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Per i campioni è molto difficile accettare di ritirarsi

Per provare a dare una spiegazione del motivo per cui molti campioni non si ritirano giunti a un’età in cui questa sembrerebbe essere la decisione migliore, e qui il pensiero va al 37enne Novak Djokovic, un articolo apparso su The Guardian cita la storia di Archie Moore (1916-1998), campione del mondo dei mediomassimi e uno dei più longevi pugili, felicemente sposato e padre di due figlie. Quando aveva 47 anni e ancora campione del mondo disse:

“Sono ancora la vecchia mangusta che cerca di superare i ragazzi più giovani… Sono come l’ubriaco al bar che ne vuole ancora un altro per la strada. Voglio un altro ko da aggiungere al mio record e poi un altro ancora. Alcuni dicono che è fantastico quando un uomo si ritira imbattuto. Ma un campione dovrebbe combattere fino alla fine e uscire con le mani alzate proprio come è entrato. È la giusta uscita di scena e credo che possa essere la mia”.

Combatti per altri tre anni e si ritirò a 50 anni con 186 vittorie.

Djokovic è consapevole di quando gli sta accadendo e sta provando la carta del cambio allenatore, forse per trovare nuovi stimoli, ciò che toglie che il suo pensiero, oggi, è piuttosto chiaro e la sua decisone dipenderà da quanto saprà accettare questo inevitabile declino e la tristezza che comporta:

“Sappiamo tutti che quei momenti arriveranno per tutti noi”, ha detto. “Ma quando arrivano davvero, e quando capisci che è finita, che Roger ha finito la sua carriera, che Rafa e io probabilmente non giocheremo più molto, è come se un’era finisse ed è triste”.

 

 

Alcaraz schiaccia mentalmente Djokovic

Un anno fa scrissi che in un mondo del tennis che da tempo stava cercando chi saranno i sostituti dei Favolosi 3 (Federer, Djokovic e Nadal), le vittorie di Carlos Alcaraz erano lì a dimostrare che forse sarebbe stato lui il prossimo n.1 del ranking mondiale, che a proposito della rilevanza della componente mentale nel suo gioco aveva detto:

” la mia forma fisica è stata importante, ma sicuramente la parte più importante è il gioco mentale. Sento che sono cresciuto molto in quella parte. Questo è il motivo per cui sono il numero 9 del mondo in questo momento ed è il motivo per cui sto giocando a un buon livello. Ecco perché sono stato in grado di vincere grandi partite, quindi penso che [la mia mentalità] sia la cosa più importante”.

Ieri, Alcaraz nella finale a Wimbledon contro Djokovic ha dimostrato definitivamente il livello di maturità mentale che ha raggiunto. La sua vittoria è bellissima non solo perchè ha sconfitto il campione che da 10 anni non perdeva a Wimbledon o perchè è il terzo tennista più giovane ad avere vinto questo torneo.

Ha dimostrato che si può passare attraverso l’inferno di un primo set, perso 6-1, in cui non ha opposto alcuna resistenza a Djokovic. Era una situazione che avrebbe potuto annientarlo dal punto di vista competitivo, e forse gli sono venuti in mente i crampi dovuti allo stress, provati nella semifinale al Roland Garros persa in modo netto proprio contro lo stesso avversario (6-3, 5-7, 6-1, 6-1). Questa volta la storia è stata, invece, diversa; Alcazar si è psicologicamente ripreso e ha cominciato a a fare il suo gioco. Ha schiacciato mentalmente Djokovic che si è molto innervosito, ha litigato con il pubblico e con l’arbitro, e ha spaccato la racchetta.

In uno sport, in cui l’obiettivo è dominare l’avversario Alcaraz è riuscito in questa impresa. Il lavoro con la psicologa Isabel Balaguer, intensificato in questo periodo insieme a quello con il suo team, gli ha permesso di uscire da quel baratro del primo set. Il tennis è questo: si può perdere e non capire niente ma se si è disposti a ragionare e reagire a questi momenti, allora può uscire fuori il lavoro svolto e Alcazar ha mostrato che il lavoro mentale paga quando non si è disposti subire i momenti negativi e si vuole a ogni costo perseguire il proprio obiettivo.

Alcazar ha dimostrato a tutti come si possa passare da una fase in cui si è mentalmente perdenti a un’altra di presenza dominante nella partita più importante della vita.

 

 

Suarez e Djokovic: senz’anima non si vince

Qualche giorno fa è scomparso un incredibile campione del calcio, Luis Suarez. Nell’intervista rilasciata a Gianni Mura nel 2014 mi hnno colpito due idee che per me sono importanti quando si parla di campioni. Il valore della tecnica: “Senza tecnica non c’è calcio apprezzabile. Oggi, quando vedo tanti cross che finiscono dietro la porta cambio canale”. Il valore delle emozioni: ”Avventura è il termine giusto, perché nel 1961 non è che l’Inter fosse al vertice europeo. Ci puntava, per questo aveva preso il Mago e, di conseguenza, il Mago aveva convinto me, ma senza grandi discorsi. Poi s’è detto che io ero l’anima di quell’Inter, ma non è vero. Quell’Inter aveva molte anime, da Facchetti a Corso, da Picchi a Mazzola. Io ero l’esperienza, questo penso”. Suarez va all’Inter per avventura, per il Mago e per esserne una delle anime.

I campioni ci permettono di fare questi ragionamenti e di capire le ragioni per cui ne abbiamo bisogno.

Il primo riguarda il tema dell’eccellenza della prestazione umana. I campioni ci permettono di conoscere quali siano i limiti attuali dell’esperienza umana nello sport e ci mostrano come oltrepassarli, in una rincorsa a questo miglioramento che sembra infinita. Le scienze che studiano l’essere umano forniscono dati che ispirano gli allenatori migliori che utilizzano la metodologia dell’allenamento per migliorare quegli aspetti tecnico-tattici di cui parla Suarez.

Il secondo riguarda l’anima di una squadra, che si concretizza nella stretta relazione tra pensiero ed emozioni,. A tutti piace vincere, ma non tutti sanno che per esprimersi al meglio bisogna metterci l’anima. Chi non segue questo approccio, molto difficile da vivere giornalmente, cade nella trappola del risentimento verso di sé e verso chi gli sta vicino perchè non ha saputo evitargli questo problema. Anche Novak Djokovic descrive bene questo concetto dicendoci:

“Quando ci sentiamo feriti, risentiti, tristi o sentiamo di aver fallito o di non piacerci o qualsiasi cosa sia, rimaniamo intrappolati in quell’emozione. Succede anche a me, senza dubbio, dentro e fuori dal campo, molto spesso. È normale, è l’esperienza della vita di tutti noi. Ma cerco sempre di essere consapevole di ciò che ho detto o fatto o dell’emozione che provo e di non rimanerne intrappolato troppo a lungo. Torno indietro. Ne esco. Perché non possiamo controllare ciò che accade fuori di noi, ma possiamo controllare il modo in cui reagiamo a queste circostanze”.

Suarez e Djokovic, generazioni diverse di campioni, affermano però la stessa idea  facciamo dialogare i nostri pensieri con le nostre emozioni, restiamo in contatto e dialoghiamo con la nostra anima e con quella dei nostri compagni e di chi lavora con noi.

Le motivazioni di Novak Djokovic

Novak Djokovic ha nuovamente vinto e ora è il tennista più vincente della storia di questo sport con 23 tornei dello Slam. Si pensava al passaggio di consegne tra Alcaraz e Djokovic ma il primo ha subito così tanto la pressione agonistica che è stato bloccato da crampi su tutto il corpo.

36 anni e non sentirli, potrebbe avere diverse ragioni per continuare a giocare.

Passione per il gioco: Djokovic potrebbe sentirsi appagato solo quando è in campo. La passione per il gioco potrebbe essere una delle principali motivazioni per continuare a competere.

Sfida personale: è un atleta di livello planetario, un vincitore seriale, ciò continua a rappresentare una forte spinta a continuare a sfidare se stesso e migliorare costantemente. Superare i propri limiti.

Stabilire nuovi record: Ora potrebbe puntare a conquistare nel 2024 il “Golden Slam” (vincere i quattro i tornei del Grande Slam e l’oro olimpico a Parigi).

Essere d’ispirazione: come uno dei giocatori di maggior successo nel tennis, Djokovic potrebbe sentirsi motivato a ispirare gli altri con il suo gioco e le sue vittorie.  Modello positivo per i giovani, incoraggiandoli a perseguire i propri sogni.

 

Le emozioni estreme di Djokovic

Novak Djokovicha vinto il Roland Garros:

Ringrazio il pubblico per la sua presenza. L’atmosfera era veramente elettrica, stupenda. Sono grato del fatto che il mio staff, i miei genitori, mia moglie potessero essere qui. Penso alle ultime 9 ore di tennis contro due grandi campioni come Nadal e Tsitsipas, non è stato facile né fisicamente né mentalmente. Sono stati giorni davvero durissimi, davvero indimenticabili. Ho avuto grande fiducia in me stesso e nelle mie capacità. È un sogno che si è realizzato ancora una volta”.

Un piacere essere qui. Immagino cosa stia provando Stefanos, so com’è difficile sentirsi quando si perde una finale di uno Slam. Sono le partite in cui impari di più, e conoscendo lui ed il suo team so che sarà più forte dopo questa partita. Sono sicuro che vincerà tanti tornei dello Slam in futuro, ho grande rispetto per lui. Il futuro del tennis è in buone mani in Grecia”.

Le parole di Djokovic dicono di quanto stress vi sia dietro queste vittorie anche in chi è abituato a questi successi ed è il n.1  del ranking mondiale.

Anche se sei un vincente seriale, le emozioni non ti lasciano mai e questa volontà di volere continuare a vivere queste situazioni emotivamente estreme anche dopo anni di successi è un’ulteriore dimostrazione del valore di questo tipo di atleti. Qualcuno la chiamerebbe resilienza, a cui aggiungerei la parola estrema.

 

Perché un campione ha bisogno di un allenatore

In un’intervista Novak Djokovic ha parlato della sua collaborazione con il suo allenatore Goran Ivanisevic. Il giocatore serbo ha detto: “L’ho assunto perché abbiamo fondamentalmente la stessa cultura. La nostra mentalità è molto simile, lui mi capisce molto bene.

Sono molto rispettoso nei suoi confronti perché era il più grande giocatore del passato nella nostra regione e volevo essere come lui. Siamo amici. E’ un uomo sorprendente, onesto e aperto e un grande giocatore. Sa come ci si sente a competere ai massimi livelli.

Ci sono molte cose da migliorare. Ci sono giorni in cui non ci si sente così bene. Ecco perché l’allenatore è molto importante. Lui capisce come sto andando mentalmente e fisicamente. Finora il rapporto è stato grande e speriamo continui”.Risultati immagini per djokovic ivanisevic