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Sapere condividere

Condivisione è una parola che in ogni gruppo di lavoro dovrebbe essere posta al centro dell’interesse di tutti/e.

Condividere richiede la concordanza degli obiettivi, dei problemi e delle soluzioni e di una sistema di valutazione. Condividere richiede spendere del tempo insieme tecnici, preparatori fisici, medico, fisioterapista e psicologo nel conoscere il lavoro do ognuno e come ognuno potrebbe contribuire al lavoro dell’altro.

Parlando ad esempio d’infortuni il tema è in che modo le diverse professionalità coinvolte (medico, fisioterapista, psicologo) potrebbero collaborare insieme per favorire il recupero dell’atleta? Oppure nell’ambito della preparazione fisica, in che modo determinati allenamenti potrebbero migliorare la tenacia degli atleti se allenatore e psicologo lavorassero insieme su questo obiettivo?

Purtroppo tutto questo avviene nella nostra realtà sportiva molto raramente e succede solo quando gli interessi dei professionisti sono orientati in questo a prescindere dalla organizzazione sportiva per cui lavorano. E’ comune invece che le carenze in un ambito siano attribuite solo al singolo esperto e mai venga messa in discussione la più ampia organizzazione. Spesso viene detto che un’atleta o una squadra perde malamente una gara  perchè non ha mostrato personalità e, quindi, si guarda lo psicologo e gli si chiede di fare di più per eliminare questo limite.

In questi ultimi 15 anni all’estero la situazione è invece molto cambiata in molti dei paesi occidentali. Nel Regno Unito ogni nazionale ha uno psicologo che lavora a tempo pieno e in modo esclusivo per un quadriennio con uno specifico programma da svolgere anche in collaborazione con lo staff. In Francia gli psicologi dell’ INSEP, centro di alta preparazione per gli atleti, lavorano anche loro in questo modo e partecipano alle olimpiadi. In Belgio e Olanda da anni esiste la figura di direttore della performance comportamentale o dello sviluppo che svolge questo lavoro a livello manageriale e orienta il lavoro di psicologi della prestazione, psicologi del benessere e psicoterapeuti che lavorano per le squadre. Negli US esiste un sistema simile a quello europeo, molto articolato anche per coprire le problematiche psicopatologiche.

 

Empatia e compassione per comunicare con gli altri

Tania Singer e Olga Klimecki (2014) Empathy and compassion. Current Biology, 24, R875-R878.

Questo articolo mette in evidenza l’importanza di due dimensioni umane fondamentali per sostenere le altre persone, soprattutto in momenti di difficoltà e d’incertezza verso il futuro come quelli che stiamo vivendo. Compassione ed empatia dovrebbero essere alla base dei nostri sentimenti verso le altre persone e non egoismo e panico. Se siamo empatici aiutando gli altri aiuteremo anche noi stessi.

“Sebbene i concetti di empatia e compassione esistano da molti secoli, il loro studio scientifico è relativamente giovane. Il termine empatia ha le sue origini nella parola greca “empatheia” (passione), che è composta da “en” (in) e “pathos” (sentimento). Il termine empatia è stato introdotto nella lingua inglese seguendo il concetto tedesco di “Einfühlung” (sentire in), che originariamente descriveva la risonanza con le opere d’arte e solo in seguito è stato usato per descrivere la risonanza tra gli esseri umani. Il termine compassione deriva dalle origini latine ‘com’ (con/insieme) e ‘pati’ (soffrire); è stato introdotto nella lingua inglese attraverso la parola francese compassione. Nonostante l’interesse filosofico per l’empatia e il ruolo fondamentale che la compassione svolge nella maggior parte delle religioni e dell’etica laica, è stato solo alla fine del XX secolo che i ricercatori della psicologia sociale e dello sviluppo hanno iniziato a studiare scientificamente questi fenomeni.

Secondo questa linea di ricerca psicologica, una risposta empatica alla sofferenza può portare a due tipi di reazioni: il disagio empatico, che viene anche chiamato disagio personale, e la compassione, che viene anche chiamata preoccupazione o simpatia empatica. Per semplicità, quando parliamo di queste due diverse famiglie di emozioni, ci riferiamo al disagio empatico e alla compassione. Mentre l’empatia si riferisce alla nostra capacità generale di risuonare con gli stati emotivi degli altri indipendentemente dalla loro valenza – positiva o negativa – il disagio empatico si riferisce a una forte risposta avversa e orientata a se stessi alla sofferenza degli altri, accompagnata dal desiderio di ritirarsi da una situazione per proteggersi da eccessivi sentimenti negativi. La compassione, invece, è concepita come un sentimento di preoccupazione per la sofferenza di un’altra persona, accompagnato dalla motivazione ad aiutare. Di conseguenza, è associata all’approccio e alla motivazione prosociale.

Le ricerche di Daniel Batson e Nancy Eisenberg nel campo della psicologia sociale e dello sviluppo hanno confermato che le persone che provano compassione in una determinata situazione aiutano più spesso di quelle che soffrono di disagio empatico. Inoltre, il lavoro di Daniel Batsons ha mostrato che la misura in cui le persone provano compassione può essere aumentata, per esempio, istruendo esplicitamente i partecipanti a sentirsi con la persona target. È interessante notare che la capacità di provare sentimenti per un’altra persona non è solo una proprietà di una persona o di una situazione, ma può anche essere influenzata dalla formazione.

Per allenare le emozioni sociali come la compassione, la recente ricerca psicologica ha fatto sempre più spesso ricorso a tecniche di meditazione che favoriscono sentimenti di benevolenza e gentilezza. La tecnica più utilizzata è chiamata “addestramento alla gentilezza amorevole”. Questa forma di pratica mentale si svolge in silenzio e si basa sulla coltivazione della cordialità verso una serie di persone immaginarie. Di solito si inizia la pratica visualizzando una persona a cui ci si sente molto vicini e poi si estende gradualmente il sentimento di gentilezza verso gli altri, compresi gli estranei e, in un secondo momento, anche le persone con cui si ha difficoltà. In definitiva, questa pratica mira a coltivare sentimenti di benevolenza verso tutti gli esseri umani”.

Ferrari: una vittoria di squadra

Competenza, aggressività e condivisione. E’ stato questo il mix vincente della Ferrari e di Vettel.

  • La squadra – In questi mesi, è stata calma e concentrata sul valorizzare le proprie competenze. “Ci siamo concentrati su quello che dovevamo fare di volta in volta senza guardarci intorno…specie negli ultimi due mesi siamo rimasti calmi e abbiamo lavorato”.
  • Il pilota – Vettel è stato aggressivo nei riguardi di Hamilton, lo pressato e lui ha ceduto. Emanuela Audisio ha scritto che ha seguito il consiglio che Rocco dava ai suoi difensori: “Seguilo anche in bagno”.
  • La squadra e il pilota – In tutto questo periodo Vettel e la squadra si sono ascoltati, hanno condiviso le idee e questo atteggiamento comune. Vettel ha detto: “La felicità in particolare. A Maranello la gente era felice di lavorare insieme. Gli uni con gli altri. Non c’erano scorciatoie del resto, bisognava lavorare tanto, pensare tanto a quello che si faceva; e tutto quel sacrificio lo sai fare solo se ti spinge la passione, la voglia”.

Quello che condividiamo: un video contro i muri

Talvolta è difficile trovare quelle cose che, come essere umani, abbiamo in comune.

Viviamo in tempi in cui è popolare il racconto di “Noi vs Loro”. Ci perdiamo in particolari e rischiamo di perdere ciò che unisce.

Una televisione danese ha voluto sfidare questa impostazione con un video semplice ma efficace: “All that we share”

Nel video un gruppo di danesi si trovano su un palco, divisi in precise aree che li definiscono in modo oppositivo.

A un certo punto qualcosa accade che li spinge a uscire da queste definizioni, a unirsi trovando le cose che li accomunano, ed è così toccante che viene da piangere.

 

L’allenatore di basket Phil Jackson sull’amore per la squadra

“Cosa intendi dire quando scrivi che l’amore è l’ingrediente critico per un campionato?”

“Conosco squadre che vanno d’accordo, che festeggiano insieme, ma che non sono pronte a condividere e non mostrano quella profonda attenzione che bisogna avere gli uni con gli altri. Bisogna proteggersi reciprocamente. Devi proteggere il culo dell’altro che si sta battendo all’attacco. Devi sapere come dare la palla così gli altri possono fare un buon tiro. Devi uscire da te stesso e pensare agli altri”.

(Di Belinda Luscombe,  Time, June 3 2013, 10 Questions). Phil Jackson ha vinto due titoli NBA da giocatore e11 da allenatore.

 

 

 

 

Cosa impariamo da Londra 2012

Intervista a Dominic Mahony, leader del team olimpico inglese del Pentathlon Moderno negli ultimi quattro Giochi Olimpici, dove condivide le sue idee su Londra 2012.

Identificazione e sviluppo del talento

Il successo del Team GB non era un fuoco di paglia. E ‘stato il risultato di 15 anni di investimenti costanti nell’eccellenza che ha permesso a 26 sport di mettere in atto un processo a lungo termine d’identificazione del talento e programmi di sviluppo che continueranno a garantire il successo alle future Olimpiadi.

I dirigenti delle imprese possono imparare da questo – è necessario investire nel successo a lungo termine della propria organizzazione attraverso le persone. Investire nel loro sviluppo e il loro talento e trovare il modo di orientarli alla sfida …  ben sapendo che il mondo sta cambiando, e le abilità e le competenze per ora valide potrebbero essere completamente abbandonate in cinque anni. Nello sport, si valuta anche la capacità di apprendimento di un atleta e la resilienza – la sua capacità, e l’atteggiamento nei confronti dell’imparare cose nuove e di essere in grado non solo di far fronte, ma di riuscire in situazioni sotto pressione.

Sfruttate al massimo i vostri successi

Si dice che si impara molto dai propri errori, ma si può anche imparare molto dai successi. Comprendere quali siano le nostre abilità principali è importante, in modo da saperle utilizzare in futuro. Londra è stata in grado di progettare-gestire le costruzioni più complesse e programma più ambizioso che il paese avesse mai vissuto, e lo ha fatto in modo sicuro, in tempo e nel budget. Abbiamo utilizzato le nostre competenze come un paese per dimostrare al resto del mondo ciò che siamo capaci di fare. L’incremento della reputazione delle nostre industrie di ingegneria civile e di costruzione è stato significativo …

Il ruolo del leader

Gli allenatori e i team manager del Team GB avevano obiettivi molto chiari  che hanno permesso di definire le prestazioni necessarie per vincere, creare l’ambiente per gli atleti per avere successo e poi eseguirle.

(Da Lane4 newsletter)