Archivio mensile per ottobre, 2013

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Il derby più sentito al mondo si gioca in Argentina

Il derby che divide una città e di cui si parla da settimane prima che venga giocato non si svolge in un Europa ma in Argentina, a Rosario dove la città è divisa fra i tifosi del Central, le canaglie, e quelli del Newell’s Old Boys, i lebbrosi. La squadra per cui tifava Che Guevara contro quella in cui giocava da bambino Messi. A Rosario si dice che “o sei un tifoso del Central o sei un tifoso del Newell’s oppure non sei niente”.

(per sapere di + laRepubblica)

Che fine fanno gli atleti dopati?

E’ di questi giorni la notizia che Mauro Santambrogio, ciclista trovato positivo al doping, voleva suicidarsi. Questo episodio mi ricorda che non sappiamo niente di come continua la vita degli atleti dopati. Cosa farà Devis Ricciardi, atletica leggera, mandato via dal gruppo sportivo dell’areonautica, o che ne è stato di Alex Schwazer, l’olimpionico di Pechino, trovato positivo poco prima di partire per Londra. Scompaiono, nessuna organizzazione se ne occupa e si spera che abbiano un ambiente sociale pronto a accoglierli, che li aiuti ad accettare la colpa e a cambiare mentalità e vita. Le organizzazioni sportive, federazioni e corpi dello Stato, non sono organizzate per fornire servizi ai loro atleti che sono in difficoltà che vadano oltre la sanzione, mentre dovebbero anche prevedere programmi di cura. Inoltre, dovrebbero anche prevedere una migliore gestione delle loro risorse umane, per non lasciare allenatori e atleti in balia delle sirene del doping. Sappiamo bene che tanti atleti e allenatori sono privi di quel senso di responsabilità sociale necessario per restare all’interno delle regole dello sport, quindi serve un sistema che dall’interno li guidi seguirle e permetta agli atleti di non sentirsi soli nella guerra di resistenza contro le scorciaotie che i farmaci oggi consentono.

Roma-Napoli: spettacolo e divertimento?

Stasera si gioca Roma Napoli, la prima contro la seconda in classifica, e ci si aspetta una partita divertente fra due squadre che prendono pochi goal e che segnano con facilità. I due allenatori sono persone che non si sprecano in polemiche fra di loro e che stanno insgnando ai giocatori a pensare a una partita alla volta senza montarsi la testa per i successi ottenuti in campionato. La Roma deve temere una squadra che ha segnato sinora 10 goal solo nel primo tempo, che anche se spesso non decidono la partita, danno ovviamente un vantaggio pratico ed emotivo. Un errore che le squadre devono evitare è quello di pensare a cosa succederà se vincono, non devono portarsi con la testa al futuro, soprattutto chi andrà per primo in vantaggio dovrà continuare a mantenere lo stesso tipo di concentrazione avuta sino a quel momento. Per il Napoli sarà utile avere negli occhi la vittoria con il Borussia e non certo quella con l’Arsenal. E’ sempre meglio ricordarsi le vittorie ottenute giocando bene piuttosto che soffermarsi troppo sui difetti. Ciò che può fermare il gioco delle due squadre è il timore di perdere, non essendo abituate a giocare incontri di alto livello.  Il ruolo degli allenatori è, in relazione a questo aspetto, assolutamente decisivo nel convincere i giocatori delle loro capacità tecniche. La fiducia con cui entreranno in campo dipende da loro e da come i giocatori che pù le rappresentano in campo sapranno interpretare con efficacia il loro ruolo. Buon divertimento.

Il doping di Lance Amstrong

Se pensavamo di sapere tutto sulla storia di Lance Amstrong, il nuovo libro “Dope on wheels” di  Reed Albergotti e Vanessa O’Connell racconta nel dettaglio di una vita dedicata alla truffa.

1. Le donne – Tutte le donne che ha avuto sono sempre state a conoscenza del doping e ne erano protagoniste attive. Tanto che con il divorzio la prima moglie, Kristin Richard, ricevette 15 milioni di dollari con la clausol che non averbbe mai rivelato nessuna informazione.

2. Greg LeMond – Amstrong fece di tutto per rovinarne la reputazione poichè LeMond lo accusava di essersi dopato sin dall’inizio della carriera. Il presidente della Fondazione Lance Amstrong, Jeff Garvey, amico dei due corridori si licenziò perchè non sopportava questa campagna denigratoria.

Il sesso – Anche quando era sposato Amstrong chiedeva continuamente donne per passarci la notte e il suo compagno di squadra, Floyd Landis, ricorda di una notte in cui in un locale circolava anche cocaina.

Unione Ciclismo Internazionale e cultura della truffa – Kathy Lemond sostiene che la Nike pagò una somma notevole al presidente dell’Uci, Hein Verbruggen, per insabbiare i risultati positivi ai test antidoping. Al Tour del 2006 offrì 2.000 dollari a chiunque avesse impedito al suo rivale, Floyd Landis, di vincere.

La squadra – Sui compagni di squadra esercitava un ruolo tirannico e intrusivo. Non dava a tutti il materiale migliore ma voleva che si dopassero, perchè così nessuno avrebbe potuto attaccarlo, perchè era coinvolto esattamente come lui.

 

 

La follia del genitore che dopa non è un caso isolato

La notizia di oggi che un genitore obbligava suo figlio a doparsi perchè doveva diventare un campione di nuoto è solo l’ultima di una serie di episodi che mettono in luce come molti genitori non solo hanno rinunciato a svolgere il loro ruolo educativo ma addirittura ne diventano i principali sfruttatori per soddisfare le loro frustrazioni. Non rimpiango il tempo in cui i gentori svolgevano un ruolo autoritario principalmente nei confronti delle ragazze e in generale si disinteressavano di ciò che facevano i figli maschi. Essere genitori in questo periodo è molto più difficile perchè bisogna sapere e volere orientare il futuro dei propri figli e molti percepiscono questo ruolo come una fatica o mancano semplicemente di quel senso di responsabilità che dovrebbero avere. Non importa se si è divorziati o se si convive, ciò che conta è la volontà a svolgere il ruolo educativo a cui si è chiamati, e questo manca. Viviamo inoltre in una società in cui l’apparire e non l’essere è importante e in cui i soldi sono quasi l’unico parametro per dimostrare che si ha un valore positivo. Purtroppo questi casi aumenteranno sempre più.

Come la città ostacola il movimento

Come la società ostacola la motivazione a muoversi:

  • I ragazzi delle città camminano quattro volte meno di quelli che vivono in città a misura di pedone.
  • Più gli adulti guardano i telegiornali che amplificano e accentuano i fatti di cronaca nera, più sono intimiditi e restano a casa a guardare la TV
  • I bambini che non vanno più a scuola a piedi perdono uno dei primi momenti individuali di formazione e di avventura.
  • TV, computer e internet limitano le opportunità di movimento già ridotte dalla diffusione dell’automobile.
  • In città andare a piedi diventa un simbolo di inadeguatezza  e di appartenenza a un ceto svantaggiato.

Il business delle scuole calcio

Inchiesta di Repubblica sulle Scuole calcio

“Alla partenza, l’ambizione di tutti è l’azzurro e alimenta il business delle scuole calcio: 7.189 in Italia, numero impressionante se paragonato alle scuole medie (8mila) o elementari (16mila). Le rette annuali variano da 300 a 900 euro e garantiscono ai gestori ricavi a molti zeri. Realtà spesso piccole, che contribuiscono alla formazione e alla crescita dei bimbi. Antonio Piccolo, istruttore della scuola calcio Arci Scampia (tre campi in erba sintetica, 500 iscritti), spiega: “Ai ragazzi meno bravi non bisogna bruciare i sogni, ma neppure alimentare false illusioni. Bisogna insegnare loro che nella vita c’è altro: lo studio, il lavoro, essere cittadini migliori. Hanno come riferimento la tv, i milioni di Balotelli. Giocano perché vogliono arrivare, sono sempre meno quelli che lo fanno per divertirsi. Invece il calcio è bello perché hai degli obiettivi condivisi con un gruppo di compagni, perché dà emozioni anche in Eccellenza, in Promozione, la domenica con gli amici. È legittimo sognare, ma i ragazzi vanno protetti. Prima di tutto da madri e padri, che spesso invece cercano il riscatto della loro vita attraverso i bambini. Poi dai personaggi che s’aggirano per i campi: qui tutti sono agenti Fifa, tutti avvicinano i genitori, tutti fanno i talent scout. In un quartiere come il nostro, abbiamo un dovere in più”.
Le accademie si dividono su tre livelli qualitativi. Il 73% sono centri di base. Per avere lo status di scuola calcio “riconosciuta” servono tecnici qualificati, un medico, strutture adeguate (24% del totale). Più in alto ancora ci sono le scuole calcio “specializzate” (232, il 3%): hanno convenzioni con istituti scolastici e uno psicologo che incontra genitori, istruttori, dirigenti. Spiega il professor Alberto Cei, psicologo dello sport: “La difficoltà maggiore per le società è gestire i genitori. Finché i bambini hanno 8-9 anni, tutto tranquillo. Poi, cresce l’ansia di avere in casa il nuovo Totti e persino i nonni cominciano a lamentarsi. Protestano se il bimbo gioca in una squadra mista, con le bambine, pensano “proprio a me?”. Gli incontri con lo psicologo servono a creare un clima positivo, a elevare la qualità dell’insegnamento”.

Le lezioni di vita di Italo Calvino

Italo Calvino avrebbe compiuto 90 in questi giorni e Repubblica pubblica oggi un’intervista alla figlia. Ciò che mi ha più colpito è la frase del padre che più le è rimasta impressa.

“Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane”.

Splendida dovremmo ricordarcela tutti quando parliamo con i nostri ragazzzi/e.

Ragazze: no sport, no autostima

E’ stato presentato a Milano con il Patrocinio del Comune il Progetto Autostima: “6 ragazze su 10 abbandonano il loro sport preferito perchè sono insoddisfatte del proprio corpo. Insieme, perchè nessuna ragazza appenda le scarpe al chiodo”.

L’iniziativa nata da una ricerca Dove, promuoverà in 10 scuole secondarie di primo grado di Milano, un ciclo di 4 incontri, riservati a ragazze e ragazzi tra i 12 e i 14 anni. Coordinati da Mauro Grimoldi (presidente ordine psicologi della Lombardia), due psicologi seguiranno il gruppo classe con l’obiettivo di incoraggiare i partecipanti ad avere una giusta consapevolezza di sé e a costruire un sano e positivo rapporto con il proprio corpo. L’iniziativa, nei prossimi mesi, si allargherà ad altre città italiane.

Una ricerca internazionale, condotta quest’anno da Dove, dimostra che in tutto il mondo sono tante le ragazze che sviluppano blocchi psicologici a causa di una bassa autostima. Nel mondo, il 60% delle ragazze tra i 15 e i 17 anni evita normali azioni quotidiane – andare dal dottore, fare sport o farsi interrogare a scuola – perché si sente a disagio nel proprio corpo. Inseguendo un modello irraggiungibile di bellezza, le ragazze finiscono per non esprimere ciò che sono realmente. I dati emersi in Italia sono particolarmente significativi: 8 ragazze su 10 non si sentono bene nel proprio corpo, a causa degli stereotipi imposti dai media, dalla società e a volte da se stesse. Soltanto il 3% delle ragazze si ritiene bella, il 45% si definisce con reticenza carina, il 25% si preoccupa del proprio peso e il 36% dichiara che si sentirebbe più felice se fosse più bella. La ricerca dimostra inoltre come nel nostro Paese ci sia un collegamento diretto tra la sensazione di inadeguatezza, la mancanza di autostima e l’insorgere di insicurezze che a volte rischiano di influire considerevolmente sulle semplici attività quotidiane. Il 52% delle ragazze italiane non fa attività sportive, perché insoddisfatte del proprio corpo.

Quando apparenza e pregiudizio vanno insieme

Il valutare le persone in relazione al loro apparire porta a commettere errori grossolani nella valutazione delle loro capacità. Per cui si può avere una considerazione molto positiva di persone che si vestono bene, hanno una auto costosa o hanno un fisico curato. La positività che attribuiamo a queste caratteristiche ci portano ad attribuire a queste persone altre capacità, magari che sono oneste, intelligenti, brave nel lavoro e così via. C’è un effetto alone per cui tendiamo a considerarle affidabili più di altri che non appaiono nello stesso modo. Questo è un chiaro esempio di quando l’apparenza inganna e purtroppo due fatti di questi giorni ci hanno evidenziato ancora una volta quanto facilmente ci lasciamo influenzare dagli aspetti esteriori della vita. Il primo fatto è il dato dell’OCSE per il quale gli italiani sono un popolo di nuovi analfabeti. Siamo infatti ultimi fra i paesi più sviluppati nelle competenze linguistiche e penultimi in matematica La conclusione è tragica: solo uno su tre ha competenze per vivere nel XXI secolo. Eppure apparentemente questo non sembra così evidente ma è un paese in cui il 75% degli imprenditori non legge un libro all’anno, meglio spendere per una nuova casa o un nuovo SUV o per i figli in una scuola privata dove saranno promossi senza studiare. Come è possibile competere con la classe dirigente degli altri paesi come Giappone, Finlandia, Paesi Bassi, Estonia o Slovacchia (fra gli altri) che ci sovrastano in tutto?

Il secondo fatto di oggi è un caso di pregiudizio negativo: giovane marocchino che per vivere vende accendini per strada a Torino. In base al suo apparire siamo portati ad associare a questa situazione una mancanza di competenze dovute al lavoro umile che svolge. Invece non è così perchè Rachid Khadiri Abdelmoula, 26 anni, si è appena laureato in ingegneria civile al Politecnico con una tesi su “Il grafene e le sue potenzialità” e come lui ve ne sono tanti altri di cui leggiamo oggi le storie sui quotidiani. Queste persone hanno, a differenza dei due terzi degli italiani, le competenze per vivere nel XXI secolo.