Come stimolare la motivazione

Lo sprinter americano Michael Johnson, vincitore di cinque medaglie d’oro alle olimpiadi e otto volte campione del mondo, ha così riassunto l’importanza della motivazione:

“La mia migliore motivazione è sempre venuta dalla gioia pura di correre e di gareggiare, è lo  stesso brivido che ho come fossi un bambino di 10 anni. Avete mai conosciuto un bambino di 10  anni nauseato da quello che fa? Bisogna trovare la propria motivazione iniziale, per questa ragione diventerai un architetto. Questo è il segreto della perseveranza”.

L’attività sportiva dovrebbe consentire l’affermarsi di un atteggiamento che può essere sintetizzato nella se­guente frase: “E’ grazie al mio impegno e al piacere che provo che divento sempre più bravo in quello che faccio”. Le attività motivate da una spinta interiore si basano sulla per­cezione soggettiva di soddisfazione che si trae dallo svolgere un determi­nato compito. Pertanto qualsiasi intervento esterno che tenda a ridurre nell’atleta questa percezione influenzerà negativamente la sua motivazione. È il caso di quando un atleta s’impegna solo per riceve­re un premio materiale (vincere un trofeo) o simbolico (“Lo faccio per i miei genitori o per l’allenatore che così saranno contenti o perché sarò più ammirato dai miei compagni di scuola”). La prestazione sportiva diventa così solo un mezzo per raggiungere un altro scopo che diventa, invece, il vero fine dell’azione: il giovane non agisce per il piacere che gli fornisce l’attività stessa ma per ricevere un determinato riconoscimento. Pertanto, i rinforzi esterni che incoraggiano l’atleta ad attribuire la sua partecipazione a motivi esteriori riducono la sua motivazione interna. L’allenatore non dovrebbe servirsi di rinforzi che dall’atleta siano percepibili come più importanti della stessa partecipazione spor­tiva, ma dovrebbe fornire suggerimenti utili ad aumentare il senso di soddisfazione che il gio­vane trae dall’esperienza agonistica.

E’ stato infatti documentato che i risultati sportivi che sono percepiti come il risultato di fattori inter­ni personali, quali l’abilità, la dedizione, l’impegno piuttosto che di fattori esterni (fortuna, limitata capacità degli avversari,  decisioni arbitrali a favo­re) sono associati a stati d’animo di soddisfazione e di orgoglio.

I rinforzi esterni che un atleta riceve svolgono comunque anche un’azione positiva. Ad esempio, con i bambini che non hanno ancora avuto un’esperienza spor­tiva o con gli adulti che hanno una ridotta esperienza sportiva. In tal caso rinforzi esterni riguardanti la fornitura di materiale sportivo o di gadget, o il sostegno sociale derivato dalla pratica sono elementi che favoriscono la partecipazione. Lo stesso vale per i riconoscimenti economici ottenuti dagli atleti di alto livello come riconoscimento del loro valore sportivo.

Ogni allenatore sa che stabilire obiettivi è essenziale per stimolare la moti­vazione e migliorare le prestazioni. A tale riguardo:

  • Lavorare su obiettivi definiti e accettati contribuisce a mi­gliorare l’atmosfera generale e il clima emotivo dell’allenamento. Si ottiene una riduzione dei problemi relativi ai ritardi, alla pigri­zia di gruppo e alla mancanza dì disciplina.
  • Gli atleti, anche i più giovani, potenziano sempre più la loro autonomia e imparano ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Viene in­crementata in questo caso la determinazione a raggiungere gli obiettivi e a sviluppare al massimo le proprie potenzialità.
  • La leadership dell’allenatore viene accettata dagli atleti attraverso l’incremento della sua credibilità personale.

Infine, nonostante la rilevanza che la scelta degli obiettivi svolge nell’incre­mentare la prestazione, vi è anche un altro motivo che la rende neces­saria da parte dell’atleta. Infatti, se lo sport e la com­petizione hanno una valenza sociale, di conseguenza ogni individuo ha il diritto di avere successo. Certamente nello sport di livello assoluto, la lotta per il successo è quella per il podio e chi può aspirare a questo tipo di risultato si prepara consapevole delle difficoltà che incontrerà strada facendo. Vi è poi il successo di tutti, di coloro che hanno stabilito i loro obiettivi in modo adeguato e s’impegnano per raggiungerli. Ogni persona coinvolta nello sport ha la responsabilità di ottenere per se stessa il suo successo personale. E’ il caso di chi vuole correre la maratona in 4 ore, se ci riuscirà avrà vinto la sua gara. L’osservazione dei bambini impegnati in attività sportive non organizzate dagli adulti dovrebbe insegnare agli adulti qualcosa di molto importante e cioè che quando non raggiungono l’obiettivo che si sono posti, i ragazzi lo abbassano di livello, imparando dagli errori e riprovandoci di nuovo. Dopo una serie di adattamenti e di prove di questo tipo il successo è garantito. L’opposto avvie­ne quando invece hanno successo, aumentano il livello di difficoltà dell’o­biettivo. In altri termini, ciò significa che in maniera quasi spontanea i gio­vani modificano i loro obiettivi spostandoli sempre al limite delle loro possi­bilità. In tal senso, gli errori sono utilizzati come parte integrante del pro­cesso di apprendimento e non vengono interpretati come un insuccesso.

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