Archivio per il tag 'cultura'

Abbraccia il percorso e non il risultato

Viviamo nella cultura della gratificazione immediata. Quando vogliano qualcosa, la vogliamo subito. Ciò ha determinato un notevole abbassamento del nostro livello di tolleranza alla frustrazione. Spesso i giovani che incontro si arrabbiano con se stessi se non migliorano subito e quando commettono degli errori si sentono degli incapaci perchè non hanno ancora imparato.

Nella nostra cultura diamo troppa importanza al risultato e molto meno al percorso da intraprendere per raggiungerlo. Dovremmo imparare a fermare questa corsa al risultato. Impariamo invece ad amare il viaggio nel quale siamo immersi. Spesso gli atleti si comportano come se un bambino della scuola elementare volesse scrivere un tema come un ragazzo della scuola media superiore. E’ un bel sogno ma non scambiamolo con la realtà.

Lo stesso vale per le persone della mia età, over60, che pensano di allenarsi come se ne avessero 30 o 40 di anni. Dopo una serie di problemi fisici che mi hanno impedito di allenarmi per tre anni e dopo avere ripreso da circa sei mesi, mi sono reso conto della necessità di resettare il mio pensiero e di ripartire con una mentalità adeguata agli anni che sto vivendo e trovare piacere in questo progetto. Quindi, non si tratta solo di seguire un programma di allenamento corretto per una persona over60 che è stata ferma per tre anni ma di adattare la mentalità a questa condizione reale e trarre soddisfazione dallo scorrere delle giornate impegnato in questo percorso di allenamento fisico, sportivo e mentale. Mai pensare “prima facevo in questo modo, perchè non ci riesco?”. Questa sarebbe la strada verso il fallimento. L’idea positiva e ottimista è esattamente opposta: “Sto facendo quello che mi piace e che mi fa sentire bene”. Questo approccio mentale unito alla pratica determina nel tempo il miglioramento e permette di  soddisfare gli obiettivi che mi sono proposto da ottenere.

In questo modo, mi concentro sulla quotidianità dell’allenamento, e mi ascolto per prepararmi a ciò che ho deciso di fare. Il piacere consiste nell’avvertire i cambiamenti che avvengono, mentali e fisici, che si manifestano a causa dell’allenamento. Infatti, gradualmente non solo il corpo ma anche la mente si modella sul tipo di attività da svolgere. Ad esempio, all’inizio la corsa era molto faticosa, vai piano e ti senti pesante, per cui ho ripreso come qualsiasi principiante alternando corsa e camminata per 5/6 km. Non mi sono invece fidato dei ricordi di me maratoneta, ne ho corse più di 50, o di persona che aveva corso i 100 km del Passatore. Questo secondo approccio mi avrebbe portato ad infortunarmi e convincermi che la corsa non era più adatta a me. Con questo approccio mentale e una corretta varietà degli allenamenti in qualche mese sono arrivato a correre 40k alla settimana in tre sedute. Quindi, una regola su tutte ho imparato: allenati con un’intensità che ti consenta di allenarti anche il giorno dopo. Attualmente mi alleno 5 giorni la settimana, una volta solo preparazione fisica, una in bicicletta e di tre corsa. Sempre 30 minuti di corpo libero prima di ogni allenamento. Mi diverto. Dove arriverò non mi interessa, mi piace scoprirlo settimana per settimana.

Perché un campione ha bisogno di un allenatore

In un’intervista Novak Djokovic ha parlato della sua collaborazione con il suo allenatore Goran Ivanisevic. Il giocatore serbo ha detto: “L’ho assunto perché abbiamo fondamentalmente la stessa cultura. La nostra mentalità è molto simile, lui mi capisce molto bene.

Sono molto rispettoso nei suoi confronti perché era il più grande giocatore del passato nella nostra regione e volevo essere come lui. Siamo amici. E’ un uomo sorprendente, onesto e aperto e un grande giocatore. Sa come ci si sente a competere ai massimi livelli.

Ci sono molte cose da migliorare. Ci sono giorni in cui non ci si sente così bene. Ecco perché l’allenatore è molto importante. Lui capisce come sto andando mentalmente e fisicamente. Finora il rapporto è stato grande e speriamo continui”.Risultati immagini per djokovic ivanisevic

#Mattarella #studio #cultura #apertura

#Mattarella all’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss:

“All’Italia serve studio, approfondimento, capacità di comprendere la realtà e rifuggire l’improvvisazione. La cultura ci insegna l’apertura al mondo e il rifiuto di ogni isolamento”.

Askanews

La cultura della tenacia

Lo sviluppo della tenacia è stato spesso considerato come un fattore strettamente individuale ed è stato poco studiato per comprendere in che modo un’organizzazione sportiva manifesta la propria cultura della tenacia e come questa favorisca l’approccio degli atleti.

L’articolo di Eubanks, Nesti e Littlewood (2017), A culturally informed approach to mental toughness development in high performance sport, IJSP, 48, 206-222, fornisce alcune risposte a questo tema.

Gli autori hanno svolto un’analisi critica della letteratura su MT in relazione alla definizione e concettualizzazione di questo costrutto. In particolare è stato poco indagato come ambiente, cultura e contesto impattano sulla formazione della tenacia, non considerano che l’atleta è inserito in un ambito sportivo che segue regole e sistemi propri.

La tenacia è l’abilità a raggiungere gli obiettivi personali in situazioni di stress determinati da un numero ampio di stressor (Hardy, 2014).

La psicologia è stata spesso criticata per la sua ridotta attenzione all’ambiente in cui vive l’atleta. La cultura può essere vista come quell’insieme di forze nascoste che coinvolgono valori, credenze e tradizioni che esercitano un soft power che incornicia la pratica quotidiana, le strategie e la filosofia di un gruppo. Quindi quale cultura sportiva vogliono affermare i dirigenti e gli allenatori nei confronti dei loro atleti?

Weinberg et al., (2011) evidenziano sulla base di 10 allenatori-capo di associazioni di atletica, ad esempio, che l’allenamento fisico impegnativo, un clima psicologico incoraggiante e un ambiente che sviluppa la consapevolezza in relazione alla tenacia e opportunità di apprendimento sono fondamentali per lo sviluppo della tenacia.

Gli autori spiegano che l’ambiente migliore per costruire MT è quello in cui vie una cultura stimolante e sfidante e dove la responsabilità individuale viene enfatizzata in ogni attività. Inoltre vi deve essere una stretta connessione con l’etica del lavoro.

 

Fare come a Manchester per vincere la paura del terrorismo

I fatti di queste ultime settimane ci spingono ad avere paura di andare a una manifestazione pubblica o di fare un viaggio a Londra ma la risposta non deve essere quella di chiudersi dentro casa ma di fare come a Manchester, di nuovo 50.000 persone insieme a dire che abbiamo fiducia e crediamo nella libertà. Viviamo in un presente dilatato su base planetaria. Qualsiasi cosa accada  in qualche parte del mondo lo sappiamo subito, dalle bombe a Kabul, ai morti di Londra sino al panico della folla di Torino. Sono storie diverse ma collegate tramite le informazioni di cui siamo costantemente e in tempo reale soverchiati. Questo vortice continuo di notizie ha reso più piccolo il mondo nella nostra percezione, perché questa condivisione immediata riduce le distanze geografiche e ci stimola a sentirci in pericolo. Gli attentati vogliono raggiungere questo obiettivo colpendo il nostro stile di vita, dalla libertà di uscire, andare ai concerti, divertirsi, andare a una partita o vederla in un piazza. La velocità dell’informazione è un’arma ulteriore di cui si servono i terroristi, poichè  sappiamo tutto l’istante dopo che è accaduto, senza essere stati preparati a mitigarne il contraccolpo sulla nostra mente. Per non sentirci schiacciati dal peso di queste notizie e dall’insicurezza che possono generare, dobbiamo allora imparare a rassicurare noi stessi e chi ci vive accanto. Non c’è, infatti, un modo preconfezionato di rispondere a queste tragedie e alle paure che ci sollecitano, dobbiamo continuare a fare quello cha abbiamo sempre fatto. Lo sport e la musica possono aiutare, perché sono condivisione di una passione e soddisfano nel profondo la voglia di stare insieme, di sentirsi uniti. Rappresentano, quindi, un antidoto a quella tensione inespressa vissuta sotto pelle, che si accumula ogni giorno se non viene sciolta nella pratica d’interessi che uniscono, che fanno provare emozioni condivise e che arricchiscono la nostra esistenza. Dobbiamo continuare a diffondere la cultura in tutte le sue forme da quella sportiva a quella musicale a quella artistica. Come singole persone siamo i depositari della nostra cultura che si deve poter manifestare in libertà, non dimentichiamocelo quando penseremo se andare a una partita, se partecipare a una gara podistica o permettere ai nostri figli di andare a un concerto.

Le regole e gli obiettivi dello sport

Gli sportivi in Italia non crescono: sono il 33%

Da 10 anni il numero di persone che in Italia praticano sport non cresce e continua a essere tra i più bassi in Europa. Non è solo una questione economica, manca un’adeguata cultura dello sport e del valore del movimento.

Persone di 3 anni e più che praticano sport, qualche attività fisica e persone sedentarie per Regione Anno 2015 (valori percentuali)

 

REGIONI
RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
Praticano
sport
di cui in modo: Praticano
solo qualche
attività fisica
Non praticano
sport né
attività fisica
continuativo saltuario
Piemonte 35,8 24,7 11,2 33,8 30,0
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 45,0 31,5 13,5 30,0 24,5
Liguria 32,7 24,1 8,6 30,8 36,2
Lombardia 40,7 28,5 12,2 27,2 31,4
Trentino-Alto Adige/Südtirol 50,9 34,0 16,9 35,4 13,5
Bolzano/Bozen 56,6 36,2 20,4 32,1 10,8
Trento 45,4 31,9 13,5 38,6 16,0
Veneto 40,3 27,9 12,4 32,6 27,0
Friuli-Venezia Giulia 38,5 28,1 10,4 31,6 29,8
Emilia-Romagna 36,0 25,7 10,3 31,7 31,9
Toscana 34,9 25,0 9,9 31,1 33,6
Umbria 31,6 23,0 8,6 28,0 40,0
Marche 35,6 26,5 9,1 27,6 36,4
Lazio 34,8 27,3 7,5 20,6 43,9
Abruzzo 31,7 21,8 9,9 25,7 42,5
Molise 25,4 19,2 6,2 19,0 55,1
Campania 19,5 13,0 6,5 23,1 57,2
Puglia 27,4 19,4 8,0 21,2 51,1
Basilicata 23,9 18,2 5,7 24,0 51,7
Calabria 24,5 17,9 6,6 18,4 56,7
Sicilia 24,4 18,0 6,4 17,5 57,3
Sardegna 34,0 24,6 9,4 29,3 36,3
Nord-ovest 38,6 27,0 11,6 29,4 31,5
Nord-est 39,4 27,7 11,8 32,4 28,0
Centro 34,7 26,2 8,5 25,3 39,5
Centro-Nord 37,7 27,0 10,7 29,0 32,9
Mezzogiorno 24,9 17,7 7,2 21,5 53,2
Italia 33,3 23,8 9,5 26,5 39,9
Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”

La corsa per tutti e per gli ultramaratoneti

Venerdì 20 febbraio la Sala Stampa “P.Maccherini” del Palazzo Berlinghieri di Siena ospiterà alle 11,30 la conferenza stampa della seconda edizione del Terre di Siena Ultramarathon, manifestazione podistica competitiva e non che si svolgerà domenica 1 marzo con partenze differenziate da S. Gimignano per la 50 km, da Colle val d’Elsa per la 32 km e da Monteriggioni per la 18 km. Prevista anche una passeggiata di circa 6 km per le vie del centro storico di Siena. Un appuntamento che coniuga il tema dello sport per tutti, caro all’Uisp Siena, promotrice dell’evento, con la valorizzazione del territorio e delle sue ricchezze turistiche e culturali.

Sabato alle 17,30 si svolgerà inoltre un convegno sulla “Preparazione psicologica nella ultramaratona” curato dal prof. Alberto Cei, consulente psicologo alle Olimpiadi di Atlanta, Sydney, Atene, Pechino e Londra. Al termine dell’incontro saranno presentati i percorsi di gara.

Le iscrizioni sono aperte fino a mercoledì 25 febbraio sul sito www.terredisienaultramarathon.it

Parlare per sport o di sport

Il lunedì siamo tutti allenatori di calcio e, quindi, al bar o in ufficio parliamo o sparliamo di calciatori, squadre e risultati con il fervore di chi realmente potrebbe risolvere i problemi della squadre. D’altra parte abbiamo ben tre quotidiani di sport, che ogni giorno devono riempire un centinaio di pagine  e sono letti da milioni di persone. Quindi vige la regola secondo cui ogni sospiro di un giocatore o esternazione di un allenatore vengono messe bene in evidenza per dare argomenti ai nostri ragionamenti da bar. Tutto questo parlare andrebbe bene se il principale effetto fosse quello di sviluppare una cultura da bar dello sport che si esaurisce nello spazio di un caffè. Purtroppo la maggior parte di chi partecipa a queste discussioni è anche genitore o nonno di bambini, maschi, che giocano a calcio e che con la stessa facilità con cui esprimono giudizi sugli allenatori delle squadre professionistiche, con ancora più facilità si considerano competenti e in diritto di criticare gli allenatori dei loro figli nonché i figli stessi. E quando si avverte questo diritto, si comincia anche ad attaccare gli arbitri perché sono contro la loro squadra e si urlano consigli su come giocare.

Non c’è un finale felice a questa storia poiché i quotidiani sportivi continueranno a esaltare il calcio in ogni sua forma poiché le persone vogliono esattamente leggere questo tipo di notizie. Per fortuna esisteranno sempre isole in un cui si fa cultura dello sport e del calcio, ma alla maggior parte delle persone interessa sapere ogni sospiro di Icardi o di Eto perchè giocano in “grandi” squadre e di cui, infatti, si parla tutti i giorni e non di come il Sassuolo e l’Empoli riescono nell’impresa di giocare un bel calcio. Non lamentiamoci quindi della diffusione della violenza o delle truffe nel calcio, perché sono il risultato estremo di questa non-cultura sportiva.

Kei Nishikori e la cultura giapponese e US

Project 45 è il nome che è stato al programma di sviluppo di Kei Nishikori, la nuova stella del tennis maschile, 5° nel ranking mondiale. Project 45 perché è di un posto più avanti della 46° posizione, che era la migliore classifica raggiunta da un giapponese. Per ottenere questo risultato Nishikori a 14 anni si trasferì dal Giappone in Florida. Suo padre, ingegnere, pensava: “che i tennisti giapponesi non avevano avuto successo poichè il loro individualismo è debole se confrontato con quello dei giocatori d’oltreoceano”. E’ lo stesso esposto dal vicepresidente dell’IMG tennis, Olivier van Lindonk: “il Giappone è così rispettoso della cultura, ma non puoi andare avanti nel tennis inchinandosi”. Concetti duri ma condivisi anche da Masaki Morita, executive della Sony e fratello più giovane del suo fondatore che come presidente onorario della Federtennis giapponese inviò i migliori giovani negli US per liberarsi dalla struttura gerarchica del Giappone: “Avevo notato che i bambini giapponesi giocavano molto bene dal punto di vista tecnico in casa ma quando andavano oltreoceano non vincevano mai”.

In Florida trovò Brad Gilbert come allenatore, impressionato dalla sua tecnica ma troppo timido sul campo. Lo fecero giocare contro giocatori che giocavano sporco e doveva cavarsela da solo, senza che nessuno lo aiutasse. Solo lui resistette a questo trattamento mentre gli altri giocatori giapponesi se ne andarono. Nishikori ricorda che si sentiva solo, non sapeva come esprimere le sue opinioni e aveva paura di dire quello che pensava”.  Continuò e venne fuori vincente da questa sfida.