Archivio per il tag 'perdere'

Perché vincere non è l’unica cosa che conta

A partire dagli anni 2000, lo scopo del lavoro di Smith e Smoll che hanno introdotto venti anni prima un sistema per la valutazione del comportamento dell’allenatore si è orientato allo studio dei sistemi di formazione degli allenatori che si occupano dell’attività giovanile a essere più consapevoli del proprio modo di agire e a migliorare i loro comportamenti.

Il loro approccio si basa su quattro principi a cui dovrebbero ispirarsi tutti gli allenatori:

  • Vincere non è tutto e tantomeno è l’unica cosa che conta – I giovani atleti abbandoneranno lo sport se si convincono che vincere è l’unico obiettivo da soddisfare. Vi sono altri scopi ugualmente importanti che lo sport permette di raggiungere e che devono essere compresi dagli atleti.
  • Fallire non è sinonimo di perdere – E’ importante che gli atleti non associno che fallire e perdere hanno lo stesso significato.
  • Avere successo non è un sinonimo di vincere – Successo o fallimento non dipendono dal risultato di una gara. Vincere e perdere riguardano il risultato di una competizione ma non si riferiscono a successo e fallimento.
  • Gli atleti devono imparare che il successo è collegato all’impegno – Deve essere insegnato che non saranno mai dei perdenti se s’impegnano al massimo.

Partendo da questi principi dell’allenamento hanno individuato e attuato un sistema di formazione che ha prodotto risultati estremamente efficaci.

La motivazione è tutto per gli atleti vincenti

Molti atleti sono convinti che essere in forma o avere sviluppato le abilità sportive al più alto livello siano condizioni sufficienti per avere successo nello sport. Con questo spirito affrontano le gare e quando le perdono non sanno spiegarsi come ciò sia potuto avvenire, poiché si sentivano così in forma, che non avrebbero dovuto sbagliare. Mostrano, in sostanza, una concezione meccanica e semplificata della prestazione agonistica, secondo cui il possedere forma fisica e competenza sportiva dovrebbe determinare risultati vincenti. Ciò, invece, non avviene perché come afferma Wilma Rudolph hanno sottostimato il potere dei sogni e dello spirito. Non hanno capito che forma fisica e maestria sono i prerequisiti del successo, che è invece determinato dalla motivazione a volere esprimersi al meglio delle proprie abilità. Senza questo tipo di motivazione non si va da nessuna parte. Naturalmente mostrare con perseveranza e intensità elevata questo atteggiamento prima e durante la gara è molto costoso, porta via molte energie, senza peraltro garantire la vittoria, poiché vi sono anche gli avversari con cui confrontarsi su questo terreno. Chi sostiene questo atteggiamento otterrà comunque grandi soddisfazioni dallo sport, gli atri resteranno bravi atleti che avrebbero potuto ottenere di più, in virtù delle loro competenze ma che non hanno intrapreso sino in fondo questo viaggio all’interno della loro motivazione.

Il successo dipende dalla preparazione

Nella preparazione a grandi eventi sportivi è decisivo arrivare al giorno d’inizio con la convinzione di essere pronti e che nulla potrà distogliere l’attenzione dalla prestazione che si dovrà compiere. Raggiungere questa condizione mentale è già un risultato importante per ogni atleta. Non vuol dire sentirsi calmi, ma comporta invece la convinzione di avere fatto tutto quello che serviva per raggiungere quell’appuntamento nel modo migliore. E’ come dire: “Sono preparato per esprimermi al meglio in questa competizione, lo so fare”.

La preparazione finisce in quel momento, il passo seguente è farlo. A questo punto emergono con decisione le ansie e le paure che l’atleta deve sapere gestire ma che comunque trovano un limite proprio nella convinzione di sentirsi pronti.

Fra poco più di 10 mesi vi saranno le olimpiadi e le paralimpiadi, i migliori atleti sono impegnati nelle qualificazioni e per tutti sarà importante giungere a quei giorni sentendosi preparati al meglio. Il lavoro dello psicologo dello sport sarà per loro molto importante nel costruire questo tipo di mentalità.

Il successo dipende dalla preparazione precedente e senza tale preparazione è sicuro il fallimento. (Confucio)

 

 

La resilienza spiegata da Tiger Woods

Se sei un campione lo fai capire da come affronti le sconfitte e Tiger Woods lo è.

Un giorno, dopo il punteggio peggiore della sua carriera, Tiger Woods ha giocato la fase finale del Torneo Memorial come se fosse una domenica qualsiasi. Indossava la camicia rossa. Ha giocato con lo stesso ritmo. Ha gettato fili d’erba in aria per giudicare il vento e si è accucciato a leggere i putt più importanti. L’unica differenza era che ha giocato da solo e non coppia. Ha anche tolto da solo un’asta della bandiera quando il suo caddy era occupato a rastrellare un bunker.
“Solo perché sono in ultima posizione non cambia come gioco a golf”, ha detto. “Se è il primo giorno o l’ultimo giorno, non importa. Bisogna giocarsela tutta”

“Questo è uno sport solitario”, ha detto Woods. “Questa è una delle cose più difficili del gioco del golf, ed è anche una delle cose migliori del gioco del golf. Quando sei su, nessuno ti può rallentare. Quando sei fuori, nessuno ti viene a prendere. E’ duro ma devi affrontarlo.

Tiger Woods carded a 74 Sunday at Muirfield Village, a day after his career-high round of 85. (Sam Greenwood/Getty Images)

Il Milan perde per mancanza di volontà

La partita di ieri del Milan contro l’Atalanta è un esempio di come la sconfitta possa dipendere dalla mancanza di volontà, che in campo si è vista per l’impegno ridotto, scarsa combattività, distrazione eccessiva, distanza fra i giocatori e così via. Inzaghi ha detto che la squadra vista ieri non è quella vera: “dopo avere battuto il Napoli e meritato di vincere con la Roma non possiamo essere diventati così … servono disponibilità, voglia, cuore”. Questa frase contiene due verità importanti. La prima: è più facile giocare con serenità contro le squadre nettamente più forti poiché non si ha nulla da perdere. Contro di loro non bisogna  vincere a tutti costi e in tal modo la squadra può giocare in modo più sereno. La seconda: è molto più difficile mostrare questo atteggiamento contro le altre squadre, che a loro volta vogliono ottenere un risultato vincente perché giocano contro la squadra che è seconda al mondo per trofei vinti. E’ proprio contro queste squadre che il Milan dovrebbe mostrare la disponibilità e la volontà che chiede Inzaghi. Per raggiungere questo scopo servono come ricorda Gianni Mura “meno narcisi e più giocatori veri”. E’ su questi aspetti mentali di gruppo che Inzaghi deve allenare la squadra, altrimenti quale che sia il tipo di gioco che proporrà non lo vedrà mai messo in atto per mancanza di volontà.

Inzaghi deve allenare la volontà dei suoi giocatori agendo sulla motivazione personale e di gruppo, sull’autodeterminazione, sul desiderio di prendere iniziative di gioco, sulla reazione rapida agli errori, sulla consapevolezza del ruolo richiesto a ognuno e sul mantenimento in campo dei ruoli da lui richiesti. Deve sfidare quotidianamente i giocatori a mostrare questo atteggiamento contro ogni squadra indipendentemente dal suo nome e dalla classifica.

 

Quando si perde mentre si stava vincendo

Non c’è solo la tensione di chi sta perdendo o è in difficoltà durante una gara. Vi è anche quella di chi è in vantaggio e comincia ad avvertire quella tensione che non riesce più dominare e perde l’opportunità di vincere o comunque di fare bene. Spesso gli atleti ti dicono: “non so cosa sia successo mi sentivo proprio come prima ma ho sbagliato”. Si tratta di quei momenti in cui si perde la sensibilità dei propri colpi, si pensa di essere come un attimo precedente. Invece la mente è caduta nel tranello, si è anestetizzata e l’atleta reagisce come un automa perdendo il controllo del proprio corpo. Agisce senza rendersi conto che la tensione sta crescendo e lo porta a muoversi in modo rigido e non fluido, le sue azioni perdono di coordinazione, velocità e precisione e così facendo inizia a sbagliare. Accade in tutti gli sport e solo un allenamento mentale praticato con costanza e utilizzato durante le gare può insegnare a superare questi momenti negativi.

Nel tennis è decisivo accettare le sconfitte

Non sono un esperto di statistica del tennis però mi è venuta la curiosità di sapere quante partite si perdono in una carriera comunque vincente. Ho condotto questa ricerca  solo su alcune ragazze, anche se mi auguro che qualcuno abbia fatto studi approfonditi sul rapporto tra partite vinte e perse. I risultati sono stati per me interessanti per comprendere le situazioni che tenniste si trovano a vivere più di frequente e quali possano esserne le implicazioni psicologiche.

tenniste           giocate    vinte   perse   %

Camila Giorgi   322        193    129    59

Karin Knapp    519        314    205    60

F. Schiavone    902        526    376    58

Sara Errani      617        368     249    59

R. Vinci           843         520    323    61

S. Williams      764         650     114    85

M. Sharapova  672         535     137   79

Emerge che fatta eccezione per le prime al mondo e vincitrici di almeno un torneo del Grande Slam, come la Williams e la Sharapova, che perdono in media 2 partite su 10 giocate. Per le altre pur se fra le migliori al mondo la percentuale di partite perse è molto elevata, mediamente ben 4 su 10. Il tennis, forse più di ogni altro sport visto anche l’elevato numero di tornei giocati ogni anno, richiede la capacità di sapere ammortizzare le sconfitte poiché sono un evento frequente e ripetitivo. Solo pochissime atlete al mondo non rientrano in questa categoria poiché hanno una percentuale di successo estremamente elevata, per tutte le altre è necessario risollevarsi immediatamente da una sconfitta altrimenti si rischia di cadere in una serie negativa, data l’alta probabilità di perdere che è sempre presente.

Sulla base di queste considerazioni risulta evidente la necessità da parte delle tenniste di migliorare molto dal punto di vista della reazione mentale agli insuccessi, altrimenti corrono il rischio di entrare in una spirale negativa da cui è più difficile uscire.

Vincere o avere dei dubbi

Vincere è già abbastanza difficile quando credi in te

ma è impossibile quando cominci ad avere dei dubbi.

Tifosi scontenti mangiano più grassi e zucchero

Essere tifosi di una squadra che vince può rappresentare un vantaggio per la salute. Quindi quest’anno i tifosi della Roma dovrebbero sentirsi più sani e in salute. E’ quanto emerge da due studi condotti su tifosi di calcio nordamericani e francesi che ha evidenziato che se la propria squadra perde il lunedì si mangiano più cibi grassi e più dolci allo scopo di mitigare la frustrazione conseguente al risultato negativo, mentre ciò non avviene in caso di vittoria. Dai dati non emerge cosa succeda ai tifosi della squadre che retrocedono: sono tutti malati di fegato o dopo un certo numero di sconfitte ci si mette l’anima in pace e il lunedì si rinuncia alle lasagne?

Sono i primi studi di questo tipo, in passato si era indagato sulla relazione fra sconfitta e attacchi di cuore, atti criminali, violenza e alcool. Condotti da Yann Cornil e Pierre Chandon, dell’INSEAD Business School di Fontainbleau.

Essere in forma non basta

In questo periodo dell’anno nella maggior parte degli sport individuali gli atleti si percepiscono in forma e pronti a gareggiare.  Questo è il momento di ricordarsi che è positivo sentirsi in forma e avere dentro di sé questa convinzione ma bisogna anche sapere che da sola questa certezza non permetterà di gareggiare al meglio di se stessi. Perchè ciò che sarà decisivo per fare bene sarà la condizione emotiva che si avrà il giorno della gara; è questo stato psicologico che aprirà le porte a una prestazione ottima piuttosto che a una scadente.

La convinzione di sentirsi in forma è necessaria per sapere che si è fatto tutto quello che si doveva fare per raggiungere proprio ora questa condizione psicofisica, ma il giorno della gara serve avere una routine ben definita per gestire lo stress agonistico che, invece, cercherà di disturbare la propria prestazione. Maggiori sono le aspettative dell’atleta nonchè le sue reali possibilità di vittoria, maggiore è la necessità di entrare da subito nella propria condizione ottimale, proprio perchè agli atleti da podio è concesso di commettere pochissimi errori e che peggiorare la prestazione del 2% rispetto agli altri avversari significa spesso perdere.

La propria routine personale è di estrema importanza per seguire un tracciato fisico e mentale che metterà l’atleta nella condizione da lui/lei preferita.