Archivio mensile per novembre, 2020

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La palestra delle idee dello sport paralimpico

Il Comitato Italiano Paralimpico ha realizzato un progetto denominato “La palestra delle idee”.  

Obiettivi: proseguire il percorso avviato con il Festival della Cultura Paralimpica, rappresentare lo sport paralimpico come

  • elemento di crescita culturale e sociale del Paese
  • strumento di riscatto personale e di inclusione delle persone disabili
  • sistema per provare a cambiare la percezione della disabilità nella nostra società

L’idea alla base del progetto è quella di dare vita a un confronto sui temi legati allo sport paralimpico, attraverso il coinvolgimento di personaggi del mondo della cultura e di testimonial del nostro mondo sportivo.

Tra le finalità c’è anche quella di incentivare la formazione a distanza di studenti, strumento quantomai utile per garantire il proseguimento della formazione culturale degli alunni in un periodo noto per le restrizioni causate dalla pandemia di Covid 19.  Per tale ragione tutti gli appuntamenti saranno visibili in diretta dal sito ufficiale e tramite i canali social del Comitato Italiano Paralimpico, rimanendo a disposizione di quanti vorranno rivedere gli incontri successivamente.

Di seguito riportiamo i link per partecipare agli incontri:

FACEBOOK: https://www.facebook.com/comitatoparalimpico/

TWITTER: https://twitter.com/CIPnotizie

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/comitatoitalianoparalimpico/

YOUTUBE: https://www.youtube.com/channel/UCEuvhJt8rECpXvLWUAx2h-Q

Questo progetto fa parte del percorso di avvicinamento alle Paralimpiadi di Tokyo 2021, il più importante appuntamento del quadriennio per il movimento paralimpico nazionale e internazionale.  Si intende così offrire l’occasione per far conoscere, in modo più approfondito possibile, l’importanza di un movimento che oltre a promuovere lo sport per tutti si fa portatore del principio del pieno riconoscimento dei diritti civili per tutte le persone con disabilità.

I prossimi appuntamenti in programma si svolgeranno nelle seguenti date:

  • Venerdì 20 novembre alle ore 17.30. Lo scrittore Giacomo Mazzariol e l’atleta paralimpica FISDIR Nicole Orlando parleranno di persone con sindrome di Down;
  • Venerdì 27 novembre alle ore 10 ci confronteremo con la travel blogger Giulia Lamarca e con il campione paralimpico di sci nautico non vedente Daniele Cassioli sul viaggio senza barriere;
  • Venerdì 4 dicembre alle ore 10 le campionesse della nazionale italiana di sitting volley (la pallavolo praticata da seduti)

Shooting in India è il mio testo più letto

Il mio testo più letto è un capitolo nel libro di Peter Terry e altri del 2014 dedicato ai successi del tiro a volo in India; intitolato “Shooting in India“. 

E’ scritto in collaborazione con Peter Terry ed è la storia della carriera dei migliori tiratori indiani vincitori di medaglia olimpica e competizioni di livello mondiale e della loro preparazione psicologica svolta con loro negli anni da Peter e da me.

Il testo è stato letto in 54 nazioni e il maggior numero di lettori proviene da India, Italia, Gran Bretagna, USA, Irlanda, Spagna e Australia per un totale di 568 lettori.

Sono contento perché al tiro a volo ho dedicato 26 anni di attività professionale con atleti italiani, indiani, di Taiwan, maltesi, ciprioti, iraniani, cinesi, arabi UAE e inglesi.

Il mio programma di allenamento è descritto nel libro “La preparazione psicologica del tiro a volo” del 2008,  tradotto in inglese e in farsi e oggi è stato ampiamente aggiornato dal lavoro di tutti di questi anni, grazie anche ai successi degli atleti con cui ho lavorato.

La flessibilità mentale dei campioni

La flessibilità mentale dei campioni è stata ben riassunta da Ripoll [2008] con queste parole:

“La grande arte dei campioni assoluti è di avere una concentrazione estrema che li blocca su un obiettivo unico, che permette loro d’ignorare tutto ciò che è estraneo a questo obiettivo e di entrare in un altro stato. E’ a questa sola condizione che tutte le sensazioni sono esasperate e che il sistema di trattamento delle informazioni ha uno svolgimento ottimale. Per riprendere le loro stesse parole, questi campioni entrano in una bolla sufficientemente a tenuta stagna per occultare tutto ciò che non è necessario all’azione, ma sufficientemente porosa per lasciare entrare solo ciò che è utile”. 

 

Servono allenatori-leader.

“Sii sempre la versione migliore di te stesso e non la seconda versione di qualcun altro” diceva Judy Garland.

In questo periodo di crisi questa affermazione è più che mai attuale. Lo è per tutti ma ancora di più è una domanda a cui devono rispondere i leader, coloro che guidano e orientano gli altri.

La crisi sanitaria ha ripreso vigore e se in qualche misura il mondo delle multinazionali sta percorrendo delle strade per sostenere i loro leader e manager anche con la collaborazione delle più importanti società di consulenza, nel mondo dello sport italiano non si vede traccia di questa mentalità a partire dal calcio professionistico per giungere sino alle società sportive dilettantistiche. Se in NBA si propongono progetti specifici per potere permettere al pubblico di ritornare a vedere le partite, da noi si chiede più superficialmente di fare entrare allo stadio più persone sovrapponendo così l’obiettivo al mezzo. Senza spiegare come sia possibile salvaguardare la salute di tutti. Inoltre la litigiosità fra le diverse strutture dello stesso sport e la propensione a formulare proposte da “furbetti” sono l’altro elemento che non permette di formulare progetti documentati.

Andando a livello degli utilizzatori finali dello sport, anche in questo ambito, a mia conoscenza, non vi sono proposte. Allenatori e atleti sono lasciati da soli a vivere e gestire questo periodo di grande paura e difficoltà. Chi ha dovuto fermarsi e chi invece lavora sono costretti a vivere questo periodo facendo leva solo su se stessi e per quanto posso vedere dalla mia esperienza di questi mesi, le difficoltà si sono moltiplicate, molti hanno assunto un approccio solo pessimista o fatalista, mentre i più ottimisti hanno fatto leva sulla propria creatività ricercando e attuando soluzioni alternative pur di mantenere una presenza attiva.

“Viviamo nella paura” si sente dire sempre più spesso, non si ha più l’incoscienza dei primi mesi di lockdown, in cui si pensava che passato quel periodo si sarebbe tornati alla normalità, ora si vive l’angoscia di vivere una situazione che non si sa quando finirà e nel frattempo si vive alla giornata e ogni giorno aumentano le persone da noi conosciute che si ammalano.

E’ proprio ora che sentiamo di più questa solitudine sociale, che si somma non solo alla paura di ammalarsi di Covid-19 ma anche che ci possa succedere qualsiasi altro problema sanitario, per cui sappiamo che non saremo curati perché gli ospedali sono in crisi.

E’ in questo contesto che non possiamo lasciare soli le società sportive, gli allenatori e gli atleti, da quelli che si preparano per le prossime Olimpiadi ai giovani delle scuole calcio e di tutti gli sport, non dobbiamo lasciare soli neanche i giovani con disabilità per i quali lo sport è un’attività essenziale per il loro benessere e sviluppo.

In tal senso, nel rispetto delle regole formulate dal governo, sarebbe necessario che a partire dagli allenatori che hanno il rapporto diretto con gli atleti sia fornito un sostegno concreto (non solo economico) alla loro leadership per continuare a svolgere il loro lavoro sui campi per quelli a cui è permesso e a distanza per quegli sport che sono stati fermati.

In questo periodo, serve sviluppare e agire servendosi di queste competenze:

Calma e ottimismo intenzionale, essere fiduciosi ma consapevoli della gravità della situazione.

Ascoltare e condividere, i problemi e le paure delle persone con cui lavoriamo.

Agire, formulare programmi di allenamento adeguati alle situazioni in cui vivono le persone.

 

Tennis: test psicologici

Accademia Tennis Apuano

Continua il lavoro sugli aspetti mentali con il prof. Alberto Cei. In questo terzo incontro test attitudinali su aree di sviluppo con colloqui privati per definire obiettivi e modalità di raggiungimento. Due giornate full time di comprensione su come meglio orientare il lavoro di campo con i nostri atleti. Per noi grande occasione di crescita professionale grandi spunti di riflessione.

Federica Pellegrini e l’importanza di avere un obiettivo

Federica Pellegrini: sottolinea la necessità in questo periodo di avere un obiettivo e perseguirlo anche nell’incertezza del momento. Questo è quanto dichiara in sintesi nell’intervista pubblicata oggi su Repubblica e di cui riporto qui sotto la risposta alla domanda su cosa farebbe se ci fosse un altro lockdown

Se ci fosse un altro lockdown generale cosa farebbe?

“Onestamente non lo so, non so come reagirei. Io mi sono prefissata come obiettivo di arrivare ad agosto. Qualsiasi cosa capiti nel mezzo dell’anno, a meno che proprio domani non ci dicano che le Olimpiadi vengono annullate e allora lì cambierebbe tutto, vado avanti verso la mia meta”.

 

 

 

 

Il chunking dei campioni di tennis

Il concetto di chunking riguarda il processo di automatizzazione dovuto all’organizzazione di stimoli separati in unità significative più o meno ampie. Per cui nell’atleta esperto un singolo elemento visivo, ad esempio il colpire la palla in un determinato modo, comporta il sapere che seguirà una determinata sequenza di azioni.

Tale processo  è stato anche utilizzato per spiegare il successo e la longevità di alcuni campioni rispetto ad altri atleti ugualmente competenti ma meno vincenti. Roetert, Woods, Knudson e Brown (2019) si sono posti questa domanda analizzando i risultati del torneo del Grande Slam di tennis dell’ultimo decennio, rilevando che atleti come Serena e Venus Williams, Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic e i fratelli Bryan, sono stati in cima alle classifiche per molti anni. Uno dei motivi del successo costante nel tempo e delle capacità fisiche di questi giocatori di livello assoluto potrebbe essere legato alla loro maggiore capacità d’integrare mentalmente in ampie unità significative una notevole quantità d’informazioni. In tal modo, questo lavoro d’integrazione di un numero elevato d’informazioni avrebbe permesso di immagazzinarle e di renderle disponibili durante i match. Questi tennisti vincenti hanno capito come creare e accedere a questi blocchi di informazioni più grandi nel modo più efficace ed efficiente possibile, in modo che i loro movimenti in campo e i loro colpi possano apparire senza sforzo e adattarsi alle situazioni di emergenza.

Simposio Online sulla Carriera degli Atleti

@TopsportVUB is organising an Online Career Symposium “Supporting Athletes Before, During and After Athletic Retirement” based on @iocmedia project. Presenters include athletes, researchers and practitioners in the field of sport. Date: 1st DEC

Empatia e compassione per comunicare con gli altri

Tania Singer e Olga Klimecki (2014) Empathy and compassion. Current Biology, 24, R875-R878.

Questo articolo mette in evidenza l’importanza di due dimensioni umane fondamentali per sostenere le altre persone, soprattutto in momenti di difficoltà e d’incertezza verso il futuro come quelli che stiamo vivendo. Compassione ed empatia dovrebbero essere alla base dei nostri sentimenti verso le altre persone e non egoismo e panico. Se siamo empatici aiutando gli altri aiuteremo anche noi stessi.

“Sebbene i concetti di empatia e compassione esistano da molti secoli, il loro studio scientifico è relativamente giovane. Il termine empatia ha le sue origini nella parola greca “empatheia” (passione), che è composta da “en” (in) e “pathos” (sentimento). Il termine empatia è stato introdotto nella lingua inglese seguendo il concetto tedesco di “Einfühlung” (sentire in), che originariamente descriveva la risonanza con le opere d’arte e solo in seguito è stato usato per descrivere la risonanza tra gli esseri umani. Il termine compassione deriva dalle origini latine ‘com’ (con/insieme) e ‘pati’ (soffrire); è stato introdotto nella lingua inglese attraverso la parola francese compassione. Nonostante l’interesse filosofico per l’empatia e il ruolo fondamentale che la compassione svolge nella maggior parte delle religioni e dell’etica laica, è stato solo alla fine del XX secolo che i ricercatori della psicologia sociale e dello sviluppo hanno iniziato a studiare scientificamente questi fenomeni.

Secondo questa linea di ricerca psicologica, una risposta empatica alla sofferenza può portare a due tipi di reazioni: il disagio empatico, che viene anche chiamato disagio personale, e la compassione, che viene anche chiamata preoccupazione o simpatia empatica. Per semplicità, quando parliamo di queste due diverse famiglie di emozioni, ci riferiamo al disagio empatico e alla compassione. Mentre l’empatia si riferisce alla nostra capacità generale di risuonare con gli stati emotivi degli altri indipendentemente dalla loro valenza – positiva o negativa – il disagio empatico si riferisce a una forte risposta avversa e orientata a se stessi alla sofferenza degli altri, accompagnata dal desiderio di ritirarsi da una situazione per proteggersi da eccessivi sentimenti negativi. La compassione, invece, è concepita come un sentimento di preoccupazione per la sofferenza di un’altra persona, accompagnato dalla motivazione ad aiutare. Di conseguenza, è associata all’approccio e alla motivazione prosociale.

Le ricerche di Daniel Batson e Nancy Eisenberg nel campo della psicologia sociale e dello sviluppo hanno confermato che le persone che provano compassione in una determinata situazione aiutano più spesso di quelle che soffrono di disagio empatico. Inoltre, il lavoro di Daniel Batsons ha mostrato che la misura in cui le persone provano compassione può essere aumentata, per esempio, istruendo esplicitamente i partecipanti a sentirsi con la persona target. È interessante notare che la capacità di provare sentimenti per un’altra persona non è solo una proprietà di una persona o di una situazione, ma può anche essere influenzata dalla formazione.

Per allenare le emozioni sociali come la compassione, la recente ricerca psicologica ha fatto sempre più spesso ricorso a tecniche di meditazione che favoriscono sentimenti di benevolenza e gentilezza. La tecnica più utilizzata è chiamata “addestramento alla gentilezza amorevole”. Questa forma di pratica mentale si svolge in silenzio e si basa sulla coltivazione della cordialità verso una serie di persone immaginarie. Di solito si inizia la pratica visualizzando una persona a cui ci si sente molto vicini e poi si estende gradualmente il sentimento di gentilezza verso gli altri, compresi gli estranei e, in un secondo momento, anche le persone con cui si ha difficoltà. In definitiva, questa pratica mira a coltivare sentimenti di benevolenza verso tutti gli esseri umani”.

Allenatori non mollate gli atleti

Mai come in questi giorni il ruolo dell’allenatore è determinante per sostenere i propri atleti.

Non si deve rinunciare a svolgere il ruolo di guida, altrimenti è facile che gli atleti si sentano solo scoraggiati, abbandonati e pensino che se non si può fare come prima, allora non c’è niente da fare.

La situazione è difficile per tutti, ma lo è ancora di più per chi pratica gli sport di contatto e in palestra, le gare non ci sono è difficile allenarsi e la frustrazione può diventare lo stato d’animo dominante.

Il compito delle società sportive e degli allenatori è ora insostituibile per fornire indicazioni su come allenarsi ma soprattutto per condividere con gli atleti questa esperienza.

Non mollate!

10 cose da fare per gli atleti

  1. stabilire con loro obiettivi di miglioramento
  2. fornire un programma da svolgere fisico, tecnico-tattico e mentale
  3. dare un sistema di valutazione dei loro progressi
  4. ricercare video da commentare insieme
  5. organizzare sfide online o all’aria aperta
  6. ascoltare quello che gli atleti hanno da dire
  7. parlare con loro delle difficoltà di allenarsi in questo nuovo modo
  8. valorizzare questo tipo di allenamento e i benefici che determina
  9. rinforzare il loro impegno e correggere gli errori
  10. essere determinati nel guidare gli atleti