Archivio per il tag 'ciclismo'

Bici #Unmetroemezzodivita

Quando un uomo con un’auto incontra un uomo con la bicicletta, l’uomo con la bici è un uomo morto. In Italia più che in ogni altro paese d’Europa. Siamo maglia nera in civiltà. #UnMetroEMezzoDiVita

Fonte: Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani dal 1946 – ACCPI Assocorridori @ACCPI1946

Il bellissimo ciclismo di Vingegaard e Pogacar

Il Tour de France ci ha riportato alle grandi sfide del passato, quelle tra ciclisti che voglio vincere e si danno battaglia. Vingegaard e Pogacar quest’anno ci hanno fatto vivere questa condizione epica con il loro duello senza fine. Mancava da molti anni questo confronto diretto come quello del periodo leggendario del ciclismo fra Coppi e Bartali.

Per molti anni queste gare sono state territorio solo di grandi squadre che dominavano principalmente  grazie all’organizzazione di squadra (per non parlare degli anni anni ruggenti del doping). Questi due atleti di 23 e 25 anni ci hanno trasmesso invece il piacere del tentare il tutto per tutto che è una delle dimensioni tipiche del ciclismo. Ci hanno anche dimostrato la loro correttezza, quando oggi Pogacar è caduto in discesa e il suo avversario ha rallentato per aspettarlo. Un gesto da campione che non vuole vincere approfittando di una caduta accidentale dell’altro.

Il ciclismo a tappe a uno sport di fatica totale, dove si vede lo sforzo in modo evidente. Dove c’è anche la passione delle centinaia di migliaia di spettatori che aspettano su una montagna per tutto il giorno di vedere passare i corridori per qualche secondo. Non c’è un altro sport che ha questo tipo di pubblico.

Nonostante lo sviluppo tecnologico, scientifico e organizzativo il ciclismo continua a restare uno sport semplice dove vince chi ne ha di più nelle gambe. Questa è una buona notizia.

La mia passione per gli sport di fatica

Il ciclismo delle grandi classiche e delle corse a tappe mi ha sempre entusiasmato. A casa da bambino sentivo parlare di Coppi e Bartali e quando andavo in montagna a 12/13 anni quando correvano per superarci prendevamo i nomi dei ciclisti, e prendevo sempre il nome di Pambianco. Fino a 16 anni sono andato molto in bici, partendo da Torino e andando in montagna sulle strade militari. Con una Legnano con quattro cambi.

Poi ho lasciato la bici per andare più di frequente in montagna, all’epoca questi tour di più giorni non si chiamavano trekking ma campo mobile. Ora ho ripreso a usarla, visto che la corsa è diventata un po’ troppo logorante.  La bici mi piace sempre e mi permette di stare in mezzo alla natura e all’aria aperta.  Bici, montagna e corsa sono ciò che mi piace fare e ho la fortuna di avere amici con cui poterle fare anche se spesso mi trovo anche da solo.

Queste attività mi hanno insegnato ad accettare la fatica e a distribuire le risorse fisiche e mentali Ho imparato quando facevo le medie e già a quella età diversi amici abbandonavano, proprio perchè non gli piaceva affrontare la fatica, faceva troppo freddo o caldo o si doveva alzarsi presto la mattina. Non so da dove nasca questa mia motivazione, ho provato a giocare a basket, a pallavolo e a calcio ma mi annoiavano mentre mi è sempre piaciuto fare una corsa o una pedalata. Non sono mai stato interessato a diventare un atleta, volevo studiare psicologia e talvolta per realizzare questo obiettivo o per affermarmi come professionista ho rinunciato allo sport, riprendendolo appena possibile.

Comunque mi sono chiesto per quali ragioni scrivo queste riflessioni. In questi giorni sto guardando, quando posso, il Tour de France e mi sono venuti in mente questi pensieri, quanto è bello stare all’aria aperta, guardare questi giovani lottare proprio quando sono stanchi, vederli dare tutto se stessi quale che sia l’energia che hanno dentro e, poi via così giorno dopo giorno per tre settimane.

Mi considero fortunato ad avere avuto queste passioni ma anche a continuare praticarle.

Dino Lanzaretti, ciclista in giro da solo per il mondo

Il blog di Dino Lanzaretti, ciclista in giro da solo per il mondo.

Dino Lanzaretti

“Ho cominciato tanti anni fa per caso, e senza troppe ambizioni, questo lungo viaggio attraverso il mondo.

Al tempo ero sprovveduto e senza alcuna esperienza ma oggi posso serenamente dire che due o tre cose su questo modo di vivere le ho ben capite.

Premetto che il mio esordio è stato segnato da grosse difficoltà dovute all’assenza totale di scambio d’informazioni tra colleghi viaggiatori, internet era agli albori e non c’era modo di ottenere risposte agli immensi dubbi prima di un viaggio.

Fatto sta che solo grazie alle vesciche sul sedere e a tanti altri inutili infortuni  ho capito cosa fare e cosa non fare in sella ad una bici.

Le convinzioni che ho sui materiali che uso oggi sono la normale conseguenza di una serie di sfortunate rotture capitatemi nei posti peggiori al momento peggiore.

Ho quindi elaborato delle semplici soluzioni tecniche per evitare il più possibile incidenti e poter fare così un viaggio più sereno e senza troppi problemi.

E allora perché non provare a rendere più divertente un viaggio in bicicletta per chi volesse provare?

Spesso ricevo mail da cicloviaggiatori che mi chiedono quale sia la bici giusta per fare un viaggio o che tenda ci voglia o che strada fare. Rispondo volentieri ma mi è davvero difficile accontentare le più svariate domande con dovizia di particolari anche perché le cose utili a sapersi sono davvero tante.

Per questo mi sembra conseguenza diretta tentare di dare più informazioni possibili agli appassionati e mettere a disposizione la mia esperienza per condividere questo bel modo di andare in bicicletta”.

Ho deciso di far nascere questo blog sul mio nuovo sito internet e cercare d’infondere e diffondere più possibile il cicloturismo.

Tenterò di specificare ogni dettaglio tecnico e ogni scelta meccanica fatta, dare spiegazioni sui materiali e gli attrezzi davvero indispensabili e sopratutto confrontarmi su itinerari e aree del mondo davvero indicate per un’avventura indimenticabile”.

Il sessismo nel ciclismo

“Nel 1973 Billie Jean King ha costretto i padroni di tennis a riconoscere alle donne gli stessi premi in denaro degli uomini. Quaranta anni più tardi, il ciclismo femminile sta ancora cercando di ottenere un salario minimo per le atlete.

Nel 2013 un sondaggio condotto dalla Women’s Cycling Association ha denunciato che il 50% delle cicliste professioniste guadagnava  3,000$ (1969 £)  o meno all’anno. Questo è solo un dato statistico tratto da Half The Road, il superbo documentario di Kathryn Bertine, che si è battuta contro l’UCI, organo di governo sciovinista del ciclismo.

Brian Cookson, ora al timone della UCI, viene anche intervistato. Mi ha detto l’anno scorso che l’introduzione di un salario minimo “potrebbe ritorcersi contro”… perché le donne non sono abbastanza forti per affrontare il Tour de France – un argomento potentemente confutato da una donna che ha corso il Tour nel 1980 … Almeno non usa gli argomenti di Hein Verbruggen, uno dei suoi predecessori. Secondo Inga Thompson, dieci volte campione nazionale degli Stati Uniti, Verbruggen provò a introdurre una regola per fermare le donne quando durante il ciclo mestruale”.

(da The Guardian)

Il doping di Lance Amstrong

Se pensavamo di sapere tutto sulla storia di Lance Amstrong, il nuovo libro “Dope on wheels” di  Reed Albergotti e Vanessa O’Connell racconta nel dettaglio di una vita dedicata alla truffa.

1. Le donne – Tutte le donne che ha avuto sono sempre state a conoscenza del doping e ne erano protagoniste attive. Tanto che con il divorzio la prima moglie, Kristin Richard, ricevette 15 milioni di dollari con la clausol che non averbbe mai rivelato nessuna informazione.

2. Greg LeMond – Amstrong fece di tutto per rovinarne la reputazione poichè LeMond lo accusava di essersi dopato sin dall’inizio della carriera. Il presidente della Fondazione Lance Amstrong, Jeff Garvey, amico dei due corridori si licenziò perchè non sopportava questa campagna denigratoria.

Il sesso – Anche quando era sposato Amstrong chiedeva continuamente donne per passarci la notte e il suo compagno di squadra, Floyd Landis, ricorda di una notte in cui in un locale circolava anche cocaina.

Unione Ciclismo Internazionale e cultura della truffa – Kathy Lemond sostiene che la Nike pagò una somma notevole al presidente dell’Uci, Hein Verbruggen, per insabbiare i risultati positivi ai test antidoping. Al Tour del 2006 offrì 2.000 dollari a chiunque avesse impedito al suo rivale, Floyd Landis, di vincere.

La squadra – Sui compagni di squadra esercitava un ruolo tirannico e intrusivo. Non dava a tutti il materiale migliore ma voleva che si dopassero, perchè così nessuno avrebbe potuto attaccarlo, perchè era coinvolto esattamente come lui.

 

 

Il coraggio di avere paura di Nibali

Cosa è scattato nella testa di Nibali dopo la caduta sotto la pioggia al mondiale di ciclismo, perchè ha tirato i freni una volta risalito in bicicletta?

“Questo è un problema che hanno solo i più forti, non chi sta in mezzo al gruppo. E Nibali è un campione, non un cicloamatore: si è trovato in un momento di difficoltàstraordinario, uno di quei casi in cui uno più uno non fa due, fa tre. LO stress diventa eccessivo e ti porta a dubitare delle tue capacità. Ai suoi livelli basta un niente per non credere più a se stessi fino in fondo”.

Come si supera la paura di cadere?

“Non conosco la persona Nibali ma dovrebbe rivolgersi a uno psicologo, non un motivatore. Bisogna stabilire quale sia la misura del rischio, perchè di nuovo e non sai quando. L’atleta deve fare di tutto per ridurre l’sapetto emotivo, con gli atleti da podio bisogna lavorare sui particolari. Nibali non è come noi, è un atleta di livello assoluto: è come il primo violino della Scala che non può prendere una stecca”.

(Sono stato intervistato da Nando Aruffo, Corriere dello Sport)

E’ morto Fiorenzo Magni

“Un  altro episodio che ricordo volentieri e che insegna che nella vita niente è impossibile riguarda il Giro d’Italia del 1956. Era l’ultimo Giro della carriera e a scendere da Volterra caddi e mi fratturai una clavicola. Il giorno dopo ricaddi su quella frattura e fermai l’ambulanza che mi voleva portare in ospedale. Affrontai la salita del monte Bondone con la clavicola rotta e chiusi il Giro al secondo posto. Bisogna sempre guardare avanti e mai adagiarsi. Io adesso punto ai cent’anni e non è una battuta.”
Fiorenzo Magni, 92 anni è morto, era l’ultimo ciclista del periodo d’oro dopo la scomparsa di Fausto Coppi e Gino Bartali.

Perdere è facilissimo anche per i + forti

Il vincitore della maratona di Londra dello scorso anno, Emmanuel Mutai quest’anno ha impiegato ben 4 minuti di più del suo tempo precedente (2:08:01) e dalle immagini viste in TV si percepiva che gli ultimi km sono stati di una sofferenza totale. Diokovic ha perso in finale contro Nadal 6-3 6-1 e non è mai stato in partita ma non si è sottratto al gioco. Nibali è giunto secondo alla Liegi-Bastogne-Liegi; dopo avere dominato con una fuga solitaria l’ultima parte della corsa, all’ultimo km è crollato ed stato superato da un avversario; dopo una gara di più di 6 ore è giunto a circa 30secondi dal primo. Lo sport è anche questo, dolori fisici e mentali che possono colpire chiunque anche gli atleti più forti che però s’impegnano sino alla fine. Credo che questi tre casi possano essere di grande aiuto a tutti i giovani che aspirano a realizzare i loro sogni: bisogna sapere perdere con dignità lottando sino alla fine.

Le strade diverse dello sport

Strade diverse per lo sport. Il basket si ribella al razzismo contro la cestita Abiola e domenica tutti in campo con la faccia nera, perchè come scrive Emanuela Audisio siamo tutte scimmie negre e aggiungerei con la stragrande maggioranza dei geni in comune. Il ciclismo, nonostante le critiche di Petrucci, continua la sua corsa verso il baratro. Ora anche esperti come UmbertoVeronesi e l’avvocato Alessi sono a favore di un ripensamento della legge sul doping. Il primo ha affermato di essere a favore della liberalizzazione dell’uso dell’epo, mentre il secondo ha detto che la salute è un diritto e non un dovere e che “non è possibile che drogarsi non sia considerato reato mentre doparsi sì”. In molti hanno già risposto a queste affermazioni, resta sconcertante che se anche illustri medici e avvocati iniziano a accettare queste pratiche la cultura dello sport e la salute degli atleti diventano sempre più degli optional.