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Il picco delle prestazioni nell’ultramaratona è degli over40

Nikolaidis PT, Knechtle B. Performance in 100-km Ultramarathoners-At Which Age, It Reaches Its Peak? J Strength Cond Res. 2020 May;34(5):1409-1415.

L’età del picco di prestazione è stata di 40-44 anni nelle donne e di 45-49 anni negli uomini quando sono stati analizzati tutti i finisher, mentre è stata di 30-34 anni nelle donne e di 35-39 anni negli uomini quando sono stati considerati i primi 10 finisher in gruppi di età di 5 anni. Analizzando i finisher in gruppi di età di 1 anno, l’età del picco prestazionale è risultata di 41 anni nelle donne e di 45 anni negli uomini considerando tutti i finisher, e di 39 anni nelle donne e di 41 anni negli uomini considerando i primi 10 finisher. In conclusione, l’età del picco prestazionale è risultata più giovane nelle donne rispetto agli uomini, il che potrebbe riflettere l’età complessivamente più giovane delle donne partecipanti rispetto agli uomini. Rispetto agli studi precedenti, abbiamo osservato il picco di prestazione a un’età superiore di ∼10 anni, il che potrebbe essere attribuito a un aumento dell’età dei finisher negli anni solari. Poiché la conoscenza dell’età del picco di prestazione è unica per ogni sport, gli allenatori e i preparatori atletici potrebbero trarre vantaggio dai risultati di questo studio nell’allenamento a lungo termine dei loro atleti.

Knechtle B, Valeri F, Zingg MA, Rosemann T, Rüst CA. What is the age for the fastest ultra-marathon performance in time-limited races from 6 h to 10 days? Age (Dordr). 2014;36(5):9715.

Ricerche recenti suggeriscono che l’età del picco delle prestazioni nell’ultra maratona sembra aumentare all’aumentare della distanza della gara. Questo studio ha indagato l’età del picco delle prestazioni nell’ultra maratona per i runner che competevano in ultra maratone a tempo limitato, che andavano da 6 a 240 ore (cioè 10 giorni) durante il periodo 1975-2013.

Sno state analizzate età e prestazioni nella corsa in 20.238 (21%) donne e 76.888 (79%) uomini che hanno completato la gara (6.863 donne e 24.725 uomini, rispettivamente il 22% e il 78%). Il numero annuale di partecipanti è aumentato sia per le donne che per gli uomini in tutte le gare. Circa la metà dei partecipanti ha completato almeno una gara e l’altra metà ha completato più di una gara. La maggior parte delle prestazioni è stata raggiunta nel quarto decennio di vita.

L’età della migliore prestazione nell’ultra maratona cresce all’aumentare della durata della gara. L’età più bassa del picco delle prestazioni nell’ultra maratona è stata registrata nelle gare da 6 ore (33,7 anni) e la più alta nelle gare da 48 ore (46,8 anni). Con l’aumentare del numero di prestazioni, gli atleti miglioravano le loro prestazioni.

 

Gli ultra runner non sono mai stati così numerosi

Pochi giorni fa RunRepeat ha pubblicato uno studio, per esplorare le tendenze dell’ultra running negli ultimi 23 anni, analizzando 5.010.730 risultati di 15.451 eventi di ultra running, rendendo questo il più grande studio mai fatto su questo sport.

Risultati chiave

  • Gli ultra runner donna sono più veloci degli ultra runner uomini in distanze superiori a 195 miglia. Più lunga è la distanza, minore è il divario di ritmo. Nei 5 km gli uomini corrono il 17,9% più velocemente delle donne, alla distanza della maratona la differenza è solo dell’11,1%, nelle gare di 100 miglia la differenza si riduce ad appena lo 0,25%, e al di sopra delle 195 miglia le donne sono in realtà lo 0,6% più veloci degli uomini.
  • La partecipazione è aumentata del 1676% negli ultimi 23 anni da 34.401 a 611.098 partecipazioni annuali e del 345% negli ultimi 10 anni da 137.234 a 611.098. Non ci sono mai stati così tanti ultra runner.
  • Sono sempre più numerosi gli ultra runner che partecipano a più eventi all’anno. Nel 1996, solo il 14% dei corridori partecipava a più gare all’anno, ora il 41% dei partecipanti partecipa a più di una manifestazione all’anno. C’è anche un aumento significativo della % di persone che corre 2 gare all’anno, il 17,2% (dal 7,7% al 24,9%) e 3 gare, il 6,7% (dal 2,8% al 9,5%).
  • Non ci sono mai state così tante donne nell’ultrarunning. Il 23% dei partecipanti sono donne, contro il 14% di 23 anni fa.
  • Gli ultra runner sono oggi più lenti che nel passato per distanza. Il ritmo medio nel 1996 era di 11:35 min/miglio, attualmente è di 13:16 min/miglio. Il podista medio ha aggiunto 1:41 min/miglio al suo ritmo medio, che è un rallentamento del 15% dal 1996. Non crediamo che i singoli atletisiano diventati più lenti, ma che queste distanze stiano attirando ora i meno preparati perché lo sport è più trendy.
  • I podisti migliorano il loro ritmo nelle prime 20 gare e poi il loro ritmo si stabilizza. Dalla prima alla seconda corsa i corridori migliorano in media di 0:17 min/miglio (2%). Ma alla loro 20esima corsa migliorano di 1:45 min/miglio (12,3%).
  • Le nazioni più veloci sono il Sudafrica (passo medio 10:36 min/miglio), la Svezia (11:56 min/miglio) e la Germania (12:01 min/miglio).
  • Un numero record di persone si reca all’estero per eventi ultra podistici. Il 10,3% delle persone per correre un’ultra, per le 5 km questa percentuale è solo dello 0,2%.
  • I corridori che percorrono le distanze più lunghe hanno un ritmo migliore rispetto ai corridori che percorrono le distanze più brevi per ogni fascia d’età.
  • Tutte le fasce d’età hanno un ritmo simile, circa 14:40 min/miglio. Il che è insolito rispetto al passato e ad altre distanze.
  • L’età media degli ultra runner è diminuita di un anno negli ultimi 10 anni. È passata da 43,3 anni a 42,3 anni.

 

Le esperienze degli ultramaratoneti

Review

“It’s Not about Taking the Easy Road”: The Experiences of Ultramarathon Runners

Duncan Simpson,  Phillip G. Post,  Greg Young,  Peter R. Jensen 

The Sport Psychologist, 2014, 28, 176-185

Ultramarathon (UM) running consists of competitive footraces over any distance longer than a marathon, which is 26.2 miles  The distances of UM races vary from 31 to over 100 miles and are often distinct due to the challenging environments in which they take place (e.g., forests, mountains, jungle, and desert).

Research that has been conducted has primarily examined the sport motivations, changes in mood states, and sport-specific cognitions of UM runners. Research on UM participant motivations suggest that these athletes compete to experience feelings of personal achievement, to overcome challenges, socialize with other runners, and to be in nature.

Evaluations of UM runners’ cognitive orientations, race thoughts and mental strategies indicate that these runners are more confident, committed to running, have higher goal-orientations compared with other athletes, use dissociative thoughts (e.g., thinking of friends, music) and use several mental skills (i.e., imagery, goal setting, self-talk).

Results

The present study explored UM runners’ experiences of training and competition using the method of existential phenomenological interviewing: 26 participants ranging in age from 32 to 67 years.

UM Community was the most prominent theme that emerged from the interviews. Specifically, these participants perceived the UM community helped them to effectively prepare for events (e.g., obtain information on how to train), manage in race demands (e.g., support from crew members), discover new environments (e.g., running new races) and enhanced their sense of personal achievement (e.g., the exclusivity of the small number of individuals participating in UM).

UM Preparation/strategy highlights the amount of time, dedication, and personal sacrifice needed to be a successful UM runner. While prior research indicates that training hours are key predictors of success, it does not adequately describe the dedication and sacrifice made by these runners. UM runners train for long periods of time without large incentives (e.g., monetary rewards, sponsorships) or established training protocols (e.g., coach, training guidelines). To train effectively these UM runners often sacrificed social relationships, family, and work needs. Therefore, the incentive to train and decisions about nutritional/training needs largely rested with each individual.

UM Management is consistent with prior UM research examining cognitive strategies and goal orientations. With regard to goal orientations, prior research suggests that UM runners focus on task goals (i.e., process) more than outcome goals (i.e., winning the race). This was supported in the current study, with the majority of participants indicating that they were primarily focused on simply doing their best. This included running specific time goals or simply finishing the event within the allotted time. In terms of cognitive strategies, participants described using goal setting, self-talk, attentional focus strategies, cognitive restructuring and imagery to assist with managing the physical and mental demands of the race.

UM major factor in dealing with pain was being able to accept the pain. Specifically, before the race participants acknowledged that the run was going to hurt, and as long as the pain did not exceed a certain threshold, it was viewed as a normal aspect of the race. Several runners also described using associative strategies to manage pain.

UM Discovery and personal achievement suggest that UM are motivated to participate in these races to experience personal achievement, to push themselves beyond their perceived capabilities, and to experience nature. Discovery was also about exploring the unknown, overcoming fear, and unveiling new personal insights (e.g., that they were capable of running a much farther distance than they thought possible).

Recensione libro: Ultramaratoneti e gare estreme

Ultramaratoneti e gare estreme

Matteo Simone

Roma Prospettiva editrice, 2016, p.298

Parlare di ultramaratona è difficile perché con facilità si può scadere nella retorica del sacrificio, del no pain-no gain. Questo libro, invece, parla di questo tema dando voce alla esperienze positive e negative di chi corre. Infatti si parla all’inizio della corsa, anzi del movimento, e di quanto sia importante muoversi quotidianamente scegliendo la misura che è più indicata e piacevole per la persona. Successivamente il lettore è condotto nel mondo della corsa di lunga distanza e quindi anche in quello dell’ultramaratona. Qui il racconto assume sempre più una dimensione narrativa in cui Simone Matteo fa parlare i diretti protagonisti attraverso le loro esperienze. La maggior parte di loro sono persone comuni, non atleti professionisti, che parlano delle ragioni che sottendono a questa scelta sportiva. Sono in generale motivazioni che nascono dal desiderio di migliorare la conoscenza di se stessi, attraverso la conoscenza di quali siano i propri limiti e come superarli. Il corpo parla continuamente a questi amanti dell’endurance, poiché la distanza determina sollecitazioni che le corse brevi e di media lunghezza non arrivano a determinare. Ascoltarsi vuol dire anche sapere quando fermarsi dando retta proprio ai segnali che provengono dal fisico. Non ascoltarli significa andare incontro a problemi fisici anche gravi, come viene raccontato da alcuni runner. Il libro scorre in modo interessante poiché Matteo Simone narra delle storie personali senza avere la pretesa d’insegnare cosa sia l’ultramaratona ma lasciandola scoprire al lettore attraverso le parole di chi la pratica. Ognuno di noi se ne farà quindi un’idea personale, basata su cosa riteniamo sia la corsa, la corsa di lunga distanza e il nostro rapporto con il movimento. E’, quindi, un libro aperto a diverse soluzioni interpretative dettate dalle esperienze di chi legge e credo che questo sia il suo pregio principale.

 

 

 

La preparazione mentale nelle ultramaratone

  • Il prossimo 28 giugno centinaia di atleti parteciperanno alla 40^ edizione della Pistoia-Abetone. Ad attenderli ci sarà un duro percorso di 50 km. Possiamo dare qualche consiglio su come affrontare al meglio questa gara?

La pazienza è la prima qualità che deve dimostrare di possedere un ultra-maratoneta. All’inizio della gara ci si deve annoiare, nel senso che il ritmo della corsa deve essere facile ma non bisogna cadere nella tentazione di correre più veloce di quello che si è programmato.

  •  In una competizione così lunga sono inevitabili i momenti di crisi. Come è possibile superarli?

Nella corsa di lunga distanza le difficoltà sono inevitabili, quindi la domanda non è tanto “se ci troveremo in difficoltà” ma “quando verrà quel momento cosa devo fare per superarlo”. La risposta non può essere improvvisata in quel momento ma deve essere già pronta, poiché anche in allenamento avremo incontrato difficoltà di quel tipo. Quindi in allenamento: “come mi sono comportato, che cosa ho pensato, quali sensazioni sono andato a cercare dentro di me per uscire da una crisi?”. In gara abbiamo dentro di noi queste risposte, dobbiamo tirarle fuori. Ogni runner in quei momenti deve servirsi della propria esperienza, mettendo a fuoco le immagini e le emozioni che già in passato gli sono state utili.

  • Malgrado le difficoltà e i sacrifici per affrontare una gara di lunga distanza, il popolo dei maratoneti è in aumento. Come si spiega questa tendenza?

La corsa corrisponde a un profondo bisogno dell’essere umano. Infatti noi siamo geneticamente predisposti alla corsa di lunga distanza e più in generale si può affermare che il movimento è vita mentre la sedentarietà è una causa documentata di morte. Sotto questo punto di vista la corsa si è tramutata nelle migliaia di anni in attività necessaria per sopravvivere agli attacchi degli animali e per procacciarsi il cibo in un’attività che viene oggi svolta per piacere e soddisfazione personale. Inoltre, oggi come al tempo dei nostri antenati, la corsa è un fenomeno collettivo, è un’attività che si svolge insieme agli altri. Per l’homo sapiens era un’attività di squadra, svolta dai cacciatori per cacciare gli animali; ai nostri tempi la corsa soddisfa il bisogno di svolgere un’attività all’aria aperta insieme ai propri amici.

  •  Cosa non bisognerebbe mai fare a livello mentale in una competizione sportiva?

Non bisogna mai pensare al risultato ma concentrarsi nel caso della corsa sul proprio ritmo e sulla sensazioni fisiche nelle parti iniziali e finali della gara. Nella fase centrale è meglio avere pensieri non correlati al proprio corpo.

  •  Chi è per lei un campione?

Chiunque sia in grado di soddisfare i propri bisogni è il campione di se stesso e deve essere orgoglioso di avere raggiunto questo obiettivo personale. Quando invece ci riferiamo con questo termine ai top runner, i campioni sono quelli che riescono a mantenere stabili per un determinato periodo di tempo prestazioni che sono oggettivamente al limite superiore delle performance umane nella maratona e che in qualche occasione sono riusciti a superare.

  •  Nella sua esperienza di psicologo al seguito di atleti partecipanti alle Olimpiadi, c’è un ricordo o un aneddoto che le è rimasto nel cuore?

Prima di prove importanti i campioni provano le stesse emozioni di ogni altra persona. Spesso le percepiscono in maniera esagerata, per cui possono essere terrorizzati di quello che li aspetta. La differenza con gli altri atleti è che invece riescono a dominarle e a fornire prestazioni uniche. Ho vissuto questa esperienza per la prima volta ad Atlanta, 1996, in cui un atleta che poi vinse la medaglia d’argento, non voleva gareggiare in finale perché si sentiva stanco ed esausto. Questa stessa situazione l’ho incontrata in altre occasioni ma questi atleti sono sempre riusciti a esprimersi al loro meglio nonostante queste intense espressioni di paura.

  • Analizzando il panorama dell’atletica italiana, si ha la sensazione che i risultati migliori arrivino da atleti anagraficamente non così giovani come ad esempio negli anni Ottanta e che il vivaio di talenti stenti a decollare. Quale interpretazione possiamo dare di questo fenomeno e come evitare l’alta percentuale di drop-out sportivo nell’adolescenza?

Nel libro intitolato “Nati per correre” di A. Finn e dedicato agli atleti keniani vengono prese in considerazioni molte ipotesi sul loro successo emerge con chiarezza che la molla principale risiede nel loro desiderio di avere successo.

“Prendi mia figlia, ha aggiunto, è bravissima nella ginnastica, ma non credo farà la ginnasta. Probabilmente andrà all’università e diventerà medico. Ma un bambino keniano, che non fa altro che scendere al fiume per prendere l’acqua e correre a scuola, non ha molte alternative all’atletica. Certo anche gli altri fattori sono determinanti, ma la voglia di farcela e riscattarsi è la molla principale” (p.239).

  •  Si può affermare che la pratica di uno sport svolga un ruolo di prevenzione rispetto a disturbi mentali quali l’ansia e la depressione?

Lo sport e l’attività fisica promuovono il benessere se vengono svolte come attività del tempo libero e per il piacere di sentirsi impegnati in qualcosa che si vuole liberamente fare.  Al contrario quando vengono svolte allo scopo di fornire prestazioni specifiche possono determinare, come qualsiasi altra attività umana, difficoltà di ordine psicologico e fisico. Direi che vale anche per lo sport e l’attività fisica la stessa regola che è valida per qualsiasi attività umana. Il problema non proviene da cosa si fa: sport agonistico o ricreativo ma da come si fa: crescita e soddisfazione personale o ricerca del risultato a ogni costo e dagli obiettivi del contesto sociale e culturale nel quale queste attività vengono praticate: sviluppare la persona attraverso lo sport o vincere è l’unica cosa che conta.

(da Runners e benessere, Giugno 2015)

Il mental coaching per l’ultramaratona di Lizzy Hawker

In previsione dell’ultramaratona del Passatore, l’ntervista a Lizzy Hawker, cinque volte vincitrice dell’Ultra Maratona del Monte Bianco ed è stata dentrice del record del mondo della 24 ore di corsa. (da The Guardian)

Cosa pensi ti fa correre bene l’ultramaratona? Hai qualcosa di diverso – o sei riuscita a connetterti a qualcosa che ognuno ha dentro di sé? La resistenza mi viene proprio naturale. E ‘sempre stato un modo di vivere – da prima di gareggiare e di correre le lunghe distanze. Anche quando ero un bambino ho preferito andare a piedi piuttosto che prendere l’autobus – in bici piuttosto che in auto. E ‘sempre stato lì. Questo è probabilmente diverso per la maggior parte delle persone. Nello sport ultra e di resistenza il lato mentale è davvero molto importante, e questo è anche parte di ciò che sono. Credo che siamo tutti alla ricerca di qualcosa nella vita – trovo qualcosa attraverso la corsa.

Qual è la cosa migliore per te della corsa? Penso proprio che sia il movimento – ma sotto il mio potere – e, naturalmente, mi piace la montagna. L’amore per la corsa è un po ‘diverso da quello, perché io corro ovunque mi trovi, che si tratti di asfalto o pista. Forse è il movimento fisico … e la libertà mentale.

Se qualcuno ti chiede un suggerimento, che dici?
Nelle lunghe distanze, è davvero quello di stare nel momento. Se lo puoi fare, e hanno la fiducia di correre una lunga distanza, allora i nostri limiti non sono mai dove pensiamo che siano. Ti rendi conto che si può andare al di là di quello che si pensava fosse possibile.

Quando si corrono queste enormi distanze si deve affrontare più volte ‘il muro’. Come si fa ad affrontarlo? Penso che sia questione di sapere che ci saranno momenti in cui ci si sente bene e ci saranno momenti in cui ti senti davvero, davvero non bene. E ‘una di quelle verità sulla vita – che niente dura, tutto è impermanente – quindi è solo sapendo che questi momenti negativi stanno per passare e si arriverà dall’altra parte e bisogna credere che sarà così.

Se ti trovi sulla linea di partenza di una gara di 24 ore è quasi inconcepibil pensare a quanto tempo sarai in movimento. Devi prendere momento per momento. E’ lo stesso in una gara di 100 miglia – se pensi al traguardo e sei solo all’inizio allora probabilmente non arriverai alla fine – ma se si prende passo dopo passo, tappa dopo tappa, poi ti rendi conto che è effettivamente possibile correre così lontano. Se ho una strategia di gara è solo per eseguire il meglio che posso, in qualsiasi punto della gara.

La mente nella ultramaratona: come allenarla a superare i momenti di crisi

Nell’ambito degli eventi organizzati in occasione della 100 km del Passatore  giovedì 21 maggio (ore 20.30), a Faenza la Galleria Comunale accoglierà un incontro su alimentazione e allenamento. L’incontro, promosso in collaborazione con la Iuta (Associazione italiana ultramaratona), prevede gli interventi di Luca Speciani, su “Dieta e prestazioni nello sportivo, in gara e fuori: il cambio di paradigma dell’alimentazione di segnale”, e di Alberto Cei, su “La mente nella ultramaratona: come allenarla a superare i momenti di crisi”.

Chi mi vuole incontrare potrà farlo durante questa serata.

Il mental coaching nella maratona

Relatore: Alberto Cei

Data: 14 aprile, ore 19-20,15

Durata: 75 minuti

La partecipazione alla maratona è una delle prestazioni più estreme a cui si iscrivono ogni anno centinaia di migliaia di persone; molti si avvicinano per la prima volta, altri sono runner più esperti altri infine sono atleti di livello assoluto. Ma per tutti la preparazione psicologica a tollerare la fatica mentale e fisica è un compito dal quale non ci si può sottrarre. Gli argomenti principali del webinar riguarderanno le abilità mentali che runner di ogni età e livello devono mettere in atto per affrontare con successo e soddisfazione i 42,195 km.
Partecipando a questo webinar si acquisiranno competenze su:

  • La gestione della fatica
  • I pensieri dei maratoneti
  • Saper mantenere il proprio ritmo di corsa
  • La gestione del muro del maratoneta
  • La parte finale del webinar sarà dedicata al question time dove si potranno porre domande al relatore

 

Riceverai una e-mail di conferma entro 24 ore

Correre 100km

Alla fine del mese di maggio si è corsa la 100km del Passatore da Firenze a Faenza con un dislivello in salita di +1000 metri. Ho partecipato a questa gara nel 2011. Venivo da anni in cui avevo corso più volte ultra-maratone e skyrace e a quel punto ho cominciato a pensare di fare questa esperienza. L’ho fatto per sfida, ovviamente con me stesso, e per vedere cosa ti dicono il cervello e il corpo, mentre sei impegnato in uno sforzo così prolungato. Già l’allenamento è diverso da quello di una maratona, perché la mia corsa è diventata più lenta e perché in molte sedute sono stato impegnato per quattro/cinque ore avendo solo lo scopo di correre e lasciare trascorrere il tempo (questo per me che avevo l’obiettivo di condurla a termine). Sono prove queste che allenano a essere pazienti, calmi e a sviluppare pensieri che non siano impegnativi, per non sprecare inutili energie. Ho imparato che il tempo del riscaldamento (i primi 35/40 minuti) non serve solo al fisico ma anche alla mente, per allontanarsi gradualmente dal suo stato abituale in cui dominano i pensieri quotidiani, per centrarsi su uno stato vigile e consapevole ma molto più ristretto. In altre parole, una volta che ti accerti che il corpo comincia a rispondere all’impulso di quel tipo di corsa e sta trovando il passo che vuoi mantenere, la mia mente si allontanava da questa focalizzazione sul corpo e da se stessa, lasciando scorrere i pensieri e gli stati d’animo così come si presentavano ma senza dargli importanza. E’ interessante percepire come il corpo trovi questo passo e lo porti senza un intervento della mente che gli dica di farlo. La memoria motoria è ben stabilizzata e questa facilità di accesso al passo e soprattutto la facilità a mantenerlo per un lungo periodo mi consentivano di di gestire meglio la fatica e di risparmiare energie. In tal senso correre da solo è stato particolarmente utile poiché è difficile trovare compagni che seguano questo ritmo senza tendere a accelerarlo nel corso dei km. Sono stato soddisfatto di come ho vissuto l’esperienza dell’allenamento; è stato un risultato importante riuscire a vivere con soddisfazione il trascorrere delle giornate, senza pensare a cosa sarebbe accaduto in gara.

La gara – Alla partenza tutti i partecipanti appaiono rilassati, si chiacchiera in attesa del via, probabilmente perché per la maggior parte di noi non vi è il problema del tempo da realizzare. Si parte e subito dopo comincia la salita che porta a Fiesole e che continuerà per 48km con una decina di km di discesa nel mezzo. La corsa viene affrontata in modi diversi, c’è chi corre sempre, chi alterna la corsa alla camminata veloce. Inoltre vi sono molti in bicicletta che accompagnano i podisti. E’ uno spettacolo diverso da quello abituale delle corse su strada poiché dal 35km vi sono le auto che seguono i corridori, che dal quel momento li seguiranno fino al termine. E’ un aiuto psicologico e ovviamente pratico, ci si può cambiare, mangiare e ricevere un sostegno psicologico. E’ una specie di carovana da corsa ciclistica, che insieme ai punti di ristoro non ti fa sentire da solo. La compagnia degli amici in questo lungo viaggio è essenziale, corrono con te anche dei lunghi tratti e questo ti permette di mantenere il tuo ritmo, di scambiare qualche parola, di correre quando viene notte e la strada è veramente buia con un’altra luce accanto a te. Durante la corsa se il fisico è abbastanza allenato, è come sempre decisiva la mente, non tanto per pensare qualcosa di particolare ma per evitare i pensieri negativi che nascono dalle sensazioni che provi e capire l’andatura che devi mantenere nelle diverse parti della gara. Gli ultimi 25km mi sono concentrato solo sulla luce riflessa sull’asfalto della mia lampadina senza preoccuparmi di null’altro neanche del percorso e in questo stato mentale sono giunto alla fine. E’ stata una bellissima esperienza di 13h5m.

L’ultramaratona più dura

Dangerous: Despite the warning signs, these racers continue running through the extreme heat

L’ultramaratona più dura al mondo si svolge in California nel mese di luglio nel Parco Nazionale della Valle della Morte