L’allenatore: se la squadra perde sei licenziato

Questo turno di Champions League e i commenti apparsi sui media hanno messo in evidenza in modo molto evidente i limiti attuali del calcio Italiano. Ci si sofferma sul gioco, sulla qualità dei giocatori, sui soldi che tutto questo costa e le analisi sono spesso impietose nei confronti della  Serie A. Il calcio è un fenomeno complesso che richiede molte diverse professionalità che s’integrano nella gestione e nello sviluppo di una squadra. Fra i tanti fattori che partecipano a determinare il valore di una squadra vorrei soffermarmi sugli allenatori. Criticarli è piuttosto facile perchè il giudizio su di loro dipende dai risultati della squadra. Come tutti sappiamo sono i primi a essere esonerati quando i risultati non corrispondono alle aspettative del club. In questa stagione sportiva, non ancora conclusa, è stato raggiunto il record di 14 cambi di panchina su 20 squadre. Solo la Liga spagnola ci segue con 13 esoneri mentre in Germania sono stati 8 e in Inghilterra 5.

Il calcio è uno sport ad alto rischio dove non si accettano le sconfitte e quindi rappresenta un alto livello di stress per gli allenatori, che se da un lato nelle squadre professionistiche sono ben remunerati dall’altra non è facile vivere questa condizione d’incertezza anche se scelta da loro. Si può dire che gli allenatori subentrati si trovano a dovere affrontare una situazione di pronto soccorso, devono guarire il malato, la squadra, in tempi rapidi e a qualsiasi costo. Sono pochi quegli allenatori che possono permettersi di aspettare la chiamata per loro giusta e prendersi il tempo che desiderano per attendere la squadra che soddisfi le loro esigenze, la maggior parte invece deve essere pronta a buttarsi nella mischia e lavorare senza sosta per trovare rapidamente una soluzione e naturalmente mostrarsi soddisfatti della chance che gli viene offerta. Tutto questo viene ben pagato ma a mia conoscenza non ho visto finora su questo tipo di condizione umana e tantomeno analisi approfondite sul tema da parte della loro organizzazione e dei singoli club.

Mi sembra che si sia perso il valore del lato umano del calcio a spese di una concezione unidimensionale del calcio secondo cui o vinci o non sei nulla.

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