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10 ragioni per camminare ogni giorno

La conoscenza passa attraverso il movimento: riprendiamo a camminare  almeno mezzora ogni giorno.

  1. Camminare risveglia ogni muscolo del corpo, non certo solo le gambe
  2. Camminare è un momento da trascorrere con altre persone ma anche in solitudine
  3. Camminare migliora il nostro umore
  4. Camminare è proprio per tutte le età
  5. Camminare è l’unica attività in comune a ogni essere umano da decine di migliaia di anni
  6. Camminare è stata ed è l’attività primaria per conoscere e ampliare il proprio territorio
  7. Camminare sulle proprie gambe è ciò che insegnano i genitori ai figli
  8. Camminare è alla base della corsa, dei lanci, dei salti e di ogni altra forma di movimento
  9. Camminare nella natura stimola il guardare, sentire gli odori e il rumore dei propri passi
  10. Camminare è un’attività gratuita

 

C o m e  v u o i  e s s e r e?

 

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“Too Small to Fail” molto utile per genitori e adulti

Segui Too Small to Fail molto utile per genitori e adulti

Focusing. Creating. Cooperating. Communicating. These are all important skills children learn when we play with them! Through play, children learn how to problem solve, work together, explore physical movements, overcome challenges, and much more. Play helps children develop critical social-emotional and language skills that will help prepare them for success in school and in life.

As children’s first and best playmates, parents and caregivers play a powerful role in nurturing these skills from birth. Here are a few tips on how you can encourage learning through play:

  • Make the most of your time playing with your child. From they day they are born, children learn through the everyday moments they share with their parents and caregivers. Check out these helpful tips from ZERO TO THREE.

Keep a box of everyday objects like plastic bottles, empty containers or old clothes for dress up. These are great items to help children spark their imagination. Through creative play, children explore the world in their own way, which is important for learning and development. Check out Raising Children Network for fun creative play activities.

 

Il narcisismo genitoriale: quando a scendere in campo non sono solo i sogni dei bambini

“Mio figlio voleva fare danza poi ovviamente ha scelto il calcio!”. Tante domande mi sono balzate in testa quando un allenatore- papà in fase di formazione mi ha detto questa frase. Ho pensato: ovviamente per chi? Ha scelto come? Chi è contento adesso?

Alcune di queste frasi le ho girate anche a questo papà, senza successo ovviamente, perché il narcisismo non ha occhi e non ha orecchie rivolte a qualcosa che non siano i suoi sogni e le sue idee.

Soffrono di narcisismo coloro che amano sé stessi più di ogni cosa, ma il narcisismo genitoriale è un’altra storia. I genitori narcisisti pretendono un certo comportamento da parte dei figli perché li vedono come un’estensione di se stessi, e hanno bisogno che i figli li rappresentino in campo e nel mondo, nel modo che più si avvicina ai loro bisogni emotivi. Queste caratteristiche porteranno il genitore a essere molto intrusivo in certi casi, e completamente assente in altri. E se il bisogno insoddisfatto è legato al calcio, ecco scendere in campo un piccolo calciatore a cui nessuno ha mai chiesto se è proprio lì che vuole stare. Il genitore soddisfa i suoi bisogni e rafforza la sua immagine mentre il bambino è lì a sentirsi colui che inevitabilmente non va mai abbastanza bene. Il bambino, in questi casi, mentre ha l’impressione di appartenere ad una razza speciale, ha anche il timore di essere meno interessante di quanto gli altri si aspettino e oscilla da un certo senso di superiorità, che rischia di renderlo spiacevole agli altri, a un senso di inferiorità che rende spiacevoli gli altri a lui.

I genitori narcisisti, sono controllanti, critici, concentrati su se stessi, intolleranti nei confronti del punto di vista altrui, inconsapevoli dei bisogni dei propri bambini. Il sentimento costante che questi bambini riferiscono è quello di non andare mai abbastanza bene. Questo costante posizione di frustrazione tenderà inevitabilmente a generare insicurezza.

La dinamica interattiva che si instaura in questi caso ha diversi sbocchi: o il bambino si adatta alla pressione proiettiva, rivestendo il ruolo predestinatogli senza apparenti disturbi (che esploderanno più avanti nel tempo) oppure,  l’equilibrio si rompe e il bambino esprime fortemente il bisogno di essere riconosciuto in qualità di persona e non come “ombra dei genitori“, ciò difficilmente potrà essere espresso con chiarezza e lucidità e sfocerà in quello che viene, troppo facilmente, definito un “comportamento difficile”: ribellione, bugie, aggressività.

L’amore di un genitore verso un figlio è  indiscutibile e senz’altro positivo,  ma spesso può capitare che un’intenzione positiva e generosa, come quella di un genitore verso il figlio, si trasformi in un meccanismo deleterio, perché non sempre  l’affetto è abbastanza  rispettoso del l’identità separata dell’altro. È necessario che il sentimento di un genitore, per essere positivo ed evolutivo per i figli, sia temperato e   tollerante dei limiti e  delle separazioni che inevitabilmente segnano il processo di crescita di un essere umano.

Probabilmente ognuno di noi porta con sé una forma fisiologica di narcisismo che  lo spinge a ricercare la stima  e l’amore degli altri, ma se tutto ciò non diventa un’ossessione nessuno ne verrà danneggiato.

Ecco qualche domanda da porsi per valutare il proprio grado di narcisismo:

  • Desidero sempre e comunque il riconoscimento degli altri per sentirmi appagato?
  • La mia vita quotidiana è troppo orientata al giudizio degli altri?
  •  La mia attenzione è focalizzata dai rimandi che gli altri mi inviano?
  • Tendo a svalutare mio figlio davanti ad un suo insuccesso?
  • Ho chiesto a mio figlio cosa veramente gli piace, cosa desidera fare e quali sono i suoi sogni?

Il narcisismo, ha colpito e intaccato l’arte di essere genitori, a più livelli della nostra società moderna, facendo spesso dimenticare che non sono il tetto, i vestiti o il regalare le ultime tecnologie a rendere genitori, ma il lungo e continuo lavoro di sintonizzazione sui bisogni emotivi, i desideri e i pensieri dei propri figli.

Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.”
(William Hodding Carter II )

(di Daniela Sepio)

Così piccoli e già sedentari

Ho scritto ieri dell’importanza del ruolo dei genitori nel determinare lo stile di vita fisicamente attivo o passivo dei loro figli. Oggi sono usciti i risultati poco confortanti della ricerca intitolata “Piccoli più”, progetto nazionale finanziato e promosso dal Centro Nazionale di Prevenzione e Controllo delle Malattie – Ministero della Salute. Lo studio è basato sull’osservazione di 3 mila bambini in cinque città italiane. I partecipanti allo studio sono stati studiati attraverso questionari compilati dai genitori e con visite a 6, 12, 24 mesi di vita. Purtroppo i risultati dimostrano il ruolo negativo e non educativo svolto da molti genitori già nel primo anno di vita, che con il loro stile di vita stimolano i figli alla sedentarietà.

Peso forma - Confrontando i pesi e le altezze dei bambini partecipanti al progetto con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, risulta che a 12 mesi il 23,4% dei maschi e il 22,1% delle femmine è al di sopra del valore soglia utilizzato per definirli in sovrappeso. L’obesità infantile è già presente al primo anno.

Incidenti  nel 1° anno di vita - Il 21,2% dei bambini ha avuto un incidente nei primi 12 mesi di vita, in gran parte una caduta da un piano rialzato che ha reso necessario il pronto soccorso.

Uso di Tv, Pc e tablet - Il 72% dei genitori dichiara che il bambino di un anno rimane davanti alla televisione o ad altro media elettronico (PC, tablet, smartphone) acceso, senza differenze tra giorni feriali o fine settimana. Nel 21% dei casi l’esposizione è già superiore ad 1 ora al giorno. L’8% dei genitori ha dichiarato di lasciare il bambino da solo davanti alla televisione.

Muoversi - Solo 1 donna su 4 ha praticato sport durante la gravidanza in maniera non saltuaria. Inoltre 1 donna su 3 ha riportato di essersi cimentata almeno una volta alla settimana in attività come passeggiare a passo spedito o andare in bicicletta, in media per 3-4 ore alla settimana.

Educare i giovani al senso di realtà

Il principale compito che dovrebbero assolvere i genitori è di educare i propri figli al senso di realtà. Dico questo perché fra i giovani sportivi non è molto sviluppato e questi giovani manifestano aspettative totalmente irrealistiche, perché non sono basate su quello che sanno fare ma su quello che vorrebbero raggiungere. Purtroppo questo modo di ragionare è già presente nei bambini e bambine di 11/12 anni. Sui campi da tennis si vedono bambini che sbattono la racchetta per terra o la prendono a calci, che imprecano contro se stessi o che si deprimono dopo avere commesso qualche errore. In tutti gli sport si vedono genitori che quando i figli sbagliano si affrettano subito a dargli dei consigli per toglierli anche quella piccola angoscia che viene dopo un errore. Angoscia educativa che spinge a trovare da se stessi la soluzione ma invece gli viene tolta questa opportunità di imparare dagli errori. I genitori in questo modo impediscono ai giovani di crescere, di capire il proprio valore come atleta e di reagire autonomamente alle difficoltà. Quanti sono i genitori che con serenità dicono: “hai sbagliato va bene, impegnati per migliorare, continua a provare e a fare del tuo meglio, tutto il resto non ha importanza”. Non si vince una gara perché si vuole vincere. La mentalità vincente è di chi s’impegna a fare del proprio meglio nonostante gli errori che sicuramente commetterà durante la gara. I giovani devono essere educati a impegnarsi e ad apprezzare se stessi per quello che fanno e non per i risultati che raggiungono. I genitori a loro volta devono accettare che i loro figli sbaglino perché solo in questo modo i ragazzi impareranno ad apprezzare i loro miglioramenti e la fatica che gli è costata.

Domande per i genitori sullo sport dei figli

Oggi i genitori svolgono un ruolo decisivo nel favorire l’attività sportiva dei figli. Qualche domanda per riflettere su come li educhiamo:

  1. Incoraggio mio figlio  a fare sport per divertirsi e non per vincere?
  2. Faccio attività fisica o movimento con mio figlio?
  3. Parlo con mia figlia dell’importanza dell’impegno indipendentemente dal risultato?
  4. Mostro un umore positivo e stabile nel parlare di sport con mia figlia?
  5. Accetto che mio figlio abbia idee e desideri diversi dai miei?
  6. Evito di criticare durante la competizione?
  7. Mi mostro avvilito o arrabbiato quando perde e contento quando vince?
  8. Sono fermamente convinto che la sua felicità sia la cosa più importante e non le mie aspettative?
  9. Chiedo “Cosa ne pensi di …?” o dico subito quello che penso sia giusto?

 

 

5emezzo o 6, bocciato o promosso

Voglio dirlo con chiarezza, troppo spesso oggi i genitori costituiscono il principale ostacolo allo sviluppo dell’autostima dei loro figli. Attaccano gli insegnanti e nello stesso tempo coltivano le giustificazioni che inducono i loro figli a non essere in grado di tollerare la minima frustrazione. Sono genitori che ritengono che l’mpegno e la dedizione al compito non sono necessari. Coltivano la cultura della colpa degli altri (insegnanti e allenatori) e non la cultura della responsabilità loro, come genitori, nei confronti dei figli.

Anni fa a mia figlia ho spiegato la differenza tra prendere 5 e mezzo oppure 6. Le dissi che probabilmente non c’era differenza fra quello che sapevano gli studenti che prendevano questi due voti. Talvolta gli insegnanti avrebbero anche potuto sbagliare scambiando i due voti. Lei però doveva ricordarsi una sola cosa: chi prende 6 è promosso e chi prende 5 e mezzo è bocciato. Il suo scopo era di stare sul lato positivo e non quello negativo, di conseguenza le dissi: prenditi la responsabilità e scegli dove vuoi stare. Questa è la realtà!!! I genitori devono ricordarsi che sono i principali educatori del futuro dei loro figli.

La follia del genitore che dopa non è un caso isolato

La notizia di oggi che un genitore obbligava suo figlio a doparsi perchè doveva diventare un campione di nuoto è solo l’ultima di una serie di episodi che mettono in luce come molti genitori non solo hanno rinunciato a svolgere il loro ruolo educativo ma addirittura ne diventano i principali sfruttatori per soddisfare le loro frustrazioni. Non rimpiango il tempo in cui i gentori svolgevano un ruolo autoritario principalmente nei confronti delle ragazze e in generale si disinteressavano di ciò che facevano i figli maschi. Essere genitori in questo periodo è molto più difficile perchè bisogna sapere e volere orientare il futuro dei propri figli e molti percepiscono questo ruolo come una fatica o mancano semplicemente di quel senso di responsabilità che dovrebbero avere. Non importa se si è divorziati o se si convive, ciò che conta è la volontà a svolgere il ruolo educativo a cui si è chiamati, e questo manca. Viviamo inoltre in una società in cui l’apparire e non l’essere è importante e in cui i soldi sono quasi l’unico parametro per dimostrare che si ha un valore positivo. Purtroppo questi casi aumenteranno sempre più.

Genitori nel pallone

Ciò che temono di più i dirigenti delle scuole calcio sono i genitori, che intervengono continuamente e inveiscono in maniera volgare durante le partite. Di seguito alcuni consigli per mamme, papà e nonni.

Non insultate l’arbitro e non fate il tifo contro gli avversari quando gioca la squadra di vostro figlio.
Siate, invece, corretti nel dimostrare in maniera positiva il vostro sostegno a tutti i giocatori, agli allenatori e all’arbitro.

Non urlate a vostro figlio cosa deve fare in campo, non sostituitevi all’allenatore.
Lasciatelo, invece, giocare e scegliere liberamente.

Non sgridatelo quando commette un errore o quando gioca male.
Sostenete, invece, il suo impegno e dimostrategli che siete orgogliosi di lui.

Non arrabbiatevi quando la squadra di vostro figlio perde, non sentitevi delusi e non sgridatelo
Ricordatevi, invece, che il gioco è dei bambini, non siete voi ad avere perso

Non ditegli che vi ha profondamente deluso e che non diventerà mai un campione.
Fate, invece, attenzione a che lo sport sia per lui un’esperienza divertente ed eccitante.

Non fate finta di nulla quando vostro figlio è deluso o è arrabbiato per qualcosa che è successo mentre giocava ma neanche ditegli che è stupido a prendersela.
Per primo, invece, ascoltatelo, lasciatelo parlare mostrandogli che capite il suo stato d’animo e successivamente trovate insieme una soluzione.

Non insegnate con il vostro comportamento a non avere rispetto per gli altri, siano essi compagni, giocatori di squadre avversarie, allenatori o arbitri.
Dimostrategli, invece, che avete rispetto di tutti loro e che pretendete che anche lui lo dimostri.

Non alleatevi con quegli allenatori che fanno giocare solo i migliori e che mostrano maggiore attenzione verso i più bravi.
Esigete, invece, che gli allenatori diano a tutti le stesse opportunità per imparare e che dimostrino entusiasmo nel lavorare con i bambini.

Non parlate solo di sport con vostro figlio, non guardatelo solo in TV. Non portatelo solo ai giardini.
Praticatelo insieme, stando all’aria aperta a giocare, impegnandovi in qualsiasi attività fisica che piaccia a tutta la famiglia.

Quale sport per i figli

Per i genitori settembre è il momento delle scelte : quale sport per i propri figli? Intanto la domanda così posta è sbagliata, perchè le bambine e i bambini almeno per tutto il periodo della scuola elementare dovrebbero svolgere non un sport ma più sport. In questa età bisogna principalmente divertirsi, fare attività emotivamente coinvolgenti, essere fisicamente attivi per la maggior parte del tempo, imparare a rispettare le regole, sentirsi continuamente stimolati a impegnarsi, sentirsi incoraggiati dopo un errore a provare e riprovare.
Tutte le attività sportive vanno bene, i bambini e le bambine devono scegliere e hanno il diritto di smettere se non si divertono. I genitori devono non  fare solo i taxisti ma soprattutto incoraggiare i propri figli e verificare se sono contenti di quello che fanno. Purtroppo oggi i ragazzi non sono più liberi di fare/non fare perchè praticano sport solo se sono iscritti a un’organizzazione sportiva e non con gli amici che noi trovavamo all’oratorio o al parco, che potevamo abbandonare quando volevamo, senza che i nostri gentori fossero coinvolti o interessati a queste scelte. Quindi i genitori devono accettare le scelte dei figli e soprattutto passare con loro del bel tempo facendo insieme dell’attività fisica.