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Il mental coaching per l’ultramaratona di Lizzy Hawker

In previsione dell’ultramaratona del Passatore, l’ntervista a Lizzy Hawker, cinque volte vincitrice dell’Ultra Maratona del Monte Bianco ed è stata dentrice del record del mondo della 24 ore di corsa. (da The Guardian)

Cosa pensi ti fa correre bene l’ultramaratona? Hai qualcosa di diverso – o sei riuscita a connetterti a qualcosa che ognuno ha dentro di sé? La resistenza mi viene proprio naturale. E ‘sempre stato un modo di vivere – da prima di gareggiare e di correre le lunghe distanze. Anche quando ero un bambino ho preferito andare a piedi piuttosto che prendere l’autobus – in bici piuttosto che in auto. E ‘sempre stato lì. Questo è probabilmente diverso per la maggior parte delle persone. Nello sport ultra e di resistenza il lato mentale è davvero molto importante, e questo è anche parte di ciò che sono. Credo che siamo tutti alla ricerca di qualcosa nella vita – trovo qualcosa attraverso la corsa.

Qual è la cosa migliore per te della corsa? Penso proprio che sia il movimento – ma sotto il mio potere – e, naturalmente, mi piace la montagna. L’amore per la corsa è un po ‘diverso da quello, perché io corro ovunque mi trovi, che si tratti di asfalto o pista. Forse è il movimento fisico … e la libertà mentale.

Se qualcuno ti chiede un suggerimento, che dici?
Nelle lunghe distanze, è davvero quello di stare nel momento. Se lo puoi fare, e hanno la fiducia di correre una lunga distanza, allora i nostri limiti non sono mai dove pensiamo che siano. Ti rendi conto che si può andare al di là di quello che si pensava fosse possibile.

Quando si corrono queste enormi distanze si deve affrontare più volte ‘il muro’. Come si fa ad affrontarlo? Penso che sia questione di sapere che ci saranno momenti in cui ci si sente bene e ci saranno momenti in cui ti senti davvero, davvero non bene. E ‘una di quelle verità sulla vita – che niente dura, tutto è impermanente – quindi è solo sapendo che questi momenti negativi stanno per passare e si arriverà dall’altra parte e bisogna credere che sarà così.

Se ti trovi sulla linea di partenza di una gara di 24 ore è quasi inconcepibil pensare a quanto tempo sarai in movimento. Devi prendere momento per momento. E’ lo stesso in una gara di 100 miglia – se pensi al traguardo e sei solo all’inizio allora probabilmente non arriverai alla fine – ma se si prende passo dopo passo, tappa dopo tappa, poi ti rendi conto che è effettivamente possibile correre così lontano. Se ho una strategia di gara è solo per eseguire il meglio che posso, in qualsiasi punto della gara.

I due alpinisti sul Bianco sono morti

Purtroppo sono morti i due alpinisti sul Bianco e non sapremo mai il perchè. La montagna è così fatta, non lascia scampo quando si sbaglia. L’errore, se c’è stato, è stato di fidarsi troppo delle proprie abilità e partire per un’impresa già difficile con il bel tempo, sapendo invece che sarebbe peggiorato e di molto. Questo è successo ed è quasi impossibile resistere a quell’altezza con quella temperatura. In montagna gli errori si pagano spesso con la vita o con gravi menomazioni; l’eccesso di sicurezza è spesso una causa d’incidenti, si pensa di essere immortali e poi ci viene dimostrato il contrario. L’alpinismo non è uno sport ma quanto è accaduto fa certo parte del capitolo: rendimento e preparazione psicologica. Si potrebbe dire in modo cinico: pensavamo di essere così bravi da ingannare la montagna. Leggi:  http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/428992/

Dispersi da 5 giorni sul Monte Bianco

“Ancor prima che sia montata la tenda, comincia a imperversare la bufera … La bufera è così forte che rinunciamo all’idea di parlarci. Come se si fosse interrotto il collegamento della voce da faccia a faccia. Momenti simili restano nella memoria. La visibilità copre uno spazio di due metri per due. Pieni di immagini paurose. Nella tenda, sull’esile cengia tra il crepaccio e l’abisso, aspettiamo il peggio … Mi rannicchio nella tenda senza dirmi quello che penso. Soltanto dopo alcune ore la stanchezza e il freddo mi rendono indifferente. Entrambi ci addormentiamo a tratti … In situazioni così pericolose non c’è una via d’uscita: farsene una ragione … Non penso più a niente, Né ai pericoli, né alle paure, né al domani. Ho smesso di reagire … Così trascorre la notte. La mia vitalità ha toccato il livello più basso da molti anni a questa parte parte.” Così ha descritto Messner, insieme a Kammerlander, la notte di bufera durante la salita all’ Annapurna (da Corsa alla vetta, 1986). Questo è ciò che si prova. Speriamo che i due alpinisti francesi bloccati a 4000 metri sul Monte Bianco da 5 giorni stiano ancora resistendo.