Archivio mensile per settembre, 2013

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Il tennis è un tritacarne emotivo

Nadal dice che il tennis è uno sport difficile e solitario in cui l’aspetto mentale è dominante su ogni altra cosa. E’ una descrizione di questo gioco, professione, che spiega in poche parole quanto sia difficile avere successo nel tennis e contiene in sé la ragione per cui in tanti partono ma pochissimi diventano giocatori di alto livello, entrando a fare parte dei primi 100 al mondo. Il tennis è uno sport che mette a dura prova la fiducia in se stessi, perchè al termine di ogni scambio di gioco uno perde e l’altro vince e questo si ripete per decine di volte, distanti pochi secondi l’una dall’altra. Sottoporre se stessi a questa sottile tortura è ciò che amano e odiano i tennisti, ma quando ci si trova dentro questo tritacarne di alti e bassi, che stimolano sentimenti contrastanti sono pochi quelli che resistono alla tentazione di mollare e mantengono alta la fiducia in se stessi.

Quanto è stato difficile per la Juve giocare la Champions League

Le partite importanti possono trasformare in positivo il gioco delle squadre ed è quello che sta succedendo al Copenaghen contro la squadra. La volontà di giocare bene può trasformare una squadra con un gioco scarso in una squadra più tecnica e combattiva. La Juventus al contrario pur giocando una partita positiva non appare combattiva e aggressiva come suo solito. Combattività significa lottare in ogni momento come se fosse quello decisivo; è un atteggiamento molto faticoso da mantenere perchè richiede una continua prontezza fisica e mentale nonchè intelligenza tattica per giocare come si era pianificato. La Champions richiede questo approccio mentale che la Juve nel primo tempo ha dimostrato poco mentre nel secondo ha alternato momenti positivi con altri in cui è apparsa distratta.

Quando ritirarsi da una splendida carriera sportiva

La carriera degli atleti si sta allungando sempre più, in particolare quella dei più vincenti che continuano la loro striscia positiva. Da Roger Federer a Valentina Vezzali a Francesco Totti sono molti i nomi famosi dello sport mondiale che si trovano in questa situazione. E allora quale può essere il principio per cui si prende la decisione di continuare piuttosto che di abbandonare? Mettendo da parte eventuali problemi fisici che possono impedire o limitare il proseguimento della carriera, l’elemento decisivo da prendere in considerazione riguarda la motivazione e la dedizione che devono continuare a essere forti e intense.

  • Motivazione vuol dire che si raggiungerà l’obiettivo prefissato grazie al proprio personale impegno.
  • Dedizione ci si riferisce all’intensità con cui lo scopo viene perseguito e  si traduce nell’impegno con cui si lavora nel quotidiano.
Quando queste due dimensioni psicologiche sono presenti gli atleti sanno che non è ancora giunto il momento di ritirarsi e i loro allenatori hanno un metro sicuro su cui misurare la volontà dei loro atleti, anzichè basarsi solo quello dell’età cronologica o degli anni di carriera variabili che possono stimolare i pregiudizi dei tecnici.

Le ragioni per insegnare ai cani a salire sugli alberi

La ricerca del talento si è spesso basata su un’idea di base che può essere così riassunta: perchè insegnare a un cane a salire su un albero, quando le scimmie lo fanno così bene. Apparentemente il ragionamento non fa una grinza e di conseguenza gli scienziati si sono messi a ricercarle e a scartare i cani. Poi sono sorti i primi problemi, per cui ad esempio i lemuri pur trovandosi a loro agio sugli alberi sono troppo lenti, altre sono troppo indisciplinate e aggrediscono e così via . Nonostante queste limitazioni ancora oggi molti selezionano gli atleti/scimmie sulla base delle  caratteristiche fisiche e motorie che mostrano in un determinato momento. La natura ci porta però anche altri esempi che di solito non vengono considerati. La storia del bruco che diventa farfalla o quella del cigno che da giovane non è proprio uno splendore come lo è da adulto insegnano che l’apparenza, quindi come si è in un determinato momento dello sviluppo, può non corrispondere a come si diventerà.  Queste storie ci devono insegnare che la ricerca sul talento non si deve basare sulla semplice somma delle capacità possedute in un detereminato momento ma deve essere impostata su un tragitto a lungo termine, perchè non è detto che i più bravi a 14 anni lo saranno anche a 16. Impegno e dedizione sono due dimensioni che di solito non fanno parte delle dimensioni esaminate, ma sono considerate come le più importanti dagli atleti di alto livello, dovrebbero invece cominciare a essere prese in considerazione. L’altro aspetto decisivo per avere successo come atleta consiste nel valutare il grado di miglioramento di un giovane durante una stagione agonistica. Atleti inizialmente meno competenti possono giungere a gareggiare con quelli più bravi grazie a una maggiore disponibilità a imparare dall’allenamento. Per cui non scartiamo per definizione i cani, potrebbero riservarci sorprese interessanti.

Perchè d’inverno nessuno si veste da estate

D’inverno nessuno esce per strada vestito d’estate, perchè sa che in questo modo ci si ammala e quindi per prevenire questa eventualità ci si veste da inverno. Perchè così frequentemente commettiamo errori  e spendiamo eergia a correggerli senza impegnarci per prevenirli? Eppure sappiamo che prevenire è meglio curare. Nello sport gli errori rappresentano ciò che va evitato, la malattia da cui bisogna liberarsi, e di solito s’insegna che la cura consiste nell’imparare a reagire ad essi il più rapidamente possibile. Questo insegnamento è ben riassunto dalla frase: “Non importa quante volte cadi ma quanto in fretta ti rialzi”. Per ottenere questo risultato, gli atleti si allenano a ritornare a essere focalizzati sulla prestazione subito dopo avere commesso un errore. Anche se è meglio evitare di ammalarsi, s’insegna poco a prevenire gli errori. Prevenire richiede essere consapevoli di quale sia il comportamento da evitare e quello invece da mettere in atto. In relazione allo sport, significa essere consapevoli degli errori che si possono compiere in quell’allenamento o gara e sapere qual è il modo per evitarli. Di conseguenza ogni atleta dovrebbe essere consapevole delle situazioni a cui va incontro, pensare agli errori che potrebbe commettere e che ha commesso in passato e focalizzarsi solo sulle azioni che deve compiere per fare bene. In questo modo, imparerà non tanto a eliminare le difficoltà, che sono invece sempre presenti in una gara, ma ad affrontarle in modo vincente.

Si migliora solo attraverso le difficoltà

Pensiero del giorno

Le gare si fanno per sfidare se stessi a superare i momenti di difficoltà che inevitabilmente vi sono in ogni competizione. Chi vuole sfuggire a questa sfida non amplierà mai i suoi limiti.

Barriere solo nella mente

E’ passato un anno dall’entusiasmo che hanno suscitato le paralimpiadi di Londra e si continua a fare poco o nulla per promuovere lo sport e il movimento fra le persone con disabilità. Le iniziative sono lasciate alle singole associazioni che devono trovare da se stesse gli spazi per ridurrne l’emarginazione che continua a essere la loro condizione sociale più frequente. E’ di oggi la notizia dell’iniziativa di Pietro Scidurlo, paraplegico dalla nascita, ragazzo “con un pessimo rapporto con la sua disabilità … e con la forte esigenza di fare qualcosa di straordinario per lui e per le persone come lui”. Alla ricerca di una vita per lui migliore un anno fa ha percorso in handbike il cammino di Santiago di Compostela e dopo questa esperienza ha fondato una onlus, FreWheels, per dimostrare che “le barriere sono solo nelle nostre menti. Se le cose le fanno gli altri, possiamo farle anche noi disabili”, allo scopo di favorire l’indipendenza fisica e sociale dei giovani con disabilità. Ora ha appena terminato un viaggio in canoa di  500 km in 8 giorni, dal Ticino al Po, partendo da Somma Lombardo (Varese) e arrivando in piazza San Marco a Venezia.

Tokyo 2020

Gracious Hosts

Questa vista aerea mostra persone che compongono la parola “thank you”  e un’altra che corrisponde alla parola giapponese “Arigato” per celebrare l’assegnazione delle olimpiadi del 2020 a Tokyo.

La mentalità del Sassuolo calcio

Il Sassuolo neopromosso in Serie A ha pagato duramente le prime due esperienze prendendo 6 goal. L’allenatore ha chiesto maggiore coesione per uscire da questo momento negativo. Come sempre, però, la questione da risolvere non sta tanto in quello che si chiede alla squadra ma in come l’allenatore insegna. Dipendesse da me partirei dai risultati delle partite che forniscono indicazioni significative sulla mentalità della squadra. Infatti, in ambedue le partite il goal è stato preso negli ultimi 5 minuti del primo tempo. Analogamente il secondo goal è stato preso dopo circa 20 minuti di gioco del secondo tempo (60° e 63° minuto). Quindi in relazione al primo goal si tratta di sapere come migliorare la coesione nella fase finale, quando con probabilità i giocatori s’immaginano già di avere concluso il gioco e s’impegnano con minore decisione e combattività. Per quanto riguarda il secondo goal va analizzata la difficoltà a mantenere per un lungo periodo la concentrazione e la coesione nel gioco. In ogni caso la squadra ha avuto il cedimento dopo metà del secondo tempo: come riconoscere e prevenire questo momento negativo. Per cui va bene ricordare alla squadra che la coesione è essenziale, ma ovviamente l’allenatore non deve solo fare affermazioni ma trovare soluzioni per i momenti di cedimento.