Archivio mensile per ottobre, 2012

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Conte può fare la differenza

Intervista su Tuttosport:

“E’ un errore pensare che si possa avere lo stesso atteggiamento, quale che sia la competizione. E la pressione agonistica non è determinata solo dagli avversari ma anche dall’ambiente, dal contesto, dalle aspettative. Per la Juventus, ad esempio, è stato più “semplice” affrontare il Chelsea, in un match in cui aveva poco da perdere, che il Nordsjaelland. Se sai di avere a disposizione un solo risultato buono, entri in campo con uno stato d’animo differente”.

“In casi come questi l’assenza dell’allenatore pesa. La presenza di Conte, con il suo approccio da condottiero, sarebbe di grande aiuto. Un aiuto di cui in campionato non c’è più bisogno, non se ne sente la necessità, ma che in Champions può fare la differenza”.

La sindrome da pareggite c’è già. Ora non si può far altro che far leva sull’orgoglio della squadra”.

Juve e Roma: stesso problema in tornei diversi?

Nel match tra Juve e Roma di pochi giorni fa, la prima ha schiacciato l’altra per determinazione e voglia di vincere. Nella successiva partita con il Genoa la Roma è andata subito in svantaggio di due goal, sempre per la scarsa determinazione dei suoi calciatori.  Poi il suo capitano, Totti, ha fatto un goal e l’atteggiamento in campo è mutato, tanto da vincere 4-2.

Ieri in Champions League, la Juventus ha affrontato la squadra danese, evidentemente inferiore, ma che è invece è andata in vantaggio e solo nella seconda parte della partita la Juventus è riuscita a pareggiare.

La Juve che in campionato fa la parte del leone, in Europa non riesce a riproporsi con lo stesso atteggiamento. La Roma dimostra di dovere prendere due schiaffi prima di iniziare a giocare così come sa. Per ambedue è una questione di convinzione: la Juve non la dimostra all’estero e la Roma non la dimostra nella prima parte della partita. Questo è il loro compito per l’immediato futuro: giocare con convinzione indipendentemente dal tipo di competizione (campionato o Champions League) o dalla fase della partita (inizio o periodi successivi).

Nevrosi e sport

Mi è stato chiesto come nasce la nevrosi da sport. Come ogni comportamento e stato d’animo anche quelli che limitano in modo significativo la vita di una persona derivano dalla distanza che si percepisce tra le proprie aspettative e le caratteristiche della situazione che si deve affrontare. Se la convinzione personale è ridotta e si deve “per forza” fornire una determinata prestazione per essere efficaci, allora a questo punto è possibile che insorga un disturbo psicologico. L’ha scritto Thorpe, il nuotatore, di odiare l’allenamento ma nel contempo era costretto a cercare dentro di sè la convinzione per allenarsi con l’intensità necessaria a vincere nuovamente le olimpiadi. L’ha scritto molto bene Agassi, quando durante le partite decideva che avrebbe perso perché non era più in grado di continuare a giocare bene, perché odiava il tennis. L’ha detto Schwazer, quando ha affermato di essersi dopato perché non ce la faceva più a reggere il ruolo che aveva e che tutti si aspettavano che continuasse a svolgere. Questi sono i rischi a cui vanno incontro coloro che vivono lo sport come unica forma di realizzazione, una situazione estrema che li allontana dagli altri, con cui spesso non condividono le loro paure. Così si isolano e la loro mente diventa una prigione e doping, alcool e droghe possono diventare con troppa facilità gli unici amici.

Huffington Post Italia

Oggi è uscito il primo post su L’Huffington Post Italia, argomento  ”Il sistema Lance Amstrong per vincere dopandosi”: http://www.huffingtonpost.it/

 

La poca determinazione del Napoli

Il problema non è che il Napoli non ha quasi mai tirato in porta o che, come è stato detto da Caressa, la partita è stata cambiata da due singoli episodi. Bisogna capire come si è giunti a questi due fatti, altrimenti si confondono gli effetti con le cause. I calciatori del Napoli si sono certamente impegnati, ma evidentemente non è bastato. Questo perché non basta impegnarsi, bisogna anche volere ottenere un risultato. Mi spiego. Impegnarsi è la premessa senza la quale ogni discorso sulla prestazione diventa nullo, ma bisogna impegnarsi con uno scopo, altrimenti si rischia di correre a vuoto. E’ questa l’impressione che mi ha dato il gioco del Napoli, tanto impegno ma poco finalizzato a un risultato. Ad esempio, bisogna affrontare con impegno un avversario e questo è il mezzo per ottenere il fine, che è di toglierli la palla. A mio avviso, parte della responsabilità è dell’allenatore del Napoli che nei giorni precedenti la partita con la Juventus ha dichiarato che è stanco e che vuole prendersi un periodo di riposo alla fine della stagione. Ma come si può, prima di una partita così importante, trasmettere determinazione con frasi di questo tipo. Frasi che dimostrano che Mazzarri subisce lo stress anziché dominarlo e che influiscono sulla convinzione della squadra. Ma perché prima di parlare non pensa se quello che dice è utile alla squadra?

Basejumper sopravvive a un’incredibile situazione

Un basejumper norvegese ha avuto la fortuna di cadere nel vuoto dopo che l’attrezzo su cui volteggiava si è improvvisamente rotto. Il chirurgo Richard Henriksen è stato così catapultato fuori dal bordo della montagna, evitando di colpire la parete rocciosa. E’ stato così in grado di aprire il suo paracadute, che gli ha permesso di tornare a terra.

Video: http://www.guardian.co.uk/sport/video/2012/oct/18/basejumper-survives-cliff-video

E’ morto Fiorenzo Magni

“Un  altro episodio che ricordo volentieri e che insegna che nella vita niente è impossibile riguarda il Giro d’Italia del 1956. Era l’ultimo Giro della carriera e a scendere da Volterra caddi e mi fratturai una clavicola. Il giorno dopo ricaddi su quella frattura e fermai l’ambulanza che mi voleva portare in ospedale. Affrontai la salita del monte Bondone con la clavicola rotta e chiusi il Giro al secondo posto. Bisogna sempre guardare avanti e mai adagiarsi. Io adesso punto ai cent’anni e non è una battuta.”
Fiorenzo Magni, 92 anni è morto, era l’ultimo ciclista del periodo d’oro dopo la scomparsa di Fausto Coppi e Gino Bartali.

I giovani stanno poco all’aria aperta

Spesso i paesi del Nord-Europa mi colpiscono per le domande semplici e dirette che pongono, nonché per le soluzioni che trovano. Questa volta in Gran Bretagna si sono posti la domanda: Quanto spesso i tuoi bambini giocano all’aria aperta? Più o meno di quando eri bambino? Le tua paure di sicurezza ti fanno tenere i tuoi figli in casa? I tagli del governo hanno ridotto le opportunità di fare sport vicino a casa?

Insomma ci si pone il problema della necessità di aumentare il tempo in cui i giovani passano all’aria aperta e in ambiente naturale perché lo si considera  come necessario al loro benessere e  allo sviluppo dell’autonomia personale. Pertanto si auspica che gli adulti siano sempre più consapevoli di questa necessità e agiscano di conseguenza. Intanto, in Gran Bretagna questa settimana è stata lanciata la Campagna dell’Amore per il Gioco all’Aria Aperta (http://loveoutdoorplay.net/).

Noi stiamo ancora discutendo da anni se aumentare le ore di educazione a scuola senza giungere a una soluzione, quando le avremo inserite … forse qualcuno si porrà questa ulteriore domanda e cioè che bisogna fare qualcosa in più poiché non sono sufficienti … a questo punto passeranno altri anni e, forse, ne usufruiranno i nostri nipoti … quelli che nel frattempo non sono andati a vivere in un altro paese.

 

Resistere alla pressione

L’allenatore del Napoli ha dichiarato che potrebbe prendersi prendersi una pausa dalla sua professione al termine di questa stagione. Non è il primo a affermare la necessità di un periodo di riposo dal calcio, l’ha già fatto Guardiola. Questo commento mi permette di parlare del libro di Hubert Ripoll “Il mentale degli allenatori” che racconta la storia di 42 sportivi allenatori e atleti, in cui si parla anche di cos’è per loro la pressione. A riguardo della pressione percepita dell’allenatore dice così:

“Bisogna essere forti nella testa per resistere alla pressione costante. Tutto si gioca su un filo, dal paradiso all’inferno in qualche millisecondo o millimetro. La disillusione, la disperazione sono prima di tutto per l’atleta. L’allenatore, però anche lui, ne soffre. Per fronteggiarle vi è la necessità di equilibrio personale e di una grande stabilità emotiva. Ciò avviene quando si riesce a prendere le distanze dagli avvenimenti senza negarli. Adottare un’atteggiamento positivo restando però lucidi. Prima di tutto, non bisogna chiudersi in se stessi. Ciò si nutre in primo luogo dei valori che l’allenatore si dà e delle motivazioni che l’animano. Ma ciò non basta quando la pressione è così forte: il pubblico, all’esterno, i giocatori, all’interno.”

Imparare a gestire la propria solitudine e le scelte dei momenti difficili, questo mi sembra essere il compito dell’allenatore che vuole vincere questi stress e restare saldo alla guida dei suoi atleti.

Info: http://www.payot-rivages.net/livre_Le-mental-des-coachs–Hubert-Ripoll_ean13_9782228907637.html

Sport e politica in Gran Bretagna

E’ dal 2010 che il governo britannico stanzia milioni di sterline per la formazione alla cultura sportiva dei suoi studenti. Maria Miller, Segretario di Stato alla cultura, media e sport del governo britannico, ha proposto e ottenuto un investimento di 17 milioni di sterline per perfezionare appieno (nei prossimi cinque anni) lo sport nelle scuole. Si creeranno 150 posti di lavoro per professionisti a tempo pieno da inserire in questo programma, che si chiameranno College Sport Makers, che aiuteranno i giovani a sviluppare atteggiamenti sportive durevoli. L’interesse, quindi, è tutto rivolto allo sport giovanile, con la consapevolezza che le attrezzature e le infrastrutture, nate grazie alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi di Londra, siano un enorme vantaggio da sfruttare per gli studenti. L’investimento sarà fornito dalla Lotteria Nazionale.

“Troppi ragazzi – spiega Richard Lewis, presidente di Sport England – abbandonano lo sport quando lasciano la scuola a causa dei molteplici impegni che hanno: il avoro, la scuola e relazioni sociali. Noi abbiamo il dovere di ricordare ai giovani quanto lo sport sia divertente e ad aiutarli a costruire, nei loro programmi, l’abitudine sportiva da avere nel corso di tutta la vita”.

Oltre a questo investimento di 17 milioni di sterline, per la formazione sportiva, vi sarà un fondo di 3 milioni di sterline, che sarà disponibile sotto forma di piccoli sussidi ai college per pagare nuove apparecchiature, trasporto o impianti. L’iniziativa sarà finanziata per un totale di 1 miliardo di sterline riservato a Sport England per i prossimi cinque anni.

E noi stiamo a guardare quello che fanno gli altri, come al solito!!!

Da: http://www.sportengland.org/about_us/our_news/college_makers.aspx