Archivio mensile per ottobre, 2012

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Amstrong: il sistema-doping

Kathy Lemond, moglie dell’ex ciclista americano Greg Lemond è tra le persone che hanno accusato il team di Armstrong. Sotto giuramento ha dichiarato che la Nike avrebbe dato 500.000 dollari nel 2006 a Hein Verbruggen, ex-presidente dell’Uci (Unione ciclistica internazionale), per coprire la positività di Armstrong in un test antidoping. Kathy Lemond ha riferito che Julian Devries, un meccanico del team del texano e un tempo amico del marito, le avrebbe detto del versamento di mezzo milione di dollari diretto a Verbruggen, tramite un conto bancario svizzero. L’accusa sostiene che i soldi servirono a impedire la diffusione dei risultati di un test antidoping del 1999 al quale Armstrong era risultato positivo. Questa notizia è stata pubblicata ieri dal New Daily News (http://www.nydailynews.com/sports/i-team/protesters-demand-nike-cut-ties-disgraced-armstrong-article-1.1185339#ixzz29Xv4o5zT).

Nello sport, il doping si è affermato proprio a causa dell’approccio secondo cui la ricerca della vittoria giustifica l’utilizzo di qualsiasi mezzo per ottenerla, e chi fosse contro questa idea: “vuol dire, allora, che non vuole vincere”.  Per vincere però non basta la volontà di un singolo (Amstrong) disposto a organizzare la truffa, serve costruire un’organizzazione che si muova nello stesso modo e che condivida l’uso del doping come sistema per vincere.  Naturalmente maggiore è il carisma e l’autorevolezza dell’atleta,  maggiore sarà la sua influenza su tutta l’organizzazione e più difficile sarà per i suoi compagni di squadra  astenersi dal doping.  Per consolidare questo sistema servono delle forti alleanze e collaborazioni con altre organizzazioni, ad esempio quelle sportive o del business sportivo. Ecco allora che la notizia dell’eventuale coinvolgimento della Nike e dell’ex-presidente dell’Uci potrebbero costituire questo ulteriore pezzo del puzzle. Amstrong non era solo in questa sua avventura e ora stiamo finalmente scoprendo chi erano i suoi alleati.

Per saperne di più sulle truffe: Alberto Cei, I Signori dei tranelli. I meccanismi della frode finanziaria e sportiva.  www.francoangeli.it/Ricerca/Risultati_ricerca_avanzata.ASP

Vincere il cancro

Questa è la storia di Amanda Mercer, 44 anni, che 4 mesi dopo essere stata operata di cancro al seno, insieme ad altre compagne ha stabilito il nuovo record di squadra di attraversata a nuoto della Manica. Dopo l’operazione i medici non solo avevano sconsigliato ad Amanda di intraprendere questa impresa ma le avevano detto che non avrebbe mai potuto farcela, tanto meno  allenarsi perché la chemioterapia l’avrebbe fatta stare molto male e indebolita. La sua risposta istintiva a questa risposta fu: “Loro non mi conoscono”. Nove giorni dopo la prima chemio andò a nuotare e fece solo 1 km molto lentamente ma si sentiva bene. Dopo 12 giorni cominciò a nuotare più veloce e di nuovo si convinse che ce l’avrebbe fatta. La seconda e la terza chemio furono terribili. Non riusciva più a stare dietro le sue compagne di squadra, era stanca, ma il suo cuore le diceva che ce l’avrebbe comunque fatta. Quattordici giorni dopo l’ultima chemio si trovava sul battello pronta tuffarsi nell’acqua fredda della Manica per il suo primo turno di un’ora di nuoto. Dopo i primi due turni cominciò a sentirsi male e avere la nausea forte, se non si fosse buttata in mare la squadra sarebbe stata squalificata. Si tuffò comunque e dopo qualche minuto fu sopraffatta dalla fatica e dai pensieri negativi. Cominciò a pensare a un amico che aveva una malattia incurabile e che ciò che stava provando era niente in confronto alla situazione che viveva Bob. Il corpo cominciò a reagire positivamente, pensò anche a suo marito che la stava aspettando sulla spiaggia di Dover e si concentrò a contare le bracciate. Il cancro non l’ha battuta, l’ha fatta solo andare più piano.

Leggi la storia su: http://www.huffingtonpost.com/amanda-mercer/breast-cancer-awareness_b_1955095.html 

La gestione dello stress di Obama

Gli esperti dicono che Obama dia il meglio di sé dopo aver sbagliato e quando la pressione sale al massimo. Come molti me lo auguro. Nel contempo questo risultato corrisponde al meglio alla descrizione dell’individuo ottimista e illustra appieno il detto americano: “Non importa quante volte cadi ma quanto in fretta di rialzi”. Questo è lo scopo di ogni allenamento mentale e di ogni lavoro di coaching.

Ian Thorpe e la depressione dei campioni

Ian Thorpe, 30 anni, uno dei più grandi nuotatori di tutti i tempi, ha scritto nella sua autobiografia di essere stato depresso, ma di non averne mai parlato apertamente. “Nemmeno la mia famiglia è consapevole del fatto che ho speso un sacco della mia vita combattendo quello che posso solo descrivere come una depressione paralizzante”.   Thorpe, 30 anni,  ha detto di aver cercato di essere perfetto … Dopo le Olimpiadi di Sydney e durante la preparazione per Atene, Thorpe decise di ottenere risposte e “visitò clandestinamente” un medico, da cui ha ottenuto “una mano”, servendosi anche di farmaci. “Ho anche usato l’alcol come un mezzo per liberare la testa di pensieri terribili, come un modo di gestire i miei stati d’animo – ma l’ho fatto a porte chiuse, pensando così come molti depressi di combattere i propri demoni, prima che di rendersi conto che non possono fare a meno di aiuto “. “Ci sono state numerose occasioni, in particolare tra il 2002 e il 2004, mentre mi allenavo per difendere i miei titoli olimpici ad Atene, che ho abusato di me in questo modo -. Sempre solo e in una nebbia di vergogna”.
Viviamo nel periodo in cui la depressione è il disturbo mentale più diffuso. Depressione che è stimolata dalla percezione di non controllare più la vita e dalla convinzione che nessuno ci possa aiutare. Ne soffrono anche i campioni e non solo le persone che si sentono disperate perché vivono la loro vita come un fallimento o un tentativo fallito di realizzare i propri sogni. I campioni possono venirne intrappolati in quanto sono alla ricerca della perfezione che non si potrà mai raggiungere e dalla necessità di ripetere i loro successi, in un ambiente che li considera eroi solo se continuano a vincere altrimenti con la stessa facilità diventano qualcosa da eliminare. La caducità del successo, nonostante la fama e il riscontro economico, può distruggere delle vite se chi vive questa condizione non elabora dei modi per uscirne vivo e felice. Non tutti vogliono imparare, non tutti vivono in un ambiente che li mette in guardia e li sostiene, e così si diventa depressi. Anche perché se mai provassero a parlare, troverebbero molti amici pronti a dirgli che loro hanno avuto tutto e non possono lamentarsi.

Oltre Icaro

Felix Baumgartner non si è bruciato come capitò invece a Icaro,. Molti si chiedono a cosa servono imprese di questo genere. La mia opinione è che le imprese umane servono ad ampliare i confini del nostro agire. Fare l’impensabile ha questo scopo: averlo trasformato in realizzabile attraverso un progetto, che culmina nell’azione. Nonostante la scienza e l’organizzazione siano alla base di questo successo, questo contributo è stato esaltato dalla qualità della preparazione di Baumgartner nonchè dall’abilità che ha dimostrato in volo.

Felix Baumgartner è partito per rompere la barriera del suono

  • Felix Baumgartner prepares for freefall skydive from edge of space

La nuova consapevolezza dei giocatori USA sull’orientamento sessuale

“In questi giorni, siamo più propensi a vedere atleti professionisti sui prodotti che non in prima linea a protestare. Non è sempre stato così. Nel 1960,le  stelle dello sport sono state spesso famose per quello in cui credevano tanto quanto per i loro risultati. A quel tempo, molti atleti hanno parlato di diritti civili. Muhammad Ali è stato privato del suo titolo dei pesi massimi e minacciato con il carcere per essersi rifiutato di combattere in Vietnam, per motivi di discriminazione razziale. Nel 1970 il tema dominante riguardava i diritti delle donne. La tennista Billie Jean King ha usato la sua fama  per sostenere le pari opportunità per le atlete. … Ora, non è raro che un’atleta esprima il suo orientamento sessuale ma finora non è successo che un giocatore americano di uno dei quattro principali sport pro (football, basket, baseball e hockey) abbia pubblicamente dichiarato di essere gay.

Negli anni ’90 l’ex giocatore di Major League Baseball Billy Bean ha trascorso nove anni senza parlare del suo orientamento sessuale . “Per me, ero un giocatore di baseball, e nessuno m’identifica come una persona gay che ha giocato a baseball. Ero un giocatore di baseball prima di tutto” …  ”Non si arriva alle leghe principali – nessuno lo fa – senza averne fatto la priorità numero 1 e la passione della tua vita” … “Non l’avevo mai detto a nessuno. Non l’avevo mai detto ai miei genitori, non l’avevo mai detto al mio migliore amico. L’unica persona che lo sapeva era la persona per cui avevo lasciato mia moglie” …  Ha trascorso tre anni con il suo compagno, che morì nel 1995. “E ‘stata un’esperienza molto, molto difficile per me cercare di resistere da solo” …  ”Era il mio piccolo sporco segreto”.

All’inizio di questo mese, ESPN ha pubblicato un sondaggio sulle opinioni politico-sociali degli atleti, in particolare se gli Stati Uniti dovrebbero legalizzare il matrimonio gay. Lo studio ha trovato sostegno schiacciante nella NHL (92,3%),oltre che il sostegno della maggioranza nella NFL. I giocatori MLB e NBA si sono espressi meno favorevolmente con il ​​45% e 46,2% . (http://espn.go.com/nfl/story/_/id/8465169/anonymous-athletes-give-views-presidential-election-social-issues-sports-gambling-espn-magazine)

Un certo numero di squadre ha fatto campagne per avvicinare la comunità LGBT (lesbiche, gay, bisex e transgender).  Ascolta il video della squadra Baltimore Orioles:  http://mlb.mlb.com/video/play.jsp?content_id=17294739

(Da: http://www.npr.org/2012/10/13/162862945/a-shifting-playing-field-coming-out-as-a-gay-athlete)

(Visita: http://www.itgetsbetter.org/)

 

 

 

Leadership e gestione collaboratori

Temi come quello della Leadership e della gestione di un team sono sempre attuali poiché quotidianamente le organizzazioni devono affrontarli in modo efficace se vogliono raggiungere gli obiettivi che si sono proposti. E’ ancora più difficile oggi nel momento in cui la maggior parte delle realtà organizzative pubbliche e private, hanno meno risorse finanziarie con cui premiare i propri dipendenti, mentre nel contempo chiedono maggiore impegno e flessibilità. In virtù di queste premesse Federculture (associazione degli Enti Locali, www.federculture.it) ha inserito nel suo programma formazione due giornate dedicate al tema “Leadership manageriale e gestione delle responsabilità attribuite ai collaboratori”. Il workshop si tiene a Roma ed è aperto non solo ai dipendenti degli Enti Locali ma a tutti coloro che sono interessati a questo tema. Per maggiori informazioni: http://www.ceiconsulting.it/it/experiences/

Quando vengono segnati i goal decisivi nel calcio

Una ricerca che ho condotto nei campionati di calcio italiani di Serie A  analizza il periodo in cui vengono segnati i goal decisivi, ad esempio se il punteggio finale è 1-1 o 2-2 il goal preso in considerazione è quello che ha determinato il pareggio finale. Analizzando l’ultimo goal effettuato, in tre campionati italiani di Serie A sono state così indagate tre tipologie di risultati: il pareggio, la vittoria con lo scarto di una rete e quella con lo scarto di due reti.

 

 

 

 

 

 

Da questi risultati emerge che l’ultimo periodo di gioco analizzato è quello in cui vengono messe a segno le reti decisivi quale che sia il risultato finale con il 44,2% di goal. L’altro periodo con maggiore frequenza di reti è quello immediatamente precedente con il 24,6%. L’ultima mezz’ora della partita è quella più importante per il numero di goal segnati che rappresentano il 68,8% dei goal. Solo 16,3% dei goal decisivi sono effettuati nel primo tempo, questo dato è molto vicino alla percentuale di goal messi a segno nei primi 15 minuti della ripresa (14,7%).

I big del Tour de France finiti nel doping