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Il doping domina nelle notizie di sport

Il doping domina sui media perchè è troppo diffuso nello sport. Solo negli ultimi giorni le notizie più clamorose:

  • condanna di 3,6 anni al marciatore Schwazer,
  • richiesta di pagamento di una multa di 150 milioni di dollari da parte del Ministero della Giustizia americano a Amstrong
  • lo sprinter olimpionico americano Crawford è stato sospeso per due anni dalle corse
  • 15 cavalli dello sceicco Maktoum sono stati trovati positivi al doping e il loro allenatore, Al Zarooni, è stato squalificato per 8 anni
  • lo Spelman College ha abbandonato lo sport agonistico anche a causa della diffusione del doping e della corruzione

Le regole del successo nel caso Amstrong

Circa 50 anni fa due illustri studiosi Jurgen Ruesch e Gregory Bateson parlando del significato del successo nella cultura nordamericana hanno scritto:

“Il fine giustifica i mezzi, e il successo assolve le azioni malvagie e disoneste. Se si profila una possibilità, essa viene automaticamente avvertita come una sfida, anche se rispondere a questa sfida potrebbe portare a trasgredire la legge; ma se un individuo viene colto sul fatto mentre si serve di scorciatoie illecite è considerato un fallito. L’importante quindi non è ciò che fa ma il fatto che gli altri gli permettono di farla franca” (La matrice sociale della psichiatria, 1976, p.136).

E più avanti:

“Il popolo americano possiede una ricca mitologia di persone che hanno ragiunto il successo: i miti di Ford, Rockefeller e Carnegie idealizzano la libera iniziativa e la possibilità della pesona povera di diventare ricca e potente. Questa ammirazione per il successo va però di pari passo con la condanna delle attività disoneste dei furfanteschi magnati dell’industria. Il pubblico è tuttavia pronto a chiudere un occhio sui discutibili modi di agire di una persona di successo se il suo comportamento è in seguito temperato da opere buone, offerte per beneficenza, stanziamenti per fondazioni e altre istituzioni pubbliche”. (p.137)

Quindi si truffa o nel caso di Amstrong ci si dopa perchè c’è l’opportunità. L’importante  è non essere presi e lui c’è riuscito per tutta la sua carriera. Ora per non essere considerato un fallito (e magari fallire anche finanziariamente) ha deciso di ammettere quanto aveva negato sino a quel momento. Non c’è nessun ravvedimento in questa confessione fatta nell’intervista televisiva, solo la constatazione pubblica di quello che ha commesso e di quanto la condanna gli è costata (75milioni in un giorno). Neanche i suoi sponsor sono stati interessati a sapere se era un ciclista pulito, perchè per loro ciò che contava era il ritorno dell’investimento (vedi articolo di Claudio Gatti: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-15/caso-armstrong-doping-213438.shtml ). Anche per loro l’importante è che il loro atleta vinca, se poi verrà scoperto potranno anche fare bella figura mostrandosi indignati.  Forse l’unico momento in cui Amstrong è in difficoltà è quando sta con i suoi figli a cui ha dovuto dare spiegazioni che coinvolgono gli affetti personali e verso i quali ha la responsabilità del padre che deve per primo seguire le regole se vuole che anche loro imparino a rispettarle.

http://www.repubblica.it/sport/ciclismo/2013/01/21/news/i_miei_anni_con_armstrong_brutta_favola_del_ciclismo-50962378/?ref=HRERO-1

Huffington Post Italia

Oggi è uscito il primo post su L’Huffington Post Italia, argomento  ”Il sistema Lance Amstrong per vincere dopandosi”: http://www.huffingtonpost.it/

 

Amstrong: il sistema-doping

Kathy Lemond, moglie dell’ex ciclista americano Greg Lemond è tra le persone che hanno accusato il team di Armstrong. Sotto giuramento ha dichiarato che la Nike avrebbe dato 500.000 dollari nel 2006 a Hein Verbruggen, ex-presidente dell’Uci (Unione ciclistica internazionale), per coprire la positività di Armstrong in un test antidoping. Kathy Lemond ha riferito che Julian Devries, un meccanico del team del texano e un tempo amico del marito, le avrebbe detto del versamento di mezzo milione di dollari diretto a Verbruggen, tramite un conto bancario svizzero. L’accusa sostiene che i soldi servirono a impedire la diffusione dei risultati di un test antidoping del 1999 al quale Armstrong era risultato positivo. Questa notizia è stata pubblicata ieri dal New Daily News (http://www.nydailynews.com/sports/i-team/protesters-demand-nike-cut-ties-disgraced-armstrong-article-1.1185339#ixzz29Xv4o5zT).

Nello sport, il doping si è affermato proprio a causa dell’approccio secondo cui la ricerca della vittoria giustifica l’utilizzo di qualsiasi mezzo per ottenerla, e chi fosse contro questa idea: “vuol dire, allora, che non vuole vincere”.  Per vincere però non basta la volontà di un singolo (Amstrong) disposto a organizzare la truffa, serve costruire un’organizzazione che si muova nello stesso modo e che condivida l’uso del doping come sistema per vincere.  Naturalmente maggiore è il carisma e l’autorevolezza dell’atleta,  maggiore sarà la sua influenza su tutta l’organizzazione e più difficile sarà per i suoi compagni di squadra  astenersi dal doping.  Per consolidare questo sistema servono delle forti alleanze e collaborazioni con altre organizzazioni, ad esempio quelle sportive o del business sportivo. Ecco allora che la notizia dell’eventuale coinvolgimento della Nike e dell’ex-presidente dell’Uci potrebbero costituire questo ulteriore pezzo del puzzle. Amstrong non era solo in questa sua avventura e ora stiamo finalmente scoprendo chi erano i suoi alleati.

Per saperne di più sulle truffe: Alberto Cei, I Signori dei tranelli. I meccanismi della frode finanziaria e sportiva.  www.francoangeli.it/Ricerca/Risultati_ricerca_avanzata.ASP

Dal doping della disperazione a quello scientifico

Le brutte notizie non vengono mai da sole, per cui in pochi giorni siamo passati dalla condanna del doping della disperazione, Schwazer a quella dell’inganno condotto in maniera scientifica, Amstrong. Il doping è un inganno per cui si fa sembrare vero (un risultato) che invece è falso, perché determinato dall’uso di sostanze artificiali. L’essere umano ha da sempre ingannato e, quindi, anche la forma che chiamiamo doping ci sarà sempre. La questione consiste nel chiedersi cosa fare, oltre l’inasprimento delle pene, per creare una cultura basata realmente sull’agonismo e non su una finzione. La domanda è: “Come si fa a recuperare quella forza che il doping fornisce attraverso il normale allenamento del fisico e della mente?” Se non c’impegniamo a lavorare in questa direzione avremo per sempre il dubbio su ogni vittoria. Bisogna imparare a padroneggiare il desiderio di vincere attraverso allenamenti senza trucchi.