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Kei Nishikori e la cultura giapponese e US

Project 45 è il nome che è stato al programma di sviluppo di Kei Nishikori, la nuova stella del tennis maschile, 5° nel ranking mondiale. Project 45 perché è di un posto più avanti della 46° posizione, che era la migliore classifica raggiunta da un giapponese. Per ottenere questo risultato Nishikori a 14 anni si trasferì dal Giappone in Florida. Suo padre, ingegnere, pensava: “che i tennisti giapponesi non avevano avuto successo poichè il loro individualismo è debole se confrontato con quello dei giocatori d’oltreoceano”. E’ lo stesso esposto dal vicepresidente dell’IMG tennis, Olivier van Lindonk: “il Giappone è così rispettoso della cultura, ma non puoi andare avanti nel tennis inchinandosi”. Concetti duri ma condivisi anche da Masaki Morita, executive della Sony e fratello più giovane del suo fondatore che come presidente onorario della Federtennis giapponese inviò i migliori giovani negli US per liberarsi dalla struttura gerarchica del Giappone: “Avevo notato che i bambini giapponesi giocavano molto bene dal punto di vista tecnico in casa ma quando andavano oltreoceano non vincevano mai”.

In Florida trovò Brad Gilbert come allenatore, impressionato dalla sua tecnica ma troppo timido sul campo. Lo fecero giocare contro giocatori che giocavano sporco e doveva cavarsela da solo, senza che nessuno lo aiutasse. Solo lui resistette a questo trattamento mentre gli altri giocatori giapponesi se ne andarono. Nishikori ricorda che si sentiva solo, non sapeva come esprimere le sue opinioni e aveva paura di dire quello che pensava”.  Continuò e venne fuori vincente da questa sfida.