Archivio mensile per marzo, 2015

Smettere il football per vivere sani e a lungo

“Voglio solo vivere una vita lunga e sana,” ha detto Chris Borland, 24 anni, annunciando il suo ritiro dalla NFL. Il San Francisco 49ers linebacker, che aveva firmato un contratto di quasi $ 3 milioni e sembrava sul punto di una carriera tutta-pro, lascia il football perché era preoccupato per il suo effetto sul suo cervello. “Io non voglio avere tutte le malattie neurologiche o morire più giovane a causa del gioco”.

Sorprendente, l’uscita anticipata di Borland dal campionato è stata presa come un segno che i giocatori temono sempre di più i pericoli del loro sport. Ci è stato detto lo sport stesso è ora a rischio. “La decisione di Borland è ciò che rappresenta il pericolo fondamentale per la NFL, “ha scritto Will Leitch su Sports on Earth. “Il problema è che ci sarà più di un Borland.” ….

Il suo ritiro arriva a meno di una settimana dopo che il suo compagno di squadra Patrick Willis –  30 anni, 7 volte Pro Bowl linebacker e capitano della difesa e nel bel mezzo di un contratto di $ 50 milioni … Willis aveva buone ragioni per essere preoccupato per i suoi piedi. Sono speciali: “Non so di cosa si tratta con questi piedi, ma hanno detto ‘Wow’”, ha detto durante una conferenza stampa in lacrime la scorsa settimana”. Il Signore ha fatto i miei piedi, come i piedi di un cervo” e Wills si preoccupa che i suoi zoccoli hanno già perso un po’ di quel ‘”Wow,” e lui è preoccupato per quello che potrebbe accadere se continuasse ad abusare di loro …

Questa distinzione tra il cervello e il corpo di un giocatore riflette una distorsione sistematica nel modo in cui pensiamo alla NFL. Sappiamo che i calciatori si fanno male in molti modi, e che possono soffrire di queste lesioni per tutti gli anni successivi. Ma pensiamo che una fonte di disabilità è più importante di un’altra. Un piede danneggiato, un ginocchio danneggiato, una colonna vertebrale danneggiata, una spalla danneggiata: questi sembrano inconvenienti. Un cervello danneggiato? Questa è una cosa completamente diversa, un insulto per l’anima, un affronto alla personalità, una tragedia che distrugge la vita. Il corpo può essere rotto 200 posti , ma si tende a pensare che una mente rotto è sui generis. Il rischio di encefalopatia è grave.
Questo non è un fatto medico; è una questione di opinione. Si consideri che oltre il 40 per cento dei pensionati NFL soffre di artrite prima di raggiungere l’età di 60 anni, un tasso che è più del triplo di quella degli altri uomini. Un altro sondaggio ha rilevato che quattro quinti soffrivano di “dolori da moderato a severo,” ancora una volta più del triplo rispetto al tasso di riferimento nella popolazione generale …

Se non altro, la decisione Willis di ritirarsi invia un messaggio inaspettato e importante per la NFL: Anche se non si cura troppo di commozioni cerebrali, e anche se pensa che gli uomini dovrebbero sbattere la testa come arieti, dovrebbe almeno decidere che il football è troppo pericoloso. Si potrebbe anche decidere di smettere, o si potrebbe ancora non fare giocare i vostri figli. Non importa se si tratta di un pericolo per i nostri corpi e le nostre menti; in entrambi i casi,  potrebbe non valere la pena il rischio che si corre per il football.

(Leggi l’articolo completo di Daniel Engber su Slate)

 

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Recensione libro: Enhancing Children’s Cognition with Physical Activity

Enhancing Children’s Cognition with Physical Activity

Phillip D. Tomporowski, Bryan A. McCullick, and Caterina Pesce

Human Kinetics, 2015, p.241

www.HumanKinetics.com

Enhancing Children’s Cognition with Physical Activity represents a very innovative book about the children development. Its real value consists to describe and explain specifically the strict integration between movement, cognitive processes and scholastic performances. It’s my opinion that every school teacher, youth coach and psychologist (not only sport psychologist) have to read it to understand fully the children growth processes. The authors explain that: “the central focus of the book is on methods of teaching physical activity games in ways that promote learning. Our teaching methods and games are firmly rooted in theory and research drawn from many disciplines: child development, neurobiology, psychology, and teacher education. As a result, you can be confident in offering these games to the children entrusted to you.”

The book is organized in a first part representing the theoretical section where all the aspects concerning the mental development and its relation with the movement and performances are described. Therefore in the same time the Authors coniugate research data and games to be played by the children. The second part is centered on translating research into practice to help teachers put into action the material presented in the first part of the book. The challenges involved in developing, implementing, and assessing the effectiveness of physical activity games are discussed. The third part provides games for preschool- and kindergarten-age children between 3 and 6 years of age and for elementary school–age children between 7 and 11 years of age.

In my opinion, the main topics theoretically presented regard the executive functions of the cognitive processess and the data concerning the relation between the participation to physical activity programs and the school performances. The executive functions  concern “the capacity to think before acting, retain and manipulate information, reflect on the possible consequences of specific actions, and self-regulate behavior.” Anticipation, memory and self-regulation are too important and the Authors have been able to illustrate their relevance in a specific way, that I did not find so well explained in other books. Second, since this chapter the teachers will be aware of the relevance to teach not only the movement technical side ma also its cognitive components. Third form the data it seems clear that in the school with more PE minutes the children improve more their school performances.

Last but not least important characteristic of this book is the presentation and explanation of all the games proposed in the following sections and their age distinction.

Nel tennis è facile trattarsi male

Il tennis m’insegna ogni giorno quanto sia facile trattarsi male per i giocatori che sono all’inizio di un percorso professionale.  Sono questi giovani, ragazzi e ragazze, di 18-21 anni che pur avendo qualità di gioco e forma fisica non riescono ad accettare gli errori, sono insicuri in campo e negativi con se stessi. In altre parole non sono tennisti abituati ad affrontare gli errori e le difficoltà come ostacoli normali e quotidiani e soprattutto non si divertono perché per loro è un’esperienza pesante e problematica. Nella mia esperienza sono molti di più i giovani che di fronte a queste difficoltà le subiscono e cedono piuttosto che tentare di padroneggiarle. L’unico modo per cambiare questa situazione è quello di iniziare a insegnare a gestire le proprie emozioni e i pensieri in campo. A questo riguardo un aspetto importante da insegnare consiste nella gestione della pause di gioco. I tennisti devono acquisire un sistema che gli permetta di recuperare dalla stanchezza fisica e mentale, subito dopo, di mettersi nella condizione migliore per iniziare un nuovo scambio. Questo approccio al gioco andrebbe allenato quotidianamente. Bisogna sapere che la componente tecnica e atletica del tennis vanno allenate insieme a quella mentale e che non vi è uno scambio di gioco in cui tutte e tre non siano presenti.

Chi vuole saperne di più mi può contattare per mail e riceverà in breve tempo una risposta.

Il vuoto dopo lo sparo

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#milionidipassi

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La fuga di milioni di persone da guerre e povertà è una delle crisi umanitarie più gravi del momento. #MILIONIDIPASSI è un appello all’opinione pubblica e ai governi per restituire umanità al tema delle migrazioni forzate e garantire il diritto di tutti ad avere salva la vita.

 

Come si motivano i maratoneti

Alcuni sembrano servirsi maggiormente della consapevolezza del lavoro svolto. Ripensano agli allenamenti che hanno effettuato e da questo traggono fiducia e motivazione.

  • Cerco di ripensare al lavoro che ho effettuato in precedenza, al fatto che ho lavorato bene e che quindi non devo temere di fallire.
  • Innanzi tutto essendo consapevole che i momenti difficili si presentano ad ogni stagione e che sono sempre in agguato. Dopo di che, so come procedere, cioè identifico gli errori commessi, li valuto e cerco di lavorare sodo per correggerli.

Per altri le strategie di scelta degli obiettivi sono alla base della loro esperienza e della loro abilità a motivarsi.

  •  Sicuramente spicca in me la pazienza, la precisione e la forte determinazione. Se mi pongo un obiettivo non c’è nulla che possa distogliermi dal lavorare per raggiungerlo. Forse ho sempre avuto tale capacità, ma poi l’ho anche affinata con l’allenamento e in generale con l’esperienza. Tra le persone che mi hanno aiutata a sviluppare tali caratteristiche ci sono prima di tutto mia madre ma poi anche il mio allenatore e mio marito, che nel mio caso coincidono.

Per altri ancora sembra dominare maggiormente la componente emotiva nel trainare la motivazione.

  • Trovo le maggiori spinte emotive pensando a quanto sia importante e piacevole raggiungere l’obiettivo. Il raggiungimento dello scopo rappresenta il mio maggiore stimolo motivazionale.
  • I momenti positivi  sono la testimonianza che ho le risorse e le capacità per farcela, dunque sono dei momenti per ricaricarsi e per puntare ad un prossimo obiettivo. 

50 anni dalla fondazione della Società Internazionale di Psicologia dello Sport

Roma, 20 aprile 1965, Aula Magna del Comitato Olimpico Italiano . Sono questi i luoghi e il momento in cui, grazie all’iniziativa di un piccolo gruppo di pionieri guidati da Ferruccio Antonelli, è nata la Società Internazionale di Psicologia dello Sport (International Society of Sport Psychology – ISSP). Tutto ciò è successo durante il 1° Congresso Internazionale ISSP di Psicologia dello Sport, un evento capace di segnare l’inizio dell’era moderna nel campo della Psicologia dello Sport.

Partecipate al Congresso “A Bridge from the Past to the Future” –  International Society of Sport Psychology  50th Anniversary – April 19-20, 2015, Roma, Italy

http://www.events-communication.net/b57/index.php?lang=en

Tributo a Ferruccio Antonelli

La storia della scienza insegna che l’inizio di una nuova disciplina è spesso da attribuire agli sforzi di singole persone che dedicano una parte significativa della loro vita alla realizzazione di sogni e intuizioni. Questo è stato il caso della Psicologia dello Sport che è stata fondata da Ferruccio Antonelli, che con il suo lavoro pionieristico ha creato due punti fondamentali di riferimento per coloro che sono coinvolti in questo settore. Il primo è stato la creazione nel 1965 della Società Internazionale di Psicologia dello Sport (ISSP), che per la prima volta ha collegato psicologi dello sport in tutto il mondo con l’altro, grazie alla sua rete di contatti nazionali e internazionali. La seconda riguarda il mondo dell’editoria, in particolare, la creazione della prima rivista scientifica interamente dedicati a questa nuova disciplina, l’International Journal of Sport Psychology (IJSP) che si diffuse immediatamente in tutto il mondo. In soli cinque anni, tra il 1965 e il 1970, Antonelli raggiunse entrambi gli obiettivi, realizzando così un sogno immaginato solo pochi anni prima. In questa presentazione verranno descritti i giornidella fondazione della ISSP durante il Primo Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport, tenutasi in Roma nel 1965, gli anni iniziali di questa nuova organizzazione e l’interazione tra gli scienziati occidentali e dei Paesi dell’Est.

Le abilità più difficili da insegnare ai nostri figli

Le tre abilità psicologiche da insegnare ai nostri figli sino dall’infanzia. Vale anche per insegnanti e allenatori.

  • Sapere aspettare e pensare prima di agire
  • Trattenere e utilizzare le informazioni per risolvere problemi
  • Modificare i comportamenti in funzione dei cambiamenti situazionali e ambientali

Tre frasi su cui riflettere

Tre frasi di John Wooden per genitori, atleti e allenatori con cui confrontarsi:

“La cosa migliore che può fare un padre per i suoi figli è amare la loro madre”.

“L’abilità può portare al top, ma serve carattere per rimanerci”.

“Un allenatore è qualcuno che può correggere senza determinare risentimento”.