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Cos’è l’etica

In questi giorni in cui si parla in relazione al calcio di ludopatia e di legalità infranta non è inutile ricordare cosa si debba intendere per etica, che è l’approccio che ognuno dovrebbe avere in relazione alle proprie scelte e comportamenti.

 

Il percorso dell’etica

La Juventus deve ritrovare valori e responsabilità sociale

Gli atti di accusa contro la Juventus riguardano plusvalenze artificiali, notizie false sugli stipendi, false comunicazioni sociali, manipolazione del mercato e altre ancora. Queste accuse, ovviamente da dimostrare, riportano al concetto d’inganno che è alla base della frode.

L’inganno è un’azione condotta consapevolmente allo scopo di non fare avere ad altri informazioni vere e rilevanti, di cui questi ultimi ignorano la presenza. E’ un’azione che si caratterizza in termini di ricerca volontaria delle strategie d’inganno e dei modi per attuarle.

Inoltre, l’inganno e la frode sono azioni che assumono senso solo all’interno del contesto sociale nel quale sono attuate, rappresentano una violazione di diritti e si configurano come atti aggressivi, a loro volta finalizzati a ottenere un vantaggio ingiusto su un’altra entità a favore di una di un’organizzazione. Le frodi da parte delle imprese sono un fenomeno da sempre abbastanza diffuso che non riguarda solo gli ultimi 15 anni della storia sportiva e quelle promosse dal management o dalla proprietà della stessa azienda rappresentano una delle tipologie più frequenti.

Si forma così una subcultura deviante all’interno dell’organizzazione allo scopo di separare coloro che la perpetrano dalle altre persone dell’azienda che invece seguono le norme e le regole Nel caso della Juventus, i calciatori appartengono a questa seconda categoria di collaboratori. Cosa pensano è difficile immaginarlo e comunque è una loro questione privata. Certamente sono molte le situazioni che si trovano ad affrontare. Riguardano il futuro e l’immagine sociale del club, gli effetti della situazione attuale sui loro contratti,  quanto il loro personale senso etico e di responsabilità sociale peserà sul loro lavoro, gli eventuali danni alla loro immagine pubblica per giocare in un club accusato di brogli finanziari.

Mi sembra di potere affermare che, la squadra, dovendo in ogni caso continuare in modo efficace la stagione agonistica, può riuscirci se come gruppo rinnoverà i valori di coesione che le sono propri e quelli di responsabilità sociale che ha nei confronti delle altre squadre e del più ampio contesto sociale che rappresentano.

Oratorio chiude per troppe parolacce

Reti rotte, rifiuti abbandonati all’interno ma soprattutto bestemmie e parolacce a guastare l’atmosfera dell’oratorio. Per questa ragione don Franz Vicentini, parroco della chiesa di San Giuseppe a Cocciano, uno dei quartieri più popolosi di Frascati, ha chiuso l’oratorio. La decisione è piaciuta ai genitori, mi chiedo se erano solo i figli degli altri a manifestare questi comportamenti.

Quali sono i modelli per questi giovani? I calciatori che si lamentano in continuazione con gli arbitri o gli allenatori che usano il loro ruolo per esprimersi in modo violento? O gli amici bulli?

I ragazzi sono responsabili delle loro azioni. Chi sono però i loro maestri? Chi fornisce loro i comportamenti standard per agire in modo etico?

L’etica nello sport

Oggi conferenza agli arbitri e giudici internazionali di pugilato durante un Corso di aggiornamento organizzato dalla Federazione Internazionale di Boxe. Il tema è poco trattato ma di grande interesse e ha riguardato l’etica nello sport.

E’ un ambito di cui troppo poco se ne parla e spesso solo limitato al doping. Al contrario, invece, ognuno di noi è continuamente immerso in scelte etiche nella sua vita quotidiana. Nessuno può prescindere dal valutare se ciò che sta facendo è giusto o sbagliato, è etico oppure no. A quale morale rispondono le nostre azioni siamo per Dio, Patria e Nazione o per Libertà, uguaglianza e fraternità, siamo per diffondere la cultura del lavoro o per il familismo amorale.

L’attività arbitrale è un’attività complessa che richiede individui con un efficace ed efficiente sviluppo psicologico che gli consenta di prendere decisioni il più possibile oggettivo, accettando di potere commettere anche degli errori. Devono imparare a gestire lo stress collegato alle situazioni sportive che incontrano e che devono valutare con attenzione, profondità di giudizio ma anche con rapidità ed efficienza.

Ho parlato di come ogni essere umano abbia sviluppato nella sua vita dei pregiudizi e di come l’arbitro dovrebbe spogliarsene in modo competente e attraverso anche una preparazione psicologica specifica.

Se tutto è soggettivo, i valori si perdono

Intervista a Giuseppe De Rita su Repubblica.it

E allora? Da dove nascono questi comportamenti così violenti e così diffusi?« Sono frutto di una cultura collettiva, a cui non è di certo estranea la borghesia, che esalta la parte competitiva di ciascuno di noi. Sono figli di una grande ondata di soggettivismo che, se non è retta dall’etica, arriva a produrre questa realtà. Abbiamo insegnato ai nostri figli che bisogna emergere, primeggiare, c’è chi può farlo andando a formarsi alla Bocconi, facendo tirocini in aziende di nome. E chi, invece, prova a emergere nella sua comunità con quello che ha: le arti marziali, i muscoli, la voce grossa, quello che serve a superare gli altri. Niente di nuovo: chi ha meno cultura si esprime così, si affida alla fisicità per apparire, per emergere».

Insomma un desolante deserto antropologico. «È la soggettività il vero male di questi ultimi 50 anni. Se tutto diventa soggettivo, soggettiva è anche l’etica e la ricerca della libertà da tutto e a tutti i costi. È così tra i giovani che fanno a pugni o stuprano per emergere come nel mondo dell’economia: se riconosciamo che la soggettività personale vince su tutto, allora si capisce facilmente come si arriva a Colleferro».

Permettiamo allo sport d’insegnare ai bambini i valori morali ed etici?

Insegnano ai bambini e ai giovani atleti i valori etici e morali o insegnano a ingannare e a non avere la responsabilità delle proprie azioni?

Guarda questo video veramente interessante.

Risultati immagini per Should We Let Sports Teach Children Moral and Ethical Values?

Il valore sociale del coaching

In occasione della Conferenza di Reinhard Stelter di oggi a Roma relativa ai valori sociali che anche il coaching deve promuovere negli individui e nei gruppi, riporto nuovamente la recensione del suo libro.

A Guide to Third Generation Coaching

Reinhard Stelter

Dordrecht: Springer Science, 2014, p.254

http://www.springer.com/new+%26+forthcoming+titles+(default)/book/978-94-007-7185-7

This book talks about coaching from a societal perspective. Since the beginning coaching has been interpreted as a process to increase managers’ skills and in any case as a system to approach and solve problems. Third Generation Coaching   is oriented on values  and create meaning underlying aspirations, passions and habits. This concept remember me the Amartya Sen identity idea, when he explains that every day we are part of different groups and in this way we have a multiple identity, build on this different contexts and roles. Thus, Third Generation Coaching talks about our identity, view as interpersonal process continuously in movement. Coachees and coaches  live a space of self-reflection not to improve specific competences but to permit to the coachees to know better themselves and may be to see their life in a new perspective.  Really, this coaching vision is an invitation to change stride, moving to a different interpretation of our life.  For this reason Stelter underlines the main role played by values “as important landmarks for navigating in life.” Today where financial fraud in business and doping in sport are so diffuse, a changing process based on values and ethics became fundamental to guarantee social respect and freedom form illegal actions. In fact, Stelter developed this new coaching approach in a time where values are not very well represented in our society, where at the contrary every day the newspapers published news about bankruptcies or doping cases like the most famous is Lance Amstrong fall. The book talks about the necessity to build in professional or every life meaning-experiences, based on our past stories and the present in order to have a better future. Third Generation Coaching changed also the coach role, he/she became a facilitator of the coachee’s reflections concerning is cultural roots and social relations, very important because determining his/her confidence into the social environments. Third generation coaching proposes a form of dialogue where coach and coachee are focused on creating space for reflection through collaborative practices and less concerned with fabricating quick solutions. Aspiring to achieve moments of symmetry between coach and coachee, where their dialogue is driven by a strong emphasis on meaning-making, values, aspirations and identity issues. Coach and coachee meet as fellow-humans in a genuine dialogue. I can say that also in sport we assisted in an evolution of this kind in the program of athletes’ mental coaching. Till 10 years ago the programs for them were related almost exclusively to increase specific mental skills, to use during the most important events. At this approach, successively, has been added an approach more oriented to reflect about their life style, to the positive role the athletes can play in our society, to doping as negative value for them and for the society because based on deception.

La cultura della tenacia

Lo sviluppo della tenacia è stato spesso considerato come un fattore strettamente individuale ed è stato poco studiato per comprendere in che modo un’organizzazione sportiva manifesta la propria cultura della tenacia e come questa favorisca l’approccio degli atleti.

L’articolo di Eubanks, Nesti e Littlewood (2017), A culturally informed approach to mental toughness development in high performance sport, IJSP, 48, 206-222, fornisce alcune risposte a questo tema.

Gli autori hanno svolto un’analisi critica della letteratura su MT in relazione alla definizione e concettualizzazione di questo costrutto. In particolare è stato poco indagato come ambiente, cultura e contesto impattano sulla formazione della tenacia, non considerano che l’atleta è inserito in un ambito sportivo che segue regole e sistemi propri.

La tenacia è l’abilità a raggiungere gli obiettivi personali in situazioni di stress determinati da un numero ampio di stressor (Hardy, 2014).

La psicologia è stata spesso criticata per la sua ridotta attenzione all’ambiente in cui vive l’atleta. La cultura può essere vista come quell’insieme di forze nascoste che coinvolgono valori, credenze e tradizioni che esercitano un soft power che incornicia la pratica quotidiana, le strategie e la filosofia di un gruppo. Quindi quale cultura sportiva vogliono affermare i dirigenti e gli allenatori nei confronti dei loro atleti?

Weinberg et al., (2011) evidenziano sulla base di 10 allenatori-capo di associazioni di atletica, ad esempio, che l’allenamento fisico impegnativo, un clima psicologico incoraggiante e un ambiente che sviluppa la consapevolezza in relazione alla tenacia e opportunità di apprendimento sono fondamentali per lo sviluppo della tenacia.

Gli autori spiegano che l’ambiente migliore per costruire MT è quello in cui vie una cultura stimolante e sfidante e dove la responsabilità individuale viene enfatizzata in ogni attività. Inoltre vi deve essere una stretta connessione con l’etica del lavoro.

 

Quando non piace vincere facile

Spesso la cronaca aiuta più di tante parole a spiegare concetti che altrimenti sembrerebbero solo belle parole spesso troppo distanti dalla realtà. La lealtà sportiva, il desiderio di giocare e la rinuncia alla vittoria facile, per prediligere i valori della sana competizione sportiva sono tutti concetti che divengono tangibili nell’episodio di seguito riportato e apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Ecco cosa è accaduto a Foggia, nel campionato allievi nazionale.

“Per molti non importa come vincere: l’importante è vincere. Un pensiero che non ha sfiorato minimamente i dirigenti ed i ragazzi della categoria allievi nazionale Lega Pro del Foggia calcio che domenica mattina- sul campo di Rocchetta Sant’Antonio, un piccolo paesino del subappennino Dauno – aspettavano l’arrivo dei pari età dell’Ischia Isola Verde per disputare la gara valevole per la 9° giornata. L’incontro era previsto alle 11, ma a pochi minuti dal fischio d’inizio della squadra dell’Ischia non c’era traccia, fino alla telefonata dei dirigenti isolani: “abbiamo sbagliato strada e siamo finiti in una strada chiusa per una frana. Il pullman è bloccato cercheremo di arrivare a piedi”. Dopo essersi fatti raccontare la posizione esatta i dirigenti del Foggia, hanno capito subito: la squadra dell’Ischia, a piedi, non sarebbe mai arrivata in orario. Così invece di pensare alla partita, che avrebbero vinto senza giocare, hanno allertato i Carabinieri, la Polizia Municipale, la locale sezione della Protezione civile, ed è partita una processione di auto composta dagli abitanti di Rocchetta Sant’Antonio, dai genitori dei ragazzi del Foggia, ma anche dai genitori dei ragazzi dell’Ischia che erano arrivati regolarmente al campo. Il soccorso ha dato i suoi frutti. I ragazzi dell’Ischia sono arrivati al campo con mezz’ora di ritardo sull’orario di inizio della gara, ma appena in tempo per giocare… Della serie vincere è bello, ma solo dopo aver giocato, perché vincere senza giocare è come non aver vinto.” (da La Gazzetta del Mezzogiorno).

(di Daniela Sepio)