessante, ora che riprendono le attività consuete di allenamento, verificare in che modo quanto svolto in questi  due mesi sia stato utile per favorire una ripresa più veloce delle abilità tecnico-tattiche avendole allenate diversamente ma certo per molti con la stessa intensità e quantità di tempo in virtù del lavoro proposto dallo staff degli atleti.

L’allenamento mentale svolto a casa

In questi giorni di lockdown, in tanti mi ha contattato per sapere come è possibile svolgere l’allenamento mentale in mancanza dell’allenamento reale.

E’ difficile spiegarlo in due parole ma voglio comunque fornire un esempio pratico di allenamento che può essere svolto per atleti delle più diverse discipline sportive. L’esempio che propongo riguarda il tennis ma con gli opportuni adattamenti può essere svolto da qualsiasi atleta.

Richiede la competenza di sapere effettuare una respirazione addominale corretta e di sapere cosa voglia dire visualizzare un’azione di gioco.

Questo tipo di allenamento è della durata di circa 25 minuti e dovrebbe essere ripetuto quotidianamente. Ricordate che un esempio e che nel corso delle settimane andrà implementato con altre esercitazioni.

 

Cambia la tua carriera sportiva con l’allenamento mentale

Ancora 200 giorni per prepararsi mentalmente per le prossime Olimpiadi, un periodo di 6 mesi di allenamento mentale è sufficiente per perfezionare la propria forza psicologica per affrontare con successo la sfida olimpica.

Vuoi sapere come fare?

Scrivici

per scoprire come l’allenamento mentale

può cambiare la tua vita e la tua carriera di atleta!