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Quando non piace vincere facile

Spesso la cronaca aiuta più di tante parole a spiegare concetti che altrimenti sembrerebbero solo belle parole spesso troppo distanti dalla realtà. La lealtà sportiva, il desiderio di giocare e la rinuncia alla vittoria facile, per prediligere i valori della sana competizione sportiva sono tutti concetti che divengono tangibili nell’episodio di seguito riportato e apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Ecco cosa è accaduto a Foggia, nel campionato allievi nazionale.

“Per molti non importa come vincere: l’importante è vincere. Un pensiero che non ha sfiorato minimamente i dirigenti ed i ragazzi della categoria allievi nazionale Lega Pro del Foggia calcio che domenica mattina- sul campo di Rocchetta Sant’Antonio, un piccolo paesino del subappennino Dauno – aspettavano l’arrivo dei pari età dell’Ischia Isola Verde per disputare la gara valevole per la 9° giornata. L’incontro era previsto alle 11, ma a pochi minuti dal fischio d’inizio della squadra dell’Ischia non c’era traccia, fino alla telefonata dei dirigenti isolani: “abbiamo sbagliato strada e siamo finiti in una strada chiusa per una frana. Il pullman è bloccato cercheremo di arrivare a piedi”. Dopo essersi fatti raccontare la posizione esatta i dirigenti del Foggia, hanno capito subito: la squadra dell’Ischia, a piedi, non sarebbe mai arrivata in orario. Così invece di pensare alla partita, che avrebbero vinto senza giocare, hanno allertato i Carabinieri, la Polizia Municipale, la locale sezione della Protezione civile, ed è partita una processione di auto composta dagli abitanti di Rocchetta Sant’Antonio, dai genitori dei ragazzi del Foggia, ma anche dai genitori dei ragazzi dell’Ischia che erano arrivati regolarmente al campo. Il soccorso ha dato i suoi frutti. I ragazzi dell’Ischia sono arrivati al campo con mezz’ora di ritardo sull’orario di inizio della gara, ma appena in tempo per giocare… Della serie vincere è bello, ma solo dopo aver giocato, perché vincere senza giocare è come non aver vinto.” (da La Gazzetta del Mezzogiorno).

(di Daniela Sepio)

Immenso Valentino Rossi

Il Dottore pensa già a dare l’assalto al decimo titolo iridato della propria straordinaria carriera. “E’ stata una stagione molto buona perché sono riuscito a migliorare molto la mia velocità e i risultati. Se li paragoniamo all’anno scorso sono molto importanti perché devo decidere se continuare o fermarmi – spiega Rossi nel corso della conferenza stampa di presentazione del GP della Comunità Valenciana -. Mi sono divertito molto, ho fatto delle ottime gare o avuto delle belle bagarre e siamo arrivati a questa ultima prova a Valencia dove saremo in lotta con Jorge per il secondo posto in campionato, che non è il primo, ma è sempre importante. Mi devo concentrare al massimo sul weekend e sulla gara, cercando di essere competitivo anche se è una pista sulla quale ho un po’ di difficoltà”. Il pensiero va, però, anche alla prossima stagione e Rossi non fa mistero delle sue ambizioni: “Il titolo? Penso che l’anno prossimo non sarà impossibile.

US: 87% dei genitori preoccupati del rischio infortuni nello sport

Negli Stati Uniti gli sport giovanili stanno diventando sempre più competitivi, e la maggior parte dei genitori credono che i loro figli ne soffrano.

Secondo un nuovo sondaggio nazionale pubblicato dal espnW: Women + Sport summit, i due terzi dei genitori ritiene che ci sia “troppa enfasi sul vincere piuttosto che sul divertirsi” e  l’87% è preoccupata per il rischio di infortunio nello sport.

I genitori sono più preoccupati dei traumi fisici che avvengono sui campi di football delle scuole, che ultimamente sempre più di frequente sono  in prima pagina. Proprio la scorsa settimana, sono morti tre giocatori di football delle scuole superiori in Alabama, North Carolina e New York, probabilmente a causa di infortunio.

Le preoccupazioni dei genitori sarebbero alla base del calo nella partecipazione sportiva dei  giovani avvenuta negli ultimi anni. Nel 2008, il 44,5% dei bambini di 6-12 anni aveva partecipato a sport organizzati da società sportive. Menre solo il 40% dei bambini lo ha fatto nel 2013, secondo la Sport & Fitness Industry Association. Football, basket, baseball e calcio hanno tutti registrato una flessione a due cifre in partecipazione.

(Fonte: Time)

Vince chi si adatta più in fretta

Non vince chi ha più talento. Non vince chi ha il fisico migliore. Non vince chi è più intelligente. Sono tutti aspetti utili ma non decisivi per vincere.

Vince chi si adatta meglio e più in fretta alle situazioni agonistiche  che avvengono momento per momento durante una gara.

Continua a vincere chi innova il suo modo di allenarsi e gareggiare in modo concreto, realizzabile e sfidante

Quando si perde mentre si stava vincendo

Non c’è solo la tensione di chi sta perdendo o è in difficoltà durante una gara. Vi è anche quella di chi è in vantaggio e comincia ad avvertire quella tensione che non riesce più dominare e perde l’opportunità di vincere o comunque di fare bene. Spesso gli atleti ti dicono: “non so cosa sia successo mi sentivo proprio come prima ma ho sbagliato”. Si tratta di quei momenti in cui si perde la sensibilità dei propri colpi, si pensa di essere come un attimo precedente. Invece la mente è caduta nel tranello, si è anestetizzata e l’atleta reagisce come un automa perdendo il controllo del proprio corpo. Agisce senza rendersi conto che la tensione sta crescendo e lo porta a muoversi in modo rigido e non fluido, le sue azioni perdono di coordinazione, velocità e precisione e così facendo inizia a sbagliare. Accade in tutti gli sport e solo un allenamento mentale praticato con costanza e utilizzato durante le gare può insegnare a superare questi momenti negativi.

Cosa ho imparato da questi Commonwealth Games

Cosa ho imparato dai Commonwealth Games:

  • vi hanno partecipato 71 paesi e 7000 atleti
  • esistono molte nazioni che per ignoranza non conoscevo (almeno 5/6 intorno all’Australia e Nuova Zelanda)
  • per tutti i partecipanti sono importanti come le olimpiadi e forse di più, perché molti atleti in questa competizione possono aspirare a una medaglia, che non potrebbero mai vincere alle olimpiadi
  • come sempre vince chi gestisce meglio la pressione agonistica e non è sempre il migliore a riuscirci.
  • anche paesi piccoli come Cipro riescono a vincere 5 medaglie
  • i paesi piccoli che vincono una medaglia sono quelli in cui gli atleti, non si lasciano influenzare dalla dimensione della loro nazione ma con regolarità e frequenza viaggiano e competono all’estero.
  • per vincere bisogna gareggiare spesso a livello internazionale allo scopo di imparare a gestire lo stress che aumenta vorticosamente quando si capisce che si può entrare in finale e lottare veramente per una medaglia. Chi supera questo momento può farcela, chi invece si spaventa crolla. E anche questo è successo.

E’ stata una bella esperienza con gli atleti perché ti regalano le emozioni dei loro successi e dei fallimenti, in ogni l’emozione è forte e anche lo psicologo deve essere capace di gestire il proprio stress.

 

 

Nel tennis è decisivo accettare le sconfitte

Non sono un esperto di statistica del tennis però mi è venuta la curiosità di sapere quante partite si perdono in una carriera comunque vincente. Ho condotto questa ricerca  solo su alcune ragazze, anche se mi auguro che qualcuno abbia fatto studi approfonditi sul rapporto tra partite vinte e perse. I risultati sono stati per me interessanti per comprendere le situazioni che tenniste si trovano a vivere più di frequente e quali possano esserne le implicazioni psicologiche.

tenniste           giocate    vinte   perse   %

Camila Giorgi   322        193    129    59

Karin Knapp    519        314    205    60

F. Schiavone    902        526    376    58

Sara Errani      617        368     249    59

R. Vinci           843         520    323    61

S. Williams      764         650     114    85

M. Sharapova  672         535     137   79

Emerge che fatta eccezione per le prime al mondo e vincitrici di almeno un torneo del Grande Slam, come la Williams e la Sharapova, che perdono in media 2 partite su 10 giocate. Per le altre pur se fra le migliori al mondo la percentuale di partite perse è molto elevata, mediamente ben 4 su 10. Il tennis, forse più di ogni altro sport visto anche l’elevato numero di tornei giocati ogni anno, richiede la capacità di sapere ammortizzare le sconfitte poiché sono un evento frequente e ripetitivo. Solo pochissime atlete al mondo non rientrano in questa categoria poiché hanno una percentuale di successo estremamente elevata, per tutte le altre è necessario risollevarsi immediatamente da una sconfitta altrimenti si rischia di cadere in una serie negativa, data l’alta probabilità di perdere che è sempre presente.

Sulla base di queste considerazioni risulta evidente la necessità da parte delle tenniste di migliorare molto dal punto di vista della reazione mentale agli insuccessi, altrimenti corrono il rischio di entrare in una spirale negativa da cui è più difficile uscire.

Nel tennis per vincere serve il killer istinct

Quante volte abbiamo visto buttare all’aria dei match point e poi perdere la partita? Troppe!

Quante volte si è visto tennisti giocare alla pari un set e poi perdere clamorosamente quello successivo magari a zero? Molte!

Quante dopo qualche servizio sbagliato si è visto tennisti perdere la testa e continuare con questa sequenza negativa fino alla fine del set? Molte!

Sono tutte situazioni in cui non è prevalso il killer instinct, il risultato è che uno imponeva il suo gioco mentre l’altro con il suo atteggiamento negativo lo subiva.

Cos’è il killer instinct:

  • E’ la volontà di fare ciò che è ragionevolmente necessario per vincere o per raggiungere il proprio obiettivo.
  • E’ la consapevolezza di quando bisogna spingere per chiudere un game, un set o la partita e lo si fa.
  • E’ la consapevolezza che quando si conduce non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione di continuare a farlo.
  • E’ la consapevolezza che quando l’avversario è sotto, bisogna continuare a tenerlo sotto.
  • E’ la volontà di volere riemergere con successo da una fase di gioco negativa.

Nel tennis vince chi fa un errore di meno dell’avversario

Nel tennis vince chi fa meno errori. Diokovic ha perso contro Stanislas Wawrinka dopo più di cinque ore per avere commesso tre errori in più dell’avversario. Karin Knapp ha perso contro la Sharapova per solo due errori in più. Cosa devono insegnare ai giovani tennisti questi risultati: che nel tennis non conta quanti errori fai, l’importante è farne uno di meno del tuo avversario. A questo punto una partita combattuta in cui si giocano anche 100 punti, si può vincere commettendone anche 30/40. Questo dato di fatto evidenzia quanto sia importante per un tennista imparare ad accettare i propri, con la consapevolezza che in una partita vinta ne commetterà veramente molti. Al contrario se dopo i primi errori inizia a parlarsi contro e a perdere fiducia in se stesso non farà altro che aumentare la probabilità di sbagliare ancora di più. Sbagliare, invece, è parte della fisiologia di gioco. In genere vince chi è più bravo ad accettarli.