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Rilassamento, una parola scomparsa

Vorrei riflettere sulla parola rilassamento, termine oggi spesso usato per affermarne l’assenza piuttosto che una condizione a cui si ha piacere di ricorrere. Devo dire che pratico il training autogeno e comunque esercizi di rilassamento da quando studiavo all’università e scrivevo la tesi sui processi cognitivi durante l’ipnosi, quindi con un amico c’imbattemmo nel lavoro di Schutltz e da allora non ho più interrotto questo percorso. Non ne conosco la diffusione oggi ma tra tutte le persone che conosco, studenti, atleti e allenatori, amici e quant’altro non sento mai nessuno che accenna a questi discorsi. Molti praticano sport e attività motoria, ascoltano o fanno altro per recuperare, per piacere e per rilassarsi. Sono attività positive per la persona ma distinte dal concetto di rilassamento, che implica l’attivazione dei processi di recupero dell’organismo.

Rilassarsi è l’esatto opposto della vita quotidiana di ognuno, richiede un tempo ridotto di esercitazione, circa 10 minuti ma ogni giorno, e questo spesso spaventa le persone, che non credono di trovare questo tempo. Un altro limite da superare è che molti rispondono dicendo: “ho così tanti impegni che non posso farlo” senza volere capire che proprio questa è la ragione per farlo. Nell’era dello smartphone, altri pensano che si rilassano giocando, in questo caso la mente si distrae dalla quotidianità facendo qualcosa che piace fare, ma questo non è rilassante, si è solo chiusa una porta sui problemi e le preoccupazioni della quotidianità.

D’altra parte ognuna occupa il suo tempo come meglio crede e non servirebbe a nulla rilassarsi se non si pensa che potrebbe essere utile.

Rilassamento, yoga, meditazione, mindfulness

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fate come volete ma fate qualcosa

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L’obiettivo dell’allenamento psicologico in agosto

Per la maggior parte degli sport, agosto è un mese di inizio della preparazione per la nuova stagione agonistica o è un periodo di vacanza perchè è appena terminata. Per tutti questi atleti dovrebbe rappresentare  un periodo di recupero dalle fatiche passate  o di ritorno  a un livello di forma accettabile. Dal punto di vista dell’allenamento mentale gli atleti dovrebbero orientarsi a svolgere attività che gli consentano di migliorare nella gestione degli stress agonistici. In tal senso è utile la pratica quotidiana di esercizi di rilassamento (per tutti) e di concentrazione (solo per chi ha già ripreso gli allenamenti) così da essere pronti per una nuova e impegnativa stagione.

La crisi di El Shaarawy

Continua la crisi di Stephan El Shaarawy che dopo una prima parte di stagione ottima, ha invece disputato un girone di ritorno sottotono e questa crisi sembra continuare anche in nazionale. Sono crisi abbastanza frequenti nei giovani atleti e futuri campioni, poichè non è per niente facile mantenere livelli di prestazioni elevati quando tutti si aspettano che sia così.

Molti atleti  provano questi stati d’animo e dovrebbero seguire un programma di preparazione psicologica per  allenarsi mentalmente a gestirli con efficacia. Mi auguro che Prandelli non sia uno di quegli allenatori che dice “non ti preoccupare, appena fai goal passa tutto”.

Le principali modalità di allenamento sono le seguenti:

  1. Rilassamento associato alla ripetizione mentale della propria prestazione – si tratta di sapersi rilassare scaricando le tensioni inutili e caricandosi con quelle che la favoriscono.
  2. Identificazione della condizione emotiva ottimale  –  Consente al giocatore di allenarsi a mettersi in quella condizione psicologica per lui ottimale, poiché è quella che ha sperimentato in passato in occasione delle sue prestazioni migliori.
  3. Simulazione della partita – Replicare le condizioni di gara in allenamento consente di migliorare le performance e di prepararsi ad affrontare le situazioni non previste che potrebbero accadere. Consiste, ad esempio, nel produrre in allenamento stimoli che possano distrarre l’atleta dalla esecuzione della sua prestazione.
  4. Accettazione dello stress agonistico – E’ essenziale accettare che il rivolgimento emotivo che si avverte prima delle partite è una reazione individuale necessaria, poiché mette in risalto il valore che si attribuisce a quell’evento sportivo. Infatti, senza la percezione di stress le gare sarebbero solo altri allenamenti. Invece, vengono svolte per provare a se stessi il proprio valore competitivo attraverso il confronto con gli altri.

Sapersi rilassare

In questi giorni le affermazioni di alcuni calciatori relative al loro livello di nausea del pallone e la dichiarazione di Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, sulla necessità di attuare un programma antistress nel Club Italia, nonchè il desiderio dei calciatori tedeschi di avere uno psicologo in squadra, mettono in rilievo l’esistenza di un disagio psicologico. Al di là delle cause di questo malessere, appare evidente la necessità dei calciatori di imparare a recuperare energia mentale e desiderio di giocare attraverso una riduzione di questo stress professionale. Una prima risposta è quella d’imparare a rilassarsi per ridurre le tensioni sostituendole con una condizione psicofisica di distensione. Lo scopo è di uscire fuori da una condizione di lamentela passiva e di entrare in un’altra, che è attiva e che rappresenta da sempre una delle più efficaci azioni antistress. Nei miei programmi di allenamento mentale per gli atleti vi è sempre una parte dedicata al rilassamento, che non serve per gareggiare meglio, ma per uscire da quel tunnel in cui vi è un unico e costante pensiero: la gara e come fare per essere il migliore in campo. Questi pensieri accompagnati dalle relative emozioni (ansia, depressione, inpulsività, rabbia) portano con il passare del tempo alla nausea nei riguardi dell’allenamento e delle partite. Non è l’unica ragione ma è notevolmente importante e molti campioni del calcio a un certo punto della loro carriera si ritrovano senza più fame di vittorie. I soldi, poi, hanno cambiato il loro modo di interpretare la realtà e in un calcio in cui domina sempre di più il valore dell’intrattenimento rispetto a quello dell’agonismo si dimentica la voglia di lottare. Per cui si riparta dall’insegnare a gestire e ridurre lo stress, attraverso strategie come quelle descritte nel mio libro “Affrontare lo stress”. http://www.servizioclientiespresso.repubblica.it/index.php?page=vpc&id=370646