Il narcisismo genitoriale: quando a scendere in campo non sono solo i sogni dei bambini

“Mio figlio voleva fare danza poi ovviamente ha scelto il calcio!”. Tante domande mi sono balzate in testa quando un allenatore- papà in fase di formazione mi ha detto questa frase. Ho pensato: ovviamente per chi? Ha scelto come? Chi è contento adesso?

Alcune di queste frasi le ho girate anche a questo papà, senza successo ovviamente, perché il narcisismo non ha occhi e non ha orecchie rivolte a qualcosa che non siano i suoi sogni e le sue idee.

Soffrono di narcisismo coloro che amano sé stessi più di ogni cosa, ma il narcisismo genitoriale è un’altra storia. I genitori narcisisti pretendono un certo comportamento da parte dei figli perché li vedono come un’estensione di se stessi, e hanno bisogno che i figli li rappresentino in campo e nel mondo, nel modo che più si avvicina ai loro bisogni emotivi. Queste caratteristiche porteranno il genitore a essere molto intrusivo in certi casi, e completamente assente in altri. E se il bisogno insoddisfatto è legato al calcio, ecco scendere in campo un piccolo calciatore a cui nessuno ha mai chiesto se è proprio lì che vuole stare. Il genitore soddisfa i suoi bisogni e rafforza la sua immagine mentre il bambino è lì a sentirsi colui che inevitabilmente non va mai abbastanza bene. Il bambino, in questi casi, mentre ha l’impressione di appartenere ad una razza speciale, ha anche il timore di essere meno interessante di quanto gli altri si aspettino e oscilla da un certo senso di superiorità, che rischia di renderlo spiacevole agli altri, a un senso di inferiorità che rende spiacevoli gli altri a lui.

I genitori narcisisti, sono controllanti, critici, concentrati su se stessi, intolleranti nei confronti del punto di vista altrui, inconsapevoli dei bisogni dei propri bambini. Il sentimento costante che questi bambini riferiscono è quello di non andare mai abbastanza bene. Questo costante posizione di frustrazione tenderà inevitabilmente a generare insicurezza.

La dinamica interattiva che si instaura in questi caso ha diversi sbocchi: o il bambino si adatta alla pressione proiettiva, rivestendo il ruolo predestinatogli senza apparenti disturbi (che esploderanno più avanti nel tempo) oppure,  l’equilibrio si rompe e il bambino esprime fortemente il bisogno di essere riconosciuto in qualità di persona e non come “ombra dei genitori“, ciò difficilmente potrà essere espresso con chiarezza e lucidità e sfocerà in quello che viene, troppo facilmente, definito un “comportamento difficile”: ribellione, bugie, aggressività.

L’amore di un genitore verso un figlio è  indiscutibile e senz’altro positivo,  ma spesso può capitare che un’intenzione positiva e generosa, come quella di un genitore verso il figlio, si trasformi in un meccanismo deleterio, perché non sempre  l’affetto è abbastanza  rispettoso del l’identità separata dell’altro. È necessario che il sentimento di un genitore, per essere positivo ed evolutivo per i figli, sia temperato e   tollerante dei limiti e  delle separazioni che inevitabilmente segnano il processo di crescita di un essere umano.

Probabilmente ognuno di noi porta con sé una forma fisiologica di narcisismo che  lo spinge a ricercare la stima  e l’amore degli altri, ma se tutto ciò non diventa un’ossessione nessuno ne verrà danneggiato.

Ecco qualche domanda da porsi per valutare il proprio grado di narcisismo:

  • Desidero sempre e comunque il riconoscimento degli altri per sentirmi appagato?
  • La mia vita quotidiana è troppo orientata al giudizio degli altri?
  •  La mia attenzione è focalizzata dai rimandi che gli altri mi inviano?
  • Tendo a svalutare mio figlio davanti ad un suo insuccesso?
  • Ho chiesto a mio figlio cosa veramente gli piace, cosa desidera fare e quali sono i suoi sogni?

Il narcisismo, ha colpito e intaccato l’arte di essere genitori, a più livelli della nostra società moderna, facendo spesso dimenticare che non sono il tetto, i vestiti o il regalare le ultime tecnologie a rendere genitori, ma il lungo e continuo lavoro di sintonizzazione sui bisogni emotivi, i desideri e i pensieri dei propri figli.

Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.”
(William Hodding Carter II )

(di Daniela Sepio)

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