Archivio mensile per febbraio, 2015

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Come concentrarsi sotto stress nel tennis

Eccellenza: fra follia e ambizione di superare i limiti

ricercare l’Eccellenza è una Follia distruttiva

se non si è disposti a Essere Felici per non averla raggiunta.

serve l’Equilibrio della Ragione

perché l’Ambizione a Superare ogni Limite non si trasformi da Prodezza eccellente in pericoloso Eccesso.

Le parole del calcio: umiltà, convinzione e motivazione

“Non ci siamo calati nei panni della partita. Pari utile almeno a riportarci coi piedi per terra” (Allegri, allenatore Juventus).

“Prima facevamo paura, eravamo più convinti” (Florenzi, calciatore Roma)

“La fiducia di Mancini è fondamentale per i miei compagni e per me. Lui mi dà motivazione ed entusiasmo ogni giorno” (Guarin, calciatore Inter).

Umiltà, convinzione e motivazione sono i concetti chiave espressi in queste frasi. Al di là della tecnica e del talento se in una squadra mancano queste qualità mentali tutto il resto vale meno che niente.

L’incredibile storia degli Sherpa

Ogni anno, oltre un migliaio di scalatori cercano di raggiungere la vetta dell’Everest, con il record annuale che è di 633 successi. Ma di quel numero, quasi la metà sono Sherpa – eroi non celebrati della montagna. Ciò nonostante la vita della comunità Sherpa non è ancora oggi conosciuta, cultura e esperienze che vivono all’ombra della montagna più alta del mondo. Ora, per la prima volta, aprono la porta nel loro mondo grazie a questo film della BBC

Senza l’esperienza degli sherpa, solo gli alpinisti più resistenti e più abili avrebbero avuto successo. Ogni giorno rischiano la vita per la sicurezza degli altri, eppure non cercano né gloria, né ricompensa. Seguendo le storie di quattro sherpa – Phurba, Ngima, Ngima Tenji e Gelu – questo film rivela la realtà della loro vita quotidiana, non solo in montagna, ma con le loro famiglie dopo il loro ritorno a casa.

Le 10 domande definitive per avere un atteggiamento vincente

10 domande definitive per gli allenatori e i mental coach:

  1. Quanto sei convinto che oltre la tecnica/tattica e la forma fisica, l’atteggiamento è alla base del successo sportivo?
  2. Quanto tempo dedichi a cambiare l’atteggiamento dei tuoi atleti verso gli errori?
  3. Come insegni che il riscaldamento non è solo fisico ma anche mentale?
  4. Come insegni che l’atteggiamento verso la fatica fisica e mentale è decisivo per migliorare la fiducia in gara?
  5. Come insegni che è necessario lottare istante per istante senza pensare al risultato?
  6. Interrompi mai l’allenamento perché l’atteggiamento è sbagliato?
  7. Quanto spesso premi l’atteggiamento in campo piuttosto che il risultato?
  8. Quanto tempo dedichi a insegnare che gli atteggiamenti pre-gara e durante le pause sono alla base della prestazione seguente?
  9. Quanto tempo spendi a pensare in che modo i tuoi atteggiamenti influenzano quelli dei tuoi atleti?
  10. In che modo valuti nel dettaglio e parli con gli atleti del loro atteggiamento in allenamento e in gara?

 

E’ l’atteggiamento in campo a fare la differenza

 

Tennis: le pause mentali fanno perdere le partite

Mi sto convincendo che per molti giovani tennisti da cui sarebbe realistico aspettarsi prestazioni e risultati migliori di quelli che ottengono di solito, un fattore di miglioramento significativo risieda nel migliorare la qualità dell’allenamento. In larga parte non si tratta di fare cose diverse ma di esercitarsi con un’ intensità elevata e costante; la stessa che poi si vorrebbe mostrare in campo. In partita, si chiede ai tennisti di giocare in modo costante e adeguato al loro livello per un lungo periodo di tempo, mentre in allenamento questa richiesta è spesso assente. Allenatori e psicologi dovrebbero lavorare insieme per aiutare il tennista a colmare questa lacuna. La domanda è la seguente: “Come si può giocare concentrati per almeno 90 minuti,  se in allenamento non si raggiunge mai questo limite o se si accetta che vi siano delle pause in cui la concentrazione si riduce ai minimi termini?”

Se è vero che ci si allena per ripetere quanto appreso in partita, la ripetizione riguarda non solo la tecnica ma anche il sapere mantenere la concentrazione limitando al minimo le pause mentali, che invece in partita spesso rappresentano il principale ostacolo all’esecuzione del proprio gioco.

Il narcisismo genitoriale: quando a scendere in campo non sono solo i sogni dei bambini

“Mio figlio voleva fare danza poi ovviamente ha scelto il calcio!”. Tante domande mi sono balzate in testa quando un allenatore- papà in fase di formazione mi ha detto questa frase. Ho pensato: ovviamente per chi? Ha scelto come? Chi è contento adesso?

Alcune di queste frasi le ho girate anche a questo papà, senza successo ovviamente, perché il narcisismo non ha occhi e non ha orecchie rivolte a qualcosa che non siano i suoi sogni e le sue idee.

Soffrono di narcisismo coloro che amano sé stessi più di ogni cosa, ma il narcisismo genitoriale è un’altra storia. I genitori narcisisti pretendono un certo comportamento da parte dei figli perché li vedono come un’estensione di se stessi, e hanno bisogno che i figli li rappresentino in campo e nel mondo, nel modo che più si avvicina ai loro bisogni emotivi. Queste caratteristiche porteranno il genitore a essere molto intrusivo in certi casi, e completamente assente in altri. E se il bisogno insoddisfatto è legato al calcio, ecco scendere in campo un piccolo calciatore a cui nessuno ha mai chiesto se è proprio lì che vuole stare. Il genitore soddisfa i suoi bisogni e rafforza la sua immagine mentre il bambino è lì a sentirsi colui che inevitabilmente non va mai abbastanza bene. Il bambino, in questi casi, mentre ha l’impressione di appartenere ad una razza speciale, ha anche il timore di essere meno interessante di quanto gli altri si aspettino e oscilla da un certo senso di superiorità, che rischia di renderlo spiacevole agli altri, a un senso di inferiorità che rende spiacevoli gli altri a lui.

I genitori narcisisti, sono controllanti, critici, concentrati su se stessi, intolleranti nei confronti del punto di vista altrui, inconsapevoli dei bisogni dei propri bambini. Il sentimento costante che questi bambini riferiscono è quello di non andare mai abbastanza bene. Questo costante posizione di frustrazione tenderà inevitabilmente a generare insicurezza.

La dinamica interattiva che si instaura in questi caso ha diversi sbocchi: o il bambino si adatta alla pressione proiettiva, rivestendo il ruolo predestinatogli senza apparenti disturbi (che esploderanno più avanti nel tempo) oppure,  l’equilibrio si rompe e il bambino esprime fortemente il bisogno di essere riconosciuto in qualità di persona e non come “ombra dei genitori“, ciò difficilmente potrà essere espresso con chiarezza e lucidità e sfocerà in quello che viene, troppo facilmente, definito un “comportamento difficile”: ribellione, bugie, aggressività.

L’amore di un genitore verso un figlio è  indiscutibile e senz’altro positivo,  ma spesso può capitare che un’intenzione positiva e generosa, come quella di un genitore verso il figlio, si trasformi in un meccanismo deleterio, perché non sempre  l’affetto è abbastanza  rispettoso del l’identità separata dell’altro. È necessario che il sentimento di un genitore, per essere positivo ed evolutivo per i figli, sia temperato e   tollerante dei limiti e  delle separazioni che inevitabilmente segnano il processo di crescita di un essere umano.

Probabilmente ognuno di noi porta con sé una forma fisiologica di narcisismo che  lo spinge a ricercare la stima  e l’amore degli altri, ma se tutto ciò non diventa un’ossessione nessuno ne verrà danneggiato.

Ecco qualche domanda da porsi per valutare il proprio grado di narcisismo:

  • Desidero sempre e comunque il riconoscimento degli altri per sentirmi appagato?
  • La mia vita quotidiana è troppo orientata al giudizio degli altri?
  •  La mia attenzione è focalizzata dai rimandi che gli altri mi inviano?
  • Tendo a svalutare mio figlio davanti ad un suo insuccesso?
  • Ho chiesto a mio figlio cosa veramente gli piace, cosa desidera fare e quali sono i suoi sogni?

Il narcisismo, ha colpito e intaccato l’arte di essere genitori, a più livelli della nostra società moderna, facendo spesso dimenticare che non sono il tetto, i vestiti o il regalare le ultime tecnologie a rendere genitori, ma il lungo e continuo lavoro di sintonizzazione sui bisogni emotivi, i desideri e i pensieri dei propri figli.

Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.”
(William Hodding Carter II )

(di Daniela Sepio)

La più difficile arrampicata del mondo

Una coppia di americani, Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson, ha portato a termine quella che è stata considerata la più difficile arrampicata del mondo, utilizzando solo le loro mani e piedi per conquistare una parete verticale di 914 metri su El Capitan, il piedistallo di granito nello Yosemite National Park, che ha ossessionato i free-climber per oltre mezzo secolo.

 

 

Nel tennis bisogna ragionare

Il tennis può essere considerato come un duello, in cui lo scopo finale è di distruggere l’avversario. Ogni giocatore è impegnato a mettere costantemente in difficoltà l’avversario e chi ci riesce meglio e per più tempo alla fine vince la partita. Per queste ragioni la partita di tennis è una situazione in cui auto-controllo e pressione costante sull’avversario sono due abilità mentali indispensabili per riuscire a imporre il proprio gioco. Non a caso Rod Laver diceva che non si deve mai permettere all’altro di trovarsi a suo agio nel giocare contro di noi. In altre parole, bisogna capire rapidamente quali sono i suoi punti deboli e  poi portarlo a giocare nel modo per lui più difficile e meno soddisfacente.

Per raggiungere questo scopo è necessario avere un elevato controllo emotivo, poiché se si è troppo aggressivi si rischia di agire senza avere pensato e se invece si diventa troppo timorosi, perché non si riesce a imporre il proprio gioco si rischia di giocare con il famoso braccino, che è sinonimo d’insicurezza. In ambedue le situazioni si rischia di favorire il gioco dell’avversario e dargli la possibilità di accrescere/ritrovare la sua fiducia.

Il tennista deve imparare durante le pause di gioco tra i punti e nei cambi campo. Deve pertanto allenare questa abilità mentale, pensare, non solo in partita ma anche in allenamento, con esercitazione costruite apposta per gestire al meglio queste fasi.

Quanti si allenano in questo modo?