Archivio mensile per ottobre, 2012

Abilità di concentrazione sotto stress

Abilità di concentrazione sotto stress nel calcio

articolo pubblicato sulla rivista dell’Associazione Italiana Allenatori  Calcio di Alberto Cei e Stefano D’Ottavio

http://www.assoallenatori.it/aiacweb.nsf/WebviewAllenatorebyNumero/60ec3acb7b80a5cec12576c4007c378d

Sport sotto stress

Video della trasmissione Formula S:  ”Sport sotto stress”

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-34c44cc4-0fe6-457a-8940-8f3dc40093a5-raisport.html#set=ContentSet-1142e8eb-ec5b-4ece-bceb-72db5410e0f0&page=0

La psicopatologia negli atleti

Ho trovato molto interessante l’articolo sui problemi psicopatologici degli atleti, pubblicato ieri sul New York Times (http://www.nytimes.com/2012/10/30/sports/with-no-one-looking-mental-illness-in-athletes-can-stay-hidden.html?ref=sports&_r=0). Si dice che di fronte a questi disturbi gli atleti vengono lasciati soli, a differenza di quanto avviene invece quando hanno un problema fisico o sono infortunati che sono circondati da medici, fisioterapisti e dirigenti. L’atleta deve essere un guerriero che non può mostrare queste sue difficoltà altrimenti verrà considerato come un debole o una persona non tenace. Qualcuno si comporta diversamente come Luther Wright che ha scritto un libro “A Perfect Fit” in cui racconta la sua storia da celebrità, a giocatore NBA, ha drogato e alcolizzato . Nel libro ha spiegato che non puoi diventare malato, altrimenti vieni fatto fuori, perchè pensano che non ce la farai a giocare al più alto livello. (http://www.deseretnews.com/article/700087866/Book-review-Luther-Wrights-book-describes-time-with-Utah-Jazz.html?pg=all)

Concentrazione e collaborazione

Le abilità mentali sono indispensabili in uno sport di squadra e sono in larga parte disgiunte dall’abilità tecnico-tattica.  Quelle per me più significative sono la fiducia, l’impegno, la concentrazione e lo spirito di gruppo. La concentrazione svolge due funzioni. La prima insieme all’impegno consente di prevedere il gioco avversario e di imporre il proprio. La seconda riguarda l’abilità a restare concentrati anche dopo un errore. Infine, la collaborazione è indispensabile e ogni giocatore deve essere al servizio degli altri. Questo vale per tutti, dalle stelle della squadra all’ultima riserva. Queste quattro caratteristiche sono strettamente correlate fra di loro, non c’è collaborazione senza fiducia e neanche concentrazione senza impegno. Pertanto, la squadra mentalmente più forte non è quella che ha i giocatori migliori, ma quella che dà i risultati migliori servendosi al meglio dell’interazione fra queste dimensioni psicologiche. La mente decide cosa fare e ordina al corpo come farla. Noi spettatori vediamo il corpo di un giocatore fare belle azioni e ammiriamo la tecnica dell’atleta, non vediamo però il lavoro della mente e pensiamo che il corpo si muova solo guidato in modo automatico. Quindi spesso in allenamento si allena solo il corpo senza essere consapevoli che i suoi movimenti dipendono dal lavoro invisibile della mente, che andrebbe maggiormente sostenuta in questo suo sforzo..

Fiducia e impegno

Si parla spesso di squadre di calcio che non sono tecnicamente all’altezza per potere essere competitive nel nostro campionato di Serie A. I commenti sono spesso centrati sulle difficoltà tecniche delle squadre o dei singoli giocatori. Raramente vengono fatti commenti ragionati sugli aspetti psicologici. A mio avviso esistono alcune abilità mentali che sono in larga parte disgiunte dall’abilità tecnico-tattica. Sono la fiducia, l’impegno, la concentrazione e lo spirito di gruppo. Partiamo dalla fiducia: i giocatori devono essere fiduciosi verso se stessi e il collettivo. Poi occorre l’impegno che garantisce intensità di gioco. Quando si dice che una squadra è determinata significa che gioca in modo convinto e con intensità. Si deve giocare con questo atteggiamento anche quando gli avversari sono più forti, anche quando si sono persi dei contrasti, proprio perché sono queste situazioni di difficoltà a misurare quanto è forte la convinzione collettiva e individuale e qual è il limite oltre il quale l’impegno diminuisce. In sostanza giocatori e allenatori non devono nascondersi dietro i limiti tecnici della squadra per giustificare prestazioni negative sotto il profilo mentale, perché questi aspetti vanno esaminati come indipendenti anche se si manifestano nello stesso momento.

Perchè gli arbitri non miglioreranno mai

Le critiche dopo Catania-Juventus:

Maggiani, assistente dell’arbitro, dice che è sereno.

Braschi, il designatore, dichiara di non fare dietrologie.

Nicchi, il capo dell’Aia, afferma che Maggiani ha sbagliato ma è molto apprezzato anche all’estero.

Non una parola su cosa bisogna fare per evitare questi errori, per questo non miglioreranno mai.

La questione che non dicono è: come allenarsi per ridurre al minimo questi errori? Nessuno lo dice.

Arbitri troppo preoccupati?

La principale fonte di stress per gli arbitri riguarda le conseguenze delle loro decisioni. Quando il livello di preoccupazione è troppo elevato la loro abilità a restare concentrati sugli aspetti essenziali del gioco diminuisce e così possono commettere errori. In tal modo si riduce la loro abilità a analizzare i movimenti della palla e quelli dei calciatori. Questo è quantopuò essere successo ieri durante Catania-Juventus, quando gli arbitri hanno passato quasi un minuto a parlare tra di loro prima di prendere una decisione.  Non è un caso che l’arbitro Gervasoni abbia accettato la decisione dell’arbitro di porta che era un arbitro internazionale, Rizzoli, che per questo suo ruolo deve essere stato considerato come più competente nel decidere.

In sostanza se gli arbitri sbagliano per lo stress generato dalla paura di sbagliare, purtroppo questo atteggiamento non si cambia da una partita all’altra. Non basta la solita sgridata del capo degli arbitri o fare vedere il video degli errori. E’ una questione di mentalità che solo un adeguato programma di preparazione psicologica di questi arbitri potrebbe insegnare, allo scopo di aumentare la convinzione nelle loro scelte. Gli arbitri temono l’amplificazione dei loro errori da parte dei media e delle squadre, perchè determina la svalutazione di loro stessi. Non è un problema che si risolve con la moviola in campo o moltiplicando il numero di arbitri in campo, bisogna migliorare le teste ma credo che questa sia l’ultima cosa di cui parleranno gli arbitri e i loro dirigenti nelle loro riunioni.

La vogliamo la competitività?

Competitività è diventata la parola da usare per identificare ciò che in Italia non esiste quasi più, la parola per descrivere il buono da contrapporre al cattivo che è la corruzione. Nel nostro paese non è ancora scoppiata la guerra dei talenti e cioè la lotta del mondo del lavoro, in tutte le sue articolazioni pubbliche e private, per averli al loro interno al posto del politico amico o del faccendiere di turno.

Pur se nel mondo dello sport il significato della competizione è più immediato mentre nel mondo del lavoro i tempi sono più dilatati, in ogni caso il senso è sempre lo stesso. Si compete per dimostrare la propria competenza. E allora ha fatto bene Jacopo Morelli a dire “via i ladri, gli ignoranti e gli incapaci dalla politica”.

Aggiungerei che vadano via da tutto, dalle università, dalle aziende e dallo sport. Contemporaneamente dobbiamo anche cambiare la nostra mentalità e dare ai nostri talenti la possibilità di entrare in gioco, perché se li teniamo in panchina o peggio ancora in tribuna, chi avrà più iniziativa se ne andrà via, come da tempo sta accadendo. Non basta quindi solo la denuncia dei ladri o lamentarsi per la crisi economica, bisogna proporre una forma d’intervento per fare incontrare l’offerta con la domanda.

Competitività è anche questo: trasparenza delle offerte e pari opportunità di accesso, altrimenti si ritornerà sempre ai rapporti clientelari. A questo riguardo, l’articolo di Luigi Grassia su “La Stampa” del 23 ottobre, parla di un’indagine di Unioncamere in cui si afferma che mancano 100mila occupati con una varietà di professioni che varia dal falegname all’ingegnere, ma nel contempo non vi è alcuna informazione su dove rivolgersi. E’ un po’ come giocare una partita di calcio in 9 anziché 11 perché qualcuno non era stato informato di andare al campo.

In sostanza, non è sufficiente invocare la competitività per risolvere un problema, bisogna invece dare a chi vuole gareggiare le coordinate pratiche per arrivare al campo di gara, dove attraverso il confronto con gli altri misurerà le proprie abilità. Altrimenti i giovani continueranno a pensare non solo che non c’è lavoro ma che quello che ci sarebbe è tenuto nascosto per essere affidato ai soliti noti.

http://www.huffingtonpost.it/../../alberto-cei/la-vogliamo-la-competitiv_b_2033121.html

Corsa dei pony

best of the week: 2012 Shetland Pony Gold Cup

Corsa dei pony alla Shetland Pony Gold Cup – 2012

I numeri del calcio

La Federcalcio ha presentato ieri il Bilancio Sociale  - 2012 (www.figc.it) che contiene tra l’altro i numeri del calcio italiano:

14.653 Società di calcio

71.689 Squadre

1.151.437 Calciatori tesserati

670.589 Calciatori Settore Giovanile e Scolastico

62.286 Allenatori

2907 Medici

34728 Arbitri

132.163 Dirigenti

591.496 Partite giocate