Archivio per il tag 'felicità'

La felicità s’impara

La felicità richiede tempo e impegno

Valutando le cause della felicità

Buone vacanze

La vittoria del Napoli: giocare per rendere felici

La qualità del gioco che il Napoli ha espresso per vincere lo scudetto è stata ampiamente analizzata nei commenti alle partite. Tuttavia è mia impressione che il successo sia stato anche determinato da due altri fattori che Spalletti ha voluto introdurre e che hanno valorizzato aspetti personali importanti per ogni essere umano e che riguardano il bisogno di felicità e il senso di appartenenza.

Infatti, ha detto: «Dobbiamo rendere felice qualcuno per essere persone felici. Da un punto di vista personale la famiglia, da quello professionale i nostri tifosi, non ce ne fregano i numeri individuali e chi fa gol, dobbiamo portare un risultato di squadra e di gruppo alla nostra città, che faccia sentire i tifosi orgogliosi di noi. Dobbiamo fare qualcosa per l’affetto del pubblico per la nostra maglia».

D’altra parte, come si fa a non sposare questo approccio al calcio in una città che ha intitolato lo stadio a Maradona, giocatore che ha rappresentato appieno il calcio come gioia e vincolo dell’appartenere a questa squadra e a Napoli. E allora, certo che si gioca per vincere ma si vince perché si vuole essere felici e fare felici. Non è un passaggio da poco, perché bisogna essere consapevoli di come giocare per raggiungere questo duplice obiettivo, che unisce il risultato all’entusiasmo nato dal fare il proprio gioco. Raggiungere questo obiettivo non è stato facile, poiché sappiamo che il calcio è uno sport molto emotivo. A causa del gol, che è un evento raro, non a caso i tre punteggi più abituali in Serie A in ordine di frequenza sono: 1-1, 2-1 e 1-0. Basta un solo episodio per cambiare le sorti di una partita. Questo non avviene negli altri sport di squadra come la pallavolo e il basket dove circa ogni minuto viene assegnato un punto.

Su queste basi, per evitare che l’elevato tasso di emotività diventasse per le squadra un carico negativo d’impulsività e di fallosità è stato necessario che trovasse il suo sbocco nella gioia che il gioco può trasmettere. Quando si usano parole come: “andiamo in campo per divertirci” non significa che si va a fare una scampagnata, non è un segno di superficialità. Comporta, invece, il desiderio di vivere appieno il piacere della sfida, e cioè la gioia di fare al meglio nei momenti difficili quello per cui ci si è preparati.

Cos’è la felicità

Quando si parla di giovani si evidenziano spesso i loro problemi, i problemi causati dalla pandemia, la solitudine, la dipendenza dai social, la difficoltà a vivere all’interno della loro comunità e così via. Tutto questo aggravato da un ambiente esterno in cui i temi della distruzione dell’ambiente, delle guerre e della pandemia sono tra i più trattati. Poco si parla invece di felicità, che sembra rilevare un modo di vivere la propria quotidianità in modo superficiale, troppo individualista e al di fuori delle difficoltà in cui molti si sentono immersi senza sapere o avere la forza per trovare delle soluzioni. E’ altrettanto vero che a scuola, nel mondo del lavoro e spesso anche nelle famiglie non si parla di ferità e di quali potrebbero essere le esperienze pratiche da mettono in atto per cominciare a sentirsi felici.

Spesso neanche gli adulti hanno un’idea di cosa voglia dire essere felici, e allora come possono insegnare a essere felici ai giovani. E’ più facile pensare che non ci si possa fare nulla o che si può essere felici solo se … (e qui ognuno può completare la frase come meglio preferisce).

In psicologia vi sono invece degli esperti che hanno studiato sulla felicità, spiegandone il significato e come possa essere ottenuta. A questo riguardo riporto quanto espresso da chi ha studiato nella sua vita professionale cosa sia la felicità. La sua comprensione e l’identificazione di ciò che la favorisce possono rappresentare uno stimolo per coloro che volessero intraprendere la strada per essere felici, nonostante le ovvie prove che la vita presenta.

Martin E. P. Seligman, Randal M. Ernst, Jane Gillham, Karen Reivich & Mark Linkins (2009) Positive education: positive psychology and classroom interventions, Oxford Review of Education, 35:3, 293-311.

Il termine “felicità” è troppo logoro e logorante per essere di grande utilità scientifica, e la disciplina della psicologia positiva lo divide in tre ambiti molto diversi, ognuno dei quali è misurabile e, soprattutto, ognuno dei quali è basato su abilità e può essere insegnato (Seligman, 2002).

Il primo è quello edonico: emozioni positive (gioia, amore, soddisfazione, piacere, ecc.). Una vita che si basa sull’avere il più possibile di queste cose positive è la “Vita piacevole”.

Il secondo, molto più vicino a ciò che Thomas Jefferson e Aristotele cercavano, è lo stato di flusso, e una vita condotta attorno ad esso è la “Vita impegnata”. Il flusso, una parte importante della vita impegnata, consiste nella perdita di coscienza di sé, nel fatto che il tempo si ferma, nell’essere “un tutt’uno con la musica” (Csikszentmihalyi, 1990). È importante notare che l’impegno sembra essere l’opposto dell’emozione positiva: quando si è totalmente assorbiti, non ci sono pensieri o sentimenti, anche se poi si dice “è stato divertente” (Delle Fave & Massimini, 2005). E mentre ci sono scorciatoie per ottenere emozioni positive – si possono prendere droghe, masturbarsi, guardare la televisione o fare shopping – non ci sono scorciatoie per il flusso. Il flusso si verifica solo quando si mettono in campo le proprie forze e i propri talenti più elevati per affrontare le sfide che si presentano, ed è chiaro che il flusso facilita l’apprendimento.

Il terzo regno nel quadro della Psicologia Positiva è quello con la migliore base intellettuale, riguarda la Vita Significativa. Il flusso e le emozioni positive si possono trovare in attività solipsistiche, ma non il significato o lo scopo. Il significato aumenta attraverso le connessioni con gli altri, le generazioni future o le cause che trascendono il sé (Durkheim, 1951/1897; Erikson, 1963). Dal punto di vista della psicologia positiva, il significato consiste nel sapere quali sono i propri punti di forza più elevati e nell’utilizzarli per appartenere e servire qualcosa che si ritiene più grande del proprio io (Seligman, 2002).

Il quadro della Psicologia Positiva, vogliamo sottolinearlo, è uno sforzo di ricerca empirica e non un semplice senso comune da nonna. Tra le sue recenti scoperte più sorprendenti:

  • Le persone ottimiste hanno molte meno probabilità di morire di infarto rispetto ai pessimisti, tenendo conto di tutti i fattori di rischio fisici noti (Giltay et al., 2004).
  • Le donne che a diciotto anni mostrano al fotografo un sorriso autentico (Duchenne) hanno meno divorzi e più soddisfazione coniugale di quelle che mostrano un sorriso falso (Keltner et al., 1999).
  • Le emozioni positive riducono almeno alcuni pregiudizi razziali. Ad esempio, sebbene le persone siano generalmente più brave a riconoscere i volti della propria razza rispetto a quelli di altre razze, il fatto di mettere le persone di buon umore riduce questa discrepanza, migliorando la memoria per i volti di persone di altre razze (Johnson & Fredrickson, 2005).
  • Le esternalità (ad esempio, il tempo, il denaro, la salute, il matrimonio, la religione) sommate insieme rappresentano non più del 15% della varianza della soddisfazione di vita (Diener et al., 1999).
  • La ricerca del significato e dell’impegno sono molto più predittivi della soddisfazione di vita rispetto alla ricerca del piacere (Peterson et al., 2005).
  • I team aziendali economicamente floridi hanno un rapporto di almeno 2,9:1 tra affermazioni positive e affermazioni negative nelle riunioni di lavoro, mentre i team stagnanti hanno un rapporto molto più basso; i matrimoni floridi, invece, richiedono un rapporto di almeno 5:1 (Gottman & Levenson, 1999; Fredrickson & Losada, 2005).
  • L’autodisciplina è un fattore predittivo dei voti scolastici due volte superiore al QI (Duckworth & Seligman, 2005).
  • Gli adolescenti felici guadagnano 15 anni dopo molto di più rispetto agli adolescenti meno felici, a parità di reddito, voti e altri fattori evidenti (Diener et al., 2002).
  • Il modo in cui le persone festeggiano gli eventi positivi che accadono al loro coniuge è un miglior predittore dell’amore e dell’impegno futuri rispetto a come rispondono agli eventi negativi (Gable et al., 2004).

Esiste quindi una crescente base scientifica per comprendere le emozioni positive, l’impegno e il significato. Questi stati emotivi sono preziosi di per sé, combattono la depressione (Seligman et al., 2005), generano maggiore soddisfazione nella vita (Peterson, Park, & Seligman, 2005; Seligman et al., 2005) e promuovono l’apprendimento, in particolare quello creativo (Fredrickson, 1998).

La felicità

La felicità non arriva automaticamente. Non è un dono che la fortuna ci concede e che un rovescio di fortuna si riprende.

Dipende solo da noi. Non si diventa felici da un giorno all’altro, ma con un lavoro paziente, giorno dopo giorno.

La felicità si costruisce, e questo richiede sforzo e tempo. Per diventare felici, dobbiamo imparare a cambiare noi stessi.

Luca & Francesco Cavalli Sforza

 

Buona felicità a tutti

Lo sport è gioia ritrovata

Ci aspetta un mese di eventi sportivi planetari, non solo gli europei di calcio, ma anche il Tour de France, Wimbledon e poi le Olimpiadi di Tokyo. Lo stiamo vivendo in questi giorni di calcio, si è creata grande eccitazione, in tutti noi sembra prevalere un senso di gioia, di consapevolezza che lo sport con il pubblico, anche se per ora limitato nei numeri, rappresenta l’uscita da un incubo e il ritorno a una sempre maggiore libertà. Viviamo questi giorni come la fase  finale di un periodo da incubo. Gli atleti italiani hanno ricevuto dal presidente Mattarella la bandiera che porteranno ai Giochi Olimpici e Paralimpici. Lo sport è un’attività altamente emotiva che unisce tutti sotto il segno della nazione. Non ci sono altre attività che hanno questa connotazione così coinvolgente aldilà delle differenze politiche e sociali. Lo sport unisce non perchè sia privo di difetti, anzi ha esattamente tutti quelli che esprime la nostra società, dalle truffe al doping.

Ne abbiamo bisogno perchè lo sport è espressione di vita, della necessità di movimento di ogni essere umano, un bisogno psicologico primario. Più la nostra società diventa sedentaria e sovrappeso, maggiore è il desiderio inconscio di soddisfarci attraverso lo spettacolo che ci offrono i campioni con la loro fatica fisica, la loro destrezza sportiva e la ricerca di prestazioni eccezionali nei momenti decisivi. Possono sbagliare ma per noi saranno per sempre i nostri campioni, perchè vivono al posto nostro momenti unici che per noi sono anche solo difficili da pensare e poi, come sappiamo, non sempre si può vincere. Va bene lo stesso, lo sport è catartico, piangeremo con i nostri atleti.

Lo sport è così comunità che tiene uniti gli atleti e noi tutti, le loro gioie sono le nostre e questo vale anche per i dolori che si vivono per la sconfitta. Insomma lo sport è molto di più di un gioco, è un attivatore potente delle nostre emozioni più profonde.

Ogni giorno nell’ultimo anno abbiamo letto delle storie degli eroi della comunità, medici, infermieri e molti altri. Fra questi ci sono gli atleti che hanno dimostrato il coraggio di continuare a prepararsi per qualcosa che non si sapeva se sarebbe ritornato. Sono storie di resilienza, sacrificio e concentrazione in assenza di qualsiasi certezza per il futuro. Per questa ragione gli eventi sportivi che stanno per iniziare ci coinvolgeranno e saranno la dimostrazione che possiamo ritornare a vivere il gioco con felicità.

La felicità

“La felicità non arriva automaticamente, non è una grazia che una sorte benevola può riversare su di noi e un rovescio di fortuna può toglierci. Dipende solo da noi. Non si diventa felici in una notte, ma dopo un paziente lavoro, portato avanti di giorno in giorno. Il benessere si costruisce con la fatica e il tempo. Per diventare felici, è se stessi che bisogna cambiare”.

Luca e Francesco Cavalli-Sforza