Archivio mensile per marzo, 2015

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Calcaterra, dallo sport di elite allo sport per tutti

Stamattina mentre applaudivo Giorgio Calcaterra che passava a Piazza del Popolo, molti vicino a me si sono stupiti del tifo per lui e hanno chiesto: “ma chi è Giorgio?”. Giorgio è quell’atleta, più volte campione del mondo della 100 km, che giunto al traguardo ripartirà per la seconda volta  la Maratona di Roma, concludendola con gli ultimi. Giorgio è un top runner (2,34h oggi) che vuole testimoniare attraverso la sua passione per la corsa che se è possibile correrla due volte consecutive, tutti possono correrla almeno una volta. Dallo sport di elite allo sport per tutti la  maratona diventa un’impresa personale a cui un individuo in buona salute può partecipare. Spesso sento prendere in giro i podisti che impiegano 5 – 6 ore o anche più a percorrere questa distanza. E’ invece esattamente il contrario il modo in cui devono essere percepiti. La maratona la vogliono concludere perché per tutti è un’impresa che ci riporta al mito di Filippide. E’ riuscire in un’impresa fisica a cui non avresti mai pensato di partecipare e di portare a termine. Proprio per questa ragione la gioia è immensa quando si conclude una maratona, ci si sente orgogliosi di avere raggiunto l’impossibile. Questo sentimento lo si porterà per sempre dentro di noi. Calcaterra sta correndo per tutti noi, per tutti quelli che non l’hanno ancora corsa e per quelli che stanno ancora correndola e faticando. Perché correre la maratona significa trovare piacere nel sentirsi stanchi, nel condividere questa fatica con gli altri intorno a noi, perché l’impresa è finirla e poterci portare dentro questo sentimento per tutta la vita. Questo sta facendo Giorgio, condividere la sua gioia con tutti.

Marco Tardelli parla di calcio e valori all’ONU

Marco Tardelli all’ONU a parlare ai giovani di sport e valori.

“Non è un buon momento per il nostro calcio. Scandali, scommesse, società sull’orlo del fallimento. Per un italiano è ancor più complicato risultare credibile quando parla di certe cose. Mi pare che gli studenti, però, abbiano recepito la mia passione e la voglia di tornare a un calcio diverso, come quello che ho vissuto da ragazzo”.

“Io sono molto duro con il mio Paese, perché lo amo e non ce la faccio proprio a restare indifferente davanti a certi episodi così vergognosi. Lo dico sempre ai tifosi, quelli veri: dovete essere i primi a indignarvi, isolate quei cinquanta, cento idioti che pensano solo a provocare e piazzare striscioni offensivi, segnalate chi fa “buuu” all’avversario di colore, la rivolta deve partire da voi. Quei teppisti vanno cacciati fuori dagli stadi, altrimenti non cambierà mai niente”.

“… mi spiace dirlo ma non credo che ci riusciremo perché nessuno ha la volontà di farlo. E anche le società spesso fanno finta di non accorgersi di nulla”.

(Testo da Repubblica.it)

Primi paraplegici correranno la Maratona di Roma con esoscheletro

Carmine Consalvi e Nicoletta Tinti affrontano una nuova sfida sportiva: sono i primi paraplegici completi a partecipare alla Maratona di Roma, utilizzando un esoscheletro indossabile. Domenica 22 marzo, Carmine e Nicoletta percorreranno viale delle Terme di Caracalla, per un chilometro circa, mostrando come l’esoscheletro ha rivoluzionato la loro vita. L’iniziativa, patrocinata dalla Fondazione Santa Lucia di Roma, mira a far conoscere da vicino questa tecnologia, che promette di cambiare la vita quotidiana di tante persone oggi costrette in sedia a rotelle.

L’economia globale cresce ma l’inquinamento si ferma

Per la prima volta in quasi mezzo secolo, la sincronia tra crescita economica ed emissioni legate all’energia sembra essersi rotta, sostiene l’Agenzia Internazionale per l’Energia con sede a Parigi, spingendo il suo capo economista a chiedersi se un nuovo importante risultato è stato raggiunto – quello che divide vigore economico e inquinamento da anidride carbonica. E’ un risultato storico che spero confermi l’inizio di uno sviluppo più a misura di tutti.

Charles Eugster 95 anni è campione del mondo dei 200m

Charles Eugster, 95 anni, Gran Bretagna, campione del mondo nei 200m . Il novantenne ha battuto il record mondiale per la sua fascia di età al World Master a Birmingham lo scorso agosto e il video della gara è diventato virale, dopo essere stato postato da qualche giorno su YouTube. Eugster, che è anche un canottiere agonistica, dice che è sempre stato interessato a competere, ma ancora di più a vincere. Ha corso 200m in 55,48 secondi.

Come stimolare la motivazione

Lo sprinter americano Michael Johnson, vincitore di cinque medaglie d’oro alle olimpiadi e otto volte campione del mondo, ha così riassunto l’importanza della motivazione:

“La mia migliore motivazione è sempre venuta dalla gioia pura di correre e di gareggiare, è lo  stesso brivido che ho come fossi un bambino di 10 anni. Avete mai conosciuto un bambino di 10  anni nauseato da quello che fa? Bisogna trovare la propria motivazione iniziale, per questa ragione diventerai un architetto. Questo è il segreto della perseveranza”.

L’attività sportiva dovrebbe consentire l’affermarsi di un atteggiamento che può essere sintetizzato nella se­guente frase: “E’ grazie al mio impegno e al piacere che provo che divento sempre più bravo in quello che faccio”. Le attività motivate da una spinta interiore si basano sulla per­cezione soggettiva di soddisfazione che si trae dallo svolgere un determi­nato compito. Pertanto qualsiasi intervento esterno che tenda a ridurre nell’atleta questa percezione influenzerà negativamente la sua motivazione. È il caso di quando un atleta s’impegna solo per riceve­re un premio materiale (vincere un trofeo) o simbolico (“Lo faccio per i miei genitori o per l’allenatore che così saranno contenti o perché sarò più ammirato dai miei compagni di scuola”). La prestazione sportiva diventa così solo un mezzo per raggiungere un altro scopo che diventa, invece, il vero fine dell’azione: il giovane non agisce per il piacere che gli fornisce l’attività stessa ma per ricevere un determinato riconoscimento. Pertanto, i rinforzi esterni che incoraggiano l’atleta ad attribuire la sua partecipazione a motivi esteriori riducono la sua motivazione interna. L’allenatore non dovrebbe servirsi di rinforzi che dall’atleta siano percepibili come più importanti della stessa partecipazione spor­tiva, ma dovrebbe fornire suggerimenti utili ad aumentare il senso di soddisfazione che il gio­vane trae dall’esperienza agonistica.

E’ stato infatti documentato che i risultati sportivi che sono percepiti come il risultato di fattori inter­ni personali, quali l’abilità, la dedizione, l’impegno piuttosto che di fattori esterni (fortuna, limitata capacità degli avversari,  decisioni arbitrali a favo­re) sono associati a stati d’animo di soddisfazione e di orgoglio.

I rinforzi esterni che un atleta riceve svolgono comunque anche un’azione positiva. Ad esempio, con i bambini che non hanno ancora avuto un’esperienza spor­tiva o con gli adulti che hanno una ridotta esperienza sportiva. In tal caso rinforzi esterni riguardanti la fornitura di materiale sportivo o di gadget, o il sostegno sociale derivato dalla pratica sono elementi che favoriscono la partecipazione. Lo stesso vale per i riconoscimenti economici ottenuti dagli atleti di alto livello come riconoscimento del loro valore sportivo.

Ogni allenatore sa che stabilire obiettivi è essenziale per stimolare la moti­vazione e migliorare le prestazioni. A tale riguardo:

  • Lavorare su obiettivi definiti e accettati contribuisce a mi­gliorare l’atmosfera generale e il clima emotivo dell’allenamento. Si ottiene una riduzione dei problemi relativi ai ritardi, alla pigri­zia di gruppo e alla mancanza dì disciplina.
  • Gli atleti, anche i più giovani, potenziano sempre più la loro autonomia e imparano ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Viene in­crementata in questo caso la determinazione a raggiungere gli obiettivi e a sviluppare al massimo le proprie potenzialità.
  • La leadership dell’allenatore viene accettata dagli atleti attraverso l’incremento della sua credibilità personale.

Infine, nonostante la rilevanza che la scelta degli obiettivi svolge nell’incre­mentare la prestazione, vi è anche un altro motivo che la rende neces­saria da parte dell’atleta. Infatti, se lo sport e la com­petizione hanno una valenza sociale, di conseguenza ogni individuo ha il diritto di avere successo. Certamente nello sport di livello assoluto, la lotta per il successo è quella per il podio e chi può aspirare a questo tipo di risultato si prepara consapevole delle difficoltà che incontrerà strada facendo. Vi è poi il successo di tutti, di coloro che hanno stabilito i loro obiettivi in modo adeguato e s’impegnano per raggiungerli. Ogni persona coinvolta nello sport ha la responsabilità di ottenere per se stessa il suo successo personale. E’ il caso di chi vuole correre la maratona in 4 ore, se ci riuscirà avrà vinto la sua gara. L’osservazione dei bambini impegnati in attività sportive non organizzate dagli adulti dovrebbe insegnare agli adulti qualcosa di molto importante e cioè che quando non raggiungono l’obiettivo che si sono posti, i ragazzi lo abbassano di livello, imparando dagli errori e riprovandoci di nuovo. Dopo una serie di adattamenti e di prove di questo tipo il successo è garantito. L’opposto avvie­ne quando invece hanno successo, aumentano il livello di difficoltà dell’o­biettivo. In altri termini, ciò significa che in maniera quasi spontanea i gio­vani modificano i loro obiettivi spostandoli sempre al limite delle loro possi­bilità. In tal senso, gli errori sono utilizzati come parte integrante del pro­cesso di apprendimento e non vengono interpretati come un insuccesso.

Il mental coaching nella maratona

Relatore: Alberto Cei

Data: 14 aprile, ore 19-20,15

Durata: 75 minuti

La partecipazione alla maratona è una delle prestazioni più estreme a cui si iscrivono ogni anno centinaia di migliaia di persone; molti si avvicinano per la prima volta, altri sono runner più esperti altri infine sono atleti di livello assoluto. Ma per tutti la preparazione psicologica a tollerare la fatica mentale e fisica è un compito dal quale non ci si può sottrarre. Gli argomenti principali del webinar riguarderanno le abilità mentali che runner di ogni età e livello devono mettere in atto per affrontare con successo e soddisfazione i 42,195 km.
Partecipando a questo webinar si acquisiranno competenze su:

  • La gestione della fatica
  • I pensieri dei maratoneti
  • Saper mantenere il proprio ritmo di corsa
  • La gestione del muro del maratoneta
  • La parte finale del webinar sarà dedicata al question time dove si potranno porre domande al relatore

 

Riceverai una e-mail di conferma entro 24 ore

Il mental coaching nel Futsal (Calcio a 5)

Relatore: Emiliano Bernardi

Data: 22 Aprile, ore 19-20,15

Durata: 75 minuti

Il webinar è rivolto ad atleti e allenatori di futsal, psicologi ed esperti in psicologia dello sport. Si approfondiranno le principali implicazioni psicologiche di questo sport in un percorso alla ricerca del miglioramento della performance tratto dall’esperienza dell’autore in club e nazionali giovanili di calcio a 5. Partecipando a questo webinar si acquisiranno competenze su:

  • Le principali mental skill del futsal
  • La velocità di pensiero
  • Creare una routine pre-gara efficace
  • Mantenersi concentrati nei momenti critici della partita
  • I benefici del futsal nel processo di crescita psicofisico di atleti giovani e giovanissimi.
  • La parte finale del webinar sarà dedicata al question time dove si potranno porre domande al relatore.

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Per Mourinho il Chelsea è crollato sotto lo stress

Mourinho descrive molto bene che cosa significa crollare sotto pressione dopo la sconfitta contro il Chelsea PSG.

“PSG ha meritato di vincere”, ha detto Mourinho. “Quando una squadra non può difendere due angoli, e concede due volte, la squadra non merita di vincere. Quando una squadra non può far fronte alla pressione di giocare in casa con un uomo più, e lo stadio non accetta che la squadra abbia il controllo il gioco e vogliono che vadano avanti e vincere … non abbiamo saputo far fronte a tale pressione. Per loro è stato facile: 10 uomini, organizzazione difensiva, due linee di quattro, lanci lunghi per il contro-attacco, in attesa di calci di punizione e angoli. Mentalmente loro non avevano nulla da perdere. Erano esperti, erano buoni, e se lo meritavano.
“Chiaramente alcuni dei miei giocatori non potevano far fronte a tale pressione. Le prestazioni individuali non sono state abbastanza buone. Quando concedete due volte da due angoli, si tratta di una mancanza di concentrazione, mancanza di responsabilità per far fronte agli avversari e lo spazio da controllare. Così abbiamo meritato di essere puniti con questo pareggio. Siamo spiacenti per questa sconfitta”.

Molti altri allenatori anziché responsabilizzare la squadra per gli errori commessi, avrebbero dichiarato invece che solo per alcuni episodi sfortunati la squadra non ha vinto.

Le regole da seguire per essere atleti motivati

Lo sprinter americano Michael Johnson, vincitore di cinque medaglie d’oro alle olimpiadi e otto volte campione del mondo, ha così riassunto l’importanza della motivazione:

“La mia migliore motivazione è sempre venuta dalla gioia pura di correre e di gareggiare, è lo  stesso brivido che ho come fossi un bambino di 10 anni. Avete mai conosciuto un bambino di 10  anni nauseato da quello che fa? Bisogna trovare la propria motivazione iniziale, per questa ragione diventerai un architetto. Questo è il segreto della perseveranza”.

L’attività sportiva dovrebbe consentire l’affermarsi di un atteggiamento che può essere sintetizzato nella se­guente frase: “E’ grazie al mio impegno e al piacere che provo che divento sempre più bravo in quello che faccio”. Le attività motivate da una spinta interiore si basano sulla per­cezione soggettiva di soddisfazione che si trae dallo svolgere un determi­nato compito. Pertanto qualsiasi intervento esterno che tenda a ridurre nell’atleta questa percezione influenzerà negativamente la sua motivazione. È il caso di quando un atleta s’impegna solo per riceve­re un premio materiale (vincere un trofeo) o simbolico (“Lo faccio per i miei genitori o per l’allenatore che così saranno contenti o perché sarò più ammirato dai miei compagni di scuola”). La prestazione sportiva diventa così solo un mezzo per raggiungere un altro scopo che diventa, invece, il vero fine dell’azione: il giovane non agisce per il piacere che gli fornisce l’attività stessa ma per ricevere un determinato riconoscimento. Pertanto, i rinforzi esterni che incoraggiano l’atleta ad attribuire la sua partecipazione a motivi esteriori riducono la sua motivazione interna. L’allenatore non dovrebbe servirsi di rinforzi che dall’atleta siano percepibili come più importanti della stessa partecipazione spor­tiva, ma dovrebbe fornire suggerimenti utili ad aumentare il senso di soddisfazione che il gio­vane trae dall’esperienza agonistica.

E’ stato infatti documentato che i risultati sportivi che sono percepiti come il risultato di fattori inter­ni personali, quali l’abilità, la dedizione, l’impegno piuttosto che di fattori esterni (fortuna, limitata capacità degli avversari,  decisioni arbitrali a favo­re) sono associati a stati d’animo di soddisfazione e di orgoglio.

I rinforzi esterni che un atleta riceve svolgono comunque anche un’azione positiva. Ad esempio, con i bambini che non hanno ancora avuto un’esperienza spor­tiva o con gli adulti che hanno una ridotta esperienza sportiva. In tal caso rinforzi esterni riguardanti la fornitura di materiale sportivo o di gadget, o il sostegno sociale derivato dalla pratica sono elementi che favoriscono la partecipazione. Lo stesso vale per i riconoscimenti economici ottenuti dagli atleti di alto livello come riconoscimento del loro valore sportivo.

Ogni allenatore sa che stabilire obiettivi è essenziale per stimolare la moti­vazione e migliorare le prestazioni. A tale riguardo:

  • Lavorare su obiettivi definiti e accettati contribuisce a mi­gliorare l’atmosfera generale e il clima emotivo dell’allenamento. Si ottiene una riduzione dei problemi relativi ai ritardi, alla pigri­zia di gruppo e alla mancanza dì disciplina.
  • Gli atleti, anche i più giovani, potenziano sempre più la loro autonomia e imparano ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Viene in­crementata in questo caso la determinazione a raggiungere gli obiettivi e a sviluppare al massimo le proprie potenzialità.
  • La leadership dell’allenatore viene accettata dagli atleti attraverso l’incremento della sua credibilità personale.

Infine, nonostante la rilevanza che la scelta degli obiettivi svolge nell’incre­mentare la prestazione, vi è anche un altro motivo che la rende neces­saria da parte dell’atleta. Infatti, se lo sport e la com­petizione hanno una valenza sociale, di conseguenza ogni individuo ha il diritto di avere successo. Certamente nello sport di livello assoluto, la lotta per il successo è quella per il podio e chi può aspirare a questo tipo di risultato si prepara consapevole delle difficoltà che incontrerà strada facendo. Vi è poi il successo di tutti, di coloro che hanno stabilito i loro obiettivi in modo adeguato e s’impegnano per raggiungerli. Ogni persona coinvolta nello sport ha la responsabilità di ottenere per se stessa il suo successo personale. E’ il caso di chi vuole correre la maratona in 4 ore, se ci riuscirà avrà vinto la sua gara. L’osservazione dei bambini impegnati in attività sportive non organizzate dagli adulti dovrebbe insegnare agli adulti qualcosa di molto importante e cioè che quando non raggiungono l’obiettivo che si sono posti, i ragazzi lo abbassano di livello, imparando dagli errori e riprovandoci di nuovo. Dopo una serie di adattamenti e di prove di questo tipo il successo è garantito. L’opposto avvie­ne quando invece hanno successo, aumentano il livello di difficoltà dell’o­biettivo. In altri termini, ciò significa che in maniera quasi spontanea i gio­vani modificano i loro obiettivi spostandoli sempre al limite delle loro possi­bilità. In tal senso, gli errori sono utilizzati come parte integrante del pro­cesso di apprendimento e non vengono interpretati come un insuccesso.